La prospettiva protestante sul Giubileo

Un articolo di Daniele Garrone su " Alternative Europa"

Il "grande giubileo" del 2.000 è una realtà complessa, e questa complessità va colta per non rischiare un giudizio approssimativo.

Da un lato si tratta di un tipico "anno santo". La pratica dell’anno santo fu introdotta nel 1300. In esso viene offerta l’indulgenza, cioè la remissione delle "pene canoniche", a fronte di pratiche penitenziali, in primo luogo il pellegrinaggio a Roma. D’altro lato, è ’ innegabile che questo anno santo del 2000 abbia ricevuto, a partire dalla Tertio Millennio Adveniente, una connotazione del tutto particolare. Il Giubileo cade a duemila anni dalla nascita di Cristo (e poco importa qui la questione della attendibilità storica di un computo introdotto soltanto nel VI sec.) e questo gli ha conferito il significato particolare di "passaggio" da un millennio ad un altro. Questa valenza "epocale" spiega molte delle caratteristiche di questo Giubileo. Esso è stato preparato in tutte le parrocchie da un percorso di riflessione, innanzitutto biblica, sulle tre Persone della Trinità. Con questo si è voluto accentuare la necessità del cambiamento. La cosiddetta "purificazione della memoria", cioè la volontà di riconoscere le colpe che hanno segnato la vicenda cristiana, culminata con le richieste di perdono del 12 marzo scorso è un elemento indubbiamente significativo (ed inedito). Nuova, rispetto agli anni santi del passato, è anche la dimensione "ecumenica" e interreligiosa che si è voluta dare a questo Giubileo. Gli eventi più visibili di queste dimensioni sono stati il convegno interreligioso in Vaticano dell’ottobre 1999 e l’apertura della porta santa la notte di Natale a cui hanno partecipato, a vari livelli, esponenti di diverse chiese cristiane. Nuova appare anche la sottolineatura della dimensione sociale del giubileo biblico. E’ indubbio che si sia voluto dare, in particolare da parte del Papa e di parte della curia, un "segno" particolare a questo giubileo. Attraverso di esso si intende preparare la chiesa cattolica ad affrontare il nuovo millennio avendo fatto i conti con il proprio passato ed avendo intrapreso un percorso di rinnovamento. Le novità di questo giubileo non sono state esenti da resistenze all’interno della stessa chiesa cattolica: sono state espresse critiche alla "purificazione della memoria", e il recentissimo documento "Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato" può essere letto al tempo stesso come una giustificazione, ma anche come una limitazione della revisione critica del passato della chiesa di Roma; la pratica "della indulgenza", che occupava un posto piuttosto marginale nella "Tertio Milennio Adveniente", ha ricevuto successivamente un’enfasi maggiore . L’anima del rinnovamento evangelico e quella della devozione tradizionale appaiono a noi protestanti come realtà alternative ed inconciliabili, ma riescono a convivere nella grandiosa sintesi cattolica.

Il grande giubileo ha goduto da parte delle autorità civili non solo di finanziamenti senza precedenti , ma anche della disponibilità a recepire come interesse pubblico le esigenze di una particolare confessione religiosa. Ne è risultato un clima nel quale dire che il giubileo è pur sempre una iniziativa confessionale suona come una stonata e impertinente posizione settaria.

Un altro elemento inedito rispetto ai giubilei del passato è l’incredibile enfatizzazione mass-mediatica dell’evento.

Proprio da questi due ultimi aspetti vorrei cominciare a presentare alcune riflessioni. Che il Vaticano abbia cercato di ottenere il massimo sostegno per il giubileo e la massima amplificazione dell’evento non stupisce. Ha semplicemente di cogliere tutte le opportunità che si presentavano per portare avanti la propria concezione della presenza cristiana nella società, che punta sulla rilevanza, sul riconoscimento, sull’integrazione di tutti, non solo dei cattolici, nel proprio "discorso" che in fondo - si dice - ha sostanziato non solo la religione, ma anche la cultura del nostro paese. Meno ovvio è che i mass media e le amministrazioni siano così ricettivi , così acquiescenti. Che si limitino a recepire o ad amplificare un discorso confessionale, anziché gestirlo nel quadro di una società e di una cultura plurali. La laicità (che è cosa assai diversa dal laicismo) è ancora debole nel nostro paese, che purtroppo non ha conosciuto il pluralismo religioso e culturale che ha segnato l’Europa della modernità. La recezione del giubileo fornisce al discorso cattolico un’enfasi largamente superiore alla sua reale incidenza. Gli italiani sono portati a pensare che il cattolicesimo romano rappresenti tutto il cristianesimo e non vengono informati dell’esistenza di altre posizioni, cristiane ma non solo, minoritarie in Italia, ma fondamentali per la dialettica culturale nel villaggio globale. Un solo esempio: tutti da noi discutono sul perché solo la chiesa cattolica riconosca le sue colpe storiche, ma nessuno ci informa che molte altre chiese hanno percorso, magari prima, una strada simile. E’ questo il caso, ad esempio, delle chiese evangeliche di Germania sul’antigiudaismo e sulla Shoah, delle chiese luterane sull’antigiudaismo di Lutero, dei riformati del Sud Africa rispetto all’apartheid. Il discorso potrebbe essere allargato al di là del Giubileo: in qualunque talk show, la presentazione della prospettiva religiosa su una determinata questione etica o sociale è affidata ad un esponente cattolico. Ci sono talora, è vero, anche protestanti, ebrei o musulmani, ma si tratta più di note di colore che altro. Nn si capisce che la funzione di queste "altre" voci è quella di introdurre nel dibattito culture che, seppur minoritarie in Italia (e tali perché estirpate, non dimentichiamolo), hanno segnato il mondo moderno.

Molte chiese cristiane non hanno partecipato all’apertura della porta santa, non per spirito settario o per preconcetta avversione a Roma, ma per la semplice ragione che secondo loro l’ecumenismo non consiste nell’unirsi ad un evento tipico di una confessione (e con elementi non recepibli da altri), ma nel programmare qualcosa in cui tutti si muovano per così dire su un cammino inedito, in cui nessuno occupa un posto più alto degli altri. L’impatto mediatico è stato assai diverso: in fondo l’ecumenismo è già compiuto, lo realizza il Papa che accoglie tutti. Solo alcuni testardi si ostinano a non recepire. Sarebbe considerato ecumenico un invito al Papa a partecipare ad un solenne culto di ordinazione di donne in una chiesa protestante?

E’ dunque innegabile che ci sia un certo malessere protestante per il clima "giubilare". E tuttavia, nella maggior parte delle comunità, questo non ha messo in discussione il cammino di dialogo con la chiesa di Roma. Le esperienze compiute su questa strada e la dimensione del dialogo permettono non solo di accettare le diversità, ma anche di affrontare le divergenze in uno spirito non di accomodamento diplomatico, ma di franco confronto. Tanto più che il cattolicesimo non è monolitico come spesso si è portati a credere e anche riguardo al giubileo sono presenti in esso sensibilità, accentuazioni e forse anime diverse.

Un punto mi preme però di più che tentare di dar conto del malessere protestante, ed è questo: il grande giubileo del 2000 passerà, ma rimane la sfida del giubileo biblico. "Santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e ognuno di voi tornerà nella sua famiglia." Levitico 25,10 La liberazione giubilare rappresentava, per chi aveva perduto la sua terra e si era asservito (in genere per debiti che non riusciva a ripagare), la possibilità di recuperare i beni perduti e dunque di riconquistare una possibilità di vita dignitosa. Il fatto che il provvedimento fosse ancorato ad una scadenza (il cinquantesimo anno) ne faceva un sorta di "meccanismo" volto ad evitare che le dure dinamiche economiche producessero situazioni irreversibili di povertà. Questa liberazione nella sfera economica è presentata come un dovere per la società a cui il testo si rivolge. Come abbiamo, pur con tutti i limiti, saputo cogliere la prescrizione della liberazione per quel che riguarda i diritti civili e politici, la libertà di pensiero, di espressione e di religione, dobbiamo oggi raccogliere un’altra sfida, quella della liberazione delle vittime di un’economia che - come mai prima - concentra tutti i beni nelle mani di pochi centri di potere e sospinge gran parte dell’umanità in una spirale senza uscita. "Proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti": mi sembra essere questo il più urgente imperativo etico per il XXI secolo, non solo nel senso dell’estensione della democrazia e dei diritti umani (realtà che non tutti vivono ancora), ma anche nel senso della garanzia di una possibilità di vita "sostenibile" per tutti gli abitanti del "villaggio globale". Non è accettabile alcuna globalizzazione che non globalizzi anche la liberazione ("per tutti i suoi abitanti"!). Tra pochi mesi il giubileo del 2000 ci sarà alle spalle. Questo altro grande giubileo della libertà per tutti ci starà ancora davanti.

( da "Alternative Europa" aprile 2000 )




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