NOI SIAMO CHIESA
Via N.Benino 3
00122 Roma
Tel .0270602370-cell.3331309765
Email <vi.bel@iol.it>
Internet :<www.we-are-church.org/it>
Comunicato Stampa
L’ottopermille alla Chiesa cattolica : un sistema antievangelico gestito con poca trasparenza. L’opzione per lo Stato non esiste più grazie ad una beffa della legge finanziaria.
Le tensioni conseguenti all’interventismo della CEI in occasione del referendum del 12 giugno hanno contribuito a sollevare, in modo inconsueto, l’attenzione di alcuni organi di stampa sul sistema dell’ottopermille, che è già oggetto in questo periodo dell’anno di tante campagne mediatiche a causa degli adempimenti IRPEF. "Noi Siamo Chiesa", movimento impegnato per la riforma della Chiesa cattolica nella linea del Concilio Vaticano II, ne trae occasione per esporre, come ogni anno in questo periodo, il proprio punto di vista, omogeneo con quella parte del mondo cattolico che da sempre è schierata su posizioni critiche nei confronti dell’attuale sistema concordatario nei rapporti Stato-Chiesa.
L’ottopermille: un sistema antievangelico
Giudichiamo il sistema dell’ottopermille antievangelico perché :
--fa apparire che i fondi che in tal modo pervengono alla Chiesa cattolica esprimano una scelta volontaria del cittadino contribuente mentre in realtà sono una percentuale dell’imposta che comunque deve essere versata;
--è un sistema ben lontano dal libero e sofferto obolo della vedova di cui parla il Vangelo (Mc 12, 41-44) ;
--fornisce alla Chiesa cattolica ingenti risorse economiche, che la allontanano dal precetto evangelico del "gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10,8); nessuno si pone più, con questo sistema consolidato, comodo e troppo "ricco", l’obiettivo di una Chiesa più povera , di una maggiore sobrietà e dell’autofinanziamento, obiettivi che dovrebbero essere perseguiti con determinazione anche se con la inevitabile gradualità.
Come vengono spesi 984 milioni di euro?
Questo punto di vista generale non rende tuttavia meno utile una periodica disamina della gestione concreta del sistema. I fondi che sono pervenuti alla CEI negli ultimi tre anni sono rimasti sostanzialmente stabili ma dall’avvio nel 1990 a oggi essi sono quintuplicati mettendo a disposizione risorse ingenti ed anche abbastanza impreviste (sono circa cinque volte il bilancio annuale della Santa Sede!). Esse sono in buona parte conseguenti al meccanismo, fortemente criticabile, che prevede che la percentuale dei contribuenti che non hanno espresso alcuna opzione venga ripartito sulla base delle preferenze effettivamente espresse, che sono solo il 36% (questo sistema di ripartizione anche delle somme relative ai non optanti è stato "inaugurato" con norme relative alla Chiesa cattolica ma poi è stato accettato, in modo altrettanto criticabile, anche da quattro delle altre confessioni che partecipano all’ottopermille, valdometodisti, Comunità israelitiche, avventisti, luterani); la quinta (Assemblee di Dio) invece non partecipa alla ripartizione della quota dei non optanti mentre i battisti hanno firmato un’Intesa con lo Stato ma non hanno accettato del tutto l’ottopermille ed altre confessioni (buddisti e testimoni di Geova) hanno firmato Intese che sono poi state bloccate in Parlamento dalla maggioranza di centrodestra .
I non optanti sono dunque il 64% dei contribuenti e quindi quelli che esprimono esplicitamente una opzione a favore della Chiesa sono solo un terzo, anche se sono in leggero aumento percentuale tra gli optanti (l’88,83%).
La ripartizione dei fondi per il 2005 è stata decisa dall’Assemblea dei vescovi del 30/31 maggio. E’ probabile che si sia trattato di una semplice ratifica della proposta della Presidenza della CEI e in particolare del suo onnipotente Presidente card. Ruini; non si hanno notizie di manifestazioni di reale collegialità episcopale in questo campo. Le voci di spesa per il 2005, a fronte di un introito complessivo di 984 milioni di euro, non presentano sostanziali novità. Quasi un terzo dei fondi è destinato al sostentamento del clero (le libere offerte dei fedeli a questo scopo sono in continua diminuzione e rappresentano una percentuale minima di questa voce di uscita). I fondi per interventi nel terzo mondo sono fermi a 80 milioni annui e rappresentano solo l’8% del totale; analogo modesto importo è destinato a interventi caritativi in Italia . Percentuali così basse sono fortemente criticabili se si tiene presente che ben 471 milioni, quasi la metà del gettito sono destinati ad esigenze di culto (trasferimenti alle diocesi, nuove chiese, beni culturali).
La trasparenza : tutta da conquistare
Una analisi più puntuale della gestione di tutto il sistema è resa difficile dalla sua scarsa o nulla trasparenza e pubblicità a tutti i livelli. In assenza di disaggregazioni veramente analitiche per ogni singola voce, sia a livello CEI che da parte di ogni diocesi, rimangono inevitabilmente perplessità, sospetti o perlomeno molti dubbi. I grandi aggregati di spesa resi pubblici dalla CEI sono del tutto insufficienti. Eppure disposizioni precise erano state emanate dalla 45ma assemblea generale della CEI del novembre 1998, ai tempi dello scandalo che coinvolse il card. Giordano. Esistono gestioni e rendicontazioni interne che restano estranee (e segrete) per il popolo cristiano che farebbe bene ad attivarsi . Nessun Consiglio pastorale o presbiterale diocesano, a quanto ci risulta, viene consultato su queste questioni ed è difficile capire anche come funzionino gli organi interni alle curie (Consiglio diocesano per gli Affari economici e Collegio dei consultori) che dovrebbero servire da consulenza al vescovo, che mantiene sempre in ultima istanza tutti i poteri deliberativi. E’ probabile che le situazioni siano molto diversificate da diocesi a diocesi. Comunque, la mancanza di trasparenza e di pubblicità crea disagio e tende ad accomunare, in certe fasce più motivate della popolazione, con giudizi forse approssimativi ma diffusi, la gestione delle risorse ecclesiastiche a quella, facile o discutibile, di tanti settori dell’intervento di spesa delle istituzioni pubbliche. Una lodevole eccezione è stata costituita in questi giorni dalla diffusione di un apprezzabile voluminoso Libro Bianco, a cura del Comitato per gli interventi caritativi nel terzo mondo, con la descrizione analitica di tutti gli interventi in questo settore dal ’90 in poi. Ma si tratta di informazioni, sempre preziose, che interessano una parte modesta delle risorse a disposizione.
Rimangono più che legittime molte domande : per esempio qual è il sistema di finanziamento da parte della CEI del quotidiano cattolico "Avvenire" e della TV satellitare SAT2000? E’ vero che, per aggirare la legge n. 222 del ’85 istitutiva dell’ottopermille che non prevede questa destinazione di spesa, una parte dei fondi dell’ottopermille trasferiti alle diocesi viene , in modo preconcordato, ritrasferita alla CEI sotto la voce di libera offerta, per finanziare questi media che molti giudicano espressione della linea di Ruini piuttosto che delle varie anime presenti nel mondo cattolico del nostro paese?
Come lo Stato spende la sua quota di ottopermille.
Il cittadino ed il credente che ha dei dubbi su questo sistema è, ogni anno in questo periodo, alla ricerca di una soluzione per l’opzione da esprimere in occasione della dichiarazione dei redditi, tenendo conto che il non esercizio dell’opzione non risolve alcun problema, perché il sistema, come abbiamo visto, prevede comunque la distribuzione della quota dei non optanti in base alle preferenze espresse dagli optanti. Oltre alle possibili opzioni a favore delle altre confessioni che partecipano al sistema e che, in generale, gestiscono i fondi in modo trasparente, ci sarebbe l’opzione a favore di interventi statali per "interventi straordinari per la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali", secondo quanto prevede l’art. 48 della legge n. 222 del ’85. Questi interventi si presentano come qualcosa di credibile, di debitamente trasparente e pubblicizzato, tale da presentarsi come una vera e seria alternativa?
Vediamo i dati : la quota statale per questi interventi si aggira sui 100 milioni annui. In passato è stata usata per destinazioni più che discutibili ai limiti della previsione di legge (per esempio per interventi in Albania ed in Kossovo).Una parte considerevole di questi fondi (il 36,46 % nel 2003 ed il 44,64% nel 2004) è stata spesa ancora a vantaggio della Chiesa cattolica per il restauro ed il recupero di parrocchie, di edifici sacri ecc..(usando della voce "beni culturali") .
Una beffa.
Ma il massimo della beffa (e del crollo completo della credibilità stessa dell’opzione "Stato") si è avuto con la legge finanziaria nella quale ben 80 milioni su 100 sono stati sottratti alle destinazioni obbligatorie per legge a favore del "miglioramento dei saldi di finanza pubblica", cioè per alleggerire di qualcosa il deficit di bilancio (e altri 5 milioni sono poi stati prelevati per i prepensionamenti Alitalia!) . E’ un provvedimento che è ragionevole ritenere incostituzionale tanto da causare la reazione unanime (compresa quindi la maggioranza) della stessa Commissione bilancio del Senato ma che non è pervenuto all’attenzione dell’opinione pubblica (salvo ovviamente che a quella di pochi addetti ai lavori).
La mancanza di una seria alternativa, che potrebbe essere costituita da credibili interventi statali, dura da troppo tempo (nel silenzio colpevole di troppi media) perché si possa pensare che si tratti solo di un pasticcio all’italiana, di cattiva amministrazione o di qualcosa del genere. Riteniamo che ci sia in questa vicenda un diretto interesse ecclesiastico, gestito in forme dirette o indirette, sia da forze clericali che da forze laiche (alcune di queste probabilmente inconsapevoli), nel non fare decollare l’opzione statale e a favorire, di conseguenza, l’opzione per la Chiesa cattolica o per nessuna opzione. Tutto ciò a scapito di un reale rispetto della laicità della Repubblica, degli stessi accordi concordatari e, per i credenti, della coerenza con valori etici ispirati all’Evangelo.
"NOI SIAMO CHIESA"
(aderente all’International Movement We Are Church-IMWAC)
Roma, 11 luglio 2005