ECCLESIA DE EUCHARISTIA

Intervista a Franco Barbero sulla nuova enciclica

D) Vuole esprimere qualche sua valutazione circa l'ultima lettera enciclica "Ecclesia de Eucharistia" di Giovanni Paolo II?

R) Ho letto per intero l'enciclica con molta attenzione. Sono solito non rilasciare dichiarazioni prima di aver letto direttamente tutto il testo perchè non sempre ci si può fidare delle anticipazioni giornalistiche. Consiglio sempre a chi può di leggere personalmente i documenti di cui si discute.

D) E allora? A lettura ultimata, che cosa può dirci?

R) Condivido pienamente la proposta e la riflessione centrale dell'enciclica di "dare all'eucaristia tutto il rilievo che essa merita" (n. 61). Nella mia vita la celebrazione comunitaria dell'eucarestia occupa un posto straordinariamente importante, sempre più importante. Sono davvero preziose le riflessioni del documento al n. 20: "Conseguenza significativa della tensione escatologica insita nell'Eucaristia è anche il fatto che essa dà impulso al nostro cammino storico, ponendo un seme di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti. Se infatti la visione cristiana porta a guardare ai " cieli nuovi " e alla " terra nuova " (cfr Ap 21,1), ciò non indebolisce, ma piuttosto stimola il nostro senso di responsabilità verso la terra presente. Desidero ribadirlo con forza all'inizio del nuovo millennio, perché i cristiani si sentano più che mai impegnati a non trascurare i doveri della loro cittadinanza terrena. È loro compito contribuire con la luce del Vangelo all'edificazione di un mondo a misura d'uomo e pienamente rispondente al disegno di Dio. Molti sono i problemi che oscurano l'orizzonte del nostro tempo. Basti pensare all'urgenza di lavorare per la pace, di porre nei rapporti tra i popoli solide premesse di giustizia e di solidarietà, di difendere la vita umana dal concepimento fino al naturale suo termine. E che dire poi delle mille contraddizioni di un mondo " globalizzato ", dove i più deboli, i più piccoli e i più poveri sembrano avere ben poco da sperare? È in questo mondo che deve rifulgere la speranza cristiana". Questo è il nucleo di fede in cui mi sento profondamente unito al papa. Sì, anche per me l'eucarestia "getta luce sul nostro cammino" (n. 19).

D) Questa valutazione positiva si estende a tutta l 'enciclica oppure ci sono punti in cui la sua riflessione teologica la porta a dissentire?

R) Mentre condivido - e questo è il dato di fede - che l'eucarestia è un dono prezioso per il nostro cammino di fede, ritengo in tutta tranquillità che l'enciclica sia l'espressione della teologia della curia romana e non l'espressione della teologia cattolica.

D) Vuole chiarire meglio?

R) Dove l'enciclica parla di "transustanziazione", di adorazione del Santissimo Sacramento, del valore sacrificale dell'eucarestia, di "Maria eucaristica", di norme liturgiche, della dottrina del Concilio di Trento e di tante altre elaborazioni ecclesiastiche non c'è nulla di vincolante. Si tratta di opinioni che il vescovo di Roma e la sua curia ribadiscono, ma la teologia cattolica è ben più ricca, ben più varia.

E' fuorviante scambiare questa dottrina romana con la teologia cattolica che da tempo si esprime anche in maniere molto diverse. La transustanziazione è una dottrina che non impegna la fede. Si può vivere il dono prezioso dell'eucarestia e rifiutare la dottrina della transustanziazione.

Direi che sul terreno della "dottrina", cioè delle interpretazioni ecclesiastiche e della disciplina giuridico-liturgica, non mi trovo assolutamente in sintonia con questa enciclica, ma per me questo non costituisce un insormontabile problema. La diversità delle dottrine non rompe la sostanziale unità della fede.

D) Quindi, secondo lei, esiste una riflessione teologica anche cattolica che viaggia in ben altra direzione?

R) Potrei citarle una schiera di teologi e teologhe, ma mi limito a due recentissimi volumi: Ricerca delle tracce di Hans Kung (Queriniana) e Sistema, libertà, chiesa.Istituzioni del Nuovo Testamento di Xabier Pikaza (Borla). Teologi cattolici che, con ben maggior competenza, rileggono l'esperienza delle origini cristiane e giungono a "conclusioni" e ipotesi molto diverse e, a mio avviso, davvero impegnative e liberanti. La tragedia è che Roma non sa imparare e vuole solo insegnare

D) C'è qualche punto in cui il suo disaccordo è molto marcato?

R) A parte tutti i problemi connessi alla presidenza dell'eucarestia che meriterebbero una riflessione più biblica e più pastoralmente capace di guardare a nuove istanze maturate nella comunità dei credenti, a me sembra che l'enciclica non rispetti la creatività delle comunità che celebrano l'eucarestia. L'enfasi e il ribadimento quasi ossessivo sulle regole liturgiche e la denuncia di abusi veri o presunti e la condanna delle "sperimentazioni" denotano una visione della chiesa in cui prevalgono la centralizzazione, l'uniformità e la gerarchizzazione. Bisogna saper prendere le distanze da queste opinioni che non possono essere scambiate per verità di fede.

D) Lei dice "prendere le distanze"... Che cosa vuol dire?

R) Continuare il cammino nel rispetto e nella libertà senza sentirsi vincolati da questi richiami. Anzi, direi di più. Là dove l'enciclica vieta di partecipare all'eucarestia dei fratelli e delle sorelle delle altre confessioni cristiane (n. 29) è legittimo (dal mio punto di vista è necessario) saper resistere e trasgredire queste norme che bloccano un aspetto rilevante del cammino ecumenico e ne mortificano la coscienza maturata nelle varie chiese. Nè può essere accettata l'esclusione dalla comunione eucaristica delle persone separate, delle coppie di fatto, di gay e lesbiche credenti di cui il documento lascia chiaramente intendere ai numeri 36 - 37 - 38.

D) Dunque, che cosa consiglia a chi legge questa enciclica?

R) Non ho nessuno straordinario consiglio da dare. Basta vivere la propria libertà cristiana, leggere con rispetto, andare avanti senza dare peso eccessivo ad un documento teologico-disciplinare che rispecchia il punto di vista della curia romana. La chiesa cristiana va avanti e questo documento servirà ad aprire gli occhi su alcune ossessioni gerarchiche, a riaffermare la validità del cammino ecumenico, ad evidenziare l'importanza di tenere sempre aperto un dibattito teologico senza alcuna necessità di uniformarsi. Questa è la "teologia di Roma", ma la chiesa che amiamo e di cui siamo parte non si identifica con una sola voce. Roma si allontana sempre di più dalla vita degli ultimi, delle donne, di chi è minoranza, di chi fa più fatica a vivere... noi, invece, vogliamo immergerci sempre di più in questo popolo di Dio in cammino.

Roma, ripeto, non sa imparare nemmeno dai suoi errori. Il re è nudo e cerca disperatamente di coprire le sue nudità mettendosi i "panni divini". Ma l'usurpazione è evidente e il "gioco" è troppo scoperto.

(da "Viottoli" maggio 2003, a cura di Serena Corfù)

 




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