"le balle storiografiche"

Ieri il Presidente della Commissione Prodi a un convegno con Fini -

Prodi corregge Biffi - "Mai l'Europa fu unita"

di LUIGI SPEZIA

BIFFI e Prodi divisi dalla Storia. Per un cardinale che rimpiange l'"unità politica e spirituale" raggiunta in Europa con il sacro Romano Impero e la pone come sfida impossibile per il presente, il presidente della Commissione europea guarda al futuro imminente come ad un traguardo ineguagliato: "L’Europa non è mai stata unita, se non quando è stata messa a ferro e fuoco. Ma anche cosi è durata poco". Assioma dal quale Romano Prodi fa discendere una definizione: "Proprio perché l'Europa non è mai stata unita nel passato, neanche quando regnava Carlo Magno, allora ecco perché non uso più il termine "riunificazione", ma semplicemente parlo di "unificazione"".

L'unione europea per Prodi non è una conquista del passato, ne con il Sacro Romano Impero di Carlo Magno che durò solo 14 anni, né con quello di Ottone I che già escludeva la Francia, né con successive unificazioni "con il ferro e il fuoco" (Napoleone) ma solo del presente e cioè di quello che si sta costruendo oggi tra gli stati e con i trattati. Quella che gli piacerebbe chiamare "United Europe".

La disfida storiografica a distanza è andata in scena ieri a Villa Guastavillani, dove Romano Prodi ha partecipato ad un convegno sul I'Unione insieme a Gianfranco Fini. E lì, davanti a Guazzaloca, Parisi, Enrico Letta, Filippo Berselli, ha bollato "le balle storiografiche" di una unità prima della Ue che sta per ricevere adesso altri dieci Paesi. Pur non citando direttamente mai Biffi né il contenuto del suo discorso sull'Europa per San Petronio, il riferimento al discorso del cardinale è risultato evidente. Visioni contrastanti su quella costruzione politica che Biffi assume a modello prendendola dal passato e che Prodi difende come creazione dello sforzo del presente, senza più le "guerre civili" che hanno dilaniato l'Europa fino a cinquanta anni fa.

Il cardinale aveva spiegato che sarebbe illusorio riavere, "neppure con una lontanissima somiglianza", l'unità spirituale benedetta nel Natale dell'anno 800 in San Pietro a Roma, dal momento che "due profonde lacerazioni" sono intervenute e hanno segnato la storia del vecchio continente: la Riforma protestante e l'illuminismo. Biffi, preoccupato che il processo di unificazione europea non sia intessuto solo di "euro, regolamentazioni funzionali o di qualche struttura politica centralizzata", cioè che l'unità non abbia "un'anima", ha dettato i suoi "fondamentali assiomi" per accomunare tutti gli europei "degni di questo nome". I principi "riconosciuti e condivisi" non sono affatto così lontani come ci si potrebbe attendere da chi richiama come vitale l'esperienza del Sacro Romano Impero: primato dell'uomo e della sua libertà, solidarietà e sussidiarietà, laicità dello Stato "mai sacrificabile a nessuna volontà di dominio totalizzante". Su questo Prodi non può non essere d'accordo con il cardinale: Carlo Magno non c'entra.

( da "La Repubblica" , cronaca di Bologna , 13 -10-2002)

 

Da "Avvenire - Bologna 7" del 6 Ottobre 2002

L'omelia del cardinale Biffi in occasione della celebrazione eucaristica in onore del Santo Patrono della città. L' Europa ha bisogno di un'"anima"

"Vale a dire di princìpi riconosciuti che sorreggano una comune cultura sociale"

Giacomo Biffi*

È d'uso che in questo giorno la nostra città e l'intero popolo bolognese - di là dalle differenti convinzioni religiose e dalle diseguali appartenenze ideologiche - si ritrovino concordi nell'onore e nel tributo d'affetto da rendersi a san Petronio. Nell'antico vescovo - che quasi sedici secoli fa si è segnalato e imposto per dedizione apostolica e santità di vita - Bologna ha riconosciuto il suo speciale patrono, quasi il tutore e il garante della sua identità. E noi, stasera ancora una volta, di questo nostro particolare amico presso il trono di Dio vogliamo sollecitare l'intercessione e l'aiuto a favore della intera comunità cittadina.

Di questi tempi però diveniamo sempre più consapevoli che il benessere e l'auspicabile avvenire di Bologna (come di tutta l'Italia) sono ormai strettamente connessi con il benessere e l'avvenire dell'Europa; di quell'Europa che innegabilmente ora si trova a una svolta della sua lunga vicenda. A san Petronio dunque raccomandiamo l'intero nostro continente che, arrivato al traguardo della moneta unica, sta faticosamente procedendo verso la sua sistematica integrazione.

L'Europa ha già avuto una unificazione politica, con il riconoscimento da parte del papa Leone III dell' "impero carolingio": il "sacro romano impero", un istituto politico che, nato nel Natale dell'anno 800, almeno formalmente è durato mille anni.

Ma nessuno nostalgicamente si illuda che quella esperienza oggi possa essere ripetuta, nemmeno con una lontanissima somiglianza. L'unità spirituale di allora non raccoglie e non accomuna più gli europei: due profonde lacerazioni sono nel frattempo intervenute, con le quali non si può evitare di fare i conti. Nel secolo XVI la Riforma protestante ha spezzato il legame che più fortemente connetteva gli abitanti dalla Scandinavia al Mediterraneo: quella di un'identica professione della fede cristiana e di un'unica pacifica appartenenza ecclesiale. Nel secolo XVIII poi la rivoluzione culturale illuministica ha divaricato la visione della realtà propria dei credenti da quella dei non credenti.

Certo, si può e si deve auspicare che tali divisioni non si esasperino e non impediscano ogni giusta e opportuna collaborazione effettuale. Ma ignorarle o sottovalutarle non sarebbe né realistico né sensato.

D'altra parte, un'Europa che pretendesse (o anche solo sperasse) di sussistere nella sua unità e di durare in misura non effimera solo in grazia dell'euro, delle regolamentazioni funzionali, o di qualche struttura politica centralizzata, sarebbe destinata a disilludersi presto. Come tutti gli organismi che sono vivi e vogliono vivere, anche l'Europa ha bisogno di un' "anima"; vale a dire (fuor di metafora), di un patrimonio di princìpi riconosciuti e condivisi; princìpi che alimentino una specifica "mentalità" largamente diffusa e sorreggano una comune "cultura" sociale.

Dovremmo cioè individuare alcuni fondamentali assiomi, che siano al tempo stesso desumibili dall'eredità di tutte e tre le fonti che nel modo più determinante hanno segnato e continuano a segnare la nostra storia spirituale e culturale: l'umanesimo classico, l'insegnamento esistenziale cristiano, la riflessione critica dell'illuminismo. È necessario perciò evidenziare alcune idee e alcune norme comportamentali che siano così sostanziali, così inconfutabili, così "laiche", da poter essere accettate e vitalmente assimilate da tutti gli "Europei" degni di questo nome, credenti e non credenti, cattolici e non cattolici.

Al solo scopo di uscire dal generico e di dare concretezza al discorso, mi avventuro a elencare anche qui, come ho già fatto altrove, alcuni princìpi o, se si vuole, alcune proposizioni che valgano almeno come tematiche ispiratrici proprie e caratterizzanti dell'essere e dell'agire della futura "res publica" continentale.

1° Il primo principio si riferisce all'uomo, al suo primato sulle cose, sugli interessi, sugli accadimenti, alla sua inalienabile dignità; dignità che va salvaguardata allo stesso modo nell'umanità maschile e nell'umanità femminile. L'uomo - scrive sant'Ambrogio, attingendo insieme al pensiero greco e alla verità evangelica - "è il culmine e quasi il compendio dell'universo e la suprema bellezza di tutto il creato" (Esamerone IX,75).

2° L'indole propria e la dignità di tutti i figli di Adamo esigono - ed è il secondo principio - il rispetto effettivo della loro libertà: libertà sia dei singoli sia delle legittime aggregazioni. Una libertà vera, e non astratta o puramente nominale: la libertà di esistere nell'identità prescelta, di manifestare le proprie convinzioni, di fare esperienza di vita associata in conformità alle proprie matrici ideali, ovviamente sempre restando nell'ambito del bene comune e nel rispetto delle libertà altrui. Il che ovviamente suppone come necessaria e ineludibile la forma democratica della vita politica.3° In terzo luogo, l'appartenenza di ogni persona e di ogni legittima aggregazione alla stessa realtà sociale - e in ultima analisi alla stessa famiglia umana - fa sì che non si possa mai consentire che un singolo o una comunità, per il gioco dei fattori economici e politici non possieda i mezzi elementari di decorosa sussistenza. E' il "principio di solidarietà", in virtù del quale lo stato potrà e dovrà intervenire a salvaguardare il benessere minimo dell'uomo nelle sue concrete dimensioni di esistenza individuale, familiare, associativa, anche correggendo le eventuali deviazioni dei sistemi economici in atto e sbloccando i meccanismi eventualmente inceppati (cfr. Centesimus annus 48).

4° Il quarto punto caratterizzante è il così detto "principio di sussidiarietà", per il quale "una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune" (Centesimus annus 8).

5° L'ultimo ma non secondario principio difende la "laicità dello stato", che non può essere mai sacrificata a nessuna volontà di predominio totalizzante da parte di una religione, di una ideologia, di una dottrina sociale o politica. Lo stato moderno non può essere confessionale in nessun senso: non in senso religioso, non in senso scientistico o materialistico, non in senso laicistico se per laicismo si intende la censura della libera proposizione dei valori trascendenti e il tentativo di confinare ogni espressione di fede e di culto nel segreto dei cuori.

L'accettazione leale di questi princìpi e la loro rigorosa applicazione potranno dare all'Europa quell' "anima" che le è indispensabile perché possa avviare con un po' di fortuna questa nuova epoca della sua storia.

Essi vanno ritenuti inderogabili. E, se non si vuol ridurre in breve l'Europa a un puro spazio geografico senza identità, il loro accoglimento fondatamente prevedibile dovrà offrire il criterio laicamente indiscusso per valutare l'ammissione o la non ammissione di genti che, di remota provenienza etnica e culturale, vengono a bussare alle nostre porte.

Come si vede, non è una stagione tranquilla e facile quella che si prospetta. San Petronio - l'amico nostro presso il Signore della storia, dell'universo e dei cuori - ci aiuti ad affrontarla con coraggiosa saggezza. Lui, che ha così ben provveduto in questi secoli alle sorti di questa città e di questo popolo, ottenga la luce della divina verità e della grazia su questa nuova strada che siamo chiamati a percorrere.

* Arcivescovo di Bologna




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