Un bilancio del Giubileo

 

E' normale fare un bilancio del Giubileo, ha voluto farlo Giovanni Paolo II con la T.M.I. (Terzo Millennio Ineunte), lo hanno fatto molti altri , lo facciamo anche noi che al suo inizio avevamo espresso molte preoccupazioni e molti dubbi.

Ma è possibile fare questo bilancio ? Se ci si attiene ai dati quantitativi ed all'immagine esso può essere considerato positivo. Tutte le grandi manifestazioni del Giubileo sono sostanzialmente riuscite, qualcuna anche più del previsto (come la Giornata Mondiale della Gioventù), lo Stato italiano e il Comune di Roma hanno collaborato al massimo livello impegnando ingenti risorse, il bilancio finanziario è risultato attivo, l'accoglienza del popolo di Roma è stata buona, i sindacati hanno rinunciato al primo maggio per dare spazio ad una manifestazione solo cattolica, incidenti gravi non ci sono stati, i pellegrini a Roma sono stati venticinque milioni, 21 i pellegrinaggi nazionali,150 quelli diocesani italiani, stampa e televisione si sono prodigati, il Papa ha gestito il Giubileo fino in fondo al meglio, nonostante le condizioni di salute, usando del suo ruolo con molta energia e determinazione.

Per un bilancio evangelico

Ma se ci si colloca da un punto di vista evangelico la risposta, a noi pare, è diversa e ben più problematica. Chi può giudicare cosa succede nel profondo delle coscienze ? Sarà possibile constatare un miglioramento riconducibile al Giubileo nella vita di molte comunità cristiane giudicato alla luce della fraternità e della fede e non della partecipazione a riti della vecchia cristianità ed alla fedeltà e all'obbedienza alla cattedra romana ? Sarà possibile vedere i frutti del Giubileo alla luce di quella istanza profetica di giustizia sociale in una società pacificata che corrisponde alla proposta del Giubileo di cui parla il cap. 25 del Levitico ? Questo Giubileo possiamo ritenerlo davvero un "anno di grazia del Signore" secondo la profezia di Isaia?

Il Giubileo è stato per la Chiesa cattolica un'occasione di fedeltà all'annuncio della Parola di fronte alle grandi questioni del nostro tempo, alla secolarizzazione, alla globalizzazione, e nei rapporti con i cristiani delle altre confessioni e con i credenti nelle altre religioni ? E' stato "un cammino di riconciliazione e un segno di genuina speranza per quanti guardano a Cristo ed alla sua Chiesa" come si proponeva la Bolla di indizione (1) "Incarnationis mysterium" ?

Tra tanti cattolici sinceramente partecipi alla vita della Chiesa, oltre alla constatazione che in molte comunità ecclesiali il Giubileo è stato vissuto nella ricerca della parola di Dio, è serpeggiato in questi mesi il dubbio che non si fosse sempre sulla strada giusta. Pietro Scoppola (2) così si interroga :" La trionfale conclusione del Giubileo suscita un interrogativo radicale che investe in profondità il mondo dei credenti : che posto può avere il trionfo di una religione che ha a suo simbolo la croce ? E come dimenticare l'ammonimento evangelico ( Luca 6,26) 'Guai a voi quando gli uomini diranno bene di Voi' " ?.

Il movimento "Noi Siamo Chiesa" in Italia e nel suo circuito internazionale

(International Movement We Are Church-IMWAC) si è fatto interprete da tempo di queste preoccupazioni. Al termine del Giubileo abbiamo il dovere di rendere esplicite, alla luce dei fatti, queste posizioni critiche perché si guardi in modo diverso al modo di essere della Chiesa cattolica all'inizio del nuovo millennio.

I momenti più significativi del Giubileo ci sembra possano essere considerati il pellegrinaggio del papa in Palestina e la richiesta di perdono del 12 marzo per i peccati commessi dai "figli della Chiesa". Ma il centro del Giubileo non si è spostato in Palestina, è rimasto sempre e soprattutto a Roma e la richiesta di perdono ha sì indicato un percorso alla Chiesa ma la sua credibilità è stata messa in discussione dall'ostilità della Curia romana, dalla genericità della confessione dei peccati ( sempre quelli del passato e mai quelli di oggi) e dal mancato avvio della riforma della Chiesa cattolica.

Bisogna però prendere atto che quel pellegrinaggio e la richiesta di perdono hanno indicato un percorso da cui la Chiesa non potrà prescindere in futuro.

Molti timori sono stati confermati

Un ragguardevole numero di persone si è sentito disturbato dal clamore ecclesiastico e mediatico attorno alla figura del Papa. Come afferma Enrico Peyretti : "Nonostante le precisazioni verbali il mondo cattolico centrale e televisivo ha accettato ed assecondato che le folle pellegrine attorniassero e celebrassero il Papa, accorressero a 'vedere il Papa '….. il Papa indica Cristo certamente ma rimane ad occupare uno spazio ampio di suo vicario e sostituto come se Cristo fosse assente, non vivente. Il Papa non diminuisce davanti a lui, come fece Giovanni Battista il precursore ( ' Bisogna che lui cresca ed io diminuisca', Giovanni 3, 30 )"(3).

Tutte le grandi manifestazioni hanno avuto al centro la figura del Papa, la quantità delle presenze e l'immagine sono state osservate ed organizzate come momento di autocelebrazione; la comunicazione mediatica ed il suo ascolto sono diventati di fatto misura del successo del Giubileo (la RAI ha comunicato di avervi dedicato più di 400 ore televisive e 550 radiofoniche) .

A ben vedere questa, non inconscia, papolatria è l'espressione di una teologia fortemente romanocentrica ed ecclesiocentrica. Il Concilio Vaticano II aveva avuto un'ispirazione ben diversa. Questa teologia è giunta ad usare spregiudicatamente il cosidetto terzo segreto di Fatima per enfatizzare il ruolo del Papa, quasi per santificarne già in vita la persona stessa. Siamo ben lontani dal Pietro dell'Evangelo, anche peccatore e spergiuro, lanciato dallo Spirito nell'evangelizzazione nonostante le sue debolezze.

La presenza a Roma di ogni categoria sociale o professionale o culturale ( tutte meno i pacifisti e gli obiettori di coscienza e quindi non c'è stata penitenza a Roma per il massimo peccato collettivo, la guerra ), i pellegrinaggi nazionali, la grande adunata della GMG a Tor Vergata, i grandi incontri a S.Pietro : tutto è stato verticalizzato sul centro della cattolicità. E non ha ottenuto risposta chi si è chiesto quale fosse il significato delle parole di Gesù alla Samaritana " viene un'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre" (Giovanni 4, 21).

La religiosità "piramidale" e di massa si è trovata a suo agio con la teologia tradizionalista e devozionale delle canonizzazioni e delle indulgenze. Anche qui serpeggia nella Chiesa il dubbio sull'opportunità pastorale di questi strumenti inflazionati, molto "facili" e teologicamente discutibili.

Sono molti i credenti che "non chiedono indulgenze perché non riconoscono all'autorità ecclesiastica il diritto di amministrare la gratuità di Dio ( che tale è l'indulgenza, non le indulgenze), di conteggiare gli immisurati limiti della sua misericordia" (4). Delle indulgenze non dicono niente i documenti del Concilio Vaticano II e si supponeva che ciò avrebbe portato a un progressivo abbandono di questo istituto troppo controverso, antiecumenico e che è stato una delle cause immediate della divisione della Chiesa nel XVI secolo.

La vecchia teologia dell'anno giubilare

Durante questo Giubileo, proclamato unilateralmente senza alcun accordo con le altre confessioni cristiane, il Papa ha fatto scelte che, di per sé, non hanno con esso alcuna connessione diretta ma che hanno contribuito molto a caratterizzarne il clima psicologico e le reazioni interne alla Chiesa ed in campo ecumenico. Ci riferiamo alla Dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede "Dominus Jesus" ed alla beatificazione di Pio IX .

In entrambi i casi è stata proposta una ecclesiologia arretrata, tutta tesa ad affermare un certo tipo di identità della Chiesa cattolica e la legittimazione dell'azione di qualsiasi Papa ( di Giovanni XXIII e del suo esatto contrario Pio IX) e quindi del papato in quanto tale.

Più di altre, queste due iniziative hanno dato il segno della teologia vaticana sottesa all'anno giubilare, hanno peggiorato i rapporti con la altre Chiese e con gli ebrei, hanno suscitato sconcerto ed interrogativi all'interno della Chiesa stessa.

Al contrario, iniziative di riconciliazione che avrebbero dovuto essere tipicamente giubilari non sono state prese in alcuna considerazione nonostante le tante sollecitazioni pervenute. Ci riferiamo alla revoca delle sanzioni a carico di tanti teologi colpevoli solo di aver continuato la ricerca nella linea del Vaticano II, alla reintegrazione nel ministero sacerdotale dei preti sposati che l'avessero chiesta, all'accoglienza eucaristica dei divorziati risposati e ad un atteggiamento di vera accettazione nella Chiesa di gay e lesbiche capace di riconoscerne positivamente la diversità. In particolare contraria allo spirito giubilare rettamente inteso è stata la posizione tenuta in occasione del gay-day dell'otto luglio.

Grandi cerimonie e devozioni di ogni tipo ( tra queste l 'attraversamento della Porta Santa) non sono riusciti a nascondere questo vuoto di accoglienza. Eppure molti aspettavano una svolta nell'anno giubilare verso posizioni evangeliche di accettazione e di misericordia.

Dubbi e sofferenza nella Chiesa

Non c'è da meravigliarsi che all'interno della Chiesa le sensibilità più vicine allo spirito del Vaticano II si siano sentite fortemente a disagio in questo Anno Santo. C'è chi, dotato di alta autorità morale e di maggiore coraggio, ha dato voce a questa intima sofferenza. Paolo De Benedetti ha detto :" Bisogna dimenticare il Giubileo, i papaboys e tutto il resto. L'identità per la Chiesa oggi può essere solo quella della comunità che si riunisce per la Cena. Il vizio fondamentale della Chiesa oggi è quella di avere orrore delle domande e di avere il monopolio delle risposte"(5).

Padre Benedetto Calati, monaco camaldolese, nella sua ultima intervista-testamento ha affermato che l'autentico Giubileo dovrebbe consistere " nel modo con il quale l'istituzione si riforma nel cammino della storia" e che non servono Giubilei che "perpetuano l'immagine di Bonifacio VIII lungo i secoli. Io penso a un Giubileo che si fa grande preghiera per l'unità dei cristiani. Altro che porte sante ed indulgenze !" (6). Da parte sua don Andrea Gallo della Comunità di S.Benedetto di Genova non è andato a Roma a passare la Porta Santa ma a Verona con Alex Zanotelli e il Vescovo brasiliano dei "Sem Terra" Tomàs Balduino dove in settembre migliaia di giovani hanno celebrato il Giubileo degli oppressi (7).

Le difficoltà del cammino ecumenico

Le difficoltà in campo ecumenico sono state evidenti dall'inizio ma si sono aggravate con la riproposizione delle indulgenze nella bolla di indizione del Giubileo, con la centralità romanocentrica, con la "Dominus Jesus", con la beatificazione di Pio IX. Inoltre nessun passo è stato fatto nella direzione della partecipazione comune alla mensa dell'eucaristia.

La quasi totalità delle Chiese evangeliche italiane ha vissuto male il Giubileo cattolico e romano. Nella lettera aperta di questo gennaio la FCEI (Federazione Chiese Evangeliche Italiane) ha detto con chiarezza "I timori di un 'inverno ecumenico' a causa del Giubileo sono quindi stati confermati; e sappiamo che la sofferenza che esprimiamo è condivisa da molti anche all'interno della stessa Chiesa cattolica". Nel fare un bilancio complessivo del Giubileo l'arretramento ecumenico è un fatto da segnare nettamente al passivo. La sua responsabilità deve essere ricondotta a chi guida la Chiesa cattolica La linea del Vaticano è anche schizofrenica perché ad ogni apertura ispirata dallo Spirito ( che talvolta soffia anche tra le "somme chiavi") subentra la paura, la preoccupazione di tutelare la propria identità , la sfiducia nell'invito dell'Evangelo all'unità dei credenti. Tipica è la firma con i luterani della Dichiarazione di Augusta del 31 ottobre del '99 seguita poi dal gelo ecumenico.

 

Un Giubileo senza fatti concreti

Alla grande dimensione mediatica del Giubileo è seguito, almeno in parte, l'accoglimento delle indicazioni concrete che il Papa ha via via dato nel ricordare che il Giubileo del Levitico è quello della liberazione degli schiavi, della restituzione della terra, del riscatto degli oppressi ?
Purtroppo il bilancio è negativo. Il Papa, tanto mediatizzato e osannato, non è stato ascoltato quando ha chiesto l'amnistia o l'indulto per i carcerati, la moratoria della pena di morte, una effettiva remissione del debito dei paesi poveri e la pace in Palestina ed in molte altre situazioni di conflitto.

La vacuità del Giubileo dei politici ( la manifestazione giubilare più ambigua dopo il Giubileo dei militari) si è rivelata nel mancato ascolto di proposte che dovevano essere accolte .

Per quanto riguarda il debito estero è cresciuta la sensibilizzazione dell'opinione pubblica (non solo per merito della Chiesa cattolica) ma nelle sue dimensioni internazionali il debito è stato ben poco ridotto nonostante tante parole. Le grandi istituzioni internazionali ( Banca mondiale e Fondo monetario) continuano a stringere il cappio al collo di tanti paesi contribuendo in modo determinante a determinare nei paesi del terzo e quarto mondo, situazioni di crisi pesanti pagate sempre dai settori più deboli della popolazione. Questa linea non viene smentita o diversamente governata dai vertici del G8 che, in teoria, dovrebbero rispondere del problema all'opinione pubblica internazionale.

Nel nostro paese la campagna promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha sensibilizzato una parte dell'opinione pubblica ed ha contribuito ad una legge del Parlamento molto migliorata rispetto a quella, meno che mediocre, proposta dal Governo. I risultati concreti di questa campagna sono stati modesti ( sono stati raccolti nelle parrocchie solo 25 dei 100 miliardi che erano l'obiettivo proposto). A questa mobilitazione della Chiesa italiana bisogna ripetere le osservazioni critiche che gli istituti missionari avevano fatto dall'inizio : bisognava chiedere la cancellazione immediata e globale del debito estero e la "denuncia chiara delle cause, dei meccanismi e delle responsabilità che sono alla sua base", bisognava proporre un impegno maggiore e più trasparente nella cooperazione per lo sviluppo, il controllo sul commercio delle armi ed investimenti nella prevenzione e nella soluzione dei conflitti, la revisione delle strutture finanziarie internazionali ed accordi di mercato per favorire scambi equi. Questi giudizi e queste indicazioni fanno parte integrale delle proposte di tanti gruppi di ispirazione cristiana impegnati nella solidarietà concreta coi paesi del Sud del mondo ma non sono stati fatti propri, se non in modo del tutto episodico, dalle strutture ufficiali del mondo cattolico. Accettarli vorrebbe dire fare propria la linea di Alex Zanotelli, ma per questo sarebbe necessaria una rivoluzione culturale ed evangelica nella Chiesa italiana.

Anche la situazione generale dei rapporti internazionali e dell'economia vista dal punto di vista dei più deboli, all'inizio del millennio, non sembra essere stata scalfita dai buoni propositi dell'anno giubilare. I più ricchi diventano più ricchi ed i più poveri diventano più poveri. Con la nuova presidenza USA vengono rilanciate le guerre stellari, l'Onu continua nella sua impotenza, in Palestina la testimonianza evangelica offerta dal viaggio di Giovanni Paolo II è stata seguita da una violenta ripresa dello scontro tra i due popoli senza alcuna prospettiva a medio termine.

Il nuovo interventismo dei vertici della Chiesa italiana

Come effetto indiretto del Giubileo si è accentuato l'intervento delle istituzioni ecclesiali (in particolare della CEI) nella vita civile e politica del nostro paese. Forse il successo di molte manifestazioni giubilari, l'incertezza della situazione politica, il venire meno della Democrazia Cristiana (strumento di interposizione e di mediazione tra la Chiesa e lo Stato) hanno spinto i vertici della Chiesa italiana (da tempo disinteressati alle riforme conciliari) a un nuovo diretto interventismo in politica. I fatti sono noti : dalle campagne a favore della scuola privata alle questioni che riguardano la bioetica, dai problemi posti dall'immigrazione alle critiche alla Carta dei diritti fondamentali dell'unione Europea per l'assenza in essa del "riferimento a Dio ed alla religione", dal recente aspro attacco della CEI alla "cultura pubblica" lontana dai " valori in cui la gente crede" fino alla difesa ad oltranza del card. Giordano (invocando una inesistente violazione delle norme concordatarie) ed infine fino allo strisciante ma evidente accostamento al Polo delle libertà che è generoso di promesse per assicurarsi dei vantaggi elettorali.

Non meno importanti i silenzi : non una parola di ringraziamento ( che sarebbe stata doverosa da un punto di vista antitetico al nostro) è stata espressa nella sessione di gennaio della Presidenza della CEI alla RaiTV, al Comune di Roma ed alla Repubblica Italiana per quanto hanno fatto per il Giubileo. Il fatto è sorprendente. Bisogna anche rimproverare ai vertici della Chiesa la mancata sollecitazione ai due poli politici perché si occupino delle grandi questioni che riguardano la situazione del mondo ( ruolo dell'ONU, rapporto Nord-Sud, cooperazione, debito estero…) nella linea indicata da Giovanni Paolo II. Questo colpevole silenzio nel nostro paese della politica sui grandi problemi dell'umanità sembra non interessare.

La nuova e vivace reazione dei "laici"

Sull'onda del successo del Giubileo e di questo nuovo interventismo si è sviluppata in questi mesi una reazione di parte laica che si è manifestata in diversi modi. Ne sono stati portavoce i maggiori esponenti della cultura laica, che pure erano da tempo su posizioni di ricerca e di dialogo sulle tematiche religiose ( a nostro giudizio a volte troppo accomodanti verso le alte gerarchie). Ora essi stanno modificando il loro atteggiamento. Norberto Bobbio ha definito Giovanni Paolo II " perfetto Papa della Controriforma" (8), Ernesto Galli Della Loggia (9) e Lucio Colletti (10) ipotizzano di mettere in discussione il Concordato ed Eugenio Scalfari, dopo aver ricordato il "date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" ha ugualmente richiamato i privilegi del Concordato (che concede alla Chiesa con "una larghezza che non cesseremo di lamentare") ed ha affermato che "i rapporti che erano stati tessuti con grande pazienza e fatica da ambo i lati tra una parte almeno della gerarchia ed i laici non credenti sono stati pressoché distrutti nel corso dell'evento giubilare" (11).

Massimo Cacciari dopo aver detto che la Chiesa esce dal Giubileo "con una forte tendenza autocelebrativa se non trionfalistica" lamenta che essa non "annunci lo scarto tra sé ed il mondo come quello indicato da certe posizioni del Papa durante le recenti guerre". Per Cacciari la Chiesa dovrebbe ammonire i politici a "ricostituire la loro autorità e la loro autorevolezza" ed "un discorso sulle rispettive autonomie è al centro non di una concezione laica, moderna dello Stato, è al centro della teologia cristiana"(12).

Infine il 16 gennaio la "Società laica e plurale" (SLP) ha organizzato un Convegno su " Il Giubileo del Potere" in cui ogni posizione critica si è manifestata con accenti molto aspri

Giuseppe De Rita (13), voce ufficiosa dei vertici della Chiesa, risponde che questa tensione è da ricondurre al timore dei laici che il prestigio derivato dal Giubileo favorisca una ingerenza sempre più ampia della Chiesa nella sfera politica italiana, che il presunto strapotere ecclesiale mette in evidenza una loro crisi etica e culturale e che, soprattutto, i laici cercano di rifarsi un'identità ( che hanno perduto dopo la crisi del comunismo ed il crollo degli steccati ideologici) cavalcando lo sviluppo scientifico, la secolarizzazione, il neocapitalismo e l'avvento del pensiero unico occidentale.

I vertici della Chiesa facciano un passo indietro

A noi sembra che, anche grazie al clima del Giubileo, si stia per innescare una lacerazione che non può che essere deplorata e scongiurata e che rischia di andare lontano. Questa prospettiva ci sembra grave per i credenti e per la vera laicità dello Stato.

Per quanto ci riguarda ci pare che la riflessione di un cattolico democratico come Pietro Scoppola sia quella da meditare e da seguire : "il corto circuito tra trionfo e potere sembra spingere progressivamente i rapporti tra la Chiesa e lo Stato …..sul terreno del mercato in una sorta di 'asta al rialzo' : favori alla Chiesa contro consenso elettorale; chi offre di più avrà più consenso. Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti ed è scandalosamente vistoso nelle vigilie elettorali, a prevalente beneficio dello schieramento di destra". Ma Scoppola è fiducioso, si pone degli interrogativi ed indica un percorso : " Nel mondo laico matura la consapevolezza che la storia ha smentito la previsione, spesso riproposta, che il progresso scientifico e tecnologico con il diffondersi dei processi di secolarizzazione avrebbe reso alla fine irrilevante il fenomeno religioso : si comprende che la fede religiosa non appartiene ad una fase pregressa dell'esperienza dell'umanità, destinata ad un effettivo superamento. Il modo in cui si intende la ricerca di Dio non è marginale o irrilevante nelle società moderne ma le qualifica in profondità. E' possibile oggi ridefinire insieme, le condizioni della convivenza e della collaborazione, fra laici e cattolici, non solo in termini giuridici e istituzionali ma anche in termini operativi, nel quadro di una comune iniziativa politica, al di là del terreno dello scambio politico che sta avvilendo, oggi, il rapporto tra Chiesa e Stato ?" (14). L'auspicio di Scoppola è il nostro . Bisogna cercare di impedire che, con l'inizio del nuovo millennio, si avvii una fase di radicalizzazione e di incomprensioni in una società che diventerà sempre di più interculturale ed europea.

Come credenti nell'Evangelo riteniamo che i vertici della nostra Chiesa debbano fare un passo indietro ed abbandonare questo nuovo interventismo in politica; ne sarebbe avvantaggiata la comprensione di quegli stessi "valori" che vengono proposti e che ci piacerebbe meglio discutere, uno per uno, nel loro rapporto vero con l'Evangelo. Siamo preoccupati che un rapporto forzato, antistorico, poco conciliare con la società politica renda più difficile la comprensione nella sua essenzialità, della Parola di Dio in una società sempre più secolarizzata.

Inoltre questa linea polemica ed interventista non facilita una maggiore manifestazione nella Chiesa italiana delle tante presenze evangeliche che in essa operano.

Per un Concilio ecumenico all'inizio del nuovo millennio

Noi credenti, che partecipiamo al movimento "Noi Siamo Chiesa", abbiamo vissuto questo anno giubilare nella contraddizione tra quanto pensavamo di capire della parola di Dio e quanto osservavamo nelle manifestazioni e nelle celebrazioni. Il momento più significativo dell'anno giubilare per alcuni di noi, in rappresentanza di tutti, è stato il pellegrinaggio in Guatemala e Salvador nello scorso marzo in occasione del ventesimo anniversario dell'assassinio di Mons. Romero. Vi abbiamo visto testimonianze di una Chiesa confessante.

Ora bisogna guardare in avanti con la nostra speranza cristiana .

Facciamo nostre le parole di Marcelo Barros che ci vengono dal lontano monastero benedettino di Goiàs in Brasile: " Affinchè il Giubileo dell'anno 2000 lasci un saldo positivo, è necessario che il corno della giustizia e della misericordia continui a risuonare nel cuore dei credenti, aprendoli al dialogo con gli atei ed alla ricerca della comunione con le altre religioni e culture. Che la Chiesa, dopo il Giubileo, attraverso i suoi ministri e pastori, dia al mondo la testimonianza di una maggiore coerenza, tradotta nel coraggio di trasformare le sue strutture, tanto internazionali come locali, per essere veramente una comunione di comunità sorelle ed al servizio dell'umanità, manifestando l'amore di Gesù Cristo" (15).

Noi pensiamo che questa trasformazione della Chiesa possa essere realizzata mediante un cammino che porti un giorno la nostra Chiesa a celebrare una grande assemblea conciliare per affrontare insieme - vescovi, preti, religiosi, suore, laici, uomini e donne- i problemi che pone oggi l'annuncio al mondo dell'Evangelo di sempre.

Questo itinerario dovrà incrociarsi con il più ampio cammino dell'insieme di tutte le Chiese cristiane verso la celebrazione di un Concilio autenticamente universale, che faccia compiere un balzo decisivo per la riconciliazione delle Chiese e la piena comunione eucaristica tra di loro, cosi che in una "diversità riconciliata" insieme servano il mondo e soprattutto l'immensa massa delle persone oppresse ed emarginate. Noi sappiamo che lo Spirito- come e dove vuole- continua a soffiare sulle Chiese e sul mondo. Lo preghiamo perchè possiamo discernere ciò che Lui dice oggi alle Chiese . E con il suo aiuto noi speriamo, malgrado i molti segni dell'inverno che ancora incombe, che la primavera sia vicina.

  1. Cf.cap.4
  2. "Repubblica" del 7-1-2001
  3. "Adista",n.3 del 13-1-2001
  4. Adriana Zarri su "Rinascita" del 25-8-2000
  5. "Adista", n.3 del 13-1-2001
  6. "La visione di un monaco", intervista a cura di Raffaele Luise, Cittadella, pag. 50
  7. cf. "Adista"n.3 del 13-1-2001
  8. "La Stampa" del 2-12-200
  9. cf. "Corriere della sera" del 16-1-2001
  10. cf. "Corriere della sera" del 17-1-2001
  11. "Repubblica" del 7-1-2001
  12. intervista su "Repubblica" del 6-1-2001
  13. "Avvenire" del 2-2-2001
  14. "Repubblica" del 7-1-2001
  15. "Adista" n.6 del 22-1-2001

 

"Noi Siamo Chiesa"- Italia

( aderente all'International Movement We Are Church- IMWAC)

Roma, febbraio 2001

 

 

 

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