APARECIDA: BRACCIO DI FERRO
TRA LE DIVERSE ANIME DELLA CHIESA DELL'AMERICA LATINA

 

33896. APARECIDA-ADISTA. Non è facile, né poteva essere altrimenti, il confronto tra le diverse anime della Chiesa latinoamericana presenti alla V Conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina e dei Caraibi (dal 13 al 31 maggio). Malgrado da più parti si sottolinei il “buon clima” stabilitosi tra i 266 partecipanti (162 vescovi, 81 invitati, 8 osservatori di altre Chiese e religioni, 15 esperti) - migliore, pare, di quello della Conferenza di Santo Domingo del 1992, se non altro grazie alle minori ingerenze romane - non mancano tuttavia “tensioni tra diverse tendenze ecclesiologiche, diagnosi sulla realtà e opzioni pastorali”. Così afferma il teologo brasiliano Agenor Brighenti, rappresentante di Amerindia, gruppo di teologi della liberazione che accompagna dall’esterno i lavori della Conferenza, svolgendo un importante ruolo di supporto - non clandestinamente, ma alla luce del sole, come è stato riconosciuto anche dal cardinale honduregno mons. Oscar Rodríguez Maradiaga - a diversi dei vescovi presenti. “Sono entrati in scena - racconta Brighenti - attori che hanno evidenziato, per quanto implicitamente, determinate differenze: tra laici dei movimenti e laici delle pastorali e delle Comunità ecclesiali di base; tra religiosi e nuove comunità di vita; tra anti-femministi e difensori di una Chiesa ministeriale che includa anche le donne; tra guardiani della vita nel senso di vita intrauterina e difensori della vita nel senso più ampio; tra quanti portano avanti un’evangelizzazione ristretta all’ambito spirituale e religioso e quanti vi includono temi come l’ecologia e la difesa dell’Amazzonia (la questione ambientale è stata molto presente nei lavori di gruppo, ndr); tra vescovi dei movimenti e vescovi sensibili ad una Chiesa autoctona, ecc. Alcuni vescovi - prosegue il teologo - hanno affermato che certe posizioni difese ad Aparecida danno l’impressione che il Concilio Vaticano II sia morto. Gran parte dei periti presenti, legata a determinati movimenti, si allinea a prospettive teologiche che si allontanano dal Concilio e dalla tradizione latinoamericana”. Ma non mancano neppure le resistenze. Dopo la prima settimana di lavoro, svoltasi attorno a due unità tematiche (“Realtà sociale ed ecclesiale latinoameriana” e “Discepoli e missionari di Gesù Cristo”), la Commissione di redazione del Documento finale, composta da tre cardinali (l’argentino Bergoglio, il brasiliano Hummes e l’honduregno Rodríguez Maradiaga) e cinque vescovi (il messicano Reyes Larios, il cileno Ezzati, il guatemalteco Cabrera, il venezuelano Moronta Rodríguez e il colombiano Tobón Restrepo), ha elaborato un primo Schema Generale del Documento, che, tuttavia, è stato respinto dalla presidenza. Tale Schema - racconta ancora Brighenti - “ignorava i contributi dell’Assemblea. Abbandonava il metodo vedere-giudicare-agire e si strutturava attorno a un cristomonismo che eclissava, soprattutto, lo Spirito Santo, senza tradursi in opzioni o impegni pastorali”. Veniva così elaborato un secondo Schema, che, presentato all’Assemblea, riceveva l’approvazione di dieci dei quindici gruppi di lavoro, venendo poi assunto da tutti con degli emendamenti.

Sette i capitoli, ordinati secondo il metodo vedere-giudicare-agire: 1. “Nell’oggi dell’America Latina e dei Caraibi” (Vedere); 2. “In mezzo al mondo, la gioia di essere discepoli e missionari di Cristo”; 3. La nostra vocazione di discepoli missionari”; 4. “La comunità dei discepoli e missionari di Gesù Cristo” (Giudicare); 5. “L’itinerario dei discepoli missionari”; 6. “La missione dei discepoli missionari” (Agire). “C’è una grande differenza – commenta Brighenti – tra lo Schema abortito e lo Schema approvato. Il primo si limitava in gran parte all’agenda data dal papa nel Discorso inaugurale (v. Adista n. 38/07, ndr). Nel secondo il pronunciamento del papa appare già inculturato nella realtà del Continente”, raccogliendo i contributi presentati in plenaria e nei gruppi di lavoro durante la prima settimana, per quanto risultino assenti temi (pure molto discussi nei gruppi) come le Cebs, il ruolo della donna, i ministeri laicali (la questione dell’Amazzonia è entrata solo in appendice). Più critico il pastore battista Harold Segura, presente alla Conferenza in qualità di osservatore: il metodo del vedere-giudicare-agire, centrale nella tradizione latinoamericana, “si perde” nello Schema del Documento, “tra un breve sguardo alla realtà, un ampio sguardo alla Chiesa e una breve proiezione verso la Missione. Così ciò che più sembra interessare la Chiesa, a mio parere, è la stessa Chiesa”. (claudia fanti)