L'azione internazionale di pace a Butembo (Congo)

dal 24 febbraio al 3 marzo ( racconto a cura di Vittorio Bellavite)

 

 

L'azione di pace "Anch'io a Bukavu"

La spedizione in Congo ha preso il suo avvio da un appello che nell'aprile del 2000 la società civile del Kivu meridionale (Regione orientale del Congo al confine col Ruanda ed il Burundi) ha fatto alle organizzazioni pacifiste italiane ed europee perché intervenissero ad un incontro da tenersi a Bukavu ( capitale del Kivu) nello scorso dicembre in occasione dell'anniversario della Dichiarazione dei diritti dell'uomo. Scopo del grande meeting, con la partecipazione di personalità di tutto il continente africano, doveva essere quello di dare voce alle sofferenze della popolazione, di denunciare la situazione di guerra permanente e di lanciare un Appello in ogni direzione per la pace. In Italia immediatamente sensibili a questa richiesta si sono dimostrati "Beati i costruttori di Pace", "Chiama l'Africa" e "l'Associazione Papa Giovanni XXIII-Operazione Colomba". Una piccola spedizione a Bukavu ha permesso ai promotori di altre azioni internazionali di pace ( come quella di Serajevo nel '92 e di Mir Sada del '93 ) di constatare la grande forza e consistenza dei soggetti che avevano lanciato l'Appello, una rete di realtà organizzate di grande importanza (a partire dal ruolo principale della Chiesa cattolica) che riuscivano, nonostante la guerra , i profughi e l'occupazione ruandese a farsi portavoce di una proposta di pace mediante la mobilitazione popolare e la linea della nonviolenza. Al ritorno della delegazione partì subito il lancio della campagna "Anch'io a Bukavu" che per mesi è stata diffusa nelle organizzazioni pacifiste e in particolare nella rete dei gruppi cattolici soprattutto in Veneto ed Emilia-Romagna dove tradizionalmente è più forte l'insediamento di questo tipo di attenzione ai problemi del terzo mondo e da dove è pervenuta poi la maggior parte dei partecipanti. Per la verità la sollecitazione all'intervento è stata fatta in ogni direzione ed a tappeto nei confronti di ogni altro soggetto interessabile ( parlamentari, organizzazioni cattoliche e del volontariato,Vescovi …..….), dice don Albino Bizzotto , grande animatore dell'iniziativa. Molti i silenzi, i rifiuti, gli inviti alla prudenza, le posizioni di attesa . Si trattava , secondo la proposta, di organizzare un viaggio di massa in Congo per essere testimoni di un interesse dell'Occidente ai drammi di quel popolo che fosse di tipo "alternativo" rispetto a quello dei "bianchi" portatori di interessi economici o mercanti di armi. La partecipazione italiana, col tempo, per le difficilissime condizioni determinate dal dover intervenire in luoghi dove continuava la guerra, divenne quasi la condizione perché l'incontro a Bukavu si potesse svolgere e questo accrebbe enormemente la responsabilità dei promotori italiani . La risposta alla proposta dei promotori italiani è venuta da piccoli gruppi, da singoli, da obiettori di coscienza , da scouts, da qualche ente locale, da esponenti del volontariato e della cooperazione internazionale .Totalmente coinvolti ordini missionari come i saveriani di Parma ed i comboniani d'Italia ( non quelli d'Uganda che hanno ignorato l'iniziativa) oltre ovviamente a tutta la rete delle organizzazioni promotrici . Del tutto assente la Caritas italiana, tutte le organizzazioni del Forum del terzo settore (nonostante le tante sollecitazioni), l'Assopace ed in genere l'area "laica" del pacifismo. Nessuna risposta è pure venuta da personalità significative come il Card.Martini e don Luigi Ciotti. Le difficoltà organizzative erano enormi ma sono passate in secondo piano quando da Bukavu le autorità locali

( controllate dai ruandesi) prima costringevano a un rinvio dell'iniziativa da dicembre a febbraio, poi concedevano l'autorizzazione e in seguito la negavano perché evidentemente i ruandesi, a cui spettava l'ultima parola, non gradivano un intervento esterno di questo tipo . A fine gennaio il viaggio era saltato e si stava ipotizzando in alternativa una carovana che percorresse l'Europa da Ginevra a Bruxelles per sollevare il problema del Congo davanti alle istituzioni internazionali. Una nuova spedizione degli organizzatori nel Kivu ha offerto una nuova possibilità, quella di svolgere l'incontro a Butembo, città di duecentomila abitanti e capitale del Nord Kivu , zona sotto il controllo, meno aspro e intransigente, degli ugandesi . Ciò significava però dover atterrare a Kampala capitale dell'Uganda ed avere di fronte due giorni completi di viaggio su strada in condizioni difficili per raggiungere Butembo e due giorni per ritornare a Kampala.

La tenacia degli organizzatori e dei quasi trecento partecipanti, ormai coinvolti fino in fondo nell'impresa, e l'abilità di Lisa Pelletti Clark ( per un mese nel Kivu a organizzare tutto) ha superato ogni difficoltà compresa quella della compagnia aerea del charter che, tre giorni prima della partenza, chiedeva un aumento della tariffa per il nolo di ben 209 milioni rispetto alle trattative precedenti ( sono stati anticipati dalla Banca Popolare Etica).

I partecipanti alla fine sono stati 286 compreso otto spagnoli, un tedesco, uno svedese. Ogni partecipante ha pagato una quota di due milioni e ha partecipato a Bologna a due training di formazione dal sabato alla domenica in cui, oltre ad illustrare la situazione del Congo, si è creato affiatamento sulle linee guida dell'azione di pace : impegno ad un'ottica ispirata alla nonviolenza, discrezione nella presenza, semplicità e povertà dei mezzi, preparazione a certi livelli di autosufficienza concreta con una adeguata attrezzatura , divisione in GdA ( Gruppi di Affinità di circa quindici persone con un portavoce) collegati tra di loro da un gruppo di Coordinamento con il compito di prendere le decisioni generali dopo un'ampia consultazione. Ogni sera si sono tenute assemblee generali di verifica e di impostazione del modo di rapportarsi con la realtà locale . I partecipanti si sono impegnati a una forte autodisciplina , per esempio ad eliminare qualsiasi intenzione turistica dal viaggio (era consentita una macchina fotografica ogni quindici partecipanti). Le tipologie dei partecipanti erano le più diverse, ogni età e ogni condizione sociale e situazione geografica era presente nella carovana per la pace. Il 35% erano donne , molto presenti sacerdoti e missionari, gli scouts erano ventuno ma l'Agesci nazionale ha ritirato l'adesione creando un forte scontento tra i propri aderenti presenti, c'erano rappresentanti di enti locali, era presente Mons. Giuseppe Andreozzi direttore dell'Ufficio Missionario della CEI che ha creduto nell'iniziativa fin dall'inizio. Andreozzi ha anche rappresentato la CEI.

Sopra tutti emergeva la figura di Mons. Lugi Bettazzi, 77 anni, Vescovo emerito di Ivrea, che si è sobbarcato una fatica non da poco e che non è stato accompagnato da nessuno dei tanti suoi più giovani colleghi di episcopato. Inoltre c'erano, oltre a don Bizzotto, alcuni degli esponenti più significativi del pacifismo cristiano : Eugenio Melandri di "Chiama l'Africa", il dehoniano Padre Angelo Cavagna; Padre Silvio Turazzi, saveriano, già missionario a Goma, in carrozzella, non ha esitato ad affrontare le fatiche del viaggio.

La maggior parte dei partecipanti era di estrazione cattolica ma l'area "laica", ha giustamente rivendicato ed ottenuto il riconoscimento pieno che la carovana non aveva caratteristiche confessionali .

Il viaggio ed il Symposium

La carovana è stata "benedetta" alla partenza sabato 24 febbraio dal Sottosegretario agli Esteri per l'Africa Rino Serri che ha sostenuto che la spedizione era la più importante iniziativa politica nell'area dei grandi laghi dopo gli accordi di Lusaka del luglio '99 ( accordi di pace mai rispettati dalle parti in conflitto).

All'alba di domenica è arrivata a Kampala per partire subito dopo su pulmini per il confine col Congo dove è arrivata alla fine della giornata in un paesaggio molto bello fino alle pendici del Ruwenzori, alto più di cinquemila metri . Strade buone in Uganda ed accoglienza ottima dalla diocesi di Kassese. Qui, come ovunque in questa area, il cristianesimo è la religione di maggioranza. Il giorno successivo il viaggio non viene ostacolato alla frontiera grazie agli accordi intervenuti precedentemente coi militari. Ma la strada è dissestata e non asfaltata ed è necessario un giorno intero per percorrere 150 chilometri fino a Butembo in una zona fertile, ricca d'acqua, di verde e di guerra. A metà strada l'accoglienza di Beni è un anticipo di quanto al tramonto accoglie la carovana lungo i villaggi ed all'ingresso di Butembo : l'intera cittadina aspetta la carovana, sono decine di migliaia di persone che accompagnano i 300 italiani per i tre-quattro chilometri fino alla scuola dove verranno alloggiati. E' l'occasione per esprimere una volontà di pace prorompente che commuove e turba tutti i "bianchi". Siamo in zone di guerra, se ne avranno molte testimonianze.

Il giorno successivo inizia il "Symposium international pour la paix en Afrique" (SIPA). Esso è stato organizzato dalla società civile (tutte le organizzazioni esistenti in città) e dalla Diocesi che con il suo Vescovo Mons. Melchisèdec Sikuli ( vedi intervista) vi svolge il ruolo principale. Partecipa attivamente anche il Vescovo di Kasongo Theo Kaboy. Collaborano la Chiesa di Cristo in Congo ( interviene il pastore Jean Luc Kwye Ndondo) e la Chiesa Kimbanguista . C'è una platea affollata ed una marea di popolo che attende fuori dalla sede dell'incontro. Il Vescovo introduce con un coraggioso discorso di denuncia della guerra, fortemente ispirato alla cultura della non violenza . Ad esso fanno eco gli interventi della società civile di Butembo e di Bukavu ( da qui sono arrivati in 100 su quattro aerei pagati dalla Chiesa protestante di Svezia) e di altri oratori , ognuno dei quali si espone in prima persona quando denuncia. Particolarmente importante la testimonianza della rappresentante delle donne di Bukavu, il ricordo del Vescovo Emanuel Kataliko, Vescovo di Bukavu, grande leader del popolo del Kivu, morto nello scorso ottobre, estremamente significativi gli interventi dei mayi-mayi partigiani di ispirazione lubumbista e dei banyamulenghe. Sono gruppi armati che contrastano l'occupazione ugandese; solo un tale Symposium poteva farli parlare ad un microfono. Non sembra di vivere in una situazione di guerra per il forte entusiasmo popolare che circonda il Symposium se non fosse per i racconti agghiaccianti che si susseguono. Il Presidente del Fronte di liberazione del Congo ( FLC) J.P.Bemba, accolto da silenzio e dissensi, sostiene che non si può fare a meno delle armi per liberare il Congo. Gli italiani sono molto importanti per la loro presenza, non hanno però proposte specifiche di pace. Interviene per tutti don Albino Bizzotto che spiega il significato della carovana e chiede perdono per 500 anni di storia coloniale e di interventi degli interessi economici contro i popoli africani. Il giorno seguente una partita di calcio Italia-Congo raccoglie allo stadio decine di migliaia di tifosi mentre si svolgono una serie di visite alle realtà socioeconomiche di Butembo, alle scuole, alle strutture sanitarie, tutte semifunzionanti e prive di strumenti sempre a causa della guerra. Tutti i servizi che esistono sono privati, la natalità è altissima ed ogni famiglia deve scegliere quali figli mandare a scuole che sono tutte necessariamente a pagamento. Le condizioni di vita , come appaiono, girando nella città, sono veramente di livello modestissimo. L'ultimo giorno, dopo l'approvazione di un documento conclusivo molto esplicito nel chiedere il ritiro di ogni presenza straniera ed un immediato dialogo intercongolese, il SIPA si conclude con una grande manifestazione di pace per le vie della città ed infine nella piazza principale. Si ripete la presenza di massa del primo giorno ed i discorsi si alternano a balli e canti preparati per l'occasione di grande livello artistico ed emotivo. L'ultimo appello alla pace viene seguito dall'inaspettato intervento di Bemba . Travolto dalla passione popolare ed incalzato da tutti, in particolare dal Vescovo, chiede perdono per le atrocità commesse dalle sue truppe ed ordina ai campi militari vicino a Butembo di ritirarsi per permettere una ripresa della normale vita civile; Bemba lascia la grande adunata avvolto nella grande bandiera della pace donata dalla carovana italiana. Al ritorno all'aereoporto di Kampala tutti gli italiani firmano alla presenza dell'ambasciatore italiano un documento in cui si impegnano a monitorare eventuali rappresaglie che in futuro siano effettuate nei confronti di quanti hanno molto rischiato con le loro esplicite e dettagliate denunce durante il Symposium.

Domenica 11 marzo tutti i partecipanti si sono ritrovati a Bologna per progettare il loro impegno per la pace in Congo. Oltre alle altre iniziative di sensibilizzazione a livello locale i propositi sono quelli di sollevare il problema della situazione in Congo alla marcia Perugia-Assisi di maggio ed alle manifestazioni a Genova in luglio in occasione del G8. Esiste poi il progetto di rilanciare a fondo l'iniziativa per la pace nella regione dei Grandi Laghi in occasione del 10 dicembre, anniversario della Dichiarazione dei diritti dell'uomo, con la speranza di coinvolgere gruppi pacifisti di altri paesi europei.




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