Caro Vittorio,

 

ieri mi trasmettesti, incontrandoci per la messa della prima domenica di quaresima all’abbazia di Viboldone, la lettera aperta di don Farinella al papa Benedetto XVI a proposito dell’incontro col Partito Popolare Europeo in cui, per comodità di etichetta e di casella, è inserito anche il presidente del Consiglio on. Berlusconi.

Non ho mai firmato in vita mia nessun appello, né avrei firmato quest’ultimo. Non dico le ragioni di questa mia ritrosia in generale, e di quest’ultima in particolare, perché sono faccende che non so bene come possano interessare altri.

Ma stamattina, nella celebrazione della Parola, uguale nella liturgia cattolica in ogni parte della terra, nell’abbazia come in S. Pietro, ho deciso di firmare e di dirne la motivazione.

Oggi, 6 marzo 2006, si è proclamato come Parola di Dio, Lev 19, 1-2.11-18: “Non rubate, non ingannate, non mentitevi l’un l’altro. Non giurate il falso nel mio nome…”. Nulla di nuovo. Sono i 10 comandamenti che abbiamo imparato da bambini col catechismo di Pio X. È possibile che il papa legga questa pagina, nella sua udienza, a quanti si dicono i grandi della terra e si fanno chiamare benefattori ?

E poi la Parola del Signore: Mt 25, 31-46. Vi si parla di destra, di sinistra e di centro. Vi sono interessati, almeno come collocazione politica in parole di uomini, non solo i 200 dell’udienza ma tutti i politici del mondo, che per comodità scelgono una delle tre etichette o caselle. È possibile che il papa legga questa pagina in cui il Centro è solo il Giudice crocifisso e risorto, e destra e sinistra sono connotati dal riconoscimento o meno di Dio nell’uomo, il più debole, il più disarmato, il minimo?

Oimé, non più tacere! Gridate con cento migliaia di lingue. Veggo che, per tacere, il mondo è guasto, la sposa di Cristo è impallidita, toltogli è il colore, perché gli è succhiato il sangue di Cristo, che è dato per grazia e non per debito…”. La citazione la traggo dal volume I dell’Epistolario di Caterina da Siena, lettera 16, pp. 55-56, a cura di P. Misciatelli, Firenze 1939. Sul suo frontespizio ho scritto il mio nome e la data dell’acquisto: 1944. Lo conservo assieme al II volume e al III; mancavano gli altri tre nella piccola libreria della mia città, e la linea gotica (chi la ricorda? I goti?) era troppo a ridosso di Firenze per richiederli. Concedimi la gioia di annotare come il commentatore, Nicolò Tommaseo, mettesse spesso a confronto una espressione di Caterina con un verso di Dante, e s’inchinasse alla grande senese. La frase citata l’avevo sottolineata in quei giorni tremendi, esaltanti e decisivi, quando l’avvento d’un mondo nuovo dove non ci fossero più guerre, e i poveri fossero riconosciuti uomini e la libertà fosse aria ossigenata per tutti, sembrava a portata di mano, dopo tanto sangue.

Sappiamo che cosa ebbimo e ancora abbiamo a portata di mano al posto di questo mondo nuovo.

Allora vulcaneggiavo nei miei 17 anni. Quanti ne aveva il nostro papa d’oggi. Possibile che anche a lui non fosse apparsa la stessa possibilità dopo tanto sangue?

Ciao, Vittorio, stammi bene. Meglio di quanto le più spudorate strumentalizzazioni dell’uomo e di Dio te lo consentano.

 

Abbazia di Viboldone, 6 marzo 2006

 

Luisito Bianchi

prete da 56 anni

diocesi di Cremona