RUINI E IL SILENZIO DEGLI
INNOCENTI
In ottobre, durante il Sinodo dei vescovi,
un prelato ha invitato i confratelli a rimanere ottimisti, pur nelle difficoltà
che un mondo secolarizzato pone loro; del resto, egli ha sottolineato,
«non saremo mai politicamente corretti; nemmeno Gesù
lo è stato».
Questa affermazione, che bene riassume,
sia pure in negativo, il còmpito di
ogni Chiesa rispetto all’annunzio dell’Evangelo, fa da controluce a
quella negli stessi giorni proclamata dai vertici della Conferenza episcopale
italiana (Cei), presieduta dal card.
Camillo Ruini: «Non ci faremo intimidire». L’eroica
resistenza era annunciata ai quattro venti dopo che i «laici»
avevano contestato l’accusa di «incostituzionalità» fatta dal porporato contro
il Pacs, il patto civile di solidarietà proposto
dall’Unione per dare una normativa giuridica alle coppie di fatto. Alle tesi
del cardinale già hanno replicato Prodi ed altri responsabili dell’Unione (anche
se, per lo più, sono apparsi deboli nel rivendicare la laicità dello Stato, e nel
ricordare il dovere della Cei di rispettare i limiti
della sua azione, da essa accolti, dietro compenso di succosi
vantaggi economici e istituzionali, nel Concordato dell’84).
Qui, piuttosto, vogliamo guardare a come
il variegato corpo della Chiesa cattolica italiana abbia accolto
l’accorato «non ci faremo intimidire» dei vertici della Cei,
quasi che agenti del KGB fossero sguinzagliati per Roma per arrestare i vescovi
disposti al martirio pur di annunciare – per quanto politically incorrect – Gesù
Cristo morto e risorto.
A parte le rigorose critiche dei giuristi
«laici» contro le tesi ecclesiastiche, è intervenuta una fortuita coincidenza a
denudare il trucco di Ruini. Infatti, l’eco del grido
di dolore del cardinale non si era ancora spenta che un decreto legge del
governo – poi, a metà ottobre, «provvisoriamente ritirato» – prevedeva
l’esenzione totale, per
Curie, Avvenire,
e anche il frate custode del Sacro Convento di Assisi, hanno difeso a spada
tratta il progetto di Berlusconi (il quale, per ottenere
l’appoggio della Cei in vista delle prossime politiche,
sarebbe magari disposto a proporre il carcere per i cattolici divorziati e
risposati; naturalmente escludendo se stesso, con una legge ad personam,
dal meritato castigo); progetto invece criticato da autorevoli esponenti delle
comunità evangeliche, ebraiche ed islamiche, che si sono domandati come sia
possibile garantire «privilegi» ad una religione che, proprio per il Concordato
dell’84, non è più la «sola religione dello Stato».
Ma altre sono i nostri interrogativi. E’
difendendo l’esenzione dall’Ici che
Però la nostra domanda più stringente va a
quei cattolici italiani che sono in forte disaccordo sulla linea ruiniana impressa alla Cei.
Parliamo soprattutto di quelli che – per la cattedra che occupano, per il
carisma che possiedono, per la ospitalità sui mass-media di cui godono, per
l’alone profetico che li circonda, per la rete assistenziale o editoriale che
controllano, per la moltitudine di gente che li acclama – hanno una grande
autorità morale nella Chiesa italiana. Ebbene, salvo poche e belle eccezioni,
assordante è stato il loro silenzio sulle ultime uscite di Ruini
(per non parlare della loro latitanza pubblica di fronte all’invito episcopale
di far fallire il quorum nel
referendum di giugno sulla procreazione assistita). A noi sembra che tale
silenzio sia una gravissima omissione. Essi sì dovrebbero gridare a Ruini «non ci faremo intimidire»; essi dovrebbero dire
«basta», in nome dell’Evangelo politically incorrect, a questa gestione episcopale; ad essi,
soprattutto, l’onere di denunciare uno stile di «presenza» tipo «impero», e che
comporta uno stravolgimento profondo del modo di essere Chiesa delineato dal
Concilio Vaticano II. Se non loro, chi? Se non in Italia, dove? Se non ora,
quando? [David Gabrielli]