Contempliamo un
anticipo luminoso
dell’unità
nello Spirito
+ Dionigi card.
Tettamanzi
Arcivescovo
Metropolita di Milano
1. E’ lo Spirito santo la
novità cristiana! Lo è in Cristo Gesù. E l’ora della novità radicale è la sua croce, dove l’eschaton, il mondo nuovo e futuro irrompe nel nostro
tempo per fare esplodere le nostre tombe, segni di sofferenza e di morte. Ma già prima di Pasqua, nella vita terrena di Gesù, lo Spirito di Dio agisce nei segni di vita che Gesù compie. In particolare manifesta la bellezza della sua
divina luce nello straordinario e singolare evento della trasfigurazione.
Ci chiediamo: lo Spirito è la novità anche per la vita della Chiesa?
In essa che cosa compie lo Spirito? Per discernere
oggi la sua azione dobbiamo guardare che cosa ha operato nella vita del
Signore. Ascoltiamo allora il racconto evangelico della trasfigurazione di Gesù.
2. “Gesù salì sulla montagna a
pregare” (Lc 9,28). Luca precisa che,
proprio mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò e il
suo vestito divenne bianco sfolgorante (cf 9,29). Il
suo corpotrasfigurato manifestò di essere abitatodallashekinah,
dalla presenza di Dio in mezzo a noi. Nell’esistenza quotidiana il corpo di Gesù appariva come quello di ogni
altra creatura umana. Come mai proprio in questa occasione
di preghiera espresse la luce della sua “gloria”?
L’evangelista fa notare che Gesù
sale sul monte otto giorni dopo il primo annuncio della sua passione erisurrezione. Il Signore ha incominciato a
svelare gli avvenimenti che lo attendevano e le condizioni necessarie per
seguirlo (cf Lc
9,18-27). Ora, nella sua preghiera sul monte, egli conversa spiritualmente con Mosè ed Elia riguardo all’esodo che sta per compiere a
Gerusalemme (cf Lc
9,31). Nell’ascolto orante, che scruta le Scritture del primo e antico
Testamento, Gesù coglie il senso profondo della Torah e dei Profeti e lo trasfigura secondo la novità dello Spirito santo. Gesù ormai è così totalmente proteso ad essere una cosa
sola con il Padre da divenire trasparente alla luce del suo amore. E l’amore di Dio sta donando il Figlio per la nostra
salvezza. Lo Spirito ne irraggia la luce. Irradia la gioia del Padre, la
irradia nel corpo trasfigurato del Signore Gesù in preghiera.
3. Anche la Chiesa di Dio, come il
corpo terreno di Gesù, nella propria esistenza
storica appare segnata dai limiti della nostra umanità. Ma non è riducibile a
ciò che di essa ordinariamente appare. Abitata
dalla presenza del Figlio di Dio, la Chiesa è il suo corpo. Se e quando
essa intraprende le stesse scelte evangeliche del suo Signore, il corpo che
vive nella storia è come trasfigurato e irradia la
luce della gloria divina. Un’assembleaecumenica,
se come Gesù sa ritirarsi in disparte per pregare e
ascoltare la parola rivelata nell’unità dei due Testamenti e se cerca di
aprirsi alla comunione di Dio con tutti i suoi figli, lascia trasparire la
luce divina dello Spirito che l’abita e la trasfigura.
A radunarsi a Sibiu in questa nostra assemblea
ecumenica è l’unica Chiesa del Signore. Anche se il
percorso storico del movimento ecumenico appare faticoso e controverso, noi qui
possiamo vivere un’esperienza simile a quella del monte Tabor.
Chi - come Pietro, Giacomo, Giovanni - si lascia chiamare dal Maestro a pregare
con lui e non si lascia opprimere dal torpore del sonno (cf
Lc 9,32) può contemplare la bellezza
della comunione universale. Questa ci è già
donata in Cristo e lo Spirito di Dio ne suscita la percezione nel cuore di chi
tra noi sa decidersi per il santo viaggio (cf Sal 84,6) alla sequela del Signore (cf Lc 9,51).
Il viaggio di chi cerca l’unità è un esodo da se stessi. Significa
salire a Gerusalemme, che come per Gesù è città
dell’offerta, non meta di devoti pellegrinaggi o di trionfi mondani. Richiede
il coraggio del dono di sé, di sapersi perdere per poi ritrovarsi (cf Mc 8,35) nell’unica
vera identità di ogni cristiano, che è il Cristo
stesso che vive in lui (cf Ga
2,20). Non è etnica, né culturale, né confessionale l’identità
profonda del cristiano. Essa èescatologica,
perché in Cristo siamo già e non ancora figli di Dio
(cf 1 Gv 3,2).
Per i tempi ultimi del cristiano vale sempre l’adagio patristico: diventa
quello che sei. È questa l’indole escatologica
della Chiesa peregrinante verso il Regno, nel suo cammino missionario ed
ecumenico.
Mentre Pietro balbetta la proposta di tre tende, scende la
voce dal cielo: “Questi è il Figlio mio, l’eletto: lui ascoltate” (Lc 9,35). È al Cristo e alla sua venuta
nella storia che ora si deve guardare e porgere ascolto. Non
alle cose di un tempo, alle controversie ecclesiastiche, alle nostre attese
mondane. Laconversione, cui le Chiese
sono chiamate, consiste nel cogliere la “cosa nuova” che il Signore sta
facendo: “proprio ora germoglia, non ve ne
accorgete?” (Is 43,19). Non si tratta di
ignorare un passato che peserà finché le ferite non saranno rimarginate. Si
tratta di fare spazio all’azione nuova dello Spirito. All’umanità e a tutta la
creazione, che gemono nelle doglie del parto (cf Rm 8,22-23), le Chiese diano voce gridando
unanimi: “Vieni, Signore Gesù!” (Ap
22,20). Lo Spirito suscita l’attesa del Signore che viene…
Senza lo Spirito e senza l’attesa la Chiesa è soltanto
un’organizzazione religiosa di questo mondo, l’ecumenismo un’attività diplomatica alla ricerca
di successi nelle relazioni bilaterali, l’unità la realizzazione in
tempi differenti di un “modello di chiesa” sociologicamente
vincente… È lo Spirito che invece vivifica e trasfigura: egli fa della
Chiesa l’icona della comunione trinitaria vissuta nella libertà della
fede, dell’ecumenismo l’iniziativa interiore che converte i cuori a
Dio e li riconcilia in Cristo, dell’unità l’evento celebrato in modo
multilaterale e contemporaneo da tutte la Chiese insieme.
Questo evento è l’ “impossibilepresso
gli uomini, ma non presso Dio” (Mc 10,27).
Lo vedremo tutti un giorno, come i discepoli videro
quello di Pasqua. Ma come tre di questi discepoli
pregustarono la visione del corpo trasfigurato di Gesù,
noi oggi a Sibiu abbiamo il privilegio di contemplare
un luminoso anticipo dell’unità nello Spirito.
In questa tappa del cammino ecumenico la Chiesa ai nostri occhi si
trasfigura per un tempo fugace con la stessa luce di Cristo: Deo gloria.