Lettera aperta al papa Benedetto XVI
A Sua Santità
Benedetto XVI
Città del Vaticano
Apprendiamo che a ridosso delle elezioni politiche
italiane del 9 e 10 aprile 2006, Lei riceverà in visita ufficiale il presidente
del consiglio italiano, Silvio Berlusconi, nell’ambito
di una visita del Partito Popolare Europeo (Ppe). Molti
dicono che questo incontro sia stato pensato e
programmato dallo stesso interessato che vuole questa visita come una sorta di «consacratio ad limina», a ridosso
delle imminenti elezioni politiche e dopo mesi di estenuante campagna
elettorale mediatica senza esclusioni di colpi. L’ospite
che giunge in Vaticano, dopo essersi paragonato a Napoleone, il 12 febbraio
2006 ad Ancona in un infinito comizio ai suoi sostenitori ha superato il segno
della normalità psicologica e della decenza morale, afferman-do testualmente: «Io, il Gesù della politica, una vittima paziente, mi
sacrifico per tutti». Nelle
precedenti politiche del 1993 ebbe a presentarsi come il «Messia», inviando i
suoi sostenitori come «missionari e apostoli». Mai uomo politico intelligente o
sprovveduto era mai arrivato a tanto.
Nulla da eccepire se l’udienza
capitasse in tempi normali o non sospetti. In queste circostanze e condizioni, la visita è programmata da parte
italiana con fini strumentali: essa serve al capo del governo per potersi
accreditare come «consono» alla Chiesa cattolica a differenza del suo rivale,
Romano Prodi, che da cattolico serio e «adulto» non usa la religione come
strumento populista di infima propaganda. Egli,
infatti, si è incontrato con il card. Vicario, Camillo
Ruini, nel più assoluto riserbo.
Se Lei dovesse ricevere Berlusconi
in udienza, di fatto, anche senza volerlo, si schiererebbe con una parte e il
gesto più eloquente di ogni parola contraddirebbe
quanto Lei afferma nella sua prima enciclica: «La Chiesa non può e non deve
prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più
giusta possibile» (28/a).
Con questa visita, anche contro la Sua volontà, il
Papa rischia di accreditare un uomo che ha diviso la nazione invece di unirla, come
richiedeva la sua funzione. Il presidente del consiglio italiano si definisce
cattolico, ma non esita a distruggere lo stato sociale, impoverendo ancora di
più i poveri e favorendo i ricchi. Al contrario, egli ha triplicato il suo
patrimonio facendosi approvare leggi su misura contro ogni legittimità giuridica.
Interi settori della popolazione
che fino a ieri vivevano una vita dignitosa, oggi
vengono nelle parrocchie a chiedere aiuto per arrivare alla fine del mese.
Questo stato di cose incide e condiziona non solo la qualità, ma anche
l’esistenza stessa della famiglia che Berlusconi ben
conosce, giacché, da «buon cattolico» usufruendo del divorzio, ha fatto una
duplice esperienza familiare. Ci risulta, a proposito, che da alcuni giornali
specializzati in «gossip» si è fatto fotografare mentre fa la Comunione,
contravvenendo così ad una chiara norma della Chiesa sull’accesso dei
divorziati ai sacramenti e lasciando nello sconcerto la massa di cattolici,
spesso divorziati senza colpa, che sono indotti a
pensare che il Sig. Berlusconi
abbia avuto uno sconto dalla Chiesa in quanto ricco e potente.
Il presidente del consiglio dei ministri dovrebbe
essere un modello per l’intera nazione e invece assistiamo ad una sistematica denigrazione
della giustizia e delle istituzioni pur di salvarsi dai processi per accuse
gravissime come la corruzione di giudici, divulgando tra la
popolazione non solo il senso dell’illegalità, ma anche la convinzione
che le leggi siano lacci per i polli che i furbi sanno evitare. Anche il Papa
si sarà chiesto come mai un uomo prudente e saggio come il Presidente della
Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, si sia rifiutato di
firmare in prima istanza, a norma della Costituzione,
tutte le leggi qualificanti l’azione di questo governo, dichiarate «palesemente
incostituzionali».
La vittoria delle elezioni si giocherà sul filo del
rasoio perché il capo del governo ha voluto e ha fatto approvare una legge
elettorale su sua misura. In subordine, in caso di sconfitta, che gli istituti demoscopici non escludono, egli vuole rendere l’Italia
ingovernabile, in base al principio del «muoia Sansone con tutti i Filistei» (Gdc 16,30). Da vero statista. Al Papa non può sfuggire il
particolare che il Sig. Berlusconi
sia proprietario di tre reti tv e disponga delle altre tre pubbliche, avendo
così dalla sua l’intera flotta mediatica, supportata
da giornali di proprietà o compiacenti e asserviti mediante il meccanismo
perverso della distribuzione delle quote pubblicitarie.
In un momento così grave e delicato per l’Italia,
molti cattolici chiedono al Papa di non prestarsi anche involontariamente a
questo gioco che a molti appare demagogico, populista e dissacratore, perché
appare basato sul principio machiavelliano, immorale per l’etica cattolica, che
il fine giustifichi i mezzi. Chiediamo al Papa che «almeno» per opportunità
politica non riceva il capo di una fazione
politica, nel momento in cui la legge italiana impone una reale par condicio
che il capo del governo ha eluso e aggirato a piene mani e anche ostentatamente.
In subordine chiediamo che riceva insieme i due capi dei poli opposti e faccia
loro una autentica lezione di comportamento etico
anche in campagna elettorale, senza dimenticare di ricordare i principi
fondamentali della «Dottrina sociale della Chiesa» che ha come fulcro il «bene
comune» dell’intera Nazione.
Desideriamo informare il Papa che molti, moltissimi
fedeli sono impressionati per il silenzio della gerarchia cattolica italiana di
fronte ad eventi e scelte governative che gridano vendetta al cospetto di Dio,
giacché ritengono e pensano che essere cristiani sia
incompatibile con il modello di governo che questi cin-que anni ci hanno
riservato. Una «contradditio in terminis».
Molti di noi non sanno spiegarsi i motivi per cui partiti
che dicono d’ispirarsi ai principi cristiani abbiano potuto essere alleati
succubi di questo esorbitante e folcloristico potere che ha tenuto in scacco
tutte le Istituzioni, a cominciare dalla Suprema Carta costituzionale di cui è
stato fatto scempio pur di saziare gli appetiti delle singole fazioni che
compongono la maggioranza attuale.
I partiti che fanno riferimento ai principi etici
del cattolicesimo hanno firmato una legge sull’immi-grazione
che nega i principi fondamentali della fede cristiana, per sua natura
universale e quindi aperta, con le necessarie regole, all’accoglienza di
disperati e affamati; i quali bussano alla porta dell’occidente opulen-to che
pure legge ogni domenica Mt 25, 31-46, là dove il Signore si identifica con gli
affamati, gli assetati, i carcerati, i forestieri. L’ospite che arriva in
Vaticano ha appena approvato e fatta varare dal parlamento una legge immorale
che concede a tutti i cittadini la licenza di uccidere
e di essere uccisi in nome di una malin-tesa sicurezza la cui custodia è
affidata alle pistole di una pericolosa giustizia «fai da te».
Al Papa chiediamo che non presti il fianco a
dividere ancora di più i cattolici che già sono fram-mentati in partiti e
porzioni di partiti. Infine, chiediamo che il Papa preghi per tutti gli Italiani
perché possano scegliere con scienza e
coscienza, lasciandosi guidare non da interessi particolari, ma unicamente
dal bene comune della loro Nazione, all’interno del quale si realizza e si compie
anche il bene personale.
Lei stesso nella sua prima enciclica Deus Caritas est
citando Sant’Agostino ha scritto: «Il giusto ordine della società e dello Stato è compito
centrale della politica. Uno Stato che non fosse retto secondo giu-stizia si ridurrebbe ad una grande banda di ladri, come
disse una volta Agostino: «Remota itaque iustitia quid sunt regna nisi magna latrocinia?» (De Civitate Dei, IV,4).
Alla struttura fondamentale del cristianesimo ap-partiene la distinzione tra
ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (cfr Mt
22, 21), cioè la distinzione tra Stato e Chiesa o,
come dice il Concilio Vaticano II, l’autonomia delle realtà temporali (Gaudium et Spes,
36)».
Dio non voglia che il Papa permetta
questa commistione diabolica e preservi la Sede di Pietro da ogni calcolo di
interesse e da basse strategie di strumentalizzazione partitica e faziosa. E’
una questione etica. E’ un imperativo di decenza.
Con cordialità.
Paolo Farinella, prete – Genova
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