10 marzo 2004

LA FAME FA DISTINZIONI DI CLASSE
Quale concetto c'è alla base della campagna Fame Zero che il governo brasiliano sta realizzando a livello nazionale?
Molti pensano che le cause principali di morte nel mondo siano tre: laguerra, il terrorismo e l'AIDS. Non è assolutamente vero! Quello che uccide di più è la fame: 842 milioni di esseri umani vivono in condizioni di denutrizione cronica. Le statistiche parlano di 100 mila morti ogni giorno a causa della denutrizione, delle quali 30 mila sono bambini di età compresa tra gli 0 e i 5 anni. Molte torri gemelle ogni giorno! Ma sono morti anonimi, nessuno li piange, pochi si indignano, non ci sono monumenti con il loro nome. Ci sono 45 milioni di persone affette da AIDS nel mondo. Ed è importante fare campagne. Ma la fame uccide 20 volte di più dell'AIDS. Perché non ci sono, in proporzione, altrettante campagne contro la fame?


Ha una risposta?
Ne ho solo una, un po' cinica. La fame fa distinzioni di classe. Non tocca i ricchi, perciò non se ne preoccupano. E per questo Lula sostiene il programma Fame Zero e sul piano internazionale promuove la creazione di un Fondo, basato sull'applicazione di una specie di Tobin Tax sulle relazioni commerciali nei paradisi fiscali [o sulla compravendita di armi, NdR].

L'ASSISTENZIALISMO DEL NORD


Paradossalmente questa proposta è stata ben accolta da alcuni governanti,tra i quali qualche europeo, che non sono molto "attenti al sociale" né progressisti.
Non abbiamo pregiudizi. Accettiamo tutti quelli che vogliono unirsi a noi per affrontare la povertà e la fame. Mi preoccupa invece una cosa, la concezione assistenzialista che si continua ad avere in Europa. Combattere la fame non significa donare cibo ai "poveri". Questo è il modo peggiore di combatterla perché non stimola la produzione locale; incentiva la corruzione di molti politici che barattano alimenti con appoggio elettorale e giustifica i sussidi nel Nord.
Come evitare allora, per esempio, che Fame Zero non cada in questo stesso errore?
Fame Zero non è assistenzialismo, ma un programma di inclusione sociale. Cerca di creare condizioni di sostenibilità. Non è una proposta di distribuzione di alimenti, ma di inserimento sociale attraverso una redistribuzione delle entrate. A partire dall'incentivare, in parallelo, ilcooperativismo, il microcredito, l'educazione cittadina, la riforma agraria.

Uno sforzo per aumentare la consapevolezza e l'organizzazione dei beneficiari del programma?
Infatti. Abbiamo organizzato una rete in tutti gli stati brasiliani chiamata “Talher”, parola che in portoghese fa riferimento contemporaneamente ai mezzi per mangiare e al “conferimento di responsabilità”. Abbiamo già 540 educatori formati e 10 funzionari del Governo Federale che lavorano nel mio ufficio, con lo scopo di implementare la pedagogia di Paulo Freire.

Come si implementa questa pedagogia in un programma come quello da lei coordinato?
Quando raggiungiamo una famiglia e le diamo una carta magnetica - che si chiama carta cittadina - per prendere ogni mese il denaro dalla Banca Federale, richiediamo che non ci siano analfabeti (e qualora ce ne fossero,pretendiamo che inizino immediatamente l'alfabetizzazione); che i bambini vadano a scuola; che partecipino a un programma sanitario, a lezioni di cooperativismo e microcredito. Qui si inserisce il discorso dell'educazione popolare e cittadina. Uno sforzo perché la gente acquisisca una coscienza sui diritti della famiglia, la pianificazione familiare - che non vuol dire controllo delle nascite! Una strategia integrale. Questa pratica la chiamiamo condizionalità. Un concetto creato dai politici per complicare le cose [fa notare scherzosamente], ma che nel nostro caso parla di diritti e doveri.

Ci sono state critiche sulla lentezza con la quale è stato applicato il programma Fame Zero. Perché lei dice che tutto prosegue bene?
L'anno scorso è stato un grande successo. Pensavamo di aiutare un milione di famiglie in mille comuni. Siamo arrivati a 3 milioni e 615 mila famiglie in 2340 comuni, più della metà di quelle che esistono in Brasile. Si è datala priorità alle regioni quasi desertiche del Nord-est; i villaggi indigeni;i gruppi dei senza terra; gli abitanti delle discariche e le comunità"kilombolas", discendenti dagli schiavi. Siamo riusciti a unificare tutte le politiche statali legate alla lotta contro la fame. E, inoltre, quando si dà un aiuto a un gruppo, arrivano gli agenti del nostro programma per promuovere la salute pubblica, l'educazione, gli orti comuni e domestici, l'educazione nutrizionale ecc. Ora promuoviamo anche la costruzione di una cisterna in ogni casa beneficiata. Un metodo molto semplice inventato da un contadino che permette di raccogliere, anche nelle zone più secche, fino a 16.000 litri di acqua piovana dal tetto dell'abitazione. Ogni cisterna costa 450 dollari, ha una durata media di 40 anni ed è costruita dal gruppo familiare stesso, il che contiene fin dall'inizio una connotazione fortemente educativa.

LA RESISTENZA AI CAMBIAMENTI


In Brasile ci sono resistenze al programma Fame Zero?
Non al programma, ma alle riforme strutturali da realizzare e senza le quali Fame Zero non può avere successo. Mi riferisco soprattutto alla riforma agraria.

La cui applicazione continua a essere molto lenta, come fanno notare alcune voci critiche dei lavoratori senza terra.
C'è un piano pronto per sistemare 530 mila famiglie in 4 anni. La richiesta del movimento dei lavoratori rurali senza terra (MST) era di unmilione. Nell'immediato il governo assicura poco più della metà di questa richiesta. Quest'anno saranno 115 mila famiglie. Non vogliamo peccare di demagogia con promesse che non si possono mantenere.

Chi sono i veri oppositori di questa riforma?
Nel paese ci sono circa 600 milioni di ettari coltivabili. Di questo totale, un terzo può essere compreso nella riforma agraria perché sono terre occupate da proprietari illegali, grandi latifondisti.



Quando si parla del tema della terra viene automaticamente una domanda: i rapporti del governo con i movimenti sociali. Continua il "matrimonio"iniziato quando Lula salì al governo nel gennaio 2003?
Continua un rapporto critico tra controparti. In tutto questo tempo nessun movimento sociale ha rotto con il governo di Lula. Ci sono critiche che consideriamo positive. Ma è innegabile che Lula viene da questi movimenti e ha conosciuto la miseria sulla sua pelle. Ed è molto deciso nell'intenzione di evitare due errori madornali. Uno, quello "capitalista", cioè criminalizzare il movimento sociale. L'altro, quello "socialista", cioè considerare i movimenti sociali come veicoli di trasmissione della politica di Stato, cosa che attenterebbe alla loro necessaria autonomia.

La pazienza di questi movimenti dura nonostante i cambiamenti siano più lenti di quanto ci si aspettasse? Ci sono settori che hanno rotto con il Partito dei Lavoratori nel governo.
Le aspettative restano. Le prime inchieste indicavano che la gente dava al governo una fiducia di due anni. Finora solo due o tre settori, senza contare l'estrema destra o l'opposizione, hanno preso le distanze. Pochi parlamentari di estrema sinistra e alcuni intellettuali.

FAME ZERO, VERSIONE POLITICA DEL MIRACOLO BIBLICO
"In termini evangelici il pane e la fede sono intimamente legati. Credo nel Dio che disse di essere il pane e la vita" sottolinea Frei Betto nello spiegare il suo nuovo compromesso con le sfere del potere. Nonostante questa vicinanza, "non è cambiato nulla nelle mie convinzioni e nella pratica. Continuo a lavorare con la gente più povera e lo considero un lavoro pastorale."

Fame Zero mette al primo posto i più umili ed emarginati. "Per me è la versione politica della moltiplicazione dei pani e dei pesci fatta da Gesù."Non si può dimenticare, segnala Betto, che "la preghiera che ci ha insegnato Gesù ha due parole chiave: Padre nostro e pane nostro. Posso chiamare Dio padre se lotto perché il cibo non sia solo mio ma di tutti."

TENSIONI INTERNE E CORRUZIONE
Nel novembre 2003, quattro parlamentari nazionali - tre deputati e una senatrice - sono stati espulsi dal Partito dei Lavoratori (PT). All'origine di questa misura, le loro voci critiche contro la legge sulle pensioni dei funzionari pubblici e i loro voti negativi al Parlamento sui provvedimenti considerati "antipopolari". È stato il primo segno della tensione interna da quando Lula è arrivato al governo nel gennaio 2003. Sul tema, Frei Betto si mostra cauto e un po' distante: "io non sono militante del PT e mi pesa dare giudizi su un'istituzione alla quale non appartengo," sottolinea. Per aggiungere subito: "penso che in qualsiasi struttura se uno non accetta la decisione democratica della maggioranza deve andarsene. Non potrei, per esempio, continuare a stare nella chiesa se non fossi d'accordo con le sue decisioni." Anche se nel Direttorio Nazionale del PT c'era una maggioranza qualificata per esigere la disciplina del gruppo parlamentare, la posizione del partito ha dimostrato un cambiamento di fondo, come ha sottolineato la senatrice dissidente Héloisa Helena.

Durante il precedente governo di Fernando Henrique Cardoso, il PT si era opposto radicalmente a iniziative come quelle che poi ha votato l'anno scorso, causando la tensione interna. Rispetto al recente caso di corruzione, molto discusso sui media, che coinvolge Waldomiro Diniz, la posizione del teologo-militante è radicale. "È un caso isolato. In base alle informazioni che ho si tratta di un uomo corrotto. È stato immediatamente sanzionato. È già stato esonerato dalle sue responsabilità da Lula e ora sarà sanzionato dalla giustizia. Non possiamo sopportare questo genere di cose. L'etica non è solo un principio di base ma un segno distintivo del governo di Lula. Qualsiasi caso di corruzione deve essere punito in maniera esemplare. Penso che la stampa ha fatto molto bene il suo lavoro, denunciando e provando i fatti."

(torna al sommario)


Una scheda del personaggio
Chi è Frei Betto

Tratto da: http://www.ilcircolino.it/personaggi/freibetto/vita.htm

Carlo Alberto Libânio Christo
, Frei Betto, è una delle personalità di primo piano della teologia della liberazione e della chiesa latino americana. E' nato a Belo Horizonte in Brasile nel '44. E' stato uno dei leader del Movimento studentesco e dirigente nazionale della Gioventù studentesca cattolica.

Arrestato nel '64 per attività giudicata sovversiva nel corso della repressione attuata dal governo brasiliano, ha studiato teologia e filosofia.

E' entrato nell’ordine domenicano. Nel '69 è stato incarcerato di nuovo per resistenza al regime militare brasiliano. Ha svolto un’attività di giornalista ad altissimo livello. Basti ricordare due titoli: Fidel Castro: la mia fede, Paoline, Milano, 1986, pp 206, lire 16.000; Battesimo di sangue, Emi, Bologna, 1983, pp.316, lire10.000. Nel primo caso si tratta di una straordinaria intervista al lider maximo cubano sul problema religioso. Il secondo libro è un’inchiesta sull’assassinio di Carlos Marighella il capo rivoluzionario brasiliano. Due prove di grande giornalismo.

Frei Betto, animatore di numerose comunità di base, è responsabile della pastorale operaia nel centro metallurgico di São Bernardo do Campo e direttore della rivista brasiliana Americana Libre.



Sergio Ferrari - Giornalista argentino residente in Svizzera, è presente con proprie analisi su numerose testate internazionali - In collaborazione con E-CHANGER - ONG di cooperazione solidaria con il Sud del mondo
E-mail alla redazione info@selvas.org