"TESTIMONIARE AL MONDO LA PAROLA ESIGENTE DI DIO"


Intervista al pastore Gianni Genre, moderatore della Tavola valdese
a cura di Luisa Nitti


Dal 20 al 26 agosto si sono svolti a Torre Pellice (TO) i lavori del Sinodo
delle chiese valdesi e metodiste e dell'Assemblea dell'Unione battista. Per
la terza volta dal 1990 le due assemblee si sono riunite in sessione
congiunta, per affrontare il tema della comune testimonianza nel nostro
paese e approfondire la collaborazione avviata da tempo fra le chiese
valdesi, metodiste e battiste. A conclusione dei suoi lavori il Sinodo ha
rinnovato i propri esecutivi, eleggendo il pastore Gianni Genre nuovo
moderatore della Tavola valdese. Abbiamo chiesto al neo eletto moderatore
una breve valutazione dell'Assemblea/Sinodo di quest'anno e una opinione
complessiva sulle prospettive della testimonianza delle chiese protestanti
in Italia; lo abbiamo inoltre interpellato sulle prospettive del dialogo
ecumenico con la chiesa cattolica, in particolare dopo la pubblicazione
della Dichiarazione Dominus Jesus.

Pastore Genre, come valuta nel complesso questa terza Assemblea/Sinodo?


Dopo cinque anni dall'ultima Assemblea/Sinodo c'era molta attesa per questo
nuovo momento congiunto fra le chiese valdesi, metodiste e battiste.
Abbiamo discusso questioni fondamentali, come il tema dell'evangelizzazione
e della predicazione delle chiese protestanti nel nostro paese. Mi sembra
importante ricordare che nei primi due incontri (nel '90 e nel '95) avevamo
posto le fondamenta per il dialogo fra le nostre tre chiese; in particolare
nel '95 abbiamo preso in esame il tema cruciale del battesimo, questione
teologica centrale nel confronto fra battisti, valdesi e metodisti.
Incontri come l'Assemblea/Sinodo mostrano chiaramente il fatto che come
protestanti "storici" abbiamo in Italia una vocazione comune, una
testimonianza che va esplicitata e vissuta nella sua pienezza. Vi sono
alcuni punti su cui condividiamo un comune sentire, e su questi dobbiamo
approfondire il nostro dialogo e imperniare la nostra testimonianza; li
sintetizzerei in tre punti: una modalita' di lettura della Bibbia non
fondamentalista ma aperta alla comprensione e alle diverse interpretazioni;
un approccio complessivamente aperto e problematico di fronte alle domande
poste dall'etica; una sensibilita' politica comune, che ci rende attenti -
anche in virtu' della nostra storia - agli sviluppi e all'evoluzione della
vita politica italiana, soprattutto la' dove nascano preoccupanti
involuzioni di tipo autoritario.

In che modo a suo parere puo' svilupparsi questa "testimonianza comune"
delle chiese protestanti storiche, e con quali prospettive?

Un buon punto di partenza per la riflessione sulle prospettive della nostra
testimonianza e' costituito dal documento discusso dall'Assemblea/Sinodo
sul tema "Dire la salvezza alle donne e agli uomini del nostro tempo": e'
un testo che parla sostanzialmente della nostra ricerca di fede e anche
della nostra inquietudine, come credenti in ricerca, nell'ambito della
struttura complessa della societa' di oggi.
Credo che il punto cardine di questo documento si trovi nel riconoscimento
che il senso profondo della nostra esistenza dimora in una Parola che e'
esterna a noi, che non ci appartiene e non possiamo gestire. Non risiede in
noi stessi, il senso delle nostre esistenze - per quanto la nostra ricerca
personale di senso debba avere spazio -, ma in una Parola che ci raggiunge
dall'esterno: questo e' un annuncio fondamentale per noi protestanti, che
credo dobbiamo continuare ad offrire, anche nel contesto attuale. Non vi e'
parola umana che possa fondare il nostro agire e pensare, la Parola di Dio
e' esigente, non offre risposte facili, anzi ci chiama ad essere qualcosa
di diverso da cio' che siamo "per natura".

Come annunciare dunque questa "parola esigente" di Dio?


Annunciare la Parola di Dio significa per noi essere presenti la' dove c'e'
una umanita' sofferente, e non la' dove c'e' una chiesa "trionfante"; se
penso ai grandi raduni cattolici di questo giubileo - ad esempio le recenti
giornate della gioventu' -, ho l'impressione che in quei luoghi venga
pericolosamente avvalorata l'idea di una chiesa e di una religione "di
successo": non la chiesa degli ultimi, ma la chiesa degli happening di
massa. ma il Dio della croce e' il Dio rifiutato, che chiama ad un
cambiamento reale di vita.
Anche nell'ambito della riflessione etica, penso che le nostre chiese
abbiano un contributo e una testimonianza da offrire. Come e' noto il
Sinodo di quest'anno ha approvato, dopo lungo dibattito fra le chiese, un
ampio documento sui "problemi etici posti dalla scienza". Mi pare che
quando discutiamo di argomenti di tale rilievo, siamo in grado di entrare
profondamente in dialogo con la societa' civile italiana: credo anzi che
l'Italia guardi con una certa attenzione alle posizioni assunte dalle
nostre chiese di fronte ai problemi etici. Un esempio di grande rilevanza
e' la questione dell'eutanasia, di fronte alla quale siamo consapevoli di
non avere risposte certe e definitive; sappiamo pero' di dover entrare
dentro i problemi delle persone che soffrono. Senza integralismi, senza
posizioni schematiche che si giocano fra il si' e il no, dobbiamo dialogare
e prima di tutto ascoltare chi e' nella sofferenza. L'etica e' un campo
quanto mai complesso, che suscita posizioni molto differenziate; ma penso
che come protestanti possiamo e sappiamo essere interlocutori interessanti
per la societa' civile italiana, tanto nella sua componente laica che in
quella credente.

In questo anno giubilare si assiste alla strana coesistenza di fatti
estremamente positivi (quali la firma del Testo applicativo sui matrimoni
misti), che farebbero sperare in una evoluzione positiva del dialogo
ecumenico, e la riproposizione di atteggiamenti di chiusura al dialogo che
sembravano ormai lontani: l'esempio piu' vicino e' la recente Dichiarazione
Dominus Jesus, che sta suscitando polemiche non solo da parte dei
protestanti italiani, ma anche da parte di numerose altre chiese
protestanti straniere. Che cosa ci aspetta?


Le chiese protestanti hanno gia' ampiamente espresso vivo disappunto per la
dichiarazione del cardinale Ratzinger. Ma vorrei aggiungere che aspettiamo
anche reazioni da parte cattolica: sono molti infatti i credenti cattolici
che non si riconoscono nelle posizioni del documento in questione.
D'altronde, abbiamo gia' ricevuto testimonianze da parte di cattolici che
si sentono umiliati e a disagio per questa iniziativa della loro chiesa.
Bisogna ribadire con chiarezza che la verita' non e' manipolabile, nessuno
puo' "gestire" il sacro, neppure una chiesa, in quanto la parola e la
grazia di Dio non sono "proprieta'" di alcuna istituzione umana. Non si
puo' rendere assoluto cio' che non ha valore ultimo.
Ma nonostante questi segnali preoccupanti, penso che il dialogo debba e
possa proseguire: e' cio' che desideriamo, come chiese evangeliche, e che
desidera anche la base della chiesa cattolica. Cio' che speriamo vivamente
e' che non stia iniziando una stagione di non comunicazione fra noi e la
chiesa cattolica: non bisogna interrompere il dialogo ecumenico, esso e' un
dato che non puo' essere tolto e d'altra parte va ribadito che, se il
dialogo venisse allentato, nessuno ne trarrebbe vantaggio.
A fronte di queste perplessita', gesti come la recente firma del Testo
applicativo sui matrimoni misti fra cattolici e valdesi e metodisti sono
molto importanti: nel caso specifico si e' trattato di un lungo e laborioso
processo, a dimostrare che i frutti vanno attesi con pazienza, ma i
risultati di un sincero dialogo arrivano sempre.

( da NEV n.37 del 13-9-2000)




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