Lettera al presidente della Cei, Mons. Angelo Bagnasco arcivescovo di Genova.
Sig. Presidente,
Il 12 maggio in piazza S.
Giovanni a Roma al raduno organizzato dalla Presidenza della Cei attraverso le aggregazioni laicali cattoliche, è
accaduto un fatto grave che come presidente dei Vescovi italiani non può
lasciare senza risposta. Silvio Berlusconi,
notoriamente divorziato e felicemente convivente, ha dichiarato che i cattolici
coerenti non possono stare a sinistra,
asserendo con questo che devono stare a destra, cioè con lui e con il
suo liberismo che coincide sempre con i suoi interessi e mai col «bene comune».
Non è questa la sede per stabilire i confini di «destra» e «sinistra». Una sola annotazione: da tutta la letteratura documentale del magistero, da Leone XIII al «Compendio» pubblicato nel 2004 da Giovanni Paolo II, risalta che i programmi della «sinistra», presi nella loro globalità e alla luce della categoria dirimente del «bene comune o generale» sono molto più vicini alla «dottrina sociale della Chiesa» di quelli della «destra», che, al di là delle parole ossequiose e strumentali, sono la negazione di quella dottrina nei suoi principi essenziali (bene comune, democrazia, legalità, stato sociale, ecc.). Alcide De Gasperi, già negli anni ’50, definiva la DC «un partito di centro che guarda a sinistra».
Benedetto XVI ad Aparecida in Brasile ha detto che la scelta preferenziale dei poveri è costitutiva della Chiesa e ha
dichiarato la fine del marxismo (forse intendeva dire del marxismo ideologico e
storico come realizzato nel sovietismo) e il
fallimento del capitalismo. Silvio Berlusconi è il
rappresentante più retrivo del capitalismo speculativo e senza regole, appena
condannato dal papa, perché egli adora un solo dio e ha una sola
religione: il mercato. A condizione però che il mercato faccia gli
interessi dei ricchi, i quali, si sa, sono capaci di sprazzi di «compassione»
ed elargiscono elemosine ai poveri, magari davanti alla tv, conquistandosi
anche il paradiso e risolvendo il rebus del cammello e della cruna
dell’ago. Con le sue tv commerciali, egli guida e gestisce il degrado morale
del nostro popolo, imponendo modelli e stili di vita che sono la negazione esplicita
e totale di tutti i «valori» cristiani che il raduno del Family Day
voleva affermare.
E’ notizia di oggi (14 maggio 2007) che Berlusconi
ha comprato la società Endemol, la fabbrica
del vacuo, dei grandi fratelli e del voyeurismo amorale e anti-famiglia
che fornisce anche la tv di Stato che così viene ad essere, a livello di
contenuti, totalmente nelle sue mani. Il conflitto di interessi
ora è totale. La sua presenza ad un raduno di cattolici manifestanti a favore
della famiglia è strutturalmente incompatibile. Egli non può stare nemmeno nei
paraggi del cattolicesimo che di solito ossequia subdolamente e di cui si serve con qualsiasi strumento
economico o di potere. Mi fa ottima compagnia P. Bartolomeo Sorge S.J. che ha
dimostrato con ampia facoltà di prova sulla scorta del magistero ordinario nei
memorabili editoriali di Aggiornamenti Sociali,
l’incompatibilità del berlusconismo con la
dottrina sociale della Chiesa e ancora di più con i principi esigenti del
cristianesimo.
Un altro campione di
famiglia cattolica, pontificante al raduno è stato il deputato Pierferdinando
Casini. O tempora! O
mores! Il 19 ottobre 2005, all’inaugurazione
dell’anno accademico nella Università del Papa, la Lateranense, il Gran Cancelliere, Mons.
Rino Fisichella, ebbe l’ardire di presentarlo come
esempio di persona che «forte della sua esperienza trentennale di vita politica
e sostenuto da una forte coscienza cristiana, può offrire a noi tutti un
chiaro esempio di come la fede possa ispirare comportamenti politici liberi e
coerenti nella ricerca del bene comune». Parole di un
vescovo, Gran Cancelliere nell’Università del Papa, ad un cattolico praticante,
divorziato e felicemente convivente con prole.
Tutto
ciò crea disorientamento, scandalo e sconcerto nei cristiani che faticano ogni
giorno a fare conciliare l’esigenza della fede con il peso delle situazioni della vita, a volte insopportabili. Ad un uomo divorziato che, di fronte a queste
dichiarazioni, affermava il suo diritto di «fare la comunione», non ho potuto dare torto, perché non potevo contestare
l’autorevolezza di un vescovo e Gran Cancelliere del Papa: ho dovuto dirgli che
aveva ragione e che sulla coscienza e responsabilità di Mons.
Fisichella, del deputato Pierferdinando
Casini e di Silvio Berlusconi, divorziati e
conviventi, paladini difensori della «famiglia tradizionale»,
dell’indissolubilità del matrimonio, poteva andare tranquillo. Rilevo di
passaggio che sia Casini che Berlusconi, in quanto parlamentari, usufruiscono «già» per i loro
conviventi di tutti i benefici che contestano al progetto di legge sui «DICO».
O la
Chiesa è coerente fino allo spasimo, fino al martirio, sapendo distinguere i
falsi profeti per difendere le pecorelle dal sopruso e dalla sudditanza di avventurieri senza scrupoli, o la Chiesa si riduce ad una
lobby che intrallazza interessi materiali con chiunque può
garantirglieli. E’ una questione «di verità» per usare un’espressione a lei
cara. Sulla stampa (la Repubblica 14-05-2007, p.
9) all’interno di una intervista, mons. Giuseppe Anfossi, responsabile Cei per la
famiglia, ha dichiarato che Berlusconi si assume la
responsabilità di ciò che ha detto. Non parlava però a
nome della Cei che, credo, abbia l’obbligo di fare
chiarezza e prendere le distanze da simili individui che non fanno onore né
alla chiesa, né alla politica (nella concezione espressa da Paolo VI), né al
popolo italiano. Se non vi sarà una chiarificazione ufficiale da parte della
presidenza della Cei resterà
un «vulnus» che ne appannerà la credibilità.
Sulla
stampa sono stati pubblicati i capitoli dell’8 per mille che hanno cofinanziato il raduno del Family
Day, suscitando in larghi strati del popolo cattolico una reazione a
devolvere altrove la quota della Chiesa, generando ancora una volta una
scollatura più grande tra popolo di Dio e Gerarchia che ormai sembrano
camminare su sentieri diversi. Mi auguro che lei abbia il coraggio necessario,
adeguato alla situazione.
E’ mia
intenzione nella giornata di lunedì 21 maggio 2007, rendere pubblica questa
lettera di credente ferito che si dissocia dalle parole per nulla cristiane di
Silvio Berlusconi e anche dal silenzio pesante della
Presidenza della Cei. Nessuna pretesa, solo una testimonianza
«nunc pro tunc».
Paolo Farinella, prete
Genova 14 maggio 2007