Gli evangelici sulla Charta Oecumenica

Intervista a Gianni Long, Presidente della FCEI

 

 

 

INTERVISTA

CHARTA OECUMENICA: UNA GRANDE SFIDA PER IL FUTURO DELL'ECUMENISMO
Intervista a Gianni Long, presidente della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (FCEI)

Roma (NEV), 2 maggio 2001 - Al presidente della FCEI, prof, Gianni Long,
abbiamo chiesto una valutazione della Charta Oecumenica, il documento per
la collaborazione tra le chiese cristiane in Europa sottoscritto il 22
aprile a Strasburgo, a conclusione del settimo Incontro ecumenico europeo
organizzato congiuntamente dalla Conferenza delle chiese europee (KEK) e
dal Consiglio delle conferenze episcopali in Europa (CCEE).


Prof. Long, come valuta nel complesso la Charta Oecumenica, firmata a
conclusione dell'Incontro ecumenico di Strasburgo?


Si tratta di un documento certamente positivo. Si tratta del frutto di
compromessi tra posizioni diverse; ma credo che rinviarlo ancora - in
attesa del meglio - avrebbe significato confessare che le tre grandi
"famiglie" cristiane europee non hanno nulla da dire insieme. Invece, hanno
detto con la Charta Oecumenica una serie di cose importantissime: hanno
riconosciuto insieme il diritto di liberta' religiosa dei singoli e delle
altre confessioni, anche delle cosiddette "sette"; hanno insieme ripudiato
il nazionalismo e il razzismo; hanno insieme riconosciuto che uno speciale
rapporto comunitario li lega agli ebrei e contemporaneamente aperto
all'Islam. Si tratta di affermazioni fondamentali; e a Strasburgo ho potuto
verificare che talune di queste affermazioni sono tutt'altro che pacifiche
all'interno di molte chiese. Per cui la Charta e' una grande sfida per il
futuro e non solo la registrazione di cose su cui l'accordo c'e' da tempo.

Quale "clima" si respirava a Strasburgo durante questo importante incontro
ecumenico?


Ho avuto occasione di dire di recente che a Strasburgo ho respirato una
boccata d'aria di ecumenismo europeo: in effetti il clima ecumenico di
molti paesi europei e' piu' avanzato di quello italiano. Non e' un caso che
il testo base della Charta Oecumenica sia stato redatto in tedesco. La
Germania - e la Svizzera dove hanno sede sia la KEK sia il Consiglio delle
conferenze episcopali cattoliche - sono il centro dell'ecumenismo europeo,
paesi in cui non esistono maggioranze religiose, ma dove tutte le chiese
sono minoranze, piu' o meno consistenti. Cio' spinge a confrontarsi
continuamente con l'altro a tutti i livelli. I paesi dove esiste una
confessione dominante (cattolica al sud, protestante al nord, ortodossa
all'est) sono molto meno interessati all'incontro di persone, ma semmai ad
una "diplomazia" di alti vertici delle chiese. Strasburgo non e' stato un
incontro di massa, come Basilea o Graz. E' stata una occasione per
incontrare molte figure autorevoli del cristianesimo europeo (in
particolare dell'episcopato cattolico, data la coincidenza con la riunione
plenaria del Consiglio delle conferenze episcopali). Ma la presenza di un
buon numero di giovani ha un po' sconvolto lo schema "verticistico". Anche
i giovani erano espressione di organizzazioni ecclesiastiche; ma la loro
presenza a tutti i tavoli di discussione non ha permesso un sistema di
bilanciamenti che talora congela gli incontri ecumenici.

E in Italia? Quali sono le prospettive del dialogo ecumenico?

L'Italia e' certo uno di quei paesi in cui l'ecumenismo non e' l'interesse
fondamentale delle chiese. La chiesa cattolica - ce lo siamo sentiti
ribadire anche in coincidenza con l'incontro di Strasburgo - continua a
ritenere di rappresentare piu' del 99 per cento dei cittadini italiani e
che quindi il dialogo con le altre chiese cristiane conti poco. E le altre
chiese cristiane italiane hanno un naturale atteggiamento difensivo: e'
importante non "appiattirsi" sulla chiesa maggioritaria. Io spero che la
Carta ecumenica possa importare in Italia un clima piu' europeo. L'Europa
unita non ha una religione dominante: e' in questo senso come la Svizzera o
la Germania. Credo che parlare in tutte le sedi della Carta Ecumenica possa
essere un buon contributo al dialogo tra le chiese italiane, ma anche a
rendere piu' europei tutti i nostri concittadini, anche quelli che non si
riconoscono in nessuna chiesa cristiana.




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