Una proposta di Pax Christi e di "Noi Siamo Chiesa" dopo la partecipazione al Forum Europeo di Firenze

 

 

 

La nuova Costituzione europea deve affermare il rifiuto della guerra, il ruolo delle organizzazioni internazionali ed uno specifico e vincolante impegno dell'Unione Europea per la riduzione e l'eliminazione dello squilibrio tra Nord e Sud del mondo

 

 

Invitiamo tutte le organizzazioni cristiane e tutto il movimento a proporre due emendamenti alternativi per la nuova Costituzione

 

Roma, marzo 2003

 

Dopo il Forum di Firenze una iniziativa per una Costituzione europea pacifista e terzomondista

Al Forum sociale di Firenze abbiamo contribuito ad organizzare la riflessione sul contributo delle chiese nella costruzione della nuova Europa, sul rapporto tra cristianesimo, islam ed ebraismo e sul rapporto tra violenza e religioni. Abbiamo fatto il nostro piccolo dovere. Ma siamo anche stati trasformati dalle presenze, dalle discussioni, dalla partecipazione, soprattutto dall'aver intravisto una nuova speranza.

Abbiamo capito meglio lo scenario in cui si colloca la nostra presenza cristiana :

da una parte c'è una forte domanda di senso e di fede diversa dal passato ( meno "religiosa", più evangelica) ed un nuovo contesto interreligioso in cui il ruolo della vecchia cristianità è destinato a deperire mentre assume rilievo il dialogo, l'incontro, il rispetto e la comprensione tra le fedi e le religioni; dall'altra permane la ripresa dei fondamentalismi in cui sono anche radicati tanti conflitti presenti nel mondo e la violenza che si alimenta nelle religioni. Da una parte ci sono strutture ecclesiastiche che si preoccupano troppo dei loro ruoli e di affermazioni di principio che diano loro sicurezze, dall'altra ci sono credenti disposti ad abbandonare i loro mantelli per una mobilitazione nonviolenta a favore di valori universali (pace, giustizia) senza reti di protezione e senza discutibili passati sulle spalle di cui farsi carico.

Ci siamo convinti che non è importante che si dica che l'Europa ha radici cristiane ma che è invece fondamentale che nella nuova Costituzione europea siano affermati valori evangelici come quelli del rifiuto della guerra e del superamento dell'attuale iniquo rapporto Nord-Sud . Ed il nome di Dio -come ha detto Paolo Ricca- "è fatto per essere invocato con timore e tremore, amato e benedetto, ubbidito e servito. Non è fatto per essere scritto nelle costituzioni o in altri documenti quasi come un trofeo da esibire o un possesso da vantare o un ornamento da ammirare".

Ci ricordiamo di quanto dice l'Esodo (20 ,7) "Non pronuncerai inutilmente il nome del Signore, tuo Dio".

Su tutto poi al Forum di Firenze, ben oltre i nostri seminari, incombeva il drammatico "oggi" : il rischio della guerra e la necessità della pace ed i grandi scenari mondiali della fame, delle malattie, della distruzione dell'ambiente. Firenze è in linea di diretta continuità con i tre Forum mondiali di Porto Alegre e con gli altri forum che ormai si riuniscono in ogni continente.

Come continuare dopo il Forum di Firenze

Dalle emozioni dobbiamo passare ad una iniziativa paziente che si ponga il problema di come creare consenso, di come parlare con tutti, con chi è lontano dalla politica, con chi ha le idee confuse o magari si è sempre collocato su posizioni tradizionali. Il movimento di Firenze non può esaurirsi in una fiammata o magari in discussioni o liti interne. Come possiamo continuare noi (Pax Christi, Noi Siamo Chiesa, Agesci, Agape, Beati i costruttori di pace, Comunità cristiane di Base, Cipax, Confronti, Emmaus, FCEI, SAE con l'adesione della rete di Lilliput e della Tavola della Pace ) che abbiamo promosso gli incontri e che ci siamo meglio conosciuti ?

A Firenze abbiamo parlato dell'Europa e siamo stati coinvolti nella questione pace-guerra. Abbiamo constatato che in questi mesi si stanno definendo orientamenti di fondo nell'elaborazione della nuova costituzione europea. Intervenire su questioni istituzionali non è la cosa più confacente alle nostre iniziative. Dobbiamo esserne consapevoli e saperci attrezzare.

Pace-guerra e Nord-Sud

Abbiamo ipotizzato di poter fare un intervento, possibilmente con altri soggetti in Europa a noi omogenei, sulle due questioni più importanti : pace-guerra e rapporto Nord-Sud .Ci sentiamo meno attrezzati e meno competenti ad intervenire su altre questioni anche molto importanti (i diritti sociali, le strutture di gestione politica delle competenze comunitarie ecc…).

Per orientarci su come intervenire abbiamo fatto una ricerca sugli orientamenti delle istituzioni europee e delle Chiese su queste due questioni sia nel passato che ora nel rapporto con la Convenzione che sta scrivendo la nuova Costituzione europea. Il nostro obiettivo era quello di trovare delle convergenze o delle interlocuzioni significative e quindi di trovare "alleanze" per portare avanti i nostri punti di vista .

La ricerca è contenuta nei due allegati. Essi ci dicono che il problema pace-guerra nei termini alternativi indicati dalle riflessioni di Firenze (mettere in pratica l'art.11 della Costituzione italiana) è completamente assente. Anche il rapporto Nord-Sud è quasi assente. La Chiesa cattolica e le altre Chiese a livello europeo percorrono binari del tutto diversi dalle nostre preoccupazioni. Sono soprattutto interne ad una logica di conservazione di ruoli, di ottenimento di garanzie e di affermazioni d'immagine. Non pensavamo che la situazione fosse così distante dalle riflessioni nostre e di tante associazioni dell'arcipelago cristiano che si occupano di pace, di cooperazione, di diritti umani, del terzo mondo .

La proposta di due articoli per la nuova Costituzione Europea

Quanto noi pensiamo e vogliamo è quindi del tutto alternativo a quanto si fa e si dice in quelle sedi. Quindi non possiamo che scegliere la strada di marcare la nostra massima alternatività, la nostra massima separazione e ciò sulla base di quei valori evangelici di cui abbiamo parlato a Firenze. Abbiamo pensato di proporre due articoli per la nuova Costituzione : il primo che riprenda l'articolo undici della Costituzione italiana che rifiuta la guerra, il secondo che aggiunga agli obiettivi già acquisiti dell'Unione Europea (superamento degli squilibri interni, regolamentazione dei mercati ecc..) quello di un impegno diretto e continuativo sul problema dello squilibrio tra il Nord ed il Sud del mondo . Gli articoli che proponiamo sono i seguenti:

  1. "L'Unione Europea ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e le giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo" ( art. 11 della Costituzione italiana)
  2. "Gli interventi di politica economica, commerciale e monetaria dell'Unione perseguono l'obiettivo di ridurre ed eliminare gli squilibri di ogni tipo che esistono tra i paesi sviluppati ed i paesi poveri.

Identico obiettivo viene perseguito negli orientamenti espressi dall'Unione in qualsiasi organismo internazionale.

L'Unione opera affinchè le risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo dagli Stati membri e dal bilancio comunitario corrispondano ai parametri indicati dalle organizzazioni internazionali"

Anche la Tavola della pace sta lanciando per l'Assemblea dell'Onu dei popoli e la marcia Perugia-Assisi di ottobre la proposta di inserire nella Costituzione europea un articolo simile a quello dell'art.11.

Nello stesso senso va un emendamento alla bozza dei primi sedici articoli della Costituzione presentato dai membri italiani della Convenzione Elena Paciotti e Valdo Spini ( un altro emendamento di segno analogo è stato presentato dagli spagnoli Borrell, Carnero e Lopez Garrido)

Manca però una proposta sul rapporto Nord-Sud. Una iniziativa come quella da noi proposta dovrà rapportarsi con questi propositi e con quanto si sta progettando nell'ambito di altri soggetti del Forum di Firenze interessati a questa tematica anche in previsione del secondo Forum sociale europeo di novembre a Parigi.

La laicità a cui pensiamo

Queste due proposte che facciamo partono dalla non condivisione della proposta di parlare di "radici cristiane" nella nuova Costituzione europea e, al contrario, dalla preoccupazione perchè valori evangelici vi vengano affermati. Si pone qui la necessità di rendere esplicita una riflessione generale su come vivere la laicità nella società e nelle istituzioni che era sottesa alle discussioni dei seminari di Firenze .

Essa parte dalla convinzione che il "date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" ( Mc 12, 13-17) è valore fondante della nostra fede e precede qualsiasi successiva elaborazione dell'illuminismo sullo Stato laico.

Questo valore è stato contraddetto- ne siamo del tutto coscienti ed in modo molto sofferto- da secoli di commistione tra il trono e l’altare e di pretese teocratiche.

La separazione tra le due sfere dell’agire umano è un valore originario, irrinunciabile. L’ hanno praticata i cristiani democratici che hanno partecipato alla Resistenza e che hanno fondato le istituzioni europee. I cattolici sono stati poi confortati in questa direzione dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

L’assenza di privilegi per i credenti ed il rifiuto di status particolari per le Chiese è una condizione- crediamo- per la credibilità dell’evangelizzazione che deve essere fondata sulla sua assoluta gratuità ("gratis accepistis, gratis date" Mt 10,8). La povertà nell’annuncio è la condizione per contestare con la propria testimonianza fenomeni che hanno percorso tutto il secolo passato e che sono ancora presenti: i tanti fondamentalismi di tipo religioso; quel tipo di laicismo che pretende di ridurre la fede ad un fatto privato, di confinare le comunità dei credenti solo nelle sacrestie e che è poco rispettoso dei valori dello spirito; lo Stato etico che impone alla scuola, alla cultura ed alla società un’ideologia ufficiale .

Il tipo di laicità che vogliamo praticare è del tutto in sintonia con le migliori e più autorevoli interpretazioni della nostra Costituzione (la sentenza n.203 del 1989 della Corte Costituzionale, per esempio, parla di una "laicità positiva o attiva che non esclude dalla sfera pubblica gli atti di valenza religiosa ma si pone a garanzia del pluralismo delle fedi e delle culture").

La laicità a cui ci ispiriamo si intreccia in modo imprescindibile con un maggiore impegno a perseguire i valori umani della dignità e della libertà della persona, della giustizia, della solidarietà, della pace. Questi valori sono intimamente cristiani. Li vogliamo proporre e praticare non a partire dalla forza delle istituzioni ma con passione e fede nell’azione di formazione delle coscienze, con la presenza nel sociale e con la partecipazione politica alla pari senza etichette "cristiane". Un’ottica laica presuppone più impegno e più testimonianza da parte di ogni credente; essa è senza rete e da una parte scommette sul piano del consenso democratico dall'altra aspetta con pazienza che il seme germogli.

Siamo anche convinti anche che la vera laicità, senza ruoli precostituiti e privilegi, sia una delle condizioni per un vero dialogo interreligioso. Esso non può essere fondato su supremazie fondate sulla storia. La sfida costituita dal dialogo semmai può essere fondata sul riconoscimento delle tante violenze e dei tanti errori che hanno visto protagonisti soprattutto i credenti nell’Evangelo negli ultimi secoli.

L’Europa è già un continente multireligioso e dalle tante ispirazioni culturali. Una corretta laicità che escluda qualsiasi primogenitura è quasi una condizione "sine qua non" perchè l’Unione Europea possa creare una struttura federale fondata non solamente sul mercato e sulla moneta. La sua ispirazione di fondo non si deve riferire ad alcuna ideologia o religione ma a valori comuni unificanti che rappresentino il meglio di più tradizioni ed ispirazioni ideali. La realizzazione di questo compito può essere un modello per le tante situazioni nel mondo che sono lacerate da conflitti, da fondamentalismi, da assurde ricerche di identità.

Marzo 2003 a cura di Pax Christi e di "Noi Siamo Chiesa"

 

 

 

Allegato n.1

Pace-guerra e rapporto nord-Sud nelle istituzioni europee

Nelle Costituzioni europee

Un esame analitico di tutte le Costituzioni degli Stati della U.E. e delle nuove costituzioni degli Stati ex-comunisti che entreranno nella UE nel 2004 permette di constatare che i due punti che ci interessano (pace e rapporto Nord-Sud) sono largamente assenti. Nulla si dice nelle costituzioni di Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Cecoslovacchia, Irlanda, Olanda, Romania, Slovacchia, Svezia. Il Regno Unito non ha una costituzione scritta. Nelle altre Costituzioni ci sono accenni alla pace ed alla cooperazione tra i popoli ma con affermazioni molto generali o generiche. Si va dalla Spagna impegnata a "collaborare al rafforzamento di pacifiche relazioni e di effettiva cooperazione tra tutti i popoli del mondo" alla Francia che afferma nel Preambolo della Costituzione del 1946 (considerato ancora in vigore) che "essa non intraprenderà nessuna guerra di conquista e non impiegherà mai le sue forze contro la libertà di alcun popolo", dalla Repubblica Federale Tedesca secondo cui il popolo tedesco vuole "servire la pace del mondo quale membro, equiparato nei diritti, di un'Europa unita" alla Finlandia che afferma di "partecipare alla cooperazione internazionale per la protezione della pace e dei diritti umani", dalla Slovenia secondo cui "la sicurezza nazionale sarà affermata primariamente nelle politiche che promuovono la pace , un'etica di pace e di non aggressione", alla Grecia che "si impegna per il consolidamento della pace e della giustizia e ricerca relazioni amichevoli tra i Popoli e gli Stati" fino alla Polonia che " è consapevole della necessità della cooperazione con tutti i paesi per il bene della Famiglia Umana ". Malta si afferma stato neutrale con una politica di non-allineamento e di rifiuto di qualsiasi alleanza militare.

La Costituzione del Portogallo del 1976 scrita dopo la rivoluzione dei garofani è più esplicita, parla di "regolamento pacifico delle dispute internazionali, della non interferenza negli affari interni degli altri Stati e della cooperazione con tutti gli altri popoli per l'emancipazione ed il progresso del genere umano". L' unica affermazione esplicita e tassativa di rifiuto della guerra è quella contenuta nell'art.11 della Costituzione italiana; ad esso si ispira la costituzione ungherese del 1997 che afferma all' art. 6 la "rinuncia alla guerra come mezzo di risolvere le dispute tra le nazioni e l'impegno a non usare la minaccia e l'uso della forza nei confronti dell'indipendenza o dell'integrità territoriale di altri stati".

Nel Trattato UE e nella Carta dei diritti fondamentali

Nei successivi trattati che si sono susseguiti nell'Unione Europea in quasi cinquanta anni l'unica norma esplicita è quella dell'attuale art.177 sulla cooperazione che ha lo scopo di favorire "lo sviluppo economico e sociale sostenibile dei paesi in via di sviluppo , in particolare di quelli più svantaggiati ed il loro inserimento armonioso e progressivo nell'economia mondiale ". Viene prevista "la lotta contro la povertà " in questi paesi .

Nella "Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea" firmata nel dicembre del 2000 a Nizza si afferma nel Preambolo che "i popoli europei nel creare tra loro un'unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni". L'assenza di affermazioni veramente impegnative sul diritto alla pace ed il rifiuto della guerra fu uno degli aspetti più criticati della Carta anche da parte di chi ne condivideva l'ispirazione di fondo.

Dopo Nizza è stato un susseguirsi di documenti ed iniziative per affrontare la ridefinizione di tutta la costruzione europea in previsione del suo allargamento. Iniziò la Commissione a proporre alla discussione il "Libro bianco sulla governance" nel luglio 2001 . Nel testo di questo importante e approfondito documento così come in tutti i 260 contributi alla discussione che si sono succeduti fino al marzo 2002, si è discusso di tutto ma la tematica "pacifista" e del rapporto Nord-Sud non è emersa .

Nella Convenzione per la nuova Costituzione

Infine si è giunti al Consiglio europeo di Laeken che nel dicembre 2001 ha approvato una lunga e fondamentale "Dichiarazione sul futuro dell'Unione Europea" ; essa delinea i problemi su cui dovrà impegnarsi la Convenzione. Il "cuore" di questo testo è tutto interno alle tematiche riguardanti il funzionamento dell'UE ed i suoi rapporti con gli Stati membri. Uno dei punti importanti concerne il problema di un'Europa che deve essere "più presente nelle questioni di politica estera, di sicurezza e di difesa" e di " una politica estera comune e di una politica di difesa più coerente". L'unico cenno sulle grandi questioni è relativo al ruolo che l'UE "deve svolgere di potenza che si scaglia risolutamente contro qualsiasi forma di violenza , di terrorismo, di fanatismo, senza chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie stridenti ovunque nel mondo". Il dopo undici settembre è fin troppo evidente.

La Convenzione ha iniziato i suoi lavori nel febbraio 2002 ed è interessante cercare di capire se vi emergono posizioni diverse da quelle che negli ultimi anni nella UE hanno intrecciato strettamente l'auspicata politica estera comune con la politica della sicurezza e della difesa. Questo intreccio emerge in modo evidente nella stessa denominazione "PESC" (Politica Estera e di Sicurezza Comune) con cui viene definita questa area di intervento. Nello scorso ottobre il Presidente della Convenzione Valery Giscard D'Estaing ha distribuito una prima proposta di costituzione europea : all' art. 2 nell'elenco dei "valori" dell'Unione non vengono indicati né la pace né la cooperazione internazionale ed all'art.3 si parla di "sviluppo di una politica estera e di sicurezza comune e di una politica di difesa al fine di tutelare e promuovere i valori dell'Unione nel resto del mondo".

La lontananza del dibattito della Convenzione dai grandi problemi è confermato dai rapporti dei vari Gruppi di lavoro della Convenzione resi pubblici in dicembre. Essi forniranno i contenuti al testo definitivo di nuovo Trattato. Il Gruppo VII "Azione esterna" parla di "preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta dell'ONU"; riprende poi sulla cooperazione allo sviluppo l'art.177 in vigore ed anche afferma che l'UE deve "incoraggiare l'integrazione di tutti i paesi nell'economia mondiale, anche attraverso la progressiva abolizione delle restrizioni agli scambi internazionali" .

Il Gruppo VIII "Difesa" condivide le decisioni già prese in materia di difesa comune (forza di schieramento rapido di sessantamila uomini) e ne chiede l'accelerazione, propone una "Agenzia europea per gli armamenti e la ricerca strategica" , infine chiede che la politica PESC diventi politica PESD ( Politica estera, di Sicurezza e di Difesa ). Le audizioni di questo Gruppo sono state tutte fatte con esponenti militari o dell'industria degli armamenti. I due rapporti sono stati ampiamente discussi dalla Convenzione in seduta plenaria il 20 dicembre ma la discussione non si è allontanata dai contenuti elaborati dai due gruppi di lavoro.

Nei primi sedici articoli

Nella sessione del 6-7 febbraio della Convenzione il Presidium della Convenzione ha distribuito la bozza dei primi 16 articoli. L'art.10 quarto comma recita : "L'Unione ha competenza per la definizione e l'attuazione di una politica estera e di sicurezza comune, compresa la definizione progressiva di una politica comune di difesa". Questo testo conferma in modo evidente l'intreccio tra i tre aspetti di un possibile intervento dell'Unione e conferma l'assenza di qualsiasi indicazione positiva nel senso da noi atteso. In questi articoli c'è anche qualche indicazione ( "solidarietà e rispetto reciproco tra i popoli, eliminazione della povertà ") anche interessante ma che appare completamente isolata nel contesto istituzionale europeo. L'art.3 afferma che "l'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori ed il benessere dei suoi popoli". L'iniziale affermazione dell'articolo, già piuttosto enfatica, denota poi, con il riferimento ai "propri" valori e al "proprio" benessere, tutti i limiti di una concezione fondata su una angusta centralità europea.

Anche le numerose audizioni della società civile organizzate dalla Convenzione nello scorso giugno non hanno portato contributi significativi anche perché ad esse hanno partecipato in gran parte associazioni e strutture organizzate presenti a Bruxelles che con le istituzioni comunitarie hanno frequenti contatti ( e che spesso da esse sono finanziate !).

Nel Parlamento europeo

Anche una ricerca fatta dall' ISSOCO sui pronunciamenti degli ultimi anni del Parlamento europeo sul ruolo ed i compiti dell'UE non permette di supportare proposte diverse per la nuova Costituzione: si propone "la progressiva definizione di una politica di sicurezza e di difesa comune, sostenuta da una cooperazione nel settore degli armamenti, che include le missioni umanitarie e di soccorso, le attività di mantenimento della pace e le missioni di unità di combattimento nella gestione delle crisi ivi comprese le misure tese al ristabilimento della pace ".

 

Nelle attività della Commissione

La Commissione, oltre al libro bianco sulla governance , ha prodotto altri testi che non si discostano sostanzialmente da un'ottica incentrata sulla necessità di unificare gli interventi dell' UE, sulla priorità alla sicurezza, sulla difesa comune ed anche "sull'invio di forze in scacchieri esterni al servizio della pace". Si avverte però la consapevolezza dei "gravi squilibri economici e sociali che persistono o si aggravano nel mondo ….L'Unione deve agire sulle cause remote e su quelle vicine di queste nuove minacce che incombono sulla sua sicurezza e sulla sua prosperità"

( documento "Un progetto per l'Unione Europea" del 22-5-2002). In un nuovo testo dello scorso 4 dicembre la Commissione, sempre nell'ottica di una politica di difesa e di sicurezza parla di "esercitare le responsabilità di una potenza mondiale" di "sviluppo dell'industria europea degli armamenti basato su un'idea comune delle minacce specifiche che gli europei devono affrontare e delle azioni che devono essere da essi intraprese all'esterno del territorio europeo".

Infine nel progetto di costituzione denominato "Penelope" presentato sempre in dicembre da un gruppo di lavoro ispirato da Prodi si dice che l'UE "esercita le responsabilità di una potenza mondiale e difende la propria indipendenza e la propria sicurezza" ; per temperare un'affermazione così esplicita si afferma però che tra gli obiettivi dell'Unione ci sono " lo sviluppo armonioso e sensibile dell'economia e del commercio mondiale, la solidarietà a favore dei paesi in via di sviluppo, in particolare dei più sfavoriti e la lotta contro la povertà". Si parla poi di "politica a favore dello sviluppo sostenibile" e a proposito della cooperazione si sostiene che essa "ha lo scopo di promuovere lo sviluppo economico e sociale dei paesi in via di sviluppo e delle loro popolazioni, nonché di contribuire a risolvere i problemi strutturali della povertà in tali paesi". Questa ultima frase è quella più avanzata che esista nei documenti europei più importanti . Ma anche nel progetto "Penelope" non vi è alcun accenno al problema pace-guerra se non scontati richiami alla politica di pace, di sicurezza, alla tutela dei diritti dell'uomo, ai richiami al diritto internazionale ….

Nel Partito Socialista Europeo, nel Partito Popolare Europeo e nella Convenzione dei giovani

Naturalmente questa nostra ricerca non può prescindere da quanto dicono le due grandi famiglie politiche europee , quella socialista e quella popolare.

Il PSE ha un documento di orientamento generale del 3 ottobre scorso "Le priorità per l'Europa" . In esso si parla di "affermazione dell'identità dell'Europa nel mondo", di "comune politica estera e di sicurezza", di "lotta agli effetti negativi della globalizzazione", di attrezzarsi per una comune politica di peacekeeping . Nient'altro.

Il Partito Popolare Europeo nel documento conclusivo del suo Congresso all'Estoril (Portogallo) in ottobre 2002 oltre alle solite affermazioni sulla necessità di una comune politica in materia di relazioni esterne, sicurezza e difesa afferma di volere "un'Europa zona di pace, di giustizia e di benessere economico e sociale per le generazioni attuali e per quelle future, aperta al mondo e solidale verso i paesi meno sviluppati". Il PPE ha poi presentato un proprio progetto di costituzione il 12 novembre; vi si parla di " preservare la pace e di rafforzare la sicurezza internazionale ed ugualmente di promuovere la cooperazione internazionale e lo sviluppo". Anche qui niente di più .

L'unico documento che fa delle affermazioni significative ed esplicite è quello uscito dalla Convenzione europea dei Giovani svoltasi nel luglio 2002 a Bruxelles. Vi si dice che " è importante mantenere un dialogo attivo con quella che oggi rappresenta la periferia del mondo, in quanto non potrà esserci un progresso su scala mondiale finché sussisterà una divisione economica tra l'emisfero settentrionale e quello meridionale del pianeta. Bisogna inoltre promuovere decisamente il dialogo sul disarmo nucleare e convenzionale", "l'UE dovrebbe conseguire l'obiettivo fissato dalle Nazioni Unite sugli aiuti allo sviluppo dello 0,7 del PIL entro il 2004. L'UE dovrebbe dare la priorità ai paesi in via di sviluppo e aprire i propri mercati alle loro esportazioni" . Vi si parla della remissione del debito estero, della Pac (Politica Agricola Comune) che sbarra l'accesso dei paesi più poveri del mondo ai mercati europei mentre le politiche relative al WTO, al Fondo monetario, alla Banca mondiale e ai negoziati GATS devono rispecchiare l'esigenza dello sviluppo sociale e salvaguardare i servizi pubblici (istruzione, sanità, trasporti pubblici" . Questa Convenzione è l'unica che è riuscita a farsi in qualche modo interprete di una parte di quanto è detto nel movimento di Porto Alegre e di Firenze.

Allegato 2

La chiesa cattolica, le chiese evangeliche e la nuova Costituzione europea

Rapporti di lunga data con le istituzioni

In tutti gli anni novanta gli episcopati dei paesi dell' UE, organizzati nella COMECE (Commissione degli Episcopati cattolici della Comunità Europea) ed insieme alla Segreteria di Stato (dagli anni '70 esiste un Nunzio della S.Sede presso l'UE), hanno attivamente interloquito con le istituzioni comunitarie. Ugualmente la Kek (Conferenza delle Chiese europee, cioè chiese della tradizione protestante, anglicana ed ortodossa) ha costantemente seguito le questioni europee, prima mediante la commisione "Chiesa e società" ed in seguito direttamente. Lo scopo principale era quello di ottenere uno status particolare per le Chiese. La loro preoccupazione era quella che l'estendersi delle competenze comunitarie, in assenza di loro definiti poteri di intervento, le privasse della possibilità programmata di fare sentire autorevolmente la loro opinione. Soprattutto nel periodo '95-'97 prima del Trattato di Amsterdam (giugno '97) furono fatte molte proposte sia da parte cattolica che da parte protestante e, a volte, congiuntamente. Esse non furono però accolte nelle sedi decisionali del Consiglio europeo e non si trovò l' accordo neppure su un Protocollo aggiuntivo. Si ripiegò su una semplice Dichiarazione, la n.11 non soggetta a ratifica da parte degli Stati membri, in cui si affermò che "l'Unione Europea rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le Chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri"; segue nel secondo comma l'affermazione che "l'Unione Europea rispetta ugualmente lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali" (espressione soft per indicare le organizzazioni di agnostici od atei). In questa fase da parte delle chiese sono stati numerosi i pronunciamenti a favore del processo di unificazione europea e dell'allargamento ai paesi ex-comunisti . Essi hanno contribuito a superare difficoltà o resistenze quà e là diffuse anche nei paesi dell'Est candidati all'ingresso nei paesi dell'U.E.. Nelle prese di posizione da una parte c'era la consapevolezza dell'importanza del processo ( l'Europa sarebbe stata definitivamente pacificata dopo un ventesimo secolo di guerre e divisioni terribili) dall'altra emergeva sempre la preoccupazione per lo status delle chiese.

La Carta di Nizza ed i rapporti a Bruxelles

Con la elaborazione di nuovi testi il rapporto dialettico è ripreso da parte della Chiesa cattolica con la proposta-richiesta che nei testi costituzionali si facesse riferimento a Dio e che fossero riconosciute "le radici cristiane dell'Europa". Il documento più esplicito in questo senso, dopo la proposizione n. 39 del Sinodo straordinario per l'Europa dell'ottobre '99, è stata la Dichiarazione di Lovanio (22 ottobre 2000) del CCEE (Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa) emanata nel periodo conclusivo del dibattito sulla Carta dei Diritti fondamentali che sarà poi approvata a Nizza nel dicembre successivo senza che le modifiche richieste fossero accettate. Anche in altri testi, per esempio quello precedente della COMECE del 8 febbraio 2000, l'attenzione si soffermava sul ruolo delle Chiese ed anche, lodevolmente, su alcuni diritti per soggetti deboli (portatori di handicap, bambini, anziani) ma senza alcun riferimento alle grandi questioni del rifiuto della guerra o del rapporto Nord-Sud.

Se il rapporto è stato teso con le decisioni dei vertici intergovernativi la situazione è diversa a Bruxelles dove da tempo esiste "Soul for Europe", rete di esponenti di tutte le religioni ispirata da Delors che coordina e facilita incontri e studi delle singole confessioni spesso finanziati dalla stessa UE. E' stato costituito un ufficio facente capo ad uno dei consiglieri di Prodi Michael Weninger che sponsorizza una statuto particolare delle religioni in Europa, ci sono contatti continui, seminari in cui si discute prevalentemente della collocazione delle Chiese nell'UE ma anche di tematiche più ampie (ecumenismo, prevenzione dei conflitti…). Ma l'orizzonte resta sempre quello dell'interlocuzione tra istituzioni (Chiese e Commissione, Chiese e Consiglio europeo, Chiese e Convenzione…) e molto poco quello relativo a valori evangelicamente ispirati ( pace, nord-Sud) di cui laicamente i credenti dovrebbero essere i primi portavoce.

 

Le posizioni della COMECE…

Dopo il Consiglio di Laeken (dicembre 2001) che ha dato vita alla Convenzione, l'attrito è ripreso con le stesse parole del Papa che, parlando al corpo diplomatico il 10 gennaio 2002, ha lamentato il mancato esplicito riconoscimento delle Chiese come soggetti interlocutori nella scrittura della nuova Costituzione ed ha parlato di "marginalizzazione delle religioni".

Si è intensificata la richiesta di citare Dio nel Preambolo della nuova Costituzione e di fare un riferimento diretto alle "radici cristiane" dell'Europa . In tutto l'anno trascorso si è molto discusso di questa questione in convegni, riviste, seminari sia da parte cattolica con differenti posizioni che da parte laica.

La posizione dell'Episcopato cattolico si è formalizzata nel documento della COMECE "Il futuro dell'Europa" del 21 maggio 2002. Questo testo esplicita quanto si auspica dalla Convenzione:

-l'UE "riconosca che il potere pubblico non è assoluto " e la nuova Costituzione "riconosca l'apertura e l'alterità ultima che sono legate al nome di Dio";

-la libertà religiosa si esprima "nelle sue dimensioni individuale, collettiva ed istituzionale" (rispetto all'art.10 della Carta di Nizza è quindi richiesto il riconoscimento delle Chiese nel loro aspetto istituzionale);

-tra le istituzioni europee e le Chiese e le comunità religiose deve essere previsto un "dialogo strutturato" (ciò significa il diritto-dovere delle Chiese di essere consultate su ogni questione importante);

-deve essere assorbita nella nuova Costituzione la Dichiarazione n.11 di Amsterdam (vedi sopra).

Sui contenuti che a noi interessano ( pace-guerra e rapporto Nord-Sud) l'autorevole documento tace (si fa solo un riferimento generico ad una Europa che parli con una sola voce e che operi mediante "il dialogo, la cooperazione, la solidarietà e la promozione dei diritti umani piuttosto che mediante l'uso della forza").

……e quelle della KEK

I tre ultimi punti di questo documento sono pure contenuti nel contributo della KEK pure dello scorso maggio. Mentre esso fa riferimento "all'eredità religiosa e spirituale dell'Europa ed al suo contributo all'elaborazione dei valori europei" la KEK dice anche che "per quanto importanti per giudicare un testo costituzionale questi valori non rappresentano l'insieme dei valori morali e spirituali della fede cristiana che le Chiese desiderano promuovere". Il testo della Kek si chiede anche come "l'UE possa contribuire, sia nelle sue frontiere attuali e future che a livello mondiale, alla pace, alla giustizia, alla riconciliazione, alla solidarietà ed allo sviluppo sostenibile".

Sono queste le affermazioni più esplicite che abbiamo trovato in tutti i documenti delle Chiese ma sono ancora ben lontane dalle affermazioni tassative e stringenti che vorremmo sui problemi che ci assillano (pace/guerra e Nord/Sud). Una ulteriore sollecitazione è stata espressa dalla Kek, in un documento dello scorso 18 dicembre, in cui si ipotizza, tra gli obiettivi dell'Unione Europea, quello "dello sradicamento della povertà a livello mondiale".

L'obiettivo è ottenere un ruolo maggiore per le Chiese

Durante l'anno scorso nella Convenzione è prevalso l'orientamento a inserire integralmente nel nuovo testo la Carta di Nizza con la non modificabile espressione :"l'Unione è consapevole del suo patrimonio spirituale e morale" oggetto a suo tempo di tante animate discussioni ( il primo testo usava l'aggettivo "religioso" invece di "spirituale" ; la "laica" Francia impose la modifica). Inoltre esponenti cattolici di grande autorità ( Scoppola, Le Goff per esempio) non hanno condiviso la "campagna" sulle radici cristiane e lo stesso cristianosociale belga J.L. Dehaene vicepresidente della Convenzione ha fatto capire che lo scontro su questo punto non avrebbe portato a niente.

Romano Prodi poi in un'intervista alla rubrica televisiva "Protestantesimo" del 16 giugno di fronte alle difficoltà che il problema sollevava ha esplicitamente fatto il ragionamento che percorre tutta l'area del cattolicesimo democratico : "E' l'etichetta con il nome di Dio o il contenuto che conta? " .

Questa situazione ha indotto la COMECE e la KEK a moderare molto il proprio impegno sulla questione delle radici cristiane e in un documento comune del 27 settembre a formulare invece in tre articoli da proporre alla Convenzione gli ultimi tre punti sopraelencati.

L'analisi di questa interlocuzione ufficiale rivela quanto l'attenzione sia incentrata molto sul ruolo delle istituzioni ecclesiastiche. Si teme di essere confinati nell'area delle generali e spesso inconcludenti consultazioni della società civile o delle ONG. Senza godere di una voce autorevole e garantita le chiese temono di essere costrette ad una azione di lobbing simile a quella dei tanti interessi particolari organizzati a Bruxelles e sempre aleatoria. Ma sui contenuti relativi ai grandi problemi planetari si dice ben poco. Del resto la COMECE al suo interno ha istituito nove gruppi di lavoro, nessuno di questi è sulla cooperazione allo sviluppo mentre uno è sulla "politica estera e della sicurezza" dell'Unione . I suoi consulenti sono Michel Camdessus, ex-direttore del Fondo Monetario Internazionale, alti esponenti dell'imprenditoria e delle istituzioni pubbliche che si dichiarano cattolici, qualche esponente delle strutture ecclesiastiche e quasi nessun esponente dei movimenti cristiani pacifisti o della cooperazione e del volontariato.

Le radici cristiane piacciono alla destra

Per completare il panorama di quanto si sta muovendo bisogna dire che a parlare di "radici cristiane" sono esponenti politici quasi sempre di estrazione politica moderata o esplicitamente di destra. Per iniziativa dei delegati italiani nel documento del Congresso del PPE di ottobre fu inserita la proposta che il preambolo della Costituzione dovesse richiamare "quanto l'Europa deve alla sua eredità religiosa". Nel progetto del PPE (art.57) è stata lanciata una formula del tutto simile a quella contenuta nella Costituzione polacca :"I valori dell' Unione comprendono i valori di quelli che credono in Dio come fonte di verità, giustizia, bontà e bellezza così come di quelli che non condividono questa fede ma rispettano questi valori universali che provengono da altre origini". Questa proposta è stata formalizzata all'inizio di gennaio da 26 membri della Convenzione.

Gianfranco Fini, che rappresenta il governo italiano nella Convenzione, nei suoi emendamenti ai primi sedici articoli della nuova Costituzione, ha proposto l'eliminazione del riferimento, peraltro generico, del punto 2 dell'art.2 ad "una società pacifica che pratica la tolleranza, la giustizia e la solidarietà" ed ha proposto il riconoscimento delle "comuni radici giudaicocristiane come valori fondanti del patrimonio dell'U.E". E' fin troppo evidente in questo caso l'uso strumentale e quasi provocatorio del concetto di identità cristiana che viene difesa nel momento stesso in cui si negano valori evangelici. Anche la Lega Nord partecipa alla campagna per l'inserimento delle "radici cristiane".

Tra i tanti momenti di discussione e d'intervento di questi mesi non si possono tralasciare quelli delle posizioni cattoliche più conservatrici. Esse si sono ritrovate in dicembre in una "Convenzione dei cristiani per l'Europa" a Barcellona dove vi hanno diffuso un "Manifesto" . Vi si ripetono le preoccupazioni sulle questioni della vita, della famiglia, della scuola, si afferma che "la realtà cristiana è, oltre che radice e base della civilizzazione europea, senza la quale i suoi fondamenti sarebbero privi di ragione e di senso, una realtà comunitaria, pubblica, viva ed attiva che deve essere assunta come tale dalla futura Costituzione europea e dagli ambiti giuridici che da essa possono derivare ".Questo testo parla anche della solidarietà coi paesi in via di sviluppo e, all'ultimo punto "della ricerca della pace mediante la giustizia".

Su una linea più moderata (ma sempre assente di riferimenti al rifiuto della guerra ed al rapporto Nord/Sud) è la "Dichiarazione di Cracovia" del 9 marzo. Essa è stata redatta a conclusione di un incontro tra esponenti di autorevoli organizzazioni cattoliche europee; tra i promotori Michel Camdessus, ora Presidente delle Settimane sociali di Francia. Dopo forti affermazioni europeiste ed il richiamo a valori etici si auspica che nel preambolo della nuova Costituzione si ricordino "le eredità religiose e culturali" dell'Europa. Si auspica il riferimento a Dio e si suggerisce a questo scopo il testo della Costituzione polacca Però tale inserimento "non dovrebbe escludere nessuno e non dovrebbe permettere che il riferimento a Dio possa essere utilizzato per fini politici".

L'espressione più compiuta della posizione integralista che percorre la Chiesa cattolica e che solo a volte si rende manifesta è contenuta in quanto il Patriarca di Venezia Angelo Scola ha detto il 24 ottobre all'inaugurazione dell'anno accademico della Facoltà teologica a Padova : "senza l'oggettivo riferimento all'esperienza cristiana, la modernità ed il postmoderno non possono essere compresi aldilà di tutte le difficoltà storiche sorte in Europa nel rapporto tra le confessioni cristiane e gli stati nazionali" ed ancora" anche se non ci fossero radici cristiane nella cultura europea- il che è palesemente falso- la Convenzione dovrebbe registrare un riferimento al cristianesimo ed alla dimensione religiosa per il bene futuro dell'Europa" .

La "Nota" del Card. Ratzinger

La ricerca di grandi ispirazioni per un'idea di Europa come motore di una diversa e alternativa convivenza internazionale non trova conforto nel recentissima "Nota dottrinale sul comportamento dei cattolici nella vita politica" della Congregazione per la dottrina della fede. I principali problemi sono quelli di sempre : aborto, eutanasia, famiglia, scuola ecc…Del rapporto Nord-Sud non se ne parla del tutto.

Alla fine di tutti i doveri dei cattolici in politica si parla anche della pace : "Una visione irenica ed ideologica tende, a volte, a secolarizzare il valore della pace mentre, in altri casi, si cede ad un sommario giudizio etico dimenticando la complessità delle ragioni in questione" . Molti osservatori hanno fatto presente che, soprattutto in questo momento drammatico, queste posizioni sono ben più arretrate di quelle di Giovanni Paolo II . Un testo astratto, scontato, ripetitivo in cui su 31 citazioni 15 riguardano documenti pontifici e nessuna la Bibbia. Altri, anche di parte laica (Cacciari), hanno detto che se si parla di un'etica del cattolico in politica bisogna rovesciare l'ordine delle priorità : prima la pace e poi tutto il resto.

La riflessione della cultura cattolica democratica

Naturalmente il dibattito è stato più ricco di quanto possa apparire dalle posizioni organizzate od ufficiali. Una riflessione esiste nel mondo cattolico su un possibile ruolo del tutto diverso dell'Europa. "Justice et Paix" di Francia e di Germania nel loro documento congiunto dello scorso 8 maggio parlano di un'Unione Europea che dovrebbe contribuire alla "organizzazione di un ordine economico più giusto ed alla ricerca di soluzioni multilaterali ai grandi problemi mondiali" e che "ha la vocazione a contribuire al controllo della mondializzazione a scala planetaria. Questo controllo è un fattore fondamentale di prevenzione dei conflitti nel lungo periodo".

Il Card. Martini, dopo aver ripetuto la linea ufficiale del Vaticano, ha più volte parlato di "globalizzazione della solidarietà che rappresenta l'unica prospettiva che possa permettere una reale promozione della pace e della giustizia per il mondo intero" e ha ipotizzato che il processo di integrazione europea dovrebbe iscriversi nella visione profetica di un pianeta unificato sotto un governo mondiale e di cui il vecchio continente potrebbe divenire un modello esemplare. Ma la possibile centralità del ruolo dell'Europa per una politica alternativa sullo scenario mondiale è piuttosto in ombra o assente anche nei momenti migliori della ricerca dell'area del cattolicesimo democratico. Ad esempio nel colloquio promosso dal mensile "Il Regno" nel luglio 2001 a Camaldoli su "Coscienza cristiana e nuove responsabilità della politica" in tanti contributi di alto livello si notano i confini di una ricerca ricca e partecipata ma tutta interna alla vicenda della cultura e della politica europea. Al massimo si è sostenuto che è necessaria una voce unica dell'Europa in politica estera. Ma per fare che ? O, al più, ancora si è detto - come ha fatto Prodi in quella sede- che "l'integrazione europea dà al mondo l'esempio riuscito di un metodo per la pace" nei rapporti tra gli stati europei.

La cultura laica

Il dibattito sulla questione delle radici cristiane ha coinvolto anche la cultura laica ; di essa è difficile fare in questa sede un excursus . Basti comunque ricordare la meraviglia manifestata di fronte agli interventi vaticani. Si è infatti ricordato (per esempio da parte di Stefano Rodotà) che i padri dell'Europa (Schuman, Adenauer, De Gasperi) mai pretesero che nei testi fondativi delle istituzioni europee (Trattato di Roma del 1957, "Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali" del 1950) si facesse riferimento a Dio od al cristianesimo e che lo stesso La Pira ritirò la sua proposta di premettere alla nostra Costituzione la formula "In nome di Dio …" perché alla fine consapevole delle rotture che essa avrebbe suscitato.

Interessante è la lettura della "Dichiarazione di S.Rossore" redatta nello scorso luglio alla conclusione di un seminario dalle presenze culturali pluraliste su "La Convenzione europea e le religioni" promosso dalla Regione Toscana. Vi si afferma che negli Stati dell'UE esiste "un profilo comune di protezione della coscienza e della libertà religiosa" e che, nella collaborazione selettiva tra Stato e religioni (obiettivo ora comune a tutti gli stati), "la diversità delle soluzioni adottate dipende da storie complesse che devono essere rispettate " . Ciò premesso, "le religioni nell'Unione europea sono consapevoli di portare una pesante eredità che deriva da secoli di storia fino al momento cruciale della seconda guerra mondiale e della Shoà. Questa rottura ed altri tragici eventi fino ad oggi mettono a nudo quanto fragili siano norme sui valori politici e religiosi". Ora le religioni possono contribuire a sostenere i diritti contenuti nella Carta di Nizza ma non "è necessario che la Convenzione preveda un complesso sistema per regolare i rapporti tra i rappresentanti delle religioni e le istituzioni della UE". Già esistono modi di comunicazione ed essi sono già praticati e previsti dallo stesso libro bianco sulla governance . Infine si afferma che "la cornice giuridica fondamentale per la tutela delle Religioni e delle comunità di pensiero nell'Unione Europea deve inoltre garantire l'autonomia di governo delle comunità nel contesto dei diritti umani fondamentali e permettere lo sviluppo della cooperazione in vista della costruzione di una società pluralista e democratica".

 




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