È ANONIMO L'ULTIMO ATTACCO DELL'"OSSERVATORE ROMANO" AD ALBERIGO

 

33936. ROMA-ADISTA. N. 45 del giugno 2007 Con lo stile dei diktat tristemente famosi della Curia romana - anonimi, ma firmati ***, i tre asterischi che indicano una particolare autorevolezza della nota – L’Osservatore Romano ha sferrato un durissimo attacco al professor Giuseppe Alberigo, reo, secondo il quotidiano vaticano, di un’interpretazione dei Concili estranea alla “tradizione cattolica”. Un attacco che è arrivato mentre lo studioso giaceva malato in un ospedale, un particolare – ha rilevato il teologo Giuseppe Ruggieri, replicando sulla Repubblica alle contestazioni dell’ignoto censore – che la dice lunga su che uomo sia l’Anonimo. 

La guerra del “generale”
Il casus belli è stato la recente pubblicazione, ad Amsterdam, per i tipi di Brepols, del primo di quattro volumi di un’opera, curata dall’Istituto per le scienze religiose di Bologna (da sempre guidato da Alberigo) e intitolata Conciliorum Oecumenicorum Generaliumque Decreta, Decreti dei Concili ecumenici e generali. Il nodo della polemica sta in quel Generaliumque (e generali). Semplificando una questione complessa, si potrebbe dire così: ecumenici sono da ritenersi quei Concili (i primi sette, tutti celebrati in Oriente, da Nicea I del 325, a Nicea II del 787) che sono considerati obbliganti sia dai latini che dai bizantini; generali i Concili del secondo millennio, celebrati dalla sola Chiesa latina, assente l’Ortodossia (caso a parte è il Concilio di Firenze del 1439, al quale parteciparono le Chiese ortodosse, ma che poi fu da esse respinto).
Sull’Osservatore (del 3/6) l’Anonimo respinge questa distinzione: “In base a quali criteri gli editori hanno definito l’ecumenicità dei singoli Concili?(…). Ad un primo sguardo si ha l’impressione che siano implicitamente considerati ecumenici solo quei Concili che corrispondono al concetto ortodosso di Chiesa(…). Resta sommamente incomprensibile la qualificazione del Tridentino e dei due Concili vaticani come ‘Concili generali della Chiesa cattolica romana’(…). Non si può eludere una domanda: a quale concetto di Chiesa si sono sentiti in dovere di riferirsi gli editori? Di certo non a quello della tradizione cattolica”.
Ruggieri – docente di teologia a Catania – replica all’Anonimo su Repubblica dell’8 giugno: “Chiarisco subito, per i non addetti ai lavori, che la qualifica di generale ad un Concilio, nel linguaggio attuale (giacché nell’antichità la qualifica di Concilio generale equivaleva di fatto a quella di Concilio ecumenico), non toglie nulla alla loro legittimità, ma semplicemente sottolinea il fatto che i Concili non possono pretendere il riconoscimento delle Chiese che non sono state coinvolte”. Lo studioso rileva poi che la “nota” dell’Osservatore ha suscitato “sorpresa per lo stile e per il contenuto”. Per lo stile, perché essa “attacca duramente una persona che attualmente si trova in coma sul letto di un ospedale” (Alberigo, 81enne, è stato colpito da ictus nell’aprile scorso, a Bologna). Ma lo stile è l’uomo, ed evidentemente l’Anonimo è l’uomo che è e nessuno può pretendere che cambi”. Chi sia tale uomo non si sa, per ora: alcuni pensano – ma è un’ipotesi non documentabile – che si tratti di mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti, il quale negli anni passati, e sempre sul quotidiano vaticano, aveva stroncato più volte la poderosa Storia del Concilio Vaticano II curata da Alberigo.
Prosegue Ruggieri: “La sorpresa per il contenuto, almeno per lo studioso che abbia una qualche dimestichezza con questi problemi, deriva anzitutto dal fatto che in realtà non esiste il comune riconoscimento dei Concili ecumenici all’interno della tradizione cattolica, nel senso che non esiste atto magisteriale ufficiale che ne sancisca il numero. Il criterio principe fissato dal Codice di diritto canonico vigente (la convocazione da parte del papa) non si applica ai Concili dell’antichità, quelli effettivamente riconosciuti da tutte le Chiese (compresa quella cattolica)”.
Al lungo saggio del teologo Ruggieri contro l’Anonimo Vaticano è
da aggiungere il commento dello storico Alberto Melloni apparso sul Corriere della Sera del 3 giugno scorso. La tesi dell’Anonimo Vaticano, scrive Melloni, è “gravissima, spericolata e furibonda”, “che finisce per colpire niente di meno che Paolo VI che legittimò e praticò la distinzione fra concili ecumenici e generali. Scrivendo al cardinale Willebrands il 5 ottobre 1974, nel centenario del secondo concilio generale di Lione, papa Montini definì quel concilio come ilsesto dei sinodi generali celebrati nell’orbe occidentale’”. “Un Paolo VI, conclude Melloni, sospettato in materia di tradizione cattolica per un anonimo decreto dell’Osservatore Romano non s’era ancora visto...”.

A chi giova la menzogna?
Il teologo riconosce che, dopo il Concilio di Trento a Roma, si tentò di fare la lista dei Concili ecumenici; idea che però è “entrata in fibrillazione” con le nuove conoscenze storiche, soprattutto con e dopo il Vaticano II. Ruggieri definisce “falso” quanto afferma l’Anonimo, e cioè che Alberigo nella sua introduzione al primo volume dell’opera non abbia stabilito i criteri per dire quali siano i Concili ecumenici e quali i generali: “Dopo aver notato queste falsità presenti nella nota, particolarmente autorevole perché anonima, la sorpresa del lettore si accresce ed è alla ricerca di una risposta: cui prodest mendacium hoc? A chi giova la menzogna?”. È da rilevare che lo stesso Istituto bolognese di Alberigo aveva pubblicato, in un unico volume, Conciliorum Oecumenicorum Decreta già nel 1962, per i tipi di Herder, e ripubblicato l’opera, aggiornata in alcune parti, nel 1973; nel 1991 l’opera era stata di nuovo ripubblicata dalle Dehoniane, ampliata e in edizione bilingue (l’originale, greco o latino, e l’italiano). Anche se non appariva nel titolo delle tre edizioni, il Generaliumque era ben spiegato all’interno dell’opera, e questo non aveva suscitato particolari polemiche. Adesso, nella nuova opera prospettata in quattro volumi, le introduzioni ai singoli Concili saranno assai più ampie, e affidate a diversi specialisti.
La domanda che molti si fanno è perché, ora, L’Osservatore romano sia sceso in campo con tanta veemenza. Forse perché, evidenziando nel titolo il Generaliumque, si attira l’attenzione su un problema nodale? Infatti, si può sottendere una conseguenza che l’Anonimo adombra: non solo i Concili Lateranensi del Medio Evo, ma anche il Tridentino, il Vaticano I e il Vaticano II sarebbero Concili generali della Chiesa latina, e niente affatto ecumenici, mancando in essi la presenza delle Chiese ortodosse. Ma, pur in assenza degli ortodossi, il Vaticano I nel 1870 proclamò i dogmi del primato pontificio e dell’infallibilità papale, inammissibili per l’Ortodossia.

Ma un’altra domanda è: l’attacco è stato concordato con Benedetto XVI, oppure è stato una decisione autonoma del giornale, avvenuta ad insaputa del pontefice, e sotto la spinta di alcuni settori della Curia romana, e del vicario di Roma, card. Camillo Ruini, che molte connessioni hanno nelle complesse manovre quotidiane che si agitano al di là delle mura leonine? Risposte non facili, perché il 7 febbraio il papa aveva incontrato Alberigo, che gli aveva portato in dono il primo volume della nuova opera; e tra i due vi era stata un’amichevole conversazione. Ma, ad una settimana da quella udienza, Alberigo si fece promotore di una raccolta di firme contro la Nota annunciata dal card. Ruini che avrebbe imposto ai parlamentari cattolici di rifiutare il progetto di legge sui Dico, i “Diritti delle convivenze” (v. Adista n. 16/07). L’attacco ad Alberigo potrebbe essere, allora, la ripicca di Ruini e di settori della Curia per quella scomoda iniziativa del professore? (per ulteriori elementi sull’offensiva di mons. Marchetto verso Giuseppe Alberigo vedi Adista n. 89/97, L’Osservatore Romano del 31/1/2000, Adista nn. 17/00, 33/02, 51 e 54/05, con interventi dello stesso Alberigo, del card. Ruini e di Achille Ardigò)