L’ottopermille
non è un sistema evangelico
Anche quest’anno, tra i tanti bombardamenti
mediatici, c’è quello che invita il contribuente, in occasione della dichiarazione
dei redditi, a firmare la destinazione dell’ottopermille dell’IRPEF a
favore della Chiesa cattolica o di
qualcuna delle altre Confessioni ammesse al sistema (valdometodisti, comunità israelitiche, avventisti, assemblee di
Dio, luterani).
Ogni Chiesa per
ottenere firme a proprio favore esibisce i suoi meriti, reali o presunti, in forme che a volte possono essere poco
gradite perché non in sintonia con il suo dovere principale, che dovrebbe essere
quello della evangelizzazione con strumenti poveri. Nonostante queste martellanti campagne, la maggioranza
dei contribuenti continua però a non
esprimere la propria scelta; eppure (e questo è del tutto ignorato da
moltissimi contribuenti) la quota dell’ottopermille di chi non sceglie
non viene lasciata allo Stato ma, in
base ad una norma di legge furbesca e molto discutibile, viene comunque distribuita in proporzione
alle scelte effettuate da chi espressamente ha firmato per lo Stato o per le Confessioni (salvo le Assemblee di Dio che
non hanno accettato questa seconda ripartizione e la Chiesa valdo-metodista che successivamente ha
sì accettato la seconda
ripartizione, ma il relativo provvedimento legislativo non è stato ancora
approvato dal Parlamento).
Naturalmente,
si può firmare anche a favore dello Stato: ma lo Stato non fa propaganda agli interventi realizzati con
questi fondi (e non ha interesse a farsela non volendo, per scelta politica,
fare concorrenza alle Confessioni religiose). D’altra parte, il sistema dell’ottopermille non riesce ad
ampliarsi. Le minoranze religiose attualmente
da esso escluse sono in
difficoltà a causa della linea ad esse
ostile nella attuale maggioranza parlamentare: le Intese
firmate nel 2000 tra il Governo di allora ed i Testimoni di Geova ed i buddisti
non sono state ratificate dal Parlamento e lì si è pure arenato il positivo
disegno di legge sulla libertà religiosa atteso da decenni e necessario per
superare la normativa fascista del 1929 sui culti ammessi.
L’ottopermille è un sistema evangelico ?
“Noi
Siamo Chiesa”, coerente con la sua precisa
e sempre ribadita scelta anticoncordataria, da sempre
·
è contrario
a questo sistema che fa apparire che i fondi dell’ottopermille esprimano una
scelta volontaria del cittadino contribuente mentre in realtà sono una
percentuale dell’imposta che comunque deve essere versata;
·
ritiene che si sia ben lontani dal libero e sofferto
obolo della vedova di cui parla il
Vangelo di Marco al cap.12 (41-44);
·
fa presente che il sistema fornisce alla Chiesa cattolica
ingenti risorse economiche, in continua e rapida crescita, che la allontanano
dal precetto evangelico della gratuità
secondo il quale “gratuitamente
avete ricevuto, gratuitamente date” (Matteo 10, 8);
·
osserva che, con questo sistema consolidato, comodo e
“ricco”, nessuno si pone ancora
l’obiettivo di una Chiesa più povera, di una maggiore sobrietà e
dell’autofinanziamento: obiettivi che- ritiene “Noi Siamo Chiesa”- dovrebbero
essere perseguiti con determinazione, anche se gradualmente.
I fondi
destinati alla Chiesa cattolica sono quintuplicati dall’anno di avvio del
sistema, il 1990, ad oggi. Tra il 2001 ed il 2003 sono aumentati di circa un
terzo fino a superare il miliardo di euro (e cioè quasi
duemila miliardi delle vecchie lire), per scendere poi a 936 milioni di euro nel
2004, ma solo a causa del
sistema di anticipi e conguagli previsto dalla legge (nonostante che le opzioni
a favore della Chiesa cattolica siano aumentate dello 0,08%). L’Assemblea generale della Conferenza episcopale
italiana, nella sua riunione del mese scorso, ha ratificato le decisioni della Presidenza sulle destinazioni di
spesa. Nessuna informazione è stata
però data sulla eventuale
discussione tra i vescovi su questa problema.
La ripartizione decisa non modifica gli
orientamenti precedenti: più di un terzo dei fondi sono destinati al
sostentamento del clero mentre per interventi caritativi a favore del terzo
mondo viene impegnato solo l’8% delle disponibilità. La voce principale
riguarda “le esigenze di culto”. Si tratta di fondi ripartiti tra le diocesi
oppure destinati all’edificazione di nuove chiese o a “iniziative di rilievo
nazionale” (si suppone che da questa voce provengano le consistenti
assegnazioni al quotidiano cattolico Avvenire,
al canale satellitare Sat
2000 e ad altri media ).
Le libere offerte per il sostentamento del
clero sono invece in continua
diminuzione da dieci anni e le informazioni disponibili sono ferme a tre anni
fa. Esse rappresentano solo il 4% dei fondi destinati al sostentamento del
clero.
Allo
stato delle cose è ben difficile valutare adeguatamente le destinazioni di
spesa dei fondi derivanti alla Cei
dall’ottopermille. Infatti non viene resa nota la disaggregazione delle
varie voci e, a quanto pare, la
maggioranza delle diocesi non si attiene
alle decisioni dell’Assemblea generale dei vescovi del novembre 1998 che prevedevano di rendere pubbliche e di diffondere le attribuzioni dei
fondi ricevuti dalla CEI con nome dei destinatari, importi, finalità.
E’
sicuramente carente la trasparenza e la pubblicità. Inoltre nella gestione
interna dei fondi ogni vescovo nella sua diocesi ha poteri discrezionali che possono scavalcare
anche le opinioni degli organi curiali preposti alle questioni amministrative
(Consiglio diocesano per gli affari economici e Collegio dei Consultori). Ma ci
pare particolarmente grave che non sia mai obbligatoriamente prevista (e che la CEI non la richieda)
la consultazione dei Consigli pastorali e presbiterali diocesani che potrebbero
esprimere una opinione che vada aldilà dei gli aspetti puramente
amministrativi. La rendicontazione dei fondi poi è fatta alla CEI e di essa non
si ha alcuna pubblica notizia.
Per chi firmare
Dopo queste analisi e riflessioni, per chi si
richiama ad una chiesa ispirata al Concilio Vaticano II si pone, anche quest’anno, il problema di una scelta concreta al momento della dichiarazione
dei redditi. I fondi a gestione statale hanno le destinazioni più diverse e
discutibili. Il Decreto 20.12.2003 (pubblicato sulla G.U. del 3.3.2004) stabilisce
che una parte consistente dei fondi
dell’ottopermille a destinazione statale sia impiegata per interventi a favore
di diocesi, parrocchie, conventi ecc…
per ristrutturazioni ed interventi di vario tipo. In passato erano stati usati
anche per finanziare la presenza
italiana in Albania e Kossovo.
Quindi qualcuno – tra chi è al corrente dei fatti
ed è contrario al sistema – si chiede che senso abbia scegliere la destinazione statale. Si cadrebbe dalla padella
nella brace. Altri, invece, ritengono
che, comunque, sia importante scegliere la destinazione statale proprio per
affermare il principio della laicità dello Stato e del suo dover essere “casa
comune” di tutti e unico responsabile delle distribuzione delle entrate delle
imposte.
Firmare, sia
pur a malincuore, per la Chiesa cattolica sarebbe contradditorio con il
giudizio critico su tutto il sistema. Le altre Chiese garantiscono maggiore trasparenza; la Chiesa valdometodista e le
Assemblee di Dio non useranno i fondi per il culto ma solo per iniziative
culturali e di solidarietà e non percepiranno la quota di chi non ha scelto; inoltre, esse ogni anno fanno un resoconto
pubblico e articolato del “come” e del “dove” hanno destinati i proventi loro
derivanti dall’ottopermille.
Ogni
simpatizzante di “Noi Siamo Chiesa” ed ogni cattolico che crede nella povertà
della Chiesa e nella gratuità dell’annuncio dell’Evangelo deciderà in coscienza
che opzione fare. E ciò partendo dalla
convinzione che non bisogna desistere dal proporre una riflessione di fondo,
alla luce dell’Evangelo, sul senso stesso dell’autorganizzazione della comunità
dei credenti anche nei suoi aspetti materiali.
“Noi Siamo Chiesa”
(aderente
all’International Movement We Are Church-IMWAC)
Roma, 4 giugno 2004