Nelle conclusioni
dell'«Informe final» i vent'anni di conflitto
armato
Riconciliazione e
verità. Perù in marcia
Da un lato Sendero Luminoso, dall'altro
polizia e forze armate. Nel mezzo la popolazione, i contadini
poveri, che hanno pagato il prezzo più alto
della guerra interna che ha travagliato il paese andino
dal 1980 al 2000. Finalmente si apre uno spiraglio, un passaggio
attraverso cui potrebbe passare il nuovo Perù
VITTORIO BELLAVITE
LIMA
“Manifesto” del 26 ottobre 2005
Dopo aver letto le conclusioni dell'Informe final (vedi l'altro articolo in
questa pagina), una domanda sorge spontanea: come è
potuto accadere che in un paese ancora così disastrato e con un
evidente deficit di democrazia, sia uscita da una fonte istituzionale
una denuncia tanto lucida, documentata e propositiva? I vent'anni di conflitto armato tra polizia e forze
armate da un lato e Sendero luminoso
dall'altro che hanno provocato 24 mila morti,
molto più realisticamente 70 mila, sono stati analizzati con
imparzialità dalla Comision por la veridad y la reconciliatiòn.
Dalle
conclusioni dell'Informe final esce una lucida
denuncia denuncia delle responsabilità
e dei crimini di tutti i soggetti in campo. Ne parlo con Luis Mujica, uno dei
responsabili delle ricerche della Comision. Mi dice che, nel
passaggio traumatico tra Fujimori e Toledo,
c'è stato un periodo di interregno, quello del
Presidente provvisorio Valentin Paniagua, nel
quale la società civile è riuscita ad imporsi e a ottenere la
Commissione, effettivamente indipendente, con personalità di alto
livello morale. Le conclusioni della Commissione non sono state
digerite dai partiti, qualcuno ha voltato le spalle, altri hanno
sostenuto che lo stato non poteva fare diversamente, che non aveva
capito la situazione. Ora - dice Luis - dopo
due anni dalla presentazione dell'Informe (28 agosto 2003) l'opinione pubblica
lentamente sta diventando più consapevole ma i mezzi di comunicazione
non se ne interessano (salvo Canal Ocho che si vede con il
decoder, e i quotidiani El commercio e Repubblica che non sono ostili).
Di qua Lima, di là la Sierra
Il Perù è un paese molto
diviso, separato, con scarse comunicazioni. Lima è un altro continente
rispetto alla Sierra, bisogna creare cittadinanza vera aldilà della
tanta retorica patriottarda dallo scarso significato concreto. Lo stato
deve impegnarsi nelle riparazioni alle vittime. Il potere giudiziario è
relativamente autonomo ma molto lento e con pochi strumenti giuridici.
Parallelamente alla redazione dell'Informe,
nel 2003 su iniziativa di organizzazioni della
società civile, e in particolare dell'area cristiana di base, si è
costituito il Movimento Para que no se repita (www.paraquenoserepita.org.pe).
Ne fanno parte circa 100 organizzazioni, ha lavorato alla realizzazione
di una marcia da Piura nel Nord fino al
confine con la Bolivia da maggio a fine agosto
(www.caminataporlapaz.org.pe). Quattro mesi di marcia, di incontri, di contatti.
I diritti umani
Incontro Ernesto de la Jara,
direttore dell'Istituto de defensa legal (www.idl.org.pe),
sorto nel 1983 , in prima fila nella difesa dei diritti umani negli
anni peggiori, insieme alla Coordenadora nacional de derechos humanos (www.dhperu.org). Il Perù, mi dice, fu visitato da una Commissione dell'Onu contro la tortura, al secondo posto nel mondo
dopo la Turchia. Il governo non attacca la Commissione, invece è
violento lo scontro coi partiti, con l'Apra di
Garcia (presidente nel periodo buio `85-'90),
soprattutto con militari ed ex-militari, con alcuni media. C'è tanto da fare: bisogna redigere un Registro nazionale
delle vittime (sono moltissime: vedove, orfani, feriti, donne stuprate,
profughi dalla Sierra a Lima, anche ex-militari...), bisogna pretendere
un impegno etico e politico a difesa dell'Informe dai candidati
alla presidenza per le elezioni della prossima primavera.
Ernesto mi dice che si aspettano di più dall'Europa: un maggiore
impegno del Parlamento europeo, dall'Italia la continuazione della
riconversione di una parte del debito estero
con l'obbligo di investire il corrispondente nell'attuazione delle
proposte della Commissione. Il Parlamento peruviano ha stanziato a fine
luglio sei milioni di soles ( un milione e
mezzo di euro) per le riparazioni alle vittime
(ma ne servono 500). Ora si sta discutendo del
bilancio per il 2006.
Federico Arnillas è il direttore dell'Asociaciòn nacional de Centros (Anc),
l'autorevole federazione di tutte le ong
peruviane. Mi conferma le lentezze nella realizzazione
degli interventi di riparazione, la scarsità delle risorse; ora è stata
istituita una Commissione governativa con la partecipazione della
società civile per attuare la legge di luglio ma manca ancora il
regolamento indispensabile perché possa funzionare. Federico è più
ottimista. Mi dice che in cinque anni (dalla caduta di Fujimori, novembre 2000, a
oggi) si è fatta molta strada. E' invece preoccupato per le prossime scadenze politiche. Che
farà, nell'ultimo anno della Presidenza Toledo, il nuovo governo di Pedro Pablo Kuczynski decollato a fine agosto? Chi sarà eletto
presidente in primavera? Toledo non è rieleggibile in base alla
Costituzione. E cosa si può fare in Europa? Mi
ripete le indicazioni di Ernesto de la Jara relative al Fondo italo-peruviano
istituito con i fondi «condonati» dal governo italiano dopo la campagna
per la cancellazione del debito, sulla base della legge 209 del 2000).
Si tratta di 116 milioni di dollari per il periodo 2001-2006; nella
loro gestione cercano di impegnarsi le ong
italiane più presenti in Perù (Mlal,Terra Nuova ed Aspem). Mi ricorda che Unione europea e Perù stanno rinegoziando l'accordo per il periodo
2007-2013. Bisogna ottenere che vi siano previsti interventi importanti
nella direzione dell'attuazione delle raccomandazioni della
Commissione.
Para que no se repita
Rosa Villaràn dirige tutto il movimento Para
que no se repita
in una palazzina dove si vive la preoccupazione e la passione di una
grande scommessa. Anzittutto mi dice che i
morti sono sicuramente ben più dei 70.000, indicati dalla Commissione
(molti archivi militari sono stati negati). Mi racconta della marcia,
sono state coinvolte 250.000 persone e circa 140 collettività locali, i
chilometri percorsi sono stati 2.200 in 118 giorni. Dovunque si sono
intrecciati quipu (è un sistema di corde di lana e di nodi usato dagli Incas per contare; ora è diventato un simbolo per
la memoria delle vittime della violenza e per esprimere sentimenti di impegno per la pace e la riconciliazione). Mi
dice con grande determinazione che il processo
difficile di crescita civile e di recupero della memoria è incominciato
con la conclusione della Commissione. Lo considera un percorso
veramente lungo; spera molto che il decentramento politico e
amministrativo delle istituzioni in corso ora in Perù
possa facilitare rapporti con nuove autorità locali e che si possa
contare di più sulla scuola e sui servizi sanitari che sono, di per sé,
più sensibili alle tematiche della difesa dei
diritti umani e dei problemi delle vittime del conflitto. Infine, Rosa
spera nella Defensoria del pueblo (qualcosa di simile al difensore
civico), una istituzione inventata nel 1992 da
Fujimori per motivi demagogici ma che ora si
è trasformata ed è esplicitamente alleata dei soggetti della società
civile.
Una rete di sostegno
Rosa Villaràn si aspetta
che in Europa si organizzi una rete di collegamento e di appoggio a
quanti sono impegnati in Perù per la
realizzazione delle Raccomandazioni dell'Informe,
cita l'impegno dell'Osservatorio italiano sulla regione andina (www.selvas.org). E conclude
invitandomi a non dimenticare una visita a Campo di Marte, il grande
parco nel centro di Lima. Lì il 28 agosto, secondo anniversario della
consegna delle conclusioni dell'Informe, Salomon Lerner
ha inaugurato un monumento alla memoria delle vittime. Un grande cerchio di trenta metri di diametro è
percorso da un labirinto disegnato sul terreno. A fianco, su piccoli
sassi bianchi sono scritti i nomi di tutte le 23.969 vittime accertate
dalla Commissione e il luogo della morte. Al centro un grande blocco di granito rossastro con una pietra
ovale incastonata verso l'alto, a simboleggiare gli occhi. Da essa scende in continuazione un filo d'acqua,
testimonianza delle lacrime di sofferenza per le vittime. Il memorial sarà completato per Natale e diventerà per
sempre un ricordo delle vittime, destinato a
essere conosciuto in tutto il mondo, come l'Esma
a Buenos Ayres e Villa Grimaldi
a Santiago.
|