I CATTOLICI E LA
COSCIENZA
(Marco Politi su La Repubblica del 9.11.2007)
Nella bufera di polemiche, scatenatasi dopo l’appello di papa Ratzinger all’obiezione
di coscienza dei farmacisti, si è levata sommessa ma chiara la voce di Federica
Rossi Gasparrini.
Cattolica. Presidente della Federcasalinghe. Moderata. L’obiezione del medico
si può capire, ha dichiarato, quella dei farmacisti sarebbe un abuso: «Il loro
è un servizio pubblico. Lo trovo antidemocratico». Proprio perché l’aborto è
drammatico, ha argomentato, la “pillola del giorno dopo” serve per bloccare una
gravidanza al più presto, «senza traumi, prima ancora che ci sia una
differenziazione cellulare». E poi va tenuto conto di tutte le posizioni.
Forse perché nasce da quello che una volta si chiamava il focolare, forse
perché nutrita dall’esperienza delle fatiche di tantissime donne - credenti per
giunta - questa reazione illumina il vicolo cieco verso cui tende la gerarchia
ecclesiastica con il suo interventismo permanente nella legislazione italiana.
Perché la contrapposizione, che si profila in Italia, non è tra ghibellini e
guelfi o tra laici irriducibili e veri credenti e nemmeno tra chi negherebbe
alla Chiesa un ruolo nella sfera pubblica e chi sta a difesa della sua libertà di
parola. Lo scontro è soprattutto interno alla vasta comunità di coloro - e in
Italia sono l’87 percento - che si richiamano al cattolicesimo.
Il guaio della Chiesa, ha riassunto tempo fa in una folgorante vignetta Massimo
Bucchi, è che «non ama le persone di fatto». Questa gerarchia ecclesiastica,
che dopo ottant’anni di Concordato e di insegnamento religioso nelle scuole non
è riuscita a portare agli italiani i Vangeli (ignorati dal settanta per cento),
questa gerarchia che non sposta di una virgola il comportamento dei credenti
rispetto alle relazioni prematrimoniali, i contraccettivi, i divorzi, gli
aborti, le coppie di fatto, continua a premere sistematicamente perché - dove
manca la convinzione delle coscienze - il braccio secolare della legge
irreggimenti le scelte dei cittadini credenti e non credenti.
Quanto più i parroci, nei loro rapporti quotidiani con la gente, si sono aperti
via via senza demonizzazioni alla contraccezione, alle convivenze, agli
omosessuali tanto più la gerarchia, dal Papa alla Cei, tallona ossessivamente
la classe politica perché produca norme per contrastare o lasci cadere i progetti
di nuove, utili leggi.
Certo fa cadere le braccia li fatto che, appena il Pontefice alza il dito,
scatti automatico il «sissignore» di esponenti del centro destra e della pattuglia
teodem del neonato Pd. Ma va detto sinceramente che nella piena legittimità di
qualsiasi posizione né Pedrizzi di An né l’azzurra Bertolini né l’ulivista
Bobba rappresentano «i cattolici». Loro sono «una» delle opinioni all’interno
del mondo cattolico. La cattolicità reale nel suo complesso non vive affatto in
conflitto con la necessaria laicità delle istituzioni, non si sente assediata
da «nichilismo e relativismo» e al contrario è abituata da decenni a convivere
in clima di comprensione con i diversamente credenti.
Milioni di credenti apprezzano la voce della Chiesa, quando offre un punto
fermo e un orizzonte in una società in continuo cambiamento. Ma vogliono poter
decidere da soli. D’altronde il 74 per cento del cattolici praticanti italiani,
secondo l’ultimo sondaggio Ipsos, hanno ripetuto (come da tanti anni) che la Chiesa deve parlare con assoluta libertà, ma «poi prevale la coscienza». Gli italiani,
credenti e non credenti, non vogliono un «Partito di Dio» guidato dalla
gerarchia ecclesiastica.
Il valore del cattolicesimo democratico è di aver rotto con la concezione dei
fedeli quale «gregge», che nella società civile e in politica va letteralmente
guidato - Pio X ne era ferreamente convinto - dal romano pontefice. Gli
Alberigo e gli Scoppola, scomparsi entrambi in questo 2007 e la cui assenza in
certi ambienti ecclesiastici viene vissuta come liberazione da voci fastidiose,
hanno insegnato che i laici cattolici, dovunque sia la loro collocazione e
nella piena accettazione del pluralismo, devono assumersi la responsabilità -
pur ispirati dalla fede e illuminati dal magistero - di leggere autonomamente
gli eventi della storia e della società per trovare senza tutori,
nell’indipendenza del confronto politico, le soluzioni necessarie.
Inaugurando il suo pontificato, Benedetto XVI spiegò che il concetto stesso di
«gregge» era un lascito dei monarchi assoluti dell’Antico Oriente. La Chiesa oggi è a un bivio: o riconosce realmente l’autonomia dei cattolici nella vita pubblica
e l’autonomia di coscienza dei cittadini credenti oppure si immagina una
società che non c’è. Perché per quanto possa trovare politici compiacenti, c’è
a destra e a sinistra una massa enorme, benché tacita, di cittadini credenti
che nel nucleo del pensiero dei cattolici Scoppola e Alberigo si riconosce. Anche
se non possiede la loro acutezza di espressione.