Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio!
È per me un piacere incontrarvi in occasione del quinto Convegno Internazionale
degli Ordinariati Militari e rivolgo a ciascuno di voi il mio saluto. Saluto in
special modo il Cardinale Giovanni Battista Re e lo ringrazio
per le sue cordiali parole. Vent’anni fa,
precisamente il 21 aprile 1986, l’amato Giovanni Paolo II promulgava la
Costituzione apostolica Spirituali militum curae, con la quale veniva
aggiornata la regolamentazione canonica dell’assistenza spirituale dei
militari, alla luce del Concilio Vaticano II, tenendo conto delle
trasformazioni riguardanti le forze armate e la loro missione sul piano
nazionale e internazionale. In verità, negli ultimi decenni lo scenario
mondiale è ulteriormente mutato. Perciò il Documento
pontificio, pur conservando piena attualità perché l’orientamento pastorale
della Chiesa non cambia, esige di essere sempre meglio adattato alle necessità
del momento presente. E’ quanto assai opportunamente avete voluto fare con
questo Convegno, organizzato dalla Congregazione per i Vescovi.
Anzitutto, è importante rileggere il Proemio della Costituzione apostolica:
esso contiene le motivazioni dell’intervento magisteriale
ed esprime lo spirito pastorale che anima, ispira e orienta tutte le
disposizioni normative. Due sono i valori fondamentali che il Documento pone in
evidenza: il valore della persona e il valore della pace. Tutta la revisione strutturale che assimila gli Ordinariati alle diocesi,
l’Ordinario al Vescovo diocesano e il Cappellano al parroco, obbedisce al
criterio del servizio alle persone dei militari, i quali "necessitano di
una concreta e specifica forma di assistenza pastorale" (Proemio). Al
tempo stesso, però, si afferma che le persone a cui l’Ordinariato si rivolge
non cessano di essere fedeli della Chiesa particolare
in cui abitano o al cui rito appartengono (cfr IV).
Ciò pone un’esigenza di comunione e di coordinamento tra l’Ordinariato militare
e le altre Chiese particolari (cfr II, 4).
Tutto questo evidenzia l’obiettivo prioritario della cura dei christifideles, che è quello di rendere loro
possibile di vivere in pienezza la vocazione battesimale e l’appartenenza
ecclesiale. Ci troviamo così nella medesima prospettiva in cui si pose lo
stesso servo di Dio Giovanni Paolo II in occasione del terzo Convegno degli
Ordinari Militari, nel 1994 (cfr Insegnamenti,
XVII, 1 [1994], p. 656-657). Mettere al primo posto le persone significa privilegiare la formazione cristiana del militare,
accompagnando lui e i suoi familiari nel percorso dell’iniziazione cristiana,
del cammino vocazionale, della maturazione nella fede e nella testimonianza; e
contemporaneamente favorire le forme di fraternità e di comunità, come pure di
preghiera liturgica e non, che siano appropriate all’ambiente e alle condizioni
di vita dei militari.
Il secondo aspetto che vorrei evidenziare è la fondamentale importanza del
valore della pace. A questo proposito la Spirituali militum
curae cita espressamente nel Proemio la
Costituzione conciliare Gaudium et spes, ricordando che
quelli che prestano servizio militare possono considerarsi «come ministri della
sicurezza e della libertà dei popoli», perché «se adempiono il loro dovere
rettamente, concorrono anch’essi veramente alla stabilità della pace» (Gaudium et spes, 79). Se dunque il
Concilio chiama ministri della pace i militari, quanto più lo saranno i Pastori
a cui essi sono affidati! Pertanto, esorto tutti voi a far sì che i Cappellani
militari siano autentici esperti e maestri di quanto
la Chiesa insegna e pratica in ordine alla costruzione della pace nel mondo. La
Costituzione Apostolica del Papa Giovanni Paolo II costituisce una tappa significativa di questo magistero e il suo contributo al
riguardo si lascia sintetizzare nella espressione che giustamente voi avete
ripreso e posto a tema del presente Convegno: "Ministerium
pacis inter arma -
Servizio di pace tra le armi". Il mio Predecessore lo prospettava come
"nuovo annuncio del Vangelo nel mondo militare, di cui i militari
cristiani e le loro comunità non possono non essere i primi araldi"
(Discorso al III Convegno degli Ordinari militari, 4: in Insegnamenti, cit., p. 657).
La Chiesa è per sua natura missionaria e il suo primo compito è l’evangelizzazione, che mira ad annunciare e testimoniare
Cristo e a promuovere in ogni ambiente e cultura il suo Vangelo di pace e
amore. Anche nel mondo militare la Chiesa è chiamata ad essere
"sale", "luce" e "lievito", per usare le immagini
a cui Gesù stesso fa riferimento, affinché le
mentalità e le strutture siano sempre più pienamente orientate alla costruzione
della pace, cioè di quell’"ordine
disegnato e voluto dall’amore di Dio" (Messaggio per la Giornata
Mondiale della Pace, 1° gennaio 2006, 3), in cui le persone e i popoli
possono svilupparsi integralmente e vedere riconosciuti i propri diritti
fondamentali (ivi, 4).
Il magistero della Chiesa sul tema della pace costituisce un aspetto essenziale
della sua dottrina sociale e, a partire da radici antichissime, è andato
sviluppandosi nell’ultimo secolo in una sorta di "crescendo"
culminato nella Costituzione pastorale Gaudium
et spes, nelle
Encicliche del beato Giovanni XXIII e dei servi di Dio Paolo VI e Giovanni
Paolo II, come pure nei loro interventi all’ONU e nei Messaggi per le Giornate
Mondiali della Pace. Questo insistente richiamo alla pace ha influito sulla
cultura occidentale promuovendo l’ideale che le forze armate siano
"a servizio esclusivo di difesa e di sicurezza e della libertà dei
popoli" (cfr Giovanni Paolo II, Discorso al III
Convegno degli Ordinari Militari, 4: in Insegnamenti , cit., p. 657). Purtroppo talora altri interessi – economici
e politici – fomentati dalle tensioni internazionali, fanno sì che questa
tendenza costruttiva trovi ostacoli e ritardi, come traspare anche dalle
difficoltà che incontrano i processi di disarmo. Dall’interno del mondo
militare, la Chiesa continuerà ad offrire il proprio servizio alla formazione
delle coscienze, certa che la Parola di Dio, generosamente seminata e coraggiosamente
accompagnata dal servizio della carità e della verità, produce frutto a suo
tempo.
Cari e venerati Fratelli, per offrire alle persone un’adeguata cura pastorale e
per adempiere la missione evangelizzatrice, gli Ordinariati militari hanno
bisogno di presbiteri e diaconi motivati e formati, come pure di laici che collaborino attivamente e responsabilmente con i Pastori. Mi
unisco pertanto a voi nella preghiera al Padrone della messe, perché mandi
operai in questa messe, nella quale voi già lavorate con ammirevole zelo. I
luminosi esempi di tanti Cappellani militari, come il Beato don Secondo Pollo,
che hanno servito con eroica dedizione Dio e i fratelli, incoraggino i giovani
a mettere tutta la loro vita al servizio del Regno di Dio, Regno di amore, di giustizia e di pace. Vegli sempre sul vostro
ministero la Vergine Maria e vi accompagni la mia
Benedizione, che imparto di cuore a tutti voi e alle
vostre rispettive Comunità ecclesiali.