La beatificazione di Giovanni Paolo
II: appello alla chiarezza
L’apertura ufficiale, il 28 giugno 2005, della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II, sollecita tutti i cattolici, uomini e
donne, che si sentono partecipi e responsabili della vita della loro Chiesa, ad
inviare le loro testimonianze sulle opere del Romano pontefice scomparso il 2
aprile.
Come è stato correttamente annunziato, possono essere
inviate, all’ufficio competente del Vicariato di Roma, sia testimonianze a
favore che testimonianze contrarie alla glorificazione di Karol
Wojtyla, purché tutte siano fondate su dati
obiettivi.
Tenendo
peraltro conto della sovraesposizione mediatica che
si è verificata, non sempre per motivi spirituali, durante gli ultimi giorni
della malattia del papa e in occasione del suo
decesso, ci sembra opportuno proporre dei riferimenti a quelle donne e uomini
cattolici che – senza voler ignorare naturalmente gli aspetti positivi del suo
pontificato, come l’impegno per la pace o il tentativo di ammettere le colpe
storiche dei figli e figlie della Chiesa nel passato; senza negare aspetti
virtuosi della sua persona; e senza volerne giudicare l’intima coscienza –
danno però una valutazione per molti aspetti negativa del suo operato come
papa. Perciò, con questo appello invitiamo tali
persone a superare la ritrosia e la timidezza, e ad esprimere formalmente, con
libertà evangelica, fatti che, secondo le loro conoscenze e i loro
convincimenti, dovrebbero essere d’ostacolo alla beatificazione.
Le/i
firmatari del presente appello ritengono che, rispetto al pontificato di
Giovanni Paolo II, si debbano criticamente valutare, in particolare, i seguenti
punti:
1° - La repressione e l’emarginazione esercitate su teologi,
teologhe, religiose e religiosi, mediante interventi autoritari della Congregazione
per la dottrina della fede.
2° - La tenace opposizione a riconsiderare – alla
luce dell’Evangelo, delle scienze e della storia – alcune normative di etica sessuale che, durante un pontificato di oltre 26
anni, hanno manifestato tutta la loro contraddittorietà, limitatezza e
insostenibilità.
3° - La dura riconferma della disciplina del
celibato ecclesiastico obbligatorio nella Chiesa latina, ignorando il
diffondersi del concubinato fra il clero di molte regioni e celando, fino a che
non è esplosa pubblicamente, la devastante piaga dell’abuso di
ecclesiastici su minori.
4° - Il mancato controllo su manovre torbide
compiute in campo finanziario da istituzioni della Santa Sede, e l’impedimento
a che le Autorità italiane potessero fare piena luce sulle oscure implicazioni
dell’Istituto per le opere di Religione (Ior, la
banca vaticana) con il crack del Banco Ambrosiano.
5° - La riaffermata
indisponibilità del pontefice, e della Curia da lui guidata, ad aprire un serio
e reale dibattito sulla condizione della donna nella Chiesa cattolica
romana.
6° - Il rinvio continuo dell’attuazione dei princìpi
di collegialità nel governo della Chiesa romana, pur così solennemente
enunciati dal Concilio Vaticano II.
7° -
L’isolamento ecclesiale e fattuale in cui la
diplomazia pontificia e
Con
spirito ecclesiale,
Jaume Botey, teologo e storico, Barcellona; José María Castillo, teologo, San
Salvador; Rosa Cursach, teologa, Palma de Mallorca; Casiano Floristán, teologo, Salamanca; Giovanni Franzoni,
teologo, Roma; Filippo Gentiloni, giornalista e
scrittore, Roma; Giulio Girardi, teologo, Roma;
Martha Heizer, teologa, Innsbruck;
Casimir Martí, teologo e
storico, Barcellona; Ramon Maria Nogués,
teologo, Barcellona; José Ramos
Regidor, teologo, Roma; Juan
José Tamayo, teologo,
Madrid.
Roma, 5 dicembre 2005.