Zanotelli a Veltroni e Veltroni a Zanotelli Lettere sull'Africa, settembre 2000 Caro onorevole, jambo! Penso che il viaggio in Africa e la visita a Korogocho sia stato un evento
importante per te personalmente. Ti sarai accorto che vedere con i tuoi occhi e
sentire con il tuo naso è tutt'altra cosa che guardare gli esclusi in
televisione o leggerli nelle statistiche. Penso che le sofferenze dei poveri
hanno cominciato a cambiarti come uomo: in questo ti sento vero e sincero. Come leader politico ti ringrazio perché stai tentando di mettere l'Africa e
la povertà globale al centro del dibattito. Non vorrei però che le sofferenze
dei poveri diventassero semplicemente oggetto di manipolazioni, tatticismi e
furbizie per ottenere consensi elettorali. Per questo ho sentito il dovere di
scrivere questa lettera aperta in cui esprimo la mia maniera di guardare alla
realtà e ciò che da questo sguardo ne consegue. Io guardo il mondo stando dalla parte degli impoveriti, cioè dalla parte
dell'80% dell'umanità. Lo faccio come credente perché tutta la tradizione
biblica, ebraica e cristiana, da cui provengo sta dalla parte degli esclusi,
perché il Dio di Mosè non è il Dio dei faraoni o di Clinton, ma il Dio dei
crocefissi. Per la prima volta nella storia, il mondo è retto da un unico
sistema: l'Impero del denaro, il cui cuore è la speculazione finanziaria. Mai
nella storia si era visto un impero tanto vittorioso e talmente suadente, grazie
alla forza dei mass media, da prenderci tutti nella sua ideologia. Viviamo in un sistema economico dove il 20% degli uomini si pappa l'82% delle
risorse a spese del resto dell'umanità. Il 20% dei più poveri ha a disposizione
solo l’1,4% dei beni. Per me questo è un sistema di peccato. E la politica che
cosa fa? Oggi la politica è al guinzaglio dell'economia, totalmente asservita ad
essa. Questo sistema di oppressione si regge sullo strapotere delle armi:
spendiamo ogni anno 800 miliardi di dollari in armamenti (ma il Muro di Berlino
non era crollato?). A che cosa ci servono? Per difendere i nostri privilegi
dalla minaccia dei poveri. Non dimentichiamo che chi vive nell'opulenza e la difende a denti stretti
pone anche una gravissima ipoteca ambientale. Molteplici studi ci dicono che
abbiamo non più di 50 anni per cambiare: è in ballo la vita del pianeta.
L'Impero del denaro uccide quindi con la fame (30 milioni: un "olocausto" ogni
anno), con le armi (conflitti africani, regimi repressivi, guerre stellari), con
la distruzione dell'ambiente, con la distruzione delle culture. È un sistema di
morte che ci interpella tutti, credenti e non, perché mina la vita stessa. Se questa analisi è vera e condivisibile, dobbiamo smetterla di raccontarci
la storia di uno "sviluppo sostenibile". O cambiamo rotta o cadiamo nel baratro.
Tocca alla politica reinventare la politica e reinventare anche lo Stato, perché
l'economia ritorni a servire la polis. La politica e il far politica devono
rispondere alle esigenze della gente e soprattutto della vita, della vita per
tutti. Caro onorevole, hai il coraggio di un'azione politica alternativa che
risponda ai bisogni del Paese e del pianeta? Permettimi alcune domande alle
quali chiedo una risposta pubblica. 1) Sei d'accordo con questa analisi del sistema economico-politico? E se sì,
sei disponibile a tradurla in programma politico concreto?2) Sei disposto a
portare queste istanze al vertice dei G8 a Genova il prossimo anno?3) In vista
dell'imminente vertice di Praga, come giudichi le politiche di aggiustamento
strutturale imposte dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale ai
Paesi impoveriti?4) Qual è la tua posizione sul Mai (Accordo multilaterale sugli
investimenti), sul cosiddetto Nafta per l'Africa e sulle politiche
dell'Organizzazione mondiale del commercio?5) Sei disposto a contrastare i
progetti di "guerre stellari", a delegittimare una Nato usata per la politica
imperiale? (Nel nostro piccolo, come mai il disegno di legge per controllare
produzione ed export delle armi leggere dorme ancora in Parlamento?)6) È da poco
uscito un testo importante. S'intitola "Italia capace di futuro": è frutto del
lavoro di ricerca della società civile, è sottoscritto dalla Rete di Lilliput, e
ci indica come costruire un domani sostenibile nel nostro Paese. Sei disponibile
ad assumerlo come programma di partito?7) Anche se passata al Senato, saresti
disponibile a rimettere radicalmente in discussione la legge di riforma della
cooperazione allo sviluppo? Così com'è, è inaccettabile. Nasce già strozzata
dalle logiche che hanno fatto fallire le precedenti esperienze.8) Perché non
dare un segnale di sensibilità internazionale ai diritti dei lavoratori
sostenendo la proposta di legge sulla etichettatura sociale dei prodotti di
consumo? (Promossa dalla campagna "Acquisti trasparenti"). Tra qualche giorno ritornerò a Korogocho, nei sotterranei della vita e della
storia. Spero che quell'umanità dolente che anche tu hai toccato con mano, quei
luoghi di esclusione che mi fanno indignare, portino anche l'uomo politico
Veltroni a scelte economico-politiche coraggiose. Perché vinca la vita. Sijambo. Alex Zanotelli Caro Alex, ho potuto, anche se per un tempo breve, vedere in Africa realtà molto diverse
tra loro. Realtà che tu conosci bene. Paesi con enormi problemi, attraversati da
profonde e laceranti contraddizioni: la povertà, la fame, le guerre, l'Aids.
Insieme a te ho visto Korogocho e l'estrema miseria di chi è costretto a
nutrirsi dei rifiuti della città dei ricchi. Lì ho visto che si può agire in una
dimensione piccola dando testimonianza concreta di un impegno umile e, allo
stesso tempo, profondo e importante. È vero, i propri occhi fanno capire cose
che la televisione e le statistiche possono solo far intuire. Ti ringrazio
quindi per avermi portato nella tua casa ed avermi fatto vedere e sentire quella
sofferenza. La stessa sofferenza l'ho incontrata anche in altri luoghi, dove ho
visto cosa significa la solidarietà di uomini per altri uomini, dove ho visto
l'impegno dei missionari, delle organizzazioni non governative, della nostra
cooperazione. Anche di questo, e dei temi che sono raccolti nelle tue domande, ho parlato
con i nuovi leader africani aperti al dialogo e più attenti dei loro
predecessori al futuro dei loro Paesi. Hai ragione, e sai che sono d'accordo con
te: c'è bisogno di una politica esigente sul piano ideale e morale, di una
politica che sappia fare i conti con le grandi sfide che sono di fronte
all'umanità, dall'esito delle quali dipende il futuro di ogni uomo. Noi non
dobbiamo avere paura di voler cambiare il mondo. Non dobbiamo avere paura di
sfidare cinismo e disincanto. Ma dobbiamo farlo sapendo stare dentro i grandi
processi che attraversano il nostro tempo. Proprio alla fine del mio viaggio a Johannesburg Nelson Mandela mi ha detto
alcune parole, che non a caso ho voluto fossero riportate in un breve testo che
accompagnava la campagna per la raccolta di fondi per l'Africa portata avanti in
questi mesi nelle nostre Feste dell'Unità. "La globalizzazione - ha detto
Mandela - è benvenuta, essa rompe le barriere, rende disponibili risorse,
servizi, dà una libertà di movimento mai conosciuta prima, opporsi è come dire
no all'avvicendarsi delle stagioni. Ma i benefici non arrivano ai Paesi poveri e
il potere non è distribuito equamente". Questo è il punto. La globalizzazione c'è, è un dato, esiste, ed è il quadro
entro cui siamo chiamati a muoverci tutti. Ma occorre un cambiamento di segno.
Occorre che la politica dia risposte a tutto ciò che è l'altra faccia della
globalizzazione, quella che troppo spesso rimane nascosta, quella della povertà,
quella dell'indebitamento dei Paesi più poveri e in via di sviluppo e
dell'estensione dei conflitti che riducono gli spazi ed alimentano altri
conflitti. Ad economia globale deve corrispondere politica globale. È necessario un
governo della globalizzazione che possa introdurre nei rapporti economici,
commerciali e finanziari tra Paesi ricchi e Paesi poveri, dei cambiamenti che
riducano drasticamente le disuguaglianze. Perché c'è un pensiero negativo, che
si manifesta nel predominio di istanze egoistiche e protezionistiche, nelle
politiche liberiste, in un agire miope che muove interessi di forze che dobbiamo
saper contrastare. Io sono convito che la sinistra, su questo terreno, può e deve offrire
risposte diverse da quelle della speculazione finanziaria e di chi alimenta
l'esclusione di una parte così grande dell'umanità. E un programma politico che
sia in grado di affrontare i problemi dell'Africa non può non avere come primo
punto, caro Alex, la cancellazione del debito. Sarebbe passo essenziale -
seppure non risolutivo - per ridare speranza ai Paesi più poveri e in via di
sviluppo. A questo proposito devo dire che la politica della Banca Mondiale e
del Fondo Monetario Internazionale hanno, in questi anni, indicato soluzioni
parziali, inique e spesso dannose. Penso in particolare all'iniziativa di
riduzione del debito denominata Hipc (Heavily Indebted Poor Countries) e alle
politiche di "aggiustamento strutturale". La Guinea Conakry non è l'Olanda. E
non si può pensare di imporre, ai Paesi africani, dei parametri tipo
"Maastricht". Io credo che invece si debba allargare ancora la platea dei Paesi
che possono accedere alla cancellazione del debito e reinvestire le risorse
liberate in iniziative di sostegno nella lotta alla povertà, nell'intervento
sociale (scuole, infrastrutture, ospedali) e più in generale per sostenere lo
sviluppo umano. Ogni aiuto, ogni sostegno, ogni forma di investimento in servizi e strutture
sociali in questi luoghi deve però essere legato alla lotta contro la corruzione
e al ripristino della legalità. Perché sono ancora troppi i Paesi dove sono
presenti dittature antidemocratiche. E non ci può essere sviluppo disgiunto
dalla democrazia e dal rispetto della legge. Ma sta anche a noi, da questa parte
del mondo. Io sono per l'embargo della vendita delle armi in Africa e nei luoghi
di conflitto. L'Occidente non può ulteriormente arricchirsi sfruttando quei
Paesi africani i cui "signori della guerra" preferiscono spendere milioni di
dollari per acquistare armi dall'Occidente piuttosto che investire per
migliorare la vita dei cittadini. Io sono, l'ho detto al nostro Congresso di
Torino, contrario all'embargo imposto all'Iraq o a Cuba. L'effetto ottenuto fin
qui non è quello di indebolire il dittatore sanguinario Saddam Hussein ma di
impoverire il Paese, soprattutto i più deboli. I Paesi africani, nel recente vertice del Cairo con i Paesi europei, hanno
posto esigenze condivisibili, prime fra tutte quella dell'accesso dei loro
prodotti verso l'Europa, l'aiuto contro le grandi emergenze alimentari,
ambientali, sanitarie. L'Aids è un olocausto che sta mettendo a rischio la
sopravvivenza di un'intera generazione. Non possiamo stare a guardare. Il
vertice dei G8 di Genova deve a mio avviso riformulare le politiche tenendo
conto di queste importanti scelte di fondo. E a proposito di G8, come sai ho
posto il tema dell'allargamento all'Africa e al Sud Africa, il mondo ricco non
può, da solo, decidere anche per il mondo povero. Lo ritengo un passo da
compiere perché è giusto e importante che nel luogo dove si discutono le scelte
che devono governare la globalizzazione siano rappresentati altri Paesi che oggi
ne sono esclusi. Tra poche settimane, a Maputo, in Mozambico, si terrà il
Consiglio dell'Internazionale Socialista. Dopo tanto tempo discuteremo di questi
problemi, in Africa, con gli africani, con le forze più avanzate del riformismo.
Non credo, poi, caro Alex, che il problema sia delegittimare la Nato. Penso,
questo sì, che la sua funzione debba essere radicalmente rivista, e che l'Europa
debba dotarsi di una propria struttura di peacekeeping autonoma negli indirizzi
e nelle azioni. E penso anche che sia fondamentale dare alle Nazioni Unite una
maggiore capacità d'intervento. A partire dalla revisione dell'articolo 7 della
Carta dell'Onu che fissa i principi della salvaguardia dei diritti umani. Non è accettabile una comunità internazionale che usa pesi e misure diversi
per il Kossovo, per la Cecenia o la Sierra Leone. Fissare questi principi è
necessario per evitare che dietro alla difesa dei diritti umani si celino
propositi di "politica di potenza". E, venendo al problema delle armi leggere,
sono convinto che occorra un più severo controllo sulla produzione e sull'export
e che si debbano sostenere le iniziative in questo senso già presenti in
Parlamento, sbloccandone, e rapidamente, l'iter parlamentare. Per
l'etichetta-tura sociale dei prodotti di consumo, una nostra parlamentare,
Antonella Rizza, ha presentato un progetto di legge che, oltre a tutelare chi
acquista tali beni, punta ad evitare che questi prodotti vengano realizzati
sfruttando i minori, i bambini, attraverso l'istituzione di una Autorità garante
e di un sistema di certificazione accurato dei prodotti. Per finire, penso che sulla legge di riforma della cooperazione si debba
migliorare e come ti ho detto ritengo utile un confronto con i gruppi
parlamentari della maggioranza. Noi, i Democratici di Sinistra, e il nostro
gruppo parlamentare siamo disponibili. Per quanto riguarda gli accordi
multilaterali sugli investimenti il negoziato è stato sospeso perché i contenuti
erano inaccettabili ed interferivano con la sovranità dei singoli Paesi e noi,
nel Parlamento Europeo, siamo stati protagonisti del suo accantonamento.
Inoltre, l'ambito negoziale - l'Ocse - è inadeguato. L'Omc deve delineare un
quadro di accordi più equi tra Paesi ricchi e Paesi poveri ed armonizzarli con
le iniziative che sul piano internazionale vanno definendosi. Penso ai nuovi
accordi di cooperazione del dopo Lomé firmati a Cotonou e all'impor-tante ruolo
che devono avere le Nazioni Unite. Spero anch'io che vinca la vita, la politica
dei valori, della speranza. Sijambo Walter Veltroni |