GLOBALIZZAZIONE,
VESCOVI EUROPEI E
SUGGERITORI MIS-CREDENTI
Osservazioni sui rapporti relativi alla globalizzazione elaborati
dalla Commissione Camdessus su incarico
della Conferenza dei vescovi cattolici
dell’Unione Europea (Comece)
Alla
fine del secondo millennio la Conferenza dei vescovi cattolici dell’Unione
Europea, Comece, ha dato mandato ad alcuni cattolici di costituire un
gruppo di lavoro per valutare i problemi posti dalla globalizzazione. Il
gruppo, presieduto dall’ex direttore del FMI
(Fondo Monetario Internazionale),
Camdessus, e composto da alti dirigenti
dell’OMC (Organizzazione
Mondiale del Commercio), e dell’ILO
(Organizzazione Intern. del Lavoro),
nonché da docenti universitari, funzionari pubblici e cinque esponenti
della Comece e del Pontificio Consiglio Iustitia
et Pax, ha prodotto, rispettivamente nel 2001, nel 2002 e nel 2003, tre
documenti, finalizzati a “fare
l’inventario dei progressi fatti nel migliorare il governo globale”
(Il testo, in inglese, si può leggere sul
sito: www.comece.org).
Il rapporto del 2002
Per
avere una idea dei rapporti conviene partire da quello pubblicato nel 2002, che
conteneva due parti: la prima era una rassegna delle principali riunioni
mondiali e intergovernative, avvenute nel corso dell’anno, finalizzate a
rispondere ai problemi della governabilità dei processi globali; la seconda
parte era dedicata a rappresentare le critiche sollevate dal primo rapporto del
2001. Alcuni settori del mondo cattolico
avevano reagito muovendo, tra l’altro, i seguenti appunti:
1.
Il
rapporto non conteneva il punto di vista dei poveri e ignorava le critiche che
anche costoro muovono al Fondo Monetario Internazionale (FMI) e alla Banca
Mondiale (BM);
2.
appariva
pregiudizialmente favorevole alla filosofia liberista del Organizzazione
Mondiale del Commercio (OMC);
3.
non
affrontava problemi gravi come i diritti umani;
4.
l’enfasi
era posta quasi esclusivamente sugli Stati, mentre venivano ignorate le
organizzazioni della società civile.
A queste valutazioni critiche gli autori del rapporto opponevano la difesa ad oltranza degli organismi internazionali censurati e addebitavano la carenza di riferimenti a temi come i diritti umani al fatto che il rapporto intendeva considerare solo gli aspetti economico-ecologici della globalizzazione.
Di
fronte alla consistenza delle obiezioni provenienti dal mondo ecclesiale, ci si
sarebbe atteso che la Conferenza dei vescovi dell’Unione Europea continuasse ad
avvalersi di un gruppo di esperti per monitorare un fenomeno così complesso
come la globalizzazione, ma modificando la composizione del gruppo degli
esperti (inserendo la rappresentanza dei poveri) o esigendo un’analisi più
multidimensionale della globalizzazione (inserendo temi come i diritti umani,
la società civile, ecc.).
Sfortunatamente ciò non è avvenuto, come si può
dedurre leggendo il terzo rapporto (2003), la cui linea filosofico-ideologica
non si discosta dai precedenti. Se si prescinde dall’Introduzione e dalle Fonti
Informative (quasi tutte istituzionali), il cuore del rapporto è costituito
dalle 17 pagine firmate da Charlotte Kreuter Kirchhoff, e dalle
“raccomandazioni finali” (pag.79-83). Quest’ultime si possono così riassumere:
Per rafforzare il sistema del governo globale si
raccomanda alle Chiese e religioni
di assumere una posizione più attiva e responsabile in merito ai problemi della
globalizzazione (1). Le organizzazioni e
i movimenti non governativi debbono adottare come principi operativi la non
violenza, la trasparenza e la responsabilità, oltre a rispettare i processi
democratici (2). Le multinazionali debbono
attenersi al “codice di condotta” della OECD e al “patto globale” dell’ONU del
1999 (3). Gli Stati debbono
rispettare i principi del multilateralismo ed essere più coerenti nel campo
degli impegni internazionali (4). Deve essere rivisto il mandato degli organi internazionali (5). Gli accordi
“regionali” sono possibili a condizione che essi non minino le istituzioni
internazionali (6). L’UE deve rivedere
aspetti della politica commerciale (7). Occorrono nuove regole per gli
investimenti all’estero (8). Un consenso è necessario per raccordare
competitività con trasparenza e non discriminazione (9). FMI e BM “sono incoraggiati a rafforzare” l’Iniziativa versi i
Paesi Molto Indebitati (HIPC) e ad essere più trasparenti (10). L’ILO deve monitorare le cinque
convenzioni relative al mondo del lavoro (11). Dovrebbero essere creati una agenzia per l’ambiente (WEO) (12), ed
(13) un “global governance group” (3G). Il fine primario di tutti i tre
rapporti, in sostanza, sembra mirare a convincere il mondo politico, cattolico
e non, che non è necessaria una nuova “pubblica
autorità con competenza universale” (come suggerito da Giovanni XXIII nella
Pacem in Terris), essendo sufficiente
porre in atto un mero coordinamento tra FMI, BM, WTO ed ILO attraverso un G3
(global governance group). Tale struttura
si configura, di fatto, come la più scientifica e machiavellica
esclusione di sei miliardi di abitanti del pianeta da processi decisionali
riguardanti la loro sopravvivenza.
E’ difficile completare la lettura del rapporto senza fare i conti con la sensazione che esso sia stato stilato da disciplinati burocrati del Sistema Dominante. Vediamo perché, osservando la struttura del testo.
I
poveri debbono aspettare Uno
degli scopi dichiarati del rapporto quest’ultimo era quello di valutare i modi
per ridurre la povertà ed i fenomeni ad essa connessi, considerato che, come si
legge nel 2° capitolo, 2,8 miliardi di persone vivono con meno di un dollaro al
giorno, che milioni di giovani non raggiungono l’istruzione primaria, che vi
sono 42 milioni di malati di AIDS, 300 milioni di malaria, 2000 morti di TBC
ogni anno. Di fronte a questa tragedia le nazioni più ingorde sono invitate a
dare almeno lo 0,7% del PIL a quelle più miserabili, nella speranza che nel
2015 si riduca della metà il numero dei poveri, o si riduca a 0 il numero dei
bambini analfabeti. Nel frattempo ai poveri, agli analfabeti e ai malati non
rimane che la paziente attesa. I cattolici selezionati dai vescovi europei,
così prodighi di deferenti consigli verso Stati e organismi sovrastatali, non hanno avanzato nemmeno una di quelle
“raccomandazioni” che si possono leggere in una infinità di documenti della
gerarchia o di riviste cattoliche, come quella, per esempio, di tassare le
transazioni finanziarie, di rendere meno esosi i brevetti sui farmaci o di
dirottare i soldi dei contribuenti non in produzione di morte (armi) ma di vita
(agricoltura, acqua, ecc.). Eppure da
rappresentanti di istituzioni internazionali erano venute critiche e
suggerimenti ragionevoli, come dal Presidente della Banca Mondiale, J. Wolfensohn,
secondo cui “si spendono troppi soldi per
le armi e troppo pochi per aiutare i poveri: annualmente 800 miliardi di
dollari contro 56”. O dal Direttore della FAO, J. Diouf, il quale ha
dichiarato che se il cibo “fosse
equamente diviso tra gli abitanti del pianeta, uomini, donne e bambini potrebbero
consumare ciascuno 2.700 cal ogni giorno”.
Disco
verde agli armamenti Dove il rapporto passa dalla miopia alla cecità è nel
capitolo degli armamenti, che costituiscono una percentuale sproporzionata del
budget soprattutto nei paesi indebitati e un vero crimine contro la vita dei
poveri, nonché un invito a contare sulla violenza per garantire la sicurezza e
la pace. Meraviglia che dei cattolici non si siano posti il problema di come
garantire il tanto decantato valore della pace e della non violenza, quando
queste sono minacciate da una macchina da guerra che va aumentando di potenza
in tutto il mondo, con i massimi garanti della pace che coincidono con i più
grandi produttori di armi: ci riferiamo ai cinque membri del Consiglio di
Sicurezza dell’ONU: Russia, Cina, Francia, Inghilterra e USA, che ha
apertamente dichiarato una guerra “preventiva” e “infinita” a nemici virtuali,
in spregio dell’autorità internazionale deputata alla soluzione dei conflitti
(ONU).
Una nuova evangelizzazione per una nuova
globalizzazione
Nonostante il documento ci appaia lacunoso e
finalizzato a confermare l’indirizzo capitalistico dell’attuale
globalizzazione, come cattolici non
possiamo non condividerne la responsabilità. In effetti carenze ed
omissioni vistose non possono essere addebitate esclusivamente alle 14 persone
che hanno redatto il testo, dato che esso può essere considerato una summa abbastanza vicina al modo con cui
i cattolici trattano, da secoli, i gravi problemi del mondo e dei poveri.
Da anni si sente invocare dai massimi livelli della
gerarchia cattolica la necessità di una nuova
evangelizzazione, nella consapevolezza che i cristiani, fino ad oggi, hanno
elaborato, predicato, dogmatizzato un vangelo non solo datato, ma lontano, se
non antagonico, al massaggio e alla vita di Gesù di Nazareth. La più eclatante
verifica di questa triste costantinizzazione del Vangelo, cioè della sua
perversione, è stata la denuncia pubblica da parte del Pontefice romano della
lunga lista di peccati commessi dai figli
della Chiesa nel corso dei millenni, peccati che hanno avuto, seppur
inconsapevolmente, la loro legittimazione gerachica, canonica, teologica e
liturgica. D’altronde lo stesso Concilio Vaticano II aveva affermato che “i cristiani hanno nascosto il vero volto di
Dio e della religione più di quanto non
l’abbiano rivelato”.
Ci auguriamo che l’intera comunità cristiana inizi con urgenza un discernimento sull’attuale globalizzazione, che parta non da “megafoni” di istituti internazionali controllati dai ricchi, ma dai poveri, dagli esclusi, dai bambini e dai malati, nel convincimento che solo coloro con cui Dio più si identifica possono promuovere una nuova evangelizzazione.
"Il mondo attende che i
cristiani facciano onore alla divina promessa, e non si schierino, per nessun
pretesto, con coloro che hanno interesse di continuare quaggiù il regno dei
servi" (Don P. Mazzolari).
Roma 18 marzo 2004
L’Associazione Noi Siamo Chiesa Italia, aderente all’IMWAC