SOMMARIO
GENERALE:
Premessa
A. L’antefatto
B. Oggi: la coscienza credente
C. Nodi cruciali:
a)
Pace
e guerra
b)
Opzione
preferenziale per i poveri
c)
Legalità
e illegalità: una discriminante
d)
Il
nuovo processo: dalla fede alla religione civile
D. CONCLUSIONE aperta: tempo di confronto
PREMESSA
1.
Si sta soffrendo ed emerge un forte disagio in aree rilevanti della
Chiesa italiana. Esso coinvolge settori diversi, da quelli impegnati a favore
della pace e nel dialogo tra le culture a quelli che quotidianamente cercano di
porsi accanto alle persone emarginate per condividerne il cammino verso
l’inclusione e la cittadinanza; da quelli che con maggiore forza cercano di
dare seguito alla spinta riformatrice del Concilio Vaticano II a quelli che,
spesso a partire dall’attività missionaria, si sforzano di guardare il mondo
dal punto di vista dei poveri di tutti i Sud;
da quelli che, richiamandosi alla tradizione del cattolicesimo democratico,
mantengono come riferimento alto i valori della Costituzione e si sforzano di
rinnovare il significato della laicità alla luce di una società pluralista, a
quelli che si spendono nel dialogo ecumenico e con le altre fedi. Si tratta di coloro che con maggiore forza si
sentono interpellati dalle questioni della pace, della giustizia e della
salvaguardia del creato, percepiti non solo come problemi cruciali
dell’umanità, ma anche come pro-vocazione di Dio sul nostro modo di esprimere
la fede.
2.
Il motivo del disagio sta nel fatto che l’impegno
di singoli credenti, gruppi, comunità, associazioni e movimenti rimane
inadeguato e necessita di un discernimento ecclesiale sulla fedeltà al Vangelo
assieme a chi è preposto al servizio della comunione e dell’unità della Chiesa
italiana.
B. OGGI: LA COSCIENZA CREDENTE
Come i primi cristiani di fronte all’impero romano,
anche noi siamo di fronte a tutta la storia, ciascuno assieme agli altri,
responsabile di tutto, perché il Signore si affida interamente alla libertà di
ciascuno.
Gli avvenimenti tumultuosi, la povertà e la fame combinate con
tutte le forme di violenza, il malessere del pianeta stesso non mettono in
evidenza solo l’inadeguatezza delle nostre risposte, ma costituiscono le grandi
domande di Dio sul nostro annuncio della salvezza, sul modo con cui, per la
nostra fede in Gesù, rispondiamo alla storia.
In molti modi, da più parti
e in più circostanze abbiamo chiesto anche ai nostri vescovi, come Conferenza
episcopale, di uscire dal silenzio strutturale in cui si sono chiusi per
confrontarci e verificare insieme alcune scelte di grande importanza per la
fedeltà al Vangelo e all’umanità.
Consapevoli di dover rendere ragione del motivo della nostra
speranza (cf 1Pt 3,15) davanti al mondo e alla nostra stessa coscienza, con
il presente documento vogliamo continuare a bussare
finché non ci sarà aperto (Lc 11,9), proseguendo il cammino con fiducia,
nella consapevolezza che come sorelle e fratelli abbiamo bisogno gli uni degli
altri.
C. NODI CRUCIALI
Con semplicità esponiamo alcuni punti, dove sentiamo che è fortemente messo in discussione il nostro riferimento al Vangelo.
a)
Pace e Guerra
8.
La pace è il primo
frutto del Risorto alla sua comunità (Gv 14,27), sviluppo semplice e coerente
della scelta di nonviolenza che ha caratterizzato tutta la vita di Gesù, anche
di fronte alla morte violenta, la morte di croce (Gv 18,11). Le prime comunità
cristiane sull’esempio del loro Signore e Maestro hanno avuto un comportamento
altrettanto semplice e lineare di fronte all’impero romano.
Perchè nella Chiesa accettiamo, ci
rassegniamo alla confusione delle lingue riguardo alla pace? Ormai passa tutto
e il contrario di tutto. Ha scritto il papa: “Il male ha sempre un volto e
un nome; il volto e nome di uomini che liberamente lo scelgono”. E ancora: ”Per
conseguire il bene della pace bisogna, con lucida consapevolezza, affermare che
la violenza è un male inaccettabile e che mai risolve i problemi”. Perchè
non abbiamo il coraggio in nome di Cristo di dire no alla guerra sempre,
dovunque e comunque perchè la guerra è sempre violenza? Se, sempre come scrive
il papa, “la violenza è menzogna”, perchè non diciamo che solo nella
nonviolenza facciamo verità? Si ha ancora paura di pronunciare questa parola.
Le armi sono sempre state, anche oggi, lo strumento della pace imperiale,
quella dei crocefissori e non della pace cristiana, quella del Crocefisso.
Perchè, come diceva don Tonino Bello, non denunciamo come la più grande eresia
trinitaria del nostro tempo tutto il sistema armato, che serve a perpetuare
l’ingiustizia mondiale di privilegio per noi e di fame per gli altri,
responsabile delle guerre e della sottrazione di fatto dei diritti fondamentali
dei due terzi dell’umanità?
9.
Anche i simboli sono eloquenti. Benedire la nave da guerra Cavour preparata per uccidere “scientificamente e
professionalmente” nello stesso momento in cui vengono respinti dai porti del
Mediterraneo i disperati della Cap Anamur;
definire eroi della patria i soldati uccisi a Nassyria in contesto di guerra dichiarata in una patria altrui;
dare pubblicità alle cresime sul campo militare di Nassyria, predisporre un calendario “militare” per le Pontificie
Opere Missionarie, additare all’interno di un rigido funerale di stato, come “costruttore
di pace” uno che ha il compito anche di uccidere non sono segni dei tempi all’incontrario? Chi osa immaginare Gesù di Nazareth con un
mitra in mano in versione di pace? O immaginare un suo discepolo, dopo l’ordine
ricevuto di rimettere la spada nel fodero anche per legittima difesa?
Si avalla invece come missione di pace un’occupazione
militare seguita alla guerra preventiva,
che lo stesso papa Giovanni Paolo II ha definito immorale, al di fuori di ogni
diritto nazionale e internazionale. Tacere sull’orrore di Falluja, dove soldati
cristiani occidentali hanno fatto scempio di vite umane e profanato
cultura e religione usando anche armi proibite, non è forse una colpa di
complicità morale e materiale? Credere è dare vita alla Parola nella nostra
vita. Nessun bene ha trovato spazio nel silenzio sul male.
10.
Il cristiano donna e uomo per tutte le stagioni? Non bisognava forse invitare tutti coloro che
protestano di essere credenti a disertare l’esercito e ogni forma di
collaborazione con una struttura di
peccato come la guerra e la guerra preventiva? Perché nel concreto non una
parola affinché tutte le risorse di intelligenza, tecnologia e di mezzi
economici, sprecati per la produzione e il commercio delle armi e per il
mantenimento del sistema di guerra, vengano trasferite ad alimentare e sostenere
i diritti primari dell’umanità a servizio della vita e della pace? Come
possiamo annunciare il perdono e l’amore al nemico se non ci opponiamo alle
scelte dei governi più potenti, molti dei quali ci tengono ad autodefinirsi
cristiani? La
pretesa esportazione della democrazia, della libertà e della pace, in mezzo a
tanta violenza, sono menzogne coperte
anche dal nostro silenzio.
11.
Come Chiesa italiana abbiamo sofferto per le
evidenti e manifeste differenze di posizioni tra il Papa e la Conferenza
episcopale italiana. La grande mobilitazione mondiale per la pace che ha
coinvolto tutte le confessioni cristiane non ha trovato un riscontro adeguato
in un’assunzione di responsabilità da parte dei nostri vescovi.
P. Ernesto
Balducci profeticamente scriveva negli anni ’80: “Penso che un di più di coscienza morale
oggi è un di più di ragioni di disperazione, che l’ottusità morale è una
garanzia di tranquillità, la stupidità morale crea un benessere. Chi ha la
coscienza acuta non riesce più a tollerare un mondo dove i valori sono diventati
soltanto crisalidi verbali a cui niente corrisponde. Si dice pace e si fa
guerra; si dice giustizia e si fa ingiustizia; si dice libertà e si tessono le
reti delle schiavitù di nuovo tipo che per essere nuove spesso sembrano
inesistenti ma sono più profonde; si esaltano i valori della cultura, del
pensiero, della libertà del confronto e noi vediamo come i mezzi di
comunicazione scendono ad un mercimonio volgare dove si comprano e si vendono
gli uomini e le donne per pura ragione di mercato”.
Per noi
credenti tutto ciò è la nostra bestemmia pronunciata sul Crocifisso che ha dato
e insegnato a dare la vita senza riserve. Scegliere il bene per vincere il male
vuol dire scegliere positivamente la pace con la nonviolenza attiva.
b)
Opzione preferenziale per i
poveri
Gesù ne ha fatto questione di Vangelo, il cuore del Vangelo. La scelta prioritaria dei poveri non ha solo valenza morale ma è prima di tutto scelta di fede: il modo con cui Dio si incarna e si rivela in Gesù, la prima “felicità” del Vangelo (Mt 5,3) e il discrimine per accedere al regno di Dio o per restarne esclusi (Mt 25, 31-46). I “crocefissi” sono un “luogo teologico” decisivo. Per noi quindi i poveri, i deboli, i piccoli, i superflui dovrebbero essere il punto di vista da cui guardare il mondo e giudicare la storia. Oggi ci pare che questa attenzione passi nel nostro Paese prima di tutto per due questioni: l’accoglienza agli immigrati e il futuro dello stato sociale.
12.
Gli immigrati sono la denuncia fatta
carne dell’ingiustizia mondiale che arriva in casa nostra, ma anche la verifica
della nostra conversione concreta al Vangelo. Siamo cattolici, cioè universali,
se siamo capaci di celebrare “la convivialità delle differenze”. Oggi la
legislazione vigente in Italia li considera esclusivamente forza lavoro e non soggetti di diritto. Molti di loro sono
costretti a rimanere clandestini per legge, con grave danno alle regole della
convivenza sociale (lavoro nero, totale precarietà di vita, ecc.). Alcuni di
loro vengono reclusi in strutture dove vige la sonspensione del diritto. Molti
vengono respinti come merce indesiderata senza alcun riconoscimento della
persona e senza verifica della loro situazione, spesso esposti a morte certa.
La situazione è veramente grave. La CEI ha sentito la necessità di sussurrare
timide critiche alla Legge Bossi-Fini. Dovremmo invece, non solo denunciarne
l’iniquità intrinseca, ma anche fare obiezione di coscienza, accogliendo gli
immigrati come fratelli, in modo che possano godere del riconoscimento di tutti
i loro diritti e non abbiano a soffrire per la paura e il pregiudizio di cui
molto spesso sono fatti oggetto da un’informazione distorta e manipolata.
13. La demolizione dello stato sociale. Veniamo da una stagione in cui lo Stato era
il perno della responsabilità istituzionale per l’attuazione e la tutela dei
diritti dei cittadini, in particolare dei più deboli. Oggi la combinazione tra
il cosiddetto federalismo, tagli alla spesa pubblica e processi di
privatizzazione sta producendo lo smantellamento dello stato sociale. Si va
verso la deresponsabilizzazione istituzionale; “più mercato meno stato” si
dice. La soddisfazione dei bisogni essenziali e la realizzazione dei diritti di
cittadinanza vengono lasciati al mercato. La stessa sussidiarietà non è più in
funzione e in vista dell’affermazione del diritto, ma per ritagliarsi una fetta di mercato; sussidiarietà ridotta ad
assistenza. Tutto diventa impresa; anche il volontariato viene espresso da
progetti che dipendono dalla disponibilità finanziaria. La solidarietà si
trasforma in capacità di impresa sociale. La Chiesa si può inserire come grande
agenzia capace di assistenza. Siamo preoccupati per l’abbattimento dei diritti
nella sanità, nella scuola, nel lavoro. A fare le spese di questo modello neoliberista
che tutto subordina alla competitività e al profitto sono per primi i poveri e
i soggetti più deboli, come dimostrano, per esempio, l’esclusione di portatori
handicap e figli di immigrati dalla valutazione di merito nell’impresa scuola o
la drastica diminuzione degli stanziamenti per l’assistenza sanitaria nelle carceri.
14.
E’ nato un nuovo
collateralismo. Negli ultimi anni la CEI non ha mai aiutato a discernere sui
principali interventi in materia economica, sociale e del lavoro dell’attuale
Governo: dal tentativo di abolire l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori per
consentire i licenziamenti senza giusta causa ai provvedimenti di
privatizzazione del sistema sanitario per favorire le cliniche private; dal
varo di una finta riforma scolastica che persegue l’aziendalizzazione e la
privatizzazione della scuola, all’approvazione della Legge 30 (Legge Biagi) che
già sta dando frutti amari per la frammentazione e precarizzazione del lavoro;
dagli interventi che riducono le pensioni, alla riforma fiscale che abbatte la
progressività del sistema tributario per ottemperare al principio di
solidarietà, previsto dalla Carta costituzionale.
15.
A quale prezzo? È difficile sottrarsi al
dubbio che tale appoggio abbia come contropartita il varo di normative e l’erogazione
di finanziamenti da parte del Governo su materie che stanno a cuore alla CEI
(stanziamenti a favore della scuola confessionale, erogazione di fondi agli
oratori, posizione di privilegio garantita agli insegnanti di religione
cattolica, procreazione assistita, ecc.). Il raggiungimento di singoli scopi
non può confondersi con il perseguimento dello scopo generale che è il cuore
della dottrina sociale della Chiesa, ribadito anche nel nuovo Compendio della
dottrina sociale della Chiesa: il
bene comune.
c)
Legalità e illegalità: una
discriminante
16. Da tempo in Italia stiamo assistendo a uno scontro istituzionale che mina nei fatti gli equilibri tra i poteri dello Stato, stravolge il
patto costituzionale e porta a concepire la politica come strumento degli interessi
della maggioranza di governo, usata come mezzo di difesa degli interessi
personali o di gruppi particolari e non del bene comune dei cittadini.
E questo attraverso:
-
la delegittimazione
della divisione dei poteri su cui si regge l’equilibrio dello Stato, in
particolare l’attacco sistematico all’indipendenza della magistratura;
-
la modifica della
Costituzione che vede svuotate la funzione del Parlamento e l’autonomia della
magistratura;
-
l’emanazione di leggi a
difesa di privilegi e interessi di parte, a volte addirittura ad personam;
-
il decadimento generale
della legalità (ricorso sistematico ai condoni, all’evasione fiscale, agli
abusi edilizi, al lavoro nero, ecc.) e della correttezza della dialettica
politica che allontanano dalla partecipazione democratica i cittadini, in
particolare i più giovani;
-
il monopolio
dell’informazione che porta a una distorsione totale riguardo alla proprietà
dei mezzi di informazione, ai contenuti e alla qualità dell’informazione così
importanti per la democrazia stessa.
17.
“Educare alla legalità”.
Quel documento della CEI aveva suscitato grande speranza per la prospettiva profetica e
doveva impegnare la riflessione e l’azione dell’intera Chiesa italiana per il
decennio 1990-2000. Oggi ci chiediamo che ne è di quella Nota pastorale.
18.
“Il rapido sviluppo”, la Lettera
apostolica indirizzata ai responsabili delle comunicazioni sociali e pubblicata
gennaio scorso, afferma: “Proprio perché influiscono sulla coscienza dei
singoli, ne formano la mentalità e ne determinano la visione delle cose, ...
gli strumenti della comunicazione sociale … sono un bene destinato all’intera
umanità, vanno trovate forme sempre aggiornate per rendere possibile un’ampia
partecipazione alla loro gestione, anche attraverso opportuni provvedimenti
legislativi. Occorre fare crescere la cultura della corresponsabilità” (nn.
10-11). In altre parole è una sconfessione del monopolio e della concentrazione
dei media nelle mani di singoli individui perchè costituiscono un vero
attentato alla democrazia e allo stato di diritto. Sappiamo bene come, anche su
questo campo, in Italia vige il regno dell’illegalità legalizzata. La stessa
vita democratica è ad alto rischio.
19.
Di fronte a questa
situazione grave, diffusa e sempre più degenerante, dalla Conferenza episcopale è stato
mantenuto un totale silenzio, auspicando genericamente il dialogo tra
maggioranza e opposizione. Nei fatti le posizioni sono apparse di
fiancheggiamento a un esecutivo che persegue i propri fini anche con la
illegalità istituzionalizzata.
Lo stesso Avvenire sembra a molti più un giornale
filogovernativo che il quotidiano dei cattolici
.
d) Il nuovo processo: dalla fede alla religione
civile
20.
Dopo l’11 settembre 2001, e in seguito alla strage
dei militari italiani a Nassiryia alla fine del 2003, eminenti esponenti
ecclesiastici e rinomati intellettuali neoconservatori hanno rilanciato
l’identificazione tra Cristianesimo e
Occidente. La proposta del
cristianesimo come “religione civile”, “fattore di coesione nazionale” e fonte
di “identità geopolitica” riduce lo scandalo della croce (1 Cor 1,23) a
semplice simbolo della civiltà del potere imperante.
Gesù viene chiamato a fare da sponsor a politici che niente hanno a che vedere con le comunità cristiane e che si fanno paladini di scelte contro il dialogo e contro il rispetto dei diritti di persone di altre religioni e culture. Il Crocefisso, il presepio, le radici cristiane divengono di volta in volta semplici strumenti di uno scontro esclusivamente politico.
21.
Forte è il rischio che nell’Occidente
secolarizzato e alla ricerca di un’“anima” tra rigurgiti fondamentalisti e
vaghi spiritualismi new age, il
cristianesimo diventi instrumentum regni,
offrendosi come rito consolatorio a difesa degli egoismi delle nazioni forti e
trasformando i propri simboli (il crocifisso, la liturgia, i capolavori
dell’arte, ecc.) in meri distintivi culturali se non addirittura in simulacri
riempiti di valori pagani. La croce non è stato un incidente o un fatto
isolato, ma la conclusione politica delle scelte operate da Gesù nei confronti
della classe sacerdotale, dei teologi (gli scribi), dei paladini della legge (i
farisei), dei sacrifici, del tempio e del sabato. Gesù ha proclamato il regno
di Dio dentro al controllo ferreo dell’impero romano, ha svelato l’insignificanza
del potere chiamando volpe Erode. É stato mandato in croce perchè
bestemmiatore di Dio, perchè ridicolo re dei giudei, rivoluzionario da
strapazzo e perchè malfattore e impostore della società.
Di fronte a un “cristianesimo senza Vangelo” per “cattolici da statistica” e “atei devoti” è necessario recuperare il cristianesimo come esperienza di fede liberante in un Dio che rovescia i potenti dai troni e innalza i miseri (Sir 10,14; Lc 1,52) condividendo in prima persona la sorte degli oppressi per inaugurare un mondo in cui “la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo” (Sal 118/117,22; Mc 12,10; Lc 20,17; 1Pt 2,4.7). Insieme siamo impegnati a riproporre e realizzare valori come perdono, sobrietà, accoglienza, giustizia, umiltà, nonviolenza, speranza. In altre parole, occorre un ritorno alla sorgente delle Beatitudini (Mt 5,1-7,27; Lc 6,20-38).
CONCLUSIONE APERTA: Tempo di confronto
Siamo
coscienti
di trovarci oggi in presenza di novità sconvolgenti e complesse che mettono a
rischio il futuro stesso dell’umanità e del pianeta. Tutta la vita, dal micro al macro, è rimessa in questione. Sentiamo la fatica, l’incertezza e
la precarietà delle scelte, ma anche le grandi attese e speranze condivise per
una storia diversa.
22.
Di fronte alla arroganza di chi con la potenza
economica vuole mantenere il proprio posto di privilegio nella storia, a volte
in nome della sua appartenenza cristiana, sentiamo urgente esperire nuove
modalità di incontro e di dialogo e camminare con chi, “a qualunque popolo appartenga,
pratichi la giustizia” (At 10,35), per la realizzazione dei diritti delle
persone e dei popoli, della solidarietà e della pace.
23.
Come Chiesa vogliamo metterci in rete a
livello planetario con tutte le confessioni religiose per trovare anche strade
e forme istituzionali nuove che rispondano alle urgenze della famiglia umana.
Saremo in grado di farlo se con umiltà e fiducia apriremo al dialogo fraterno
all’interno della nostra Chiesa, senza paura della democrazia, senza paura
dello straniero e se usciremo dalla gestione strettamente religiosa della
pastorale per aprirci ai problemi della grande famiglia umana.
24.
Pertanto, alla luce delle
situazioni descritte, a quanti condividono contenuti e forma del presente
documento, indichiamo le seguenti proposte:
1.
Firmare
questo documento e farlo firmare dai propri conoscenti.
2.
Divulgarlo
tramite “rete”.
3.
Presentarlo
e commentarlo con il proprio vescovo
4.
Corredato
di firme, rispedirlo alla presidenza della CEI, indirizzandolo al Consiglio di
Presidenza.
5.
Prendere
contatti con altre confessioni religiose diverse dalla cattolica per una
strategia comune di un dialogo senza
riserve, guardando alla situazione mondiale, all’uso strumentale sempre
più impudico della religione e al silenzio sceso sulla guerra in Iraq e sulle
altre 40 guerre sparse nel mondo.
6.
Ora
che il Parlamento italiano ha approvato in prima lettura la devastazione della
Carta costituzionale vogliamo assumere l’impegno della sua abrogazione
attraverso il referendum costituzionale, come primo momento di un impegno di
società civile più ampio per la ricostruzione della Costituzione materiale e
formale.
Nel nome e nella sequela del Figlio di Dio e del
Figlio dell’Uomo per i credenti e nel
nome della comune umanità e della coscienza libera per tutti.
Pasqua
2005
Le
adesioni vengono raccolte da “Beati i Costruttori di pace” inviando una e-mail a
beati@libero.it con i dati personali e
oggetto “Comunità cristiane e vescovi italiani” ADESIONE