“Noi Siamo Chiesa”
Riflessioni critiche e propositive su “L’amore di Dio è in mezzo a noi” percorso
pastorale sulla famiglia per il triennio 2006-2009 proposto dall’Arcivescovo
Card. Tettamanzi alla diocesi ambrosiana
Bisogna cercare strade nuove e non avere paura di
riformare la Chiesa.. Bisogna partire dal Concilio ed
andare oltre per testimoniare l’Evangelo all’inizio del nuovo millennio in una
società secolarizzata
Premessa
Il nostro
Arcivescovo, dopo un anno dal suo ingresso in diocesi, propose il percorso pastorale triennale 2003/2006 “Mi sarete
testimoni”. Su di esso “Noi Siamo Chiesa”, nell’ottobre del 2003,
scrisse delle riflessioni critiche come contributo “dal basso” ad affrontare i
problemi pastorali della Diocesi. In questo testo dicevamo che l’analisi
dell’Arcivescovo sul “mondo” e sulla secolarizzazione
era troppo pessimista. L’Arcivescovo proponeva poi “un cambiamento rapido e globale nella pastorale” definendo irresponsabile la conservazione
della situazione. Però la sua successiva proposta conteneva -a nostro
giudizio-solo un rilancio della centralità delle tradizionali forme di presenza
della Chiesa, velleitario se rapportato alla situazione come era
analizzata.
La nostra
controproposta fu che si avviasse un ampio percorso di ricerca, di non breve
periodo, sul problema dell’evangelizzazione in una società secolarizzata
affrontando anche alcune questioni di fondo : la
centralità sempre e comunque della Parola, la partecipazione del popolo di Dio
nella Chiesa ed, in particolare, il ruolo della donna, i ministeri, i soggetti
ora lasciati ai margini ( divorziati risposati, preti sposati, omosessuali….) e
altre ancora. Facevamo anche presente che in quel programma molto ambizioso e di
dimensioni ben più che triennali mancavano indicazioni su alcuni pilastri dell’”essere Chiesa” : il modo per
affermare la centralità della Parola, il dialogo ecumenico ed interreligioso
e l’impegno per la pace fondata sulla
giustizia e per la legalità.
Le nostre
riflessioni di allora ci pare che mantengano la loro validità e che possano
essere tenute presenti per il futuro. In
questo periodo, per quanto ci riguarda, insieme ad
altri, dal “basso” abbiamo cercato di dare un nostro contributo organizzando
momenti di approfondimento e di riflessione su alcune questioni centrali, sulla
predicazione, sul sacramento della penitenza, sull’Eucaristia, sull’ascolto
nella Chiesa (in previsione del Convegno di Verona); precedentemente avevamo
affrontato le tematiche del rapporto tra la fede e le persone omosessuali, della
condizione dei divorziati risposati, della nomina dei vescovi (in occasione
delle dimissioni del Card. Martini).
I nostri
incontri sono stati partecipati e, nel loro piccolo, hanno contribuito a creare
opinione nella nostra Chiesa. Sono stati però ignorati dalle strutture della
diocesi e dai media
diocesani e nazionali di ispirazione cattolica. E’ pure stato ignorato
il nostro ricordato contributo al programma pastorale 2003/2006. Si parla di ascolto ma non si ascolta o si ascoltano solo quelli che
ripetono cose dette e stradette e naturalmente “ortodosse” (come se lo Spirito
non circolasse liberamente in ogni angolo, anche il più nascosto, del popolo di Dio).
Il
Percorso pastorale diocesano 2006/2009 “L’amore di Dio è in mezzo a noi”
Il nostro
Arcivescovo in settembre ha proposto alla diocesi il nuovo programma pastorale
“L’amore di Dio in mezzo a noi” sulla missione della famiglia a servizio del
Vangelo. Lo abbiamo studiato ed abbiamo cercato di capirlo tenendo conto della
situazione culturale e sociale in cui ci troviamo.
La nostra
prima riflessione è relativa al fatto che manca un bilancio, o almeno una qualche riflessione,
sull’esito del percorso triennale precedente. Il suo forte proposito di una
nuova missionarietà in questi tre anni è stato condiviso? o
si è almeno tentato di praticarlo? o è stato ignorato?
E’ molto difficile per noi fare valutazioni sulla situazione di una diocesi
così vasta e complessa come la nostra. Ma bisognerà
pure fare il punto, anche parziale o provvisorio, su quello che si è riusciti a
fare o ad impostare. Oppure tutto è continuato come
prima, nonostante le buone intenzioni, in una piatta ordinaria amministrazione?
La seconda riflessione è relativa a quello che dovrebbe essere un piano pastorale. Esso, ci pare che, per il suo periodo limitato e per non disperdere le energie disponibili, dovrebbe concentrarsi su un aspetto di particolare emergenza nella vita di fede e nella società in un determinato momento storico aggiungendosi esso alla “normalità” della vita ecclesiale (catechesi, sacramenti….). Questo approccio metodologico non è stato seguito nel piano pastorale precedente che aveva obiettivi omnicomprensivi. E’ invece stato scelto, positivamente, in questo secondo percorso pastorale dell’episcopato di Tettamanzi, che si è posto l’obiettivo specifico di impegnare la diocesi sulla pastorale della famiglia.
La priorità pastorale
alla famiglia è opinabile
E’ un tema
importante ma ci permettiamo di sollevare qualche dubbio su questa scelta di
priorità. Nelle nostre parrocchie la famiglia è già abbastanza al centro degli
interventi pastorali; altrettanto lo è nei media cattolici.
Ne sono testimonianza le stesse strutture ricordate
dall’Arcivescovo nel capitolo terzo del Percorso. Se avessimo avuto l’occasione di suggerire una priorità avremmo detto che
essa spettava alla sempre maggiore
presenza dei c.d. extracomunitari nella nostra regione, nelle nostre città, nei
nostri paesi. Ben sappiamo quante strutture del nostro mondo cattolico
intervengono concretamente in questo
settore in tanti modi ma altrettanto bene sappiamo
quanto, nell’opinione cattolica media, permangano posizioni discriminatorie
verso questi nostri fratelli e verso queste nostre sorelle. Per
essere espliciti, il rifiuto della incivile legge Bossi-Fini non è
condiviso da tutti e nella nostra diocesi è nato e trova ancora consensi il leghismo razzista
che pretende anche di definirsi cristiano e di dare ammonimenti ai nostri
vescovi ed ai nostri parroci (i quali pro
bono pacis quasi mai reagiscono). Concentrare l’impegno della nostra
diocesi in questa direzione avrebbe offerto la singolare possibilità di
proporre ben tre occasioni di testimonianza evangelica :
1) anzitutto
quella, con il concorso di tutti e non solo degli addetti ai lavori, di aiutare maggiormente gli ultimi degli
ultimi di cui parla il Vangelo per quanto riguarda l’alloggio, il lavoro, le
separazioni famigliari ed ogni tipo di sofferenza anche di tipo psicologico;
2) quella di contribuire
al dialogo ecumenico nel rapporto con i cristiani di altre
confessioni (pensiamo agli ortodossi) e nel dialogo interreligioso con i
mussulmani. Nel rapporto con questi ultimi si poteva contraddire, per esempio,
la logica della reciprocità secondo cui
non si devono costruire qui moschee se non si possono
costruire chiese nei paesi a prevalenza islamica, dove proprio il rifiuto di
questa logica potrebbe favorire aperture al pluralismo ed alla libertà
religiosa.
3) quella di riflettere sulla povertà che contribuisce grandemente a questi flussi migratori in condizioni così difficili e, in tal modo, creare una maggiore presa di coscienza, anche direttamente politica, della necessità di una mobilitazione diffusa e radicale sui problemi della pace fondata sulla giustizia nel rapporto tra il Nord ed il Sud del mondo. Questa consapevolezza è ora limitata ad un’area “irrequieta” ed isolata del nostro mondo cattolico e non si estende ai tanti che pensano di affrontare il problema solo con interventi di tipo caritativo o se ne disinteressano.
Alcune osservazioni
sulla proposta dell’Arcivescovo
Dopo aver avanzato le nostre obiezioni sulla scelta di
questo tema, la lettura della proposta dell’Arcivescovo ci permette di fare alcune considerazioni:
1) la riflessione
è, al solita nel nostro Arcivescovo, densa di passione
e di riferimenti evangelici e non solo
di richiami al Magistero. Essa percorre
i binari tradizionali dell’insegnamento della Chiesa e dovrebbe essere
facilmente accolta e meditata per una intensificazione,
anche qualitativa, di quanto le nostre parrocchie già fanno. Essa ha il pregio
di evitare qualsiasi campagna polemica sulle tematiche
relative al sesso, alla famiglia, alla procreazione assistita anche con riferimento
alle leggi in vigore (legge 194, legge 40….) ed a quelle ipotizzate (legge sui
PACS) . In questo senso a noi pare che l’approccio
dell’Arcivescovo non coincida con quello della Presidenza della CEI e non può
che essere considerato positivamente dai tanti che auspicano un passo indietro
dei vescovi sulla scena pubblica e mediatica
su queste questioni (ed anche su altre). Esso è
anche comprensivo nei confronti
delle situazioni di sofferenza o di rottura della regolarità “canonica” nei
rapporti di coppia, non demonizza nessuno, non pretende identità cristiane,
giudica il “mondo” il meno possibile. Complessivamente questo Percorso
triennale rappresenta un elemento di
discontinuità rispetto al primo programma pastorale che aveva accenti di
pessimismo nei confronti della società secolarizzata e del “relativismo, dell’indifferentismo
e del nichilismo agnostico” che la caratterizzerebbero. Questo Percorso
pastorale ci sembra vicino alle posizioni distensive e con molte parole di
speranza contenute nella relazione introduttiva al recente Convegno ecclesiale
di Verona;
2) è fin troppo facile e bello per noi dirlo : l’invito
dell’Arcivescovo a portare la Bibbia in ogni famiglia è cosa altamente
positiva. Semmai ci si può chiedere come sia ancora
possibile che ci siano famiglie che appartengono alla nostra Chiesa ma che
facciano più riferimento alla devozione ai Santi e alla Madonna e a sacramenti
abitudinari piuttosto che alla Parola di Dio;
3) ci sembra
importante tutto il percorso proposto nel capitolo primo
sull’ascolto, prima delle persone, poi della Parola di Dio (o
intrecciando i due ascolti). Ci spiace che l’Arcivescovo, nel suo elenco dei
soggetti da ascoltare (anche se non frequentanti la comunità cristiana) non
abbia avuto più coraggio. Perché non elencare anche i
divorziati risposati, gli omosessuali, le coppie che usano metodi
anticoncezionali, le donne con gravidanze quasi impossibili da portare avanti,
le donne desiderose di maternità, le donne che subiscono violenza o fisica o
psicologica? E sono anche altri i soggetti che
bisognerebbe ascoltare, per esempio le prostitute.
4) manca nella proposta una riflessione specifica sulla condizione della donna soprattutto nella famiglia. Questo ci sembra il limite principale di questo Percorso triennale. Con tutta evidenza esiste ancora una carente riflessione su questa realtà da parte del mondo maschile degli ecclesiastici che si occupano della pastorale. Meraviglia che le riflessioni della migliore teologia femminista, la nuova conoscenza e la nuova consapevolezza dei problemi sociali e psicologici del mondo femminile e di molte donne nelle singole famiglie e nei singoli rapporti di coppia ed anche la presenza maggioritaria della donne nelle nostre comunità non siano state adeguatamente tenute in conto nelle analisi e nelle indicazioni.
5) il testo
proposto dall’Arcivescovo, con riferimento alla famiglia, elenca i problemi
sociali del lavoro, della casa, dei ritmi di vita, delle famiglie degli stranieri
ma con una accentuazione del tutto insufficiente rispetto
alla situazione. La necessità di una nuova politica famigliare da parte delle
istituzioni viene solo accennata. Essa viene invece sostenuta con forza dall’Azione Cattolica
ambrosiana in un suo documento del 23 febbraio scorso “Occupiamoci della famiglia”
che denuncia la “sostanziale latitanza
della politica” e afferma che “sostenere la famiglia non è altro rispetto
all’impegno per difendere la vita”. Ci vogliono provvedimenti che incidano veramente a livello fiscale, economico e sociale,
oltre che di carattere formativo, educativo e culturale, in un paese che è in
questo campo “largamente più arretrato rispetto all’Europa del Nord ed alla
“laica” Francia”. Le indicazioni concrete dell’Azione cattolica sul vissuto
delle famiglie (sovraccarico di domande e di aspettative
nei suoi confronti, problemi del welfare, difficile rapporto tra lavoro
produttivo e famiglia, difficoltà per “progettare” dei figli e altro)
dovrebbero aggiungersi al Percorso pastorale indicato dall’Arcivescovo perché “difendere
la famiglia a parole e proclamando i grandi valori che la fondano è importante,
ma non basta, bisogna dare alla famiglia la possibilità di vivere e di
testimoniare che è bello e conveniente stabilire legami duraturi capaci di
creare le condizioni perché si generino nuove vite e si renda meno complicata
la vita quotidiana” Usando di queste
riflessioni dell’Azione Cattolica la diocesi sarebbe aiutata a muoversi con una maggiore
consapevolezza politica e sociale del compito che spetta a tutti i credenti,
individualmente e comunitariamente, perché si crei un contesto sociale ed
economico in cui la famiglia sia aiutata a realizzarsi ed a svolgere veramente
la sua funzione nella società.
Milano, novembre 2006
“NOI
SIAMO CHIESA”- Milano
(aderente all’international Movement We Are Church-IMWAC)
“Noi Siamo Chiesa” fa parte
del movimento internazionale We Are Church-IMWAC, fondato a Roma nel 1996. Esso
è impegnato nel rinnovamento della
Chiesa Cattolica sulla base e nello
spirito del Concilio Ecumenico Vaticano
II (1962-1965). IMWAC è presente in venti nazioni ed opera in collegamento con i
movimenti per la riforma della Chiesa cattolica di orientamento
simile. Internet www.we-are-church.org/it,
Email vi.bel@iol.it, Tel.022664753