Benedetto XVI sappia indicare la radicale diversità del Dio del Vangelo da quello di Bush

 

            Sulla questione delle reazioni islamiche al discorso del Papa nel nostro paese  sono state dette cose abbastanza chiare e si è creato un certo consenso di tipo critico, almeno nell’area progressista ma anche in quella moderata . Certamente rimangono differenze ben evidenti; si va da quelli che, come Vittorio Messori sul “Corriere” di lunedì, parlano  di errori e di gaffes a quanti sono invece convinti che la provocazione era voluta ma che non è stata ben calibrata nei suoi effetti mediatici . Ma anche in questo caso non è mancato, nel clima di riflessione a cui  gli avvenimenti inediti di questi giorni hanno costretto tutti, l’intervento a gamba tesa del Card. Ruini che forse ha spiazzato anche il Papa reduce dall’obbligato  “rammarico” manifestato all’Angelus di domenica. Ruini ha tenuto la sua consueta, enciclopedica e saccente prolusione alla riunione della Presidenza della Conferenza episcopale di lunedì. Sul discorso del Papa è stato “devoto”, ha parlato di “splendida lezione a Regensburg”, collocandola al vertice di tutto il suo insegnamento di Papa e deplorando “quelle interpretazioni che non mancano anche nel nostro paese le quali attribuiscono al Santo Padre responsabilità che assolutamente non ha o errori che non ha commesso” .

            Ma aldilà della cucina curiale italiana (provinciale rispetto allo stesso Vaticano) mi interessa capire quale può essere un primo tentativo di analisi e di punto di vista dei cattolici progressisti davanti ai fatti enormi di questi giorni ben diversi dalle consuete dialettiche con i vescovi sulla laicità, sui PACS, sulla scuola ecc…. Sulla lectio magistralis di Regensburg ci sono posizioni critiche ed irritate non solo sul punto relativo all’islam ma anche sull’intero approccio di Benedetto XVI al rapporto tra fede e  razionalità del pensiero greco, sulla rottura di questo rapporto innescato dalla Riforma, sul rapporto tra fede ed altre culture da vedere con sospetto e subordinato comunque alla precedente ellenizzazione del cristianesimo. Ma su ciò ci sarà da discutere a fondo e a lungo.

            Ciò premesso, nel mondo cattolico progressista, bisogna  porsi i problemi di fondo. La questione di cui discutere è anzitutto relativa alle preoccupazioni per questa deriva fortemente populista che è cavalcata, a quanto pare, anche dagli Stati e dall’opinione pubblica moderata del mondo islamico. I rischi sono alti, cadono in testa ai cristiani presenti come minoranza nel medio oriente, toccano l’emigrazione mussulmana in Europa ma soprattutto la situazione rischia di avvitarsi su sé stessa coinvolgendo tutto e  tutti (anche l’opinione progressista e laica in Europa)  e soprattutto con tempi indefiniti e, cosa angosciante, con dimensioni quasi planetarie. E’ necessario allora un surplus di analisi e di conoscenze sulla complessità del mondo mussulmano, sulle sue contraddizioni, è necessario non lasciarsi mai prendere la mano, anche a sinistra, dalle generalizzazioni facili, dagli slogan che semplificano e banalizzano e da quanti  pensano ( ma spesso non dicono apertamente) che l’islam non può che essere intolleranza, maschilismo, religiosità un po’ primitiva ecc… Al tentativo di uscire dalla non conoscenza di un mondo, grande e diversificato al proprio interno quanto  quello cristiano, deve essere abbinata sempre la proposta di dialogo con tutte le aree dell’islam, anche con quelle che lo vedono con diffidenza. Anche nelle iniziative più semplici come quella dell’invio di  messaggi per l’inizio del Ramadan (quest’anno sarà domenica prossima)  o nella partecipazione alla annuale giornata del dialogo cristianoislamico (quest’anno sarà la quinta,  per la fine del ramadan, il prossimo 20 ottobre).

            Ma cosa possono fare i cattolici progressisti  in più rispetto a tanti altri che si pongono gli stessi interrogativi e che pensano a una percorso simile a quello a cui ho accennato ? Noi cattolici progressisti  cosa possiamo fare se non porre ai responsabili massimi della nostra Chiesa (il Papa, il Vaticano) il problema di  una svolta radicale nei confronti dell’islam ed in generale dell’atteggiamento nei confronti del Sud del mondo ? Qui sta il nodo . Nel giro di un breve anno l’assoluta centralità, in continuo aumento, sullo scenario mondiale della figura del Papa ha consentito che, con la linea di Benedetto XVI, arrivassero   messaggi nuovi e diversi da quelli di prima tali da fare apparire a livello di massa, in questo mondo mediatico, tutto  il cattolicesimo collocato su una posizione dovunque identica a quella del Papa e proprio in una fase in cui la situazione si è aggravata. L’eurocentrismo di Benedetto XVI è andato di pari passo con una disattenzione quasi completa per i problemi del Sud del mondo, al silenzio sulle responsabilità della guerra in Iraq e a parole generiche e solo diplomatiche sulla situazione palestinese e sull’intervento in Libano. In una situazione di sofferenze così profonde in Medio Oriente, vissute intimamente da vaste masse grazie ai media, scatta il meccanismo comprensibile dell’identificazione, alla prima occasione, della Chiesa con l’Occidente che esporta e sostiene la guerra e la violenza anche in nome del suo Dio. Per gli addetti ai lavori c’è stata nel frattempo anche la pratica e non casuale  soppressione della struttura che, in Vaticano, teneva i rapporti con le altre religioni (il Pontifico Consiglio per il dialogo interreligioso) ed altre scelte d’apparato nella stessa direzione ( l’allontanamento da Roma di Mons. M. Fitzgerald, che era a capo  di questo organismo)

            I  “rammarichi”, le rettifiche, la convocazione dei diplomatici dei paesi arabi sono cose  necessarie ma probabilmente serviranno a poco. La posta in gioco è troppo alta e noi, cattolici progressisti, non possiamo abbandonare  il campo a causa delle  frustrazioni per i tanti anni in cui abbiamo remato  controcorrente nella nostra Chiesa con risultati meno che mediocri. Ma qui sta il problema : come possiamo noi, eredi di tutta la riflessione e la disobbedienza postconciliare,  proporre ancora una volta e tenacemente, dal basso ed in nome dei supremi valori evangelici della pace fondata sulla giustizia,  una svolta nella linea del Vaticano nell’interesse, in questo caso, proprio  di tutti, credenti e non credenti, teocon ed atei, clericali e agnostici, destra e sinistra….?

 

                                                                                              Vittorio Bellavite portavoce nazionale di “Noi Siamo Chiesa

 

(da “Liberazione” del 21 settembre 2006)