A
tutti i vescovi italiani
Cari fratelli vescovi,
“…c’è un tempo per
tacere e c’è un tempo per parlare…” e
c’è un tempo per parlare non con il linguaggio della diplomazia o dei silenzi
ma con quello della parresia evangelica.
Alla vigilia della vostra assemblea generale esprimiamo
ad alta voce un’opinione ormai diffusa nella comunità ecclesiale in relazione
alla situazione italiana ed alle posizioni che sono o che appaiono essere
quelle della grande maggioranza di voi (anche se non manca qualche voce
coraggiosa di segno ben diverso). Sembrate a molti, nella nostra Chiesa e fuori
di essa, esitanti o incapaci di parlare, a partire solo dall’Evangelo,
dell’emergenza in cui si trova ormai da
tempo nel nostro paese la gestione degli interessi collettivi, delle principali
istituzioni e della politica internazionale.
Assistiamo a un
progressivo degrado della vita democratica e delle istituzioni (uso dei media,
interventi sulla Costituzione e contro l’indipendenza della magistratura,
condoni, conflitti d’interesse…) e ad una gestione dei problemi che solleva
reazioni legittime quasi da ogni parte
(lavoro e pensioni, economia, scuola ed università, ricerca scientifica,
amministrazioni locali, immigrazione, tossicodipendenze...). Questa situazione coinvolge
sempre di più le coscienze di molti credenti e le interpella anche alla luce di
quelle indicazioni di etica sociale che sono insegnate nella maggioranza nei
seminari e nelle facoltà teologiche e che sono contenute in tanti
documenti pontifici e del vostro stesso magistero.
In Iraq poi abbiamo militari italiani che partecipano ad
una guerra preventiva contraria ad ogni norma del diritto internazionale e
della nostra Costituzione, gestita fuori e contro le Nazioni Unite,
fallimentare nel contrastare il terrorismo (che anzi vi trova alimento) ed ora
definitivamente condannata, agli occhi di ogni persona in buona fede, dalla
pratica della tortura. La presenza dei
nostri soldati contribuisce, di fatto, allo scontro di civiltà che, in linea di
principio, nessuno dice di volere mentre, d’altra parte, l’intervento dell’ONU,
allo stato attuale, appare irrealizzabile.
Di fronte ad una tale situazione, nazionale ed
internazionale, ci meraviglia il silenzio di troppi di voi, ci turba la
posizione della Presidenza della
Conferenza Episcopale che appare orientata da tempo a
mercanteggiare benefici per le attività
e le strutture ecclesiastiche al prezzo
di una benevola accondiscendenza nei confronti di tutto quanto succede.
Particolarmente inaccettabile è la linea di “Avvenire” quotidiano che dovrebbe
essere di tutti i cattolici italiani.
In Italia, ora, sono in gioco valori di fondo e non differenti posizioni
politiche, più che legittime tra credenti. Non vi chiediamo ingerenze dirette
in scelte politiche, estranee alla vostra competenza, ma una riflessione sulla
responsabilità di tutti in presenza di involuzioni autoritarie delle
istituzioni repubblicane e di una
guerra immorale in cui il nostro paese è stato coinvolto nonostante la
contrarietà della maggioranza dell’opinione pubblica. I vostri silenzi di oggi
possono essere la causa di amari atti
di pentimento in futuro.
La
nostra utopia evangelica è che questa vostra assemblea possa ascoltare gli inviti alla metanoia che lo Spirito ed
uomini e donne di buona volontà rivolgono a quanti hanno elevate
responsabilità.
La
nostra utopia evangelica è che sia avviato e facilitato in tutta la nostra
Chiesa (senza intimidazioni dirette o
indirette, senza censure od autocensure) un vero discernimento evangelico,
magari sotto forma di "Sinodo
nazionale" ed anche in vista del
convegno nazionale ecclesiale di Verona, che
consenta alla nostra Chiesa di
raggiungere una maggiore consapevolezza della necessità di una vera conversione
al messaggio e al discepolato di Gesù di Nazareth, per la costruzione di un
Regno di giustizia e di pace. Che la Parola di Dio ci ispiri tutti, nelle
nostre parole e nelle nostre azioni.
Fraternamente nel nome del Signore
(aderente
all’International Movement We Are Church-IMWAC)
Roma,
17 maggio 2004