CHIESA, VANGELO E ETHOS DEMOCRATICO Documento di "NOI SIAMO CHIESA" in relazione al discorso di Giovanni Paolo II ai Vescovi austriaci del 20 Novembre 1998 Dal 23 al 26 ottobre 1998 si è tenuta a Salisburgo (Austria) l’assemblea di 269 delegati in rappresentanza di associazioni e movimenti cattolici , a conclusione di una consultazione ecclesiale nazionale promossa dall’Episcopato. "Dialogo per l’Austria" ha visto impegnata tutta la Chiesa austriaca durante il 1998 e si è materializzata in migliaia di emendamenti al documento di base elaborato inizialmente dalla Conferenza episcopale. L’iniziativa era stata voluta per offrire ai cattolici l’opportunità di confrontarsi su problemi vitali, tenuto conto che la Chiesa austriaca era stata scossa, sia dal caso "Groer" (il cardinale di Vienna rimosso per pedofilia), sia dal plebiscito ottenuto dall’ "Appello del Popolo di Dio", che aveva raccolto 500.000 firme, iniziativa il cui successo ha portato poi a dare origine al "Movimento Internazionale "Noi Siamo Chiesa" (IMWAC). All’assemblea di Salisburgo hanno partecipato laici, sacerdoti e vescovi, rigorosamente disposti in ordine alfabetico. I 3 nuclei fondamentali, Dio-Chiesa-Società, sono stai suddivisi in 12 temi, ognuno dei quali ha elaborato tre mozioni, lette e approvate dall’assemblea con maggioranze del 75%. Tra le richieste approvate a maggioranza dall’assemblea: il sacerdozio delle donne, l’ordinazione dei "viri probati", libertà delle coppie nella regolazione delle nascite, maggiore coinvolgimento delle chiese locali nella nomina dei vescovi (tutti punti proposti dal movimento "Noi Siamo Chiesa"). Un mese dopo la conclusione dell’Assemblea il Papa, nel corso della "Visita ad limina", esplicita nel discorso ai vescovi austriaci del 20 novembre che la Chiesa non può essere democratica perché la "Verità" viene dall’alto e non può essere oggetto di "maggioranze". Su tale asserto è necessario che l’intera comunità cristiana effettui un discernimento evangelico, perché "ciò che riguarda tutti , da tutti deve essere trattato e approvato ".1. A noi pare che l’asserzione papale secondo cui la Chiesa non può essere democratica perché la Verità non può essere oggetto di maggioranze sia denigratoria della democrazia, in quanto le attribuisce una volontà di tipo autoritario, quale é quella di definire la "Verità". In realtà nessuna "democrazia" si propone di definire la "Verità": tanto meno permette che una maggioranza possa stabilire o censurare una "Verità", sia essa filosofica, artistica, scientifica, politica, o religiosa. E’ pur vero che la democrazia esige che le decisioni siano prese a "maggioranza", ma solo per produrre leggi, indirizzi politici o controlli, che hanno come fine il bene comune e la pace sociale, non la "Verità". La democrazia, anche attraverso il meccanismo del voto o del referendum, protegge la ricerca e il rispetto della Verità, o meglio delle Verità, ma non le legittima né le regolamenta. 2. In nessuna democrazia la maggioranza può generare "Verità, ma unicamente regolamenti privi di un valore ultimativo, tendenti a comporre gli interessi in modo ragionevole e giusto. Solo i regimi monarchico-autoritario-assolutistici definiscono la "Verità" e vincolano i sudditi o fedeli a riconoscerla attraverso meccanismi violenti. E’ quindi errato e semplicistico rigettare pregiudizialmente la possibilità di "democratizzare" la Chiesa sulla base di una premessa fuorviante, dato che la "democrazia", proprio come la Chiesa, non ha il potere di definire "la Verità", e dato che nessuna "Verità" è sottoponibile al voto, tanto nella democrazia come nella Chiesa. 3. L’affermazione secondo cui la Verità viene "dall’alto" sembra procedere più da una filosofia platonica che biblica, dato che per quest’ultima la Verità non coincide con idee, con teorie, o con formule: essa è trinitaria e non è scindibile, come dice Gesù, né dalla "Via", né dalla "Vita". Nel giorno del "Giudizio" sarà più evidente che la Verità non scende "dall’alto", ma si trova nel cuore dell’uomo quando ama il fratello nel bisogno e pratica la giustizia. 4. Altrettanto fuorviante è ricorrere alla natura "pneumatica" o spirituale della Chiesa per affermarne l’impossibile democratizzazione, dal momento che quest’ultima si fonderebbe su "carismi" che sono concessi "dall’alto". Anche in questo caso si disconosce il fatto che i "carismi" sono elargiti da Dio al di fuori della Chiesa e che governi e Parlamenti "democratici" ( a somiglianza della Chiesa) non hanno competenza su di essi. 5. Lo spirito, al quale Gesù richiama costantemente i suoi discepoli nella gestione della vita quotidiana, è esplicitamente in sintonia con l’ethos democratico e "in opposizione" con quello gerarchico-autoritario. Gli amici di Gesù hanno il compito di annunciare la Buona Novella, e cioè di: n escludere ogni divinizzazione dell’autorità. Nessuno può autoproclamarsi o essere riverito come "capo", "maestro", padre", "buono " o "santo", perché tali titoli sono riservati solo a Dio. E’ bandita ogni forma di divisione castale, razziale o sessuale, dato che non ci sono né padri, né figli, ma solo fratelli; né capi, né sudditi ma compagni (cum panis); né allievi né maestri, ma condiscepoli; n evitare ogni privilegio, titolo onorifico o primo posto. Nessuno può vantare un’eccellenza di doni o di carismi. L’esercizio dell’autorità è improntato al principio che "chi è più grande deve farsi come il più piccolo e che chi occupa il primo posto deve essere servo" n assumere come impegno primario la realizzazione del "Regno di Dio", prendendo le difese degli "affamati", degli "assetati", dei "carcerati", degli "indifesi", riconoscendo in essi la presenza privilegiata di Dio, il quale esige un culto fondato non su Verità o su sacrifici, ma sulla giustizia. 6. Se si distingue lo "spirito" dalle "procedure", è innegabile che lo "spirito" (o l’ethos) che anima idealmente la democrazia sia in profonda consonanza con il messaggio cristiano, perché riconosce tutti i cittadini uguali in dignità; liberi di esprimere opinioni, critiche e carismi personali; corresponsabili nel promuovere una società giusta e solidale; titolari del diritto di partecipare alle decisioni attraverso l’informazione, il dialogo e l’esclusione della sopraffazione e della discriminazione; nominando e controllando quanti sono capaci di esercitare un’autorità in uno spirito di servizio. In sostanza l’ethos democratico tende a contrastare la possibilità che la comunità umana sia governata da "sovrani" o da "(pre)potenti", consegnando la storia e il diritto nelle mani di tutti, compresi gli "esclusi". 7. E’ storicamente accertato che i documenti fondativi della fede cristiana (Bibbia), le principali formulazioni dogmatiche e le definizioni dei Sacramenti non provengono "dall’alto", ma "dal basso", cioè da complesse e lunghe elaborazioni del popolo di Dio, da discussioni conciliari e sinodali, e dal voto di maggioranze qualificate, mai dall’unanimità assoluta, tanto meno da un soggetto che si autodefinisca infallibile. 8. Nella prima comunità cristiana le decisioni operative e la composizione dei conflitti che sorgono a seguito di inevitabili differenze, non avvengono per via giuridica o per imposizione "dall’alto", ma attraverso consultazioni tra i membri dell’assemblea e tra rappresentanti di diverse comunità, con la partecipazione delle figure "autorevoli", tra cui gli Apostoli, che sanciscono la decisione dell’assemblea. 9. La comunità cristiana primitiva non ha un centro direttivo, fonte di diritto, di norme o di controllo. In essa coesistono una varietà di incarichi e di funzioni, ugualmente degni e indispensabili. Tutte le comunità sono autonome, ma in relazione fraterna e paritetica. La nomina dei responsabili e la successione apostolica (ad esempio di Giuda) non è frutto di una decisione del collegio "apostolico", ma di un esame dei candidati operato dalla comunità con i suoi responsabili. 10. Nei primi secoli l’organizzazione comunitaria si ispira a tre principi che sono comuni all’ethos democratico: ∑ il primo afferma che "ciò che riguarda tutti deve essere deciso da tutti";∑ il secondo riconosce ai membri della comunità il diritto di nominare il suo massimo responsabile, il "vescovo", e di rimuoverlo nel caso in cui egli dia scandalo. Anche papa S. Leone Magno (422-32) conferma: "Chi sta alla guida di tutti, deve essere eletto da tutti"∑ il terzo riguarda il consenso della totalità dei fedeli, per cui essa "non può sbagliare di credere quando... "dai vescovi fino agli ultimi fedeli mostra l’universale suo consenso in cose di fede e morale (L. G. 12).11. L’ostilità assoluta e indiscriminata verso una qualsiasi democratizzazione della Chiesa è figlia di quella concezione pre-conciliare, profondamente anti-democratica e anti-evangelica, per cui la Chiesa si autodefiniva come società perfetta, con due ordini "ontologicamente" diversi di persone, uno sacro (quello sacerdotale, avente il diritto di governare, insegnare e santificare), e uno secolare (quello dei laici, aventi il dovere di essere governati, insegnati e santificati). Il Concilio Vaticano II ha modificato radicalmente questo modello di società dicotomica, e lo ha sostituito con quello di "popolo di Dio, tutto profetico, tutto sacerdotale, tutto regale o sovrano. E per rimarcare la natura circolare o "trinitaria" delle relazioni intra-eclesiali, il Concilio stabilisce: "L’esercizio del Magistero episcopale avviene nello scambio molteplice della fede con i fedeli, i sacerdoti, i teologi". (L.G. 51) 12. In questi ultimi tempi, in particolare dopo il Concilio Vaticano II, si è posta la questione della democrazia nella Chiesa. In realtà essa è strutturalmente democratica, perché il soggetto reale della sua missione e di ogni gesto sacramentale è la comunità ecclesiale. Tanto è vero che ogni ministro, per svolgere la sua missione, deve avere "l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa". 13. La natura democratica della chiesa appare con chiarezza anche nella funzione magisteriale, che spesso è invece considerata come l’espressione di una verità che cala dall’alto. In realtà la verità sale dal basso per l’azione dello Spirito Santo presente in ogni autentica esperienza ecclesiale. Ciò vale anche per il "magistero solenne" perché in occasione di una decisione ‘ex cathedra’ il papa agisce come un’autorità che è condizionata dalla Chiesa universale e dalla sua fede infallibile. 14. La democrazia è un’antichissima prassi degli ordini religiosi, i cui statuti, regolamenti e incarichi vengono invariabilmente stabiliti dopo lunghi e complessi processi di discernimento, senza interventi autoritari, con la piena e responsabile adesione di tutti i membri. Come in ogni democrazia. anche negli ordini religiosi vige il principio dell’ubbidienza all’autorità e ai regolamenti, che però, a differenza dei sistemi assolutistici o autoritari, sono definiti, e cambiati, con il consenso dei con-fratelli o delle con-sorelle. La regola di S. Benedetto (del 529) stabilisce: "Ogni volta che occorre in monastero qualche affare di particolare gravità, l'abate convochi tutta la famiglia, ed esponga lui di che si tratti. Dopo aver ascoltato il consiglio dei fratelli, ci ripensi su da sé, e faccia come avrà stimato più utile. Ma abbiamo detto di chiamare a consiglio tutti, perché spesso ad uno più giovane il Signore ispira un parere migliore" 15. Il problema della democrazia nella Chiesa si pone, non solo in ragione di una coerenza evangelica, dato che la prescrizione di Gesù è che non vi siano "né capi, né maestri, né padri" in una comunità dove tutti sono fratelli, ma anche a causa di una nuova situazione mondiale, caratterizzata da una costante, pervasiva e incontrollabile circolazione di flussi informativi, economici, turistici, culturali, ecc., che tendono a rendere obsoleto e insignificante ogni potere assoluto. Infatti i flussi non hanno più un andamento "gerarchico" (dall’alto verso il basso), perché saltano il centro per andare in tutte la direzioni, costituendo reti di connessione planetarie. 16. Certamente, quando si parla di democratizzazione della Chiesa, si intende sollecitare non la adozione di particolari procedure, ma un dibattito sulle necessarie strutture di rappresentanza, di partecipazione e di elezione di cariche e di ministeri, che sanciscano diritti e doveri propri del popolo di Dio in quanto tale, che oggi sono gravemente mancanti. Ma, prioritariamente, quello che urge è che si prenda coscienza del fatto che l'assunzione da parte della Chiesa di una costituzione democratica, rappresenta una fase obbligata del suo cammino, perché sia evidente e riconosciuto il giusto valore della presenza dello Spirito nel suo corpo sociale. Ciò significa dare visibilmente ed istituzionalmente al piccolo, al "povero", al "minus" che è in ogni fedele (ed in ogni uomo), quella voce e quell'ascolto sistematico che, in ragione della sua povertà e minorità, ed in vista della sua messa a tacere come subordinato, il mondo gli nega. 17. Vista in questa ottica, la fondazione di una costituzione democratica della Chiesa, ancorata al valore ed al senso trascendente del popolo di Dio, non può essere ridotta a puro strumento di convenienza storica, come talvolta può sembrare per la società civile: si tratta invece di una costituzione di fondamento teologico. Come tale, se attuata, sarebbe un "segno" di grande efficacia per la società civile, che verrebbe sollecitata a considerare la forma democratica dello Stato, piuttosto un fatto di principio e di valore relativo alla dignità umana in sé, che una contigenza utilitaristica. 18. Dopo due millenni la Chiesa ammette la piena liceità della democrazia per la società civile. Il Concilio Vaticano II ribalta le tesi di precedenti papati, contrari alla libertà e alla "sovranità del popolo", affermando: "E’ pienamente conforme alla natura umana che si trovino strutture giuridico-politiche che sempre meglio offrano a tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione, la possibilità effettiva di partecipare liberamente e attivamente sia alla elaborazione dei fondamenti giuridici della comunità politica, sia al governo degli affari pubblici, sia alla determinazione del campo d’azione e dei limiti dei diversi organismi, sia alla elezione dei governanti" . (G. et S. 75) 19. Il Magistero cattolico provoca un grave turbamento e una opposizione crescente da parte della comunità umana affermando che la Chiesa non può assumere in nessun modo un volto democratico, poiché lascia intendere, non esplicitandolo chiaramente, che essa è, invece, compatibile con sistemi monarchici, imperiali o dittatoriali, proprio perché in questi la Verità viene stabilita "dall’alto". Si contribuisce, quindi, a generare il convincimento che i sistemi autoritari sarebbero sintonici con la Chiesa, accomunati dalla stessa struttura "gerarchica" e dalla direzione "discendente" della Verità. 20. Il Dictatus Papae di Papa Gregorio VII, in effetti, sancisce la struttura imperiale della Chiesa, per cui il Papa, non solo non può essere giudicato da nessuno, ma può Questa delirante configurazione ecclesiale-papale non è stata mai oggetto di disapprovazione esplicita da parte di Concili o Papi, così come non sono mai state censurate come anti-cristiane le condanne emesse da molti papi (PioVI, PioVII, Pio XI) delle libertà di coscienza, di culto, di insegnamento e di stampa, fondamento dell’ethos democratico. 21. Scoraggiare ogni forma di partecipazione responsabile e democratizzazione comporta due conseguenze "mortali"per la Chiesa, dato che essa non può che generare fedeli, siano essi laici o ecclesiastici, 22. Le conseguenze "politiche" di una pastorale e di una organizzazione ecclesiale orientate in senso anti-partecipativo sono sotto gli occhi di tutti: 1. i cattolici, in maggioranza, votano per partiti della "conservazione", piuttosto che della "liberazione"; 2. le nazioni a maggioranza cattolica sono quelle con le più consistenti diseguaglianze tra ricchi e poveri; 3. la lista dei dittatori degli ultimi 50 anni nell’Occidente cristiano (Hitler, Mussolini, Salazar, Franco, Videla, Pinochet, ecc) mostra, quasi senza eccezioni, una matrice cattolica. 23. Concordiamo con quanto ha scritto il Card. Ratzinger a proposito del rapporto che la Chiesa deve assumere con la democrazia: "E’ insensato e ingenuo pensare che la Chiesa...può fermarsi tranquillamente nel passato. Come le altre epoche, quella della democrazia è un appello che si rivolge direttamente alla Chiesa. Essa deve accoglierlo con spirito aperto e insieme critico". (Democratization dans l’Eglise?, Apostolat des Editions, 1971, pag 54) A 35 anni dal Concilio e dopo che quasi tutte le Nazioni del mondo hanno accolto, seppure con molte titubanze e contraddizioni, lo "Spirito" democratico, é ora che la Chiesa cattolica si apra ad esso
Roma 6 Gennaio 1999, Epifania del Signore
|