"DECENNIO ECUMENICO PER SCONFIGGERE LA VIOLENZA"

Una proposta del Comitato Centrale del Consiglio Ecumenico delle Chiese

 

Roma (NEV), 8 settembre 1999 - Si e' concluso il 3 settembre a Ginevra il Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), di cui fanno parte 158 delegati protestanti, anglicani ed ortodossi in rappresentanza delle 336 chiese membro del CEC. I lavori - iniziati il 26 agosto - si sono svolti sia in sessioni plenarie che in piccoli gruppi di discussione.

Laproposta di un "Decennio ecumenico delle chiese per sconfiggere la violenza", la crisi nell'area balcanica, il dialogo fra ortodossi e protestanti all'interno del CEC, sono i temi principali affrontati dai delegati del Comitato centrale; accanto a questi, si sono svolti dibattiti

sulle prospettive del movimento ecumenico, sul futuro della religione, sull'impegno delle chiese "per una rinascita dell'Africa". "Le chiese devono partecipare alla costruzione di una cultura di pace": ad apertura dei lavori il segretario generale del CEC Konrad Raiser ha ripreso la proposta, formulata dall'ultima Assemblea del CEC a Harare (Zimbabwe), di un Decennio ecumenico delle chiese (2001-2010) dedicato alla lotta contro la violenza. L'impegno per superare la violenza e costruire una cultura di pace e' per le chiese una forma importante di testimonianza, e' una "parte essenziale di cio' che significa essere chiesa nel 21° secolo",

ha affermato Raiser. Nel corso del dibattito molti delegati del Comitato centrale hanno suggerito di collegare l'iniziativa del CEC al Decennio per una cultura di pace e nonviolenza per i bambini del mondo, promosso dalle Nazioni Unite per lo stesso decennio 2001-2010.

Il Comitato centrale ha approvato alcune raccomandazioni ed un documento sui "Conflitti armati e il diritto internazionale": "I nove mesi trascorsi dall'ultima Assemblea del CEC sono stati segnati da gravi conflitti armati in tutte le regioni del mondo", si legge nel documento, che segnala inoltre con preoccupazione "l'erosione di autorita' delle Nazioni Unite e delle istituzioni atte a codificare e garantire il rispetto del diritto nternazionale". Le chiese sono sollecitate ad essere soggetti attivi per la riconciliazione nelle aree segnate dai conflitti e dalla guerra. Nove

raccomandazioni sono state approvate dai membri del Comitato centrale: fra queste, la riaffermazione del sostegno del CEC alle Nazioni Unite e un appello alle chiese a dare espressione ad un "ecumenismo del cuore, per essere aperti gli uni agli altri e manifestare l'universalita' dell'Evangelo di fronte ai conflitti religiosi, etnici, nazionali ed internazionali". Un dibattito sulla crisi in Kosovo - a cui hanno preso parte tra gli altri il segretario generale della Conferenza delle chiese europee (KEK), Keith Clements, e l'arcivescovo ortodosso dell'Albania Anastasios - ha evidenziato la centralita' del ruolo delle chiese nella fase di ricostruzione: in particolare Clements ha affermato che il processo di ricostruzione richiedera' molti anni, ma ben piu' tempo richiedera' il processo di riconciliazione fra i gruppi etnici: qui si inserisce il ruolo delle chiese e del movimento ecumenico, che dovranno sostenere lo sviluppo

di relazioni rinnovate fra i diversi gruppi etnici e religiosi.

Il primo incontro della "Commissione speciale" sul dialogo fra protestanti ed ortodossi nel CEC si terra' il prossimo dicembre a Ginevra. La Commissione, secondo le indicazioni dell'ultima Assemblea generale, avra' il compito di discutere - nell'arco di tre anni - le modalita' di

partecipazione e il ruolo delle chiese ortodosse nel movimento ecumenico, con particolare riferimento ad alcune questioni teologiche ed etiche che in questi anni hanno reso problematico il dialogo.

A conclusione dei lavori la Chiesa anglicana di Corea e' stata ammessa come nuova chiesa membro del CEC. Il Consiglio delle chiese cristiane della Svizzera - organismo ecumenico che riunisce nove chiese e include anche la chiesa cattolica - e' stato invece ricevuto come "consiglio associato".




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