IL GIUBILEO DAL PUNTO Dl VISTA DEGLI ESCLUSI

di Giulio Girardi

 

Il giubileo cristiano intende ispirarsi alla tradizione biblica e soprattutto al messaggio di Gesù. Il Papa ricorda che nell'Antico Testamento (Levitico 25 e Deuteronomio 5, 1-11), il giubileo era un momento particolarmente consacrato a Dio, nel corso del quale si lasciava riposare la terra, si dovevano liberare gli schiavi ebrei e condonare tutti i debiti. Un tempo durante il quale si proclamava anche l'emancipazione di tutti gli abitanti che aspiravano alla libertà.

In quest'occasione, tutti gli israeliti rivendicavano il possesso della terra dei loro padri, se per caso l'avevano venduta o se, ridotti in schiavitù, l'avevano perduta. Di conseguenza, l'anno giubilare doveva restaurare l'uguaglianza tra tutti i figli d'Israele e ristabilire tra loro la giustizia sociale.

Questo presupponeva che il governo e la legislazione si fossero assunti come compito quello di proteggere i più deboli e quello di garantire i loro diritti dinanzi all'arroganza dei più ricchi.

Il giubileo per Gesù

A partire da questa prima base biblica, si comprenderà la profonda interpretazione di giubileo che Gesù propose quando, presentandosi agli abitanti di Nazareth, citò loro il passo d'Isaia (Luca 4, 18-19):

"Lo Spirito del Signore è sopra di me;

per questo mi ha consacrato con l'unzione,

e mi ha mandato per annunziare ai poveri

un lieto messaggio,

per proclamare ai prigionieri la liberazione

e ai ciechi la vista;

per rimettere in libertà gli oppressi,

e predicare un anno di grazia del Signore".

Per Gesù, il giubileo è un tempo di liberazione totale. La liberazione costituisce precisamente l'essenza della sua missione.

...e per il Papa

E' tuttavia assai difficile trovare un'eco di questa concezione del giubileo nel modo in cui questa oggi è esaminata. Certo, il riferimento ai poveri e agli esclusi, che sono l'oggetto di una opzione preferenziale da parte della Chiesa, è presente nella preoccupazione del Papa. "Bisogna dire anzitutto che l'impegno al servizio della giustizia e della pace in un mondo cosi profondamente segnato, come il nostro, da molti conflitti e da intollerabili disuguaglianze sociali ed economiche, è un aspetto eminente della preparazione e della celebrazione del giubileo".

Tuttavia, la preoccupazione che si manifesta sinceramente in questa dichiarazione non sopprime la distanza che esiste tra il giubileo e la Chiesa romana e quello della Bibbia, tra il giubileo proclamato dal Papa e quello che fu proclamato da Gesù.

Da una parte, per il fatto che il riferimento ai poveri e agli esclusi non appare più come l'essenziale del giubileo, ma esso è solamente un elemento secondario al quale il Papa si interessa soltanto alla fine del documento, quando spiega quale sarà il contenuto della preparazione per il terzo anno. Dall'altra, per il fatto che questo riferimento, non facendo più allusione alla liberazione degli schiavi, ha perduto la carica sovversiva che lo caratterizzava dal punto di vista sociale nella concezione biblica e soprattutto attraverso la proclamazione giubilare di Gesù.

Il giubileo dal punto di vista degli esclusi

Considerare il giubileo dal punto di vista degli esclusi significa ritrovare il suo senso originario di penitenza e di liberazione, riscoprire la sua carica sovversiva. Questo significa che tutte le Chiese dovranno proclamare il messaggio di Gesù impegnandosi a fianco dei popoli indigeni e di tutti gli oppressi del mondo nella loro lotta di liberazione, vale a dire nel loro sforzo per affermarsi come soggetti della loro propria storia.

Questo significa che occorre denunciare coraggiosamente quel delitto e quel peccato strutturale che portano all'esclusione della maggior parte dell'umanità, cosi come l'ideologia liberale che li produce. Questo significa che la priorità della mobilitazione giubilare deve essere, non già l'unità tra le Chiese, bensì la solidarietà tra i popoli e i continenti. Una riconciliazione che trasformerà non soltanto le relazioni interpersonali ma soprattutto le relazioni strutturali tra il Nord e il Sud.

Questo significa ancora che occorre lottare affinché i paesi ricchi condonino il debito dei paesi poveri, poiché questo è divenuto lo strumento del loro sfruttamento e della loro dominazione, quello maggiormente portatore di morte. Inoltre, occorre che i paesi ricchi riconoscano il debito che essi stessi hanno contratto con quelli poveri nel corso della loro storia e che si impegnino a pagarlo.

Questo significa infine, che occorre sostenere i popoli indigeni nella lotta che essi conducono per recuperare la terra dei loro antenati, che è loro stata sottratta violentemente dai conquistatori di ieri e di oggi.

Giubileo di conversione delle Chiese

Considerare il giubileo dal punto di vista dei popoli indigeni impone anche alle Chiese l'obbligo di riconoscere la loro responsabilità nella genesi di una civiltà genocida, non soltanto da parte dei cristiani, ma anche da parte delle Chiese in quanto tali e della loro pratica evangelizzatrice.

Occorre per questo rimettere in discussione il progetto giubilare di autocelebrazione e intraprendere invece un cammino di conversione. E' necessario allora che le Chiese assicurino adesso, e fin nelle sue estreme conseguenze, l'opzione a favore degli oppressi, che esse prendano partito per i popoli che esse hanno contribuito e contribuiscono ancora ad asservire, che riconoscano il debito storico, culturale ed economico che esse hanno verso questi popoli e che si impegnino a risarcirli.

Per queste chiese, il modo più cristiano di celebrare il giubileo consisterebbe nel prendere l'iniziativa di restituire ai popoli indigeni le terre che furono loro sottratte dai conquistatori e dai colonizzatori, e che a tutt'oggi fanno parte del patrimonio ecclesiastico.

Per tutte le Chiese locali, la celebrazione del giubileo sarebbe più autentica se esse consacrassero al servizio degli oppressi e della loro liberazione tutti i mezzi che esse si preparano ad investire nell'organizzazione di massicci pellegrinaggi verso il "centro della cristianità". Perché il vero centro della cristianità è il Signore, presente nella vita, nella sofferenza e nella lotta degli oppressi.

 

(tratto da "Itinerari")

 

 




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