Le critiche di "NOI SIAMO CHIESA al discorso del Papa ai Vescovi tedeschi

Il "Movimento internazionale 'Noi siamo Chiesa'" (IMWAC, in sigla inglese) non condivide le affermazioni fatte da Giovanni Paolo II nel suo discorso del 20 novembre ad un gruppo di vescovi tedeschi. Un discorso che, per i temi affrontati, e per lo stile di diktat con cui è
pronunciato, non è più un fatto limitato e locale, ma riguarda l'intera Chiesa cattolica romana. E, dunque, riguarda ogni fedele che sia interessato alla vita della sua Chiesa.
Papa Wojtyla insiste nel dire che occorre vedere la Chiesa "come mistero". Ora, naturalmente, per quanto riguarda l'opera di Dio in Cristo e l'azione dello Spirito santo la Chiesa (l'intera Chiesa, non solo la Chiesa cattolica romana) è naturalmente campo d'azione della grazia di Dio e del suo mistero di amore. Chi mai, tra i cristiani, nega questo?
Il problema nasce quando il papa tenta di trarre, dalla proclamazione della "Chiesa come mistero", conseguenze del tutto improprie, rifiutando in sostanza ogni critica alla sua autorità e alla sua gestione della Chiesa (cattolica). Rientrano dunque nel "mistero" della Chiesa strutture che sono invece prodotti storici del tutto discutibili ? Dall'organizzazione della Curia romana a quella della diplomazia pontificia, dalla banca vaticana (lo Ior, Istituto per le opere di religione, soggetto - proprio sotto questo pontificato - di scandali su cui il Vaticano ha impedito di indagare fino in fondo) al geloso concentramento nella Curia romana della nomina dei vescovi cattolici del mondo intero sono tutti elementi del "mistero" della Chiesa, o semplicemente aspetti su cui si può, e si deve, discutere, per una coerente riforma in nome del vangelo?
Il papa afferma che "la Chiesa è il popolo di Dio", ed aggiunge "che non si può riformare la Chiesa in maniera autentica se non si parte dal presupposto del suo essere mistero". Date queste premesse, non si comprende come mai papa Wojtyla respinga sempre ogni motivata protesta e ogni richiesta di riforma che salga dalla base del "popolo". Proprio perché è "mistero" - insegna il Concilio Vaticano II - la chiesa pellegrinante nella storia deve continuamente tendere "alla penitenza ed al rinnovamento". Proporre dunque dei cambiamenti non è solo possibile, ma necessario, proprio perché la realtà della Chiesa terrena sia la meno lontana dall'ideale verso cui tende. Nello stesso discorso il papa esalta la dignità del laicato, ma quando laici e laiche levano la loro voce per far sentire i loro problemi, i loro desideri e le loro proposte per cambiare aspetti storici delle strutture e della disciplina della Chiesa romana, allora lo stesso laicato viene seccamente zittito. Sembra che lo stesso papa non creda affatto nel "mistero" della Chiesa che è composta da variegati carismi, ministeri, vocazioni, tutte dono dello Spirito santo. Se dunque il vescovo di Roma, nel suo ministero a servizio dell'intera Chiesa cattolica, ignora gli altri carismi, è lui stesso che si assume la responsabilità di turbare la pace ecclesiale.

Il papa, ancora, riafferma che il suo no alla ordinazione sacerdotale della donna "riveste il carattere di quella infallibilità che è legata al magistero ordinario e universale della Chiesa, del quale già parlava la 'Lumen gentium' (Concilio Vaticano II) ed al quale ho dato forma giuridica nel motu proprio 'Ad tuendam fidem' (1998):'Ogni qual volta i vescovi, presi ad uno ad uno, o anche dispersi per il mondo, ma conservando il vincolo della comunione tra di loro e con il successore di Pietro, si accordano per insegnare autenticamente che una dottrina concernente la fede e i costumi si impone in maniera assoluta, allora esprimono infallibilmente la dottrina di Cristo'". Noi condividiamo le parole del Concilio, ma non quelle del motu proprio, ed osserviamo che papa Wojtyla non ha affatto chiesto espressamente, a ciascuno ed a tutti i vescovi, il loro parere sul problema della donna-prete. Infatti, senza ascoltare coralmente l'episcopato, il pontefice il 22 maggio '94 ha pubblicato la lettera apostolica "Ordinatio

sacerdotalis", in cui afferma: "Dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale, e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa".

Con il suo discorso il papa ha dunque tentato una volta ancora di spegnere in modo autoritario un dibattito che deve invece proseguire alla luce del sole, nella libertà e nella responsabilità. Per parte nostra, per quello che possiamo, continueremo a sollevare questo problema, come tutti gli altri su cui da tempo ci interroghiamo, partendo dal principio - antichissimo, pacifico nella Chiesa indivisa del primo millennio, ma stranamente sempre dimenticato da un papa pur legato alla "tradizione" - che anche nella Chiesa "ciò che tutti tocca, da tutti deve essere discusso".

Il nostro movimento non presume di avere la verità in tasca. Per questo lavoriamo per una Chiesa romana ove siano approntati modi e strumenti per dibattere insieme sui problemi che sorgono, ciascuno con la sua sensibilità, i suoi orientamenti, i suoi carismi. Solo da un tale confronto, con l'aiuto dello Spirito santo, potranno scaturire orientamenti condivisi per riformare le strutture storiche e la prassi disciplinare della Chiesa romana che non rispondono più alle esigenze dei tempi. Compiere questo lavoro non è negare il "mistero" della Chiesa, ma assumersi in prima persona responsabilità non delegabili per cercare di discernere oggi la volontà del Signore per la sua Chiesa. Sotto questo pontificato le porte di San Pietro appaiono chiuse ad un dibattito reale sullo stato della Chiesa cattolica romana, e aperte solo per manifestazioni trionfalistiche, come quelle che si prevedono per l'imminente Giubileo. Ma noi abbiamo fiducia che, in un prossimo futuro, queste porte si apriranno, e l'intero popolo di Dio, in un Sinodo o in un Concilio, certo presieduto dal papa, potrà interrogarsi per sapere "che cosa oggi dice lo Spirito santo alle Chiese", per chiedere a Dio la grazia di attuarlo.

 

NOI SIAMO CHIESA

 

Roma Novembre 1999




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