International Movement We Are Church (IMWAC)
ai PASTORI DELLA CHIESA CATTOLICA e per conoscenza a tutto il POPOLO di DIO
Carissimi Pastori,
Pentecoste 1998
°°° 1. LE FONTI L’Istruzione vaticana è corredata di ben 119 note, così suddivise: 27 del Concilio Vaticano II 27 del Concilio Vaticano II 25 di Giovanni Paolo II 42 del CIC 4 del Catechismo 15 di Congregazioni romane 1 del Sinodo dei Vescovi 1 mista di: S. Tommaso, Concilio Trid. e Catechismo 1 di Paolo (Efesini). Le poche note neo-testamentarie (7) provengono dai testi conciliari: nessuna citazione dai quattro vangeli. Escludendo le 27 provenienti dal Concilio Vaticano II, le rimanenti 86 appartengono di fatto al Papa attuale in modo esplicito (25) o implicito (dato che è il Papa stesso che ha disposto e approvato il Catechismo e il CIC ed ha nominato i firmatari delle 8 Congregazioni, autori dell’Istruzione). Colpisce, quindi, che la massa di note che dovrebbero dare fondamento a norme pastorali di vitale importanza siano carenti di fonti evangeliche, della chiesa primitiva e delle altre chiese cristiane. Domandiamo: quale può essere l’autorevolezza di precise disposizioni pastorali valide per un miliardo di cattolici in assenza di un impianto documentativo storico-ecumenico, ma soprattutto evangelico, dato che esso non si ispira esplicitamente alla vita, alle opere, e agli insegnamenti di Gesù di Nazareth? Ovverosia: si può considerare "cattolico" un documento se le fonti sono quasi esclusivamente quelle degli ultimi 50 anni, senza la totalità della tradizione, cioè i due millenni precedenti? 2. IL SACRO Il documento usa almeno 25 volte l’aggettivo "sacro" per indicare: 4 volte la "sacra eucarestia", una volta i "sacri paramenti" e ben 19 volte il "sacro ministero del clero" (i "sacri ministri", i "sacri pastori", il "potere sacro", la "potestà sacra", la "sacra ordinazione", "consacrato con il sacramento dell`ordine"). Tale aggettivazione, seppur usata nel Concilio Vaticano II, è sconosciuta al Nuovo Testamento: basta aprire un qualunque volume di "Concordanze bibliche" per verificare che mai Gesù e gli Apostoli hanno usato tale aggettivo, sia in riferimento ai paramenti, che ai riti, o ai sacerdoti. Domandiamo: quale grado di attendibilità può avere un documento del Magistero se introduce un processo di "sacralizzazione" dei ministeri o dei riti che Gesù e gli Apostoli non hanno mai operato ne teorizzato, tanto più che Gesù ha agito da semplice laico non ordinato? 3. IL DOGMA TRINITARIO Fa un certo effetto leggere almeno 43 volte il termine "Chiesa" (senza l’aggettivo "cattolica"!) e solo 4 volte la parola "Gesù Cristo". Mai la SS. Trinità! Domandiamo: Quale fondamento teologico-dogmatico possono avere le riflessioni e le prescrizioni dell’Istruzione se prescindono completamente da quello che è il dogma "centrale" e originale della fede cristiana, che è il dogma di Dio-Trinità ? Ovverosia: se la "Chiesa" prospettata della Curia Vaticana e avallata dal Papa, non si modella né teoricamente né pastoralmente sulla SS. Trinità, è ancora la Chiesa del Padre-Figlio-Spirito, piena comunione tra eguali? 4. POPOLO REGALE E PROFETICO Nell’introduzione dell’Istruzione si legge che tutti sono "chiamati all’edificazione del Popolo di Dio secondo i diversi ministeri e carismi". Inoltre si afferma che "comune è la dignità dei membri", "fra tutti vige una vera uguaglianza" e che Gesù Cristo "ha voluto che il suo unico e indivisibile sacerdozio fosse partecipato alla Sua Chiesa". Queste enunciazioni hanno il pregio di ricordare antiche verità sepolte, ma, a nostro modesto avviso, hanno due limiti che le rendono evanescenti. Infatti: a) se i laici sono chiamati a esercitare "ministeri e carismi" in quanto "partecipi del Sacerdozio di Cristo", nel prosieguo del documento tale chiamata si concretizza nel nulla, poiché tutto spetta al clero ordinato; b) se il Concilio Vaticano II ha riproposto la Chiesa come un popolo tutto "sacerdotale" ha anche esplicitato, due altri attributi fondamentali, quello di popolo "profetico" (in una continua conversione e lotta "contro i dominatori di questo mondo tenebroso e contro gli spiriti maligni") e quello di popolo "regale". Il primo è appena menzionato, il secondo nemmeno è citato. Domandiamo: può essere ritenuto in linea con le risoluzioni del Concilio questo documento curiale se mette in evidenza esclusivamente una parte delle funzioni ministeriali della gerarchia a spese di funzioni-ruoli carismi e ministeri del restante popolo di Dio? 5. I LAICI Secondo l’Istruzione i laici, privi di una "regalità" riconosciuta, non hanno alcun diritto, alcuna funzione concreta all’interno della Chiesa. Essi non possono: ° presiedere l’eucarestia, anche in assenza di un "sacro ministro" ° battezzare ° essere celebranti del matrimonio ° assumere la denominazione di pastore, cappellano, coordinatore o tenere l’omelia ° avere voce attiva o passiva nel consiglio presbiterale ° avere voto deliberativo nei consigli parrocchiali, diocesani, nonché nei consigli per gli affari economici ° proferire le orazioni o eseguire gesti riservati al sacerdote celebrante ° distribuire l’eucarestia anche fuori della messa ° dare l’estrema unzione ° celebrare riti funebri ° studiare o formarsi nei seminari. I fedeli laici possono essere delegati occasionalmente a svolgere alcune delle funzioni suddette solo a due condizioni: * per sostituire temporaneamente la mancanza di un "sacro ministro" * dopo aver ottenuto il permesso del vescovo (un laico può commentare l’omelia addirittura solo se ha il permesso della S. Sede). Domandiamo: il Magistero proclama quotidianamente che la vita è "sacra" fin dal concepimento. Ma lo stesso Magistero non riconosce ai fedeli laici (non ordinati) alcun valore "sacro". Gradiremmo che ci fosse chiarito: i fedeli laici sono sacri oppure no? 6. I SACRI MINISTRI L’Istruzione afferma che la missione dei laici è di "indole secolare", mentre quella dei ministri è di indole "sacrale". Questi ultimi possono: - essendo dotati di potestà sacra, agire nella persona di Cristo Capo e Pastore - proclamare autorevolmente la parola di Dio e cioè: predicare, catechizzare, sviluppare l’istruzione cristiana, fare l’omelia; - disporre del munus docendi, sanctificandi et regendi - essere i "soli dispensatori dei misteri divini" - presiedere, a scopo esclusivamente consultivo, i consigli diocesani e parrocchiali. - formarsi in luoghi ad essi riservati (seminari). I responsabili della curia vaticana non si discostano dal Concilio Vaticano II, ma ne omettono significativamente alcune condizioni e prescrizioni. Ad esempio, il Concilio afferma: ° i vescovi debbono "edificare il loro gregge nella verità e nella santità, ricordandosi che chi è più grande si deve fare come il più piccolo e chi è capo, come chi serve" (Lc 22, 26-27); ° "il vescovo è tenuto a considerare i sacerdoti come figli ed amici, così come il "Cristo chiama i suoi discepoli, non servi ma amici" (L.G. 28) ° "i sacerdoti..sono tuttavia discepoli del Signore come gli altri fedeli" (P.O., 9); ° debbono essere "pronti ad ascoltare il parere dei laici, tenendo conto con interesse fraterno delle loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza… in modo da poter assieme riconoscere i segni dei tempi"; ° "i presbiteri devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono riconoscerli con gioia e fomentarli con diligenza" (P.O. 9); ° "non esitino ad affidare ai laici degli incarichi al servizio della Chiesa, lasciando loro libertà d’azione e un conveniente margine di autonomia, anzi invitandoli opportunamente ad intraprendere con piena libertà anche delle iniziative per proprio conto (P.O. 9); ° i presbiteri si trovano in mezzo ai laici per condurre tutti all’unità della carità, "amandosi l’un l’altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza" (P.O. 9). Domandiamo: quale legittimità può avere un documento ecclesiale se esso estrapola da testi autorevoli parti che ne modificano il senso, fino al punto da ricreare quei "due generi di cristiani" che il Concilio aveva ritenuto antievangelico mantenere? 7. LITURGIA Nella prima costituzione sulle liturgia i padri del Concilio Vaticano II si preoccupano che: ° "I fedeli non assistano come estranei o muti spettatori" (S.C. 48) alla messa ° "L´ordinamento rituale della messa sia riveduto in modo che "sia resa più facile la partecipazione pia e attiva dei fedeli" (SC50) Domandiamo: dato che nell’Istruzione vaticana non c’è traccia di tale raccomandazioni, anzi, in relazione ai laici vengono indicati costantemente e solamente divieti, abusi, limiti e obblighi, non sarebbe opportuno che il collegio episcopale confermasse o dis-confermasse che il ruolo dei laici nella liturgia è quello di "muti spettatori" o di supplenti temporanei dei sacri ministri, con l’unico dovere di dire "Amen"? 8. PRINCIPI ASSOLUTI L’Istruzione è sostanzialmente pensata per stabilire le differenze tra sacerdozio battesimale e sacerdozio ordinato (differenza di "essenza e non di grado") e per condannare "la prassi mirante a supplire alle carenze numeriche dei ministri ordinati" che hanno "potuto far leva su una concezione di sacerdozio comune dei fedeli che ne confonde l’indole … favorendo tra l’altro la diminuzione dei candidati al sacerdozio ed oscurando la specificità del sacerdozio". E coerentemente conclude: "se nella comunità viene a mancare il sacerdote essa si trova priva dell’esercizio e della funzione sacerdotale di Cristo" per cui è "grave abuso che un fedele non ordinato eserciti, di fatto, una qualsiasi `presidenza` dell`eucarestia".. Il tutto allo scopo di "salvaguardare l’identità ecclesiale di ciascuno" e "per non ingenerare errori nella mente dei fedeli". Domandiamo: non si ingenera un grave errore nei fedeli insegnando che i principi sono assoluti e la vita dei credenti un fatto secondario, dato che si stima preferibile che milioni di cattolici restino privi dell’eucarestia pur di non intaccare un "principio" dogmatico-ecclesiastico? Ovverosia: come si concilia tale atteggiamento della curia vaticana con quanto viene insegnato da Gesù Cristo, secondo cui "il sabato è per l’uomo, e non l’uomo per il Sabato"? 9. IL LINGUAGGIO Il linguaggio prevalente dell’Istruzione è il seguente: · "evitare deviazioni pastorali ed abusi pastorali" · "attenersi alle disposizioni del diritto.." · "mettere in atto i mezzi necessari per impedire…" · "il CIC n. 766 stabilisce le condizioni per cui…" · "si deve sempre agire iuxta Episcoporum Conferentiae praescripta" · "abbisognano della "recognitio della Sede Apostolica" · "… la predicazione può essere concessa in supplenza di…" · "… si ritiene abrogata dal canone…" · "la retta comprensione e applicazione di tale canone… richiede che tale provvedimento eccezionale avvenga nell’accurato rispetto delle clausole…" · "cosa che, secondo il testo del canone, compete solo ad un sacerdote…" · "la normativa sancisce infatti…" · "la presentazione delle dimissioni da parroco non lo fa cessare ipso iure dal suo ufficio…" · "questi organismi … codificati dalla legislazione canonica…" · "la normativa codiciale sul consiglio presbiterale" · "non possono pertanto godere del diritto di voce…" · "sono pertanto invalide, quindi nulle, tutte le decisioni deliberate da.." · "solo quando tale consenso è richiesto espressamente dal diritto" · "si pongano in atto i mezzi necessari per renderli conformi alla vigente legislazione della Chiesa.." · "la disciplina canonica sul ministro straordinario … deve essere rettamente applicata…" · "l’autorizzazione può essere concessa ad actum da…" · "tale incarico suppletivo… deve essere esercitato a norma del diritto…" · "la legislazione canonica recepisce la dottrina…" · "deve essere osservata la normativa canonica sulla validità della delega e sulla idoneità…" · "esiste il caso straordinario previsto dal can. 1112" · "sono revocate le leggi particolari e le consuetudini vigenti" Domandiamo: è questo il linguaggio che caratterizza il Regno di Dio, il Popolo di Dio, il Corpo Mistico di Cristo, dei "veri artefici di comunione"? Non saranno proprio i "seminari" i luoghi in cui si strutturano e si tramandano questi linguaggi appropriati alle istituzioni del "mondo"? 10. I VESCOVI In chiusura l’Istruzione chiarisce che: · "la Santa Sede affida il presente documento allo zelo pastorale dei vescovi diocesani… nella fiducia che la sua applicazione produca frutti abbondanti…" · "tale documento intende tracciare direttive precise per assicurare l’efficace collaborazione dei fedeli non ordinati…" · "… i sacri Pastori sono chiamati a svolgere il compito loro proprio di promuovere la disciplina comune a tutta la Chiesa… urgere l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche" (CIC can. 392) I firmatari dell’Istruzione vaticana affermano con molta sincerità che: · si tratta di una "direttiva" · il collegio episcopale come tale non è intervenuto nella sua preparazione · i vescovi sono tenuti ad "applicare", per di più con zelo (e senza alcun discernimento previo), il testo loro indirizzato Si impone con forza la sensazione che i Pastori siano come Prefetti di Polizia Vaticana, deputati alla "disciplina ecclesiale" e a far "osservare tutte le leggi ecclesiastiche". Domandiamo: come si concilia questo ruolo del "Pastore" seconde la Curia vaticana con quello del "Buon Pastore" secondo Gesù Cristo? E come si concilia l’affermazione dell’Istruzione: "Il ministero …ordinato viene costituito sul fondamento degli Apostoli…" con il fatto che il papa e la Curia trattano vescovi e ministri ordinati come soggetti che non hanno alcuna partecipazione nelle decisioni pastorali e nemmeno il dovere di effettuare un evangelico discernimento su di esse? "So infatti che spesso molte cose nella S. Scrittura che da solo non riuscivo a comprendere le ho capite quando mi sono trovato in mezzo ai miei fratelli. Dietro questa conoscenza ho cercato di capire anche per merito di chi mi era stata data tale intelligenza. Così, con la grazia di Dio, avviene che aumenta l’intelligenza e diminuisce la superbia, mentre per causa vostra imparo ciò che a voi insegno, perché, ve lo confesso candidamente, il più delle volte con voi ascolto quello che a voi dico. Perciò nella lettura di questo profeta (Ezechiele) quando comprendo poco, è per mia ignoranza spirituale; quando poi posso approfondire il suo senso, è per la grazia di Dio concessami dalla vostra pietà"(Gregorio Magno, Hom.in EzII,6:PL9488D-949A). Per spiegare che un maestro è sempre anche un discepolo dei fedeli, perché costoro possono comprendere meglio di lui la Parola di Dio, ripete in altra occasione: "Se il mio uditore e lettore...non troverà di suo gradimento le mie interpretazioni, tranquillamente lo seguirò come un discepolo segue il suo maestro. Ritengo come un dono tutto ciò che egli potrà sentire e comprendere meglio di me". (Gregorio Magno, Mor.30,27, PL 76,569C-570A) Domandiamo: come si concilia questa posizione di Papa Gregorio Magno con quanto affermato nell’Istruzione della S. Sede? Ovverosia: quale dei due è (più) conforme al Vangelo? |