da "Repubblica" dell'11 ottobre 2000

C'è Chiesa e chiesa

di NELLO AJELLO

"L’idea di egemonia , che risale ad Antonio Gramsci, è cara anche a me", dice Giuseppe Alberigo, docente di storia della Chiesa a Bologna. "E tuttavia, al di là della paternità gramsciana, la trovo superata. Aveva senso parlarne in un clima di conflitto fra due ideologie. Quando, cioè, in Italia si confrontavano un potere politico — quello della Democrazia Cristiana — e un’opposizione che cercava di combatterlo anche con le armi della . Tutto ciò è finito con il crollo dei muri".
E allora, professore, quell’evento di undici anni fa ha abolito ogni dialettica ?
"Certo che no. Un confronto di idee ci sarà sempre. Il guaio è che attraversiamo una fase di debolezza . Essa non riguarda né soltanto la sinistra, né i cattolici, né i laici, né le destre, né quello che si definisce il nuovo centro. Riguarda tutti. Va addebitata a tutti. Anche agli organi d’informazione che privilegiano gli aspetti di superficie di quel tanto che si pensa e si cerca di fare".
Non le pare che oggi, come numero di adepti e come ascolto nei media, stia affermandosi una cl polemica verso lo stato unitario e le sue radici, e perciò stesso venata di conformismo cattolico? Essa sembra, diciamolo pure, acriticamente schierata sulle tesi dell’attuale pontificato.
"Si tratta di una situazione tipicamente italiana. In Germania o in Francia c’è un’attitudine molto più diffusa di critica, e perfino di rifiuto, delle tesi di cui lei parla. Appena si esce dai nostri confini, l’impatto del magistero pontificio risulta infinitamente meno efficace. Giornali come "Le Monde" o la "Frankfurter Allgemeine Zeitung" non mostrano, in questa materia, una subalternità paragonabile a quella dei nostri maggiori quotidiani. Noi qui ci dibattiamo tra frastuono e indifferenza. Un esempio? Il revisionismo di Comunione e Liberazione, per dirne una, si basa su rimpianti, rigurgiti del passato: eppure ottiene un ampio ascolto nei media. Invece, anche da parte di giornali che avrebbero interesse a tenerne conto, viene del tutto ignorato un messaggio come quello contenuto nel libro di monsignor Luciano Gherardi, intitolato "Le querce di Montesole", in cui si parla delle comunità ispirate al pensiero di Giuseppe Dossetti. Lo assumo qui come esempio, perché è un testo di chiara impostazione antifascista, oltre che diametrale rispetto alle tesi di retroguardia oggi divulgate da Cl. Le tentazioni del potere ecclesiastico di intervenire al di là di ogni misura nell’ambito temporale, non avendo una vera forza da spendere, cadrebbero da sé se non trovassero un così intenso ascolto. Se i giornali per primi resistessero alla tentazione di discuterne tanto".
E’ vero, come sostiene Asor Rosa, che alcune recenti professioni di cattolicesimo sono unicamente indirizzate alla ricerca del potere?
"Un po’ è vero. Si può immaginare che, dopo la scomparsa della Democrazia cristiana, esista una montagna di voti in libera uscita. Donde il tentativo compiuto da nuove formazioni politiche — a cominciare da Forza Italia — per appropriarsene. Quei consensi acritici, un tempo catturati dalla Dc, rischiano ora di andare a Forza Italia. Rimedi?

Io ne vedo uno solo: riflettere su che cosa significhi davvero essere cattolici, e non confondere questo con l’adesione a posizioni francamente, a volte, retrive".
Intanto, il capo dell’opposizione ha dichiarato di voler proseguire la battaglia che fu di Luigi Gedda.
"Quella dichiarazione è stata fatta, io credo, per rastrellare qualche consenso soprattutto tra gli ultrasettantenni, dato che i più giovani, com’è naturale, non sanno nulla di Gedda e del suo operato. Non è escluso che, plaudendo all’azione dell’inventore dei Comitati civici, Berlusconi mirasse ad ottenere la simpatia di alti ambienti ecclesiastici, gli stessi che a suo tempo ebbero rapporti con Gedda e oggi gradiscono che possa trovare un erede. Io stesso mi sono chiesto se, a loro stessa insaputa, i giovani che hanno affollato il raduno giubilare di Tor Vergata non somigliassero a quei "baschi verdi" che piacevano tanto a Gedda e a Pio XII e che, nel ‘48, si adoperarono per spostare in senso clericomoderato parte del corpo elettorale".
Non le pare che progetti e manifestazioni del genere rischino di riedificare, fra credenti e laici, quello "storico steccato" che politici cattolici d’altri tempi, un Alcide De Gasperi, un Aldo Moro, s’erano sforzati di demolire?
"E’ un rischio. Non si può negarlo. Quello steccato nuoce a tutti. Occorre che contro una simile insidia si vaccinino sia i cattolici che i laici. Come è difficile trattenere i primi dalle tentazioni dell’integralismo, ugualmente arduo è impedire che i laici scivolino su posizioni opposte".
Si manifestano, nella chiesa cattolica e nell’ambito della stessa gerarchia, posizioni alternative rispetto a quelle sostenute da Karol Wojtyla in materia di divorzio, aborto, natalità, procreazione assistita, ricerca scientifica in materia di riproduzione, equiparazione delle coppie di fatto, e così via?
"Certo che si manifestano. Giorni fa mi trovavo in Germania, a Magonzaa, la diocesi dell’arcivescovo Karl Lehmann, che è anche presidente della conferenza episcopale tedesca. Mi hanno spiegato che, in quella diocesi ed in varie altre della stessa zona, i divorziati vengono regolarmente ammessi ai sacramenti. Cosa che la Chiesa italiana rifiuta. E’ solo un esempio. Più in generale si può affermare che la dimensione "morale" del magistero di papa Wojtyla susciti sempre meno consensi nei comportamenti reali dei cattolici. L’impatto che queste posizioni esercitano sui credenti e sui non credenti appare visivamente enorme, ma la loro vera efficacia formativa è inversamente proporzionale al loro peso spettacolare. Su posizioni diverse, in questo campo, sono il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, e l’arcivescovo di Genova, cardinale Dionigi Tettamanzi. Le loro posizioni non omogenee rispetto al magistero pontificio assumono un valore particolare in un clima di preconclave com’è l’attuale. La Chiesa vive una fase di vigilia. Anche se nessuno sa quanto potrà durare".
Che impressione le fa, professor Alberigo, dopo tanto parlare di dialogo fra le Chiese, un monito come quello recente del cardinal Giacomo Biffi: stiamo attenti agli immigrati di religione islamica?
"E’ un atteggiamento che rispecchia la preoccupazione di un certo numero di cattolici e non cattolici di fronte alla presenza crescente di stranieri provenienti da culture diverse dalla nostra. Malesseri e timori che io non condivido, ma non posso ignorare. Essi sono diffusi specialmente fra persone anziane che vivono in piccoli centri e che vedono autorevolmente avvalorate certe loro ansie e paure. Ma fra i cattolici impegnati, quell’intervento dell’arcivescovo di Bologna ha suscitato molti più dissensi che consensi, provocando anche reazioni assai negative. E la cosa non sorprende. Armonizzare il Vangelo con simili inviti alla discriminazione è infatti un’impresa disperata".

( da "Repubblica" dell'11 ottobre 2000 )




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