IL PAPA E IL DIO D’OCCIDENTE di Umberto Galimberti Il Papa compie ottant’anni. E qui non è il caso di fare un bilancio del suo pontificato perché, di questi tempi, già ne sono stati fatti tanti, con tonalità quasi sempre apologetiche ed entusiastiche. Più interessante mi pare sia chiedersi che lineamenti ha assunto il volto di Dio a partire dalle parole, dal gesti. e dagli atti di questo Papa? L’impresa non è facile, perché Wojtyla, nel suo pontificato, ha parlato pochissimo di Dio e moltissimo dell’uomo. Un Dio che, all’inizio del secolo appena concluso, non esita a inviare i suoi messaggi sovrannaturali in un paesino del Portogallo, Fatima, che porta il nome della figlia di Maometto, e che ancora oggi i musulmani rivendicano come luogo sacro della loro fede. Così vengono marcati i confini della Cristianità nei confronti dell’Islam che si affaccia sull’altra riva del Mediterraneo. Ma non basta. L’anno dell’apparizione di Fatima, il 1917, è anche l’anno della rivoluzione russa che mette a tacere, ben più della cristianità latina d’occidente, la cristianità ortodossa d’Oriente. Quest’ultima, per tutto il periodo del comunismo, continua a vivere ben radicata e profonda nell’anima dei popoli slavi, per i quali, a differenza che da noi, la religione è intimamente connessa alla loro cultura, al loro modo di essere uomini. Ma in Occidente, per tutto il tempo del pontificato di Pio XI e Pio XII si sfrutta e si evidenzia, dell’oppressione religiosa generalizzata in Oriente, l’oppressione della cristianità latina presente in Polonia, in Ungheria e in Cecoslovacchia, ribadendo così la distanza secolare che divide i cristiani d’Occidente da quelli d’Oriente e la necessità di cristianizzare la Russia per salvare la cristianità d’Occidente. Con Pio XI e Pio XII il volto di Dio diventa sempre più occidentale, fino a chiudere un occhio sul nazifascismo che andava diffondendosi in Europa. Un fenomeno che, per quanto terrificante fosse, agli occhi della Chiesa era pur sempre un baluardo contro l’ateismo della politica (non della gente) dei paesi comunisti. A diluire la guerra fredda, che non era solo tra capitalismo e comunismo, quindi tra due sistemi economici, ma tra due antropologie, cioè tra due modi di essere uomini: con Dio o senza Dio, fu papa Giovanni che divenne interlocutore sia dei credenti sia degli atei, perché si avvertiva che la sua parola era rivolta all’uomo prima di tutte le distinzioni di fede. Papa Giovanni si accostò all’ortodossia della cristianità dell’Oriente, che riconosce come sua autorità la comunità dei vescovi e non il primato del Papa, aprendo il Concilio Vaticano II, ossia una comunità di vescovi con il Papa in ascolto. Fu la massima apertura dell’Occidente all’Oriente, un’apertura che Paolo VI proseguì dando speranze di dialogo e di avvicinamento e che, come opportunamente ha ricordato Eugenio Scalfari nel suo editoriale, molto pensato, su Repubblica del l6maggio:I misteri del Papa e le risposte dei laici, papa Wojtyla chiuse, riaffermando con enfasi il suo primato, quindi i tratti del dio d’Occidente e la sua secolare distanza dall’ortodossia d’Oriente che, dalla Grecia, attraverso la Serbia, l’Ucraina, la Bielorussia, giunge al cuore della Russia non più comunista, ma altrettanto distante da Roma, perché ortodossa. Una distanza antropologica che si può toccare con mano appena si va in quelle terre, dove si è disposti ad accogliere il Papa come vescovo di Roma, ma non come capo della cristianità. E così, dopo aver perso la cristianità d Oriente nell’VIII secolo d.C. per effetto dell’alleanza del papato con i Franchi, dopo aver perso il Nord Europa (e in seguito e di conseguenza l’America del Nord) nel XVI secolo con la rivolta di Lutero contro Roma, la cristianità d’Occidente ha finito con 1’ essere circoscritta alla geografia della latinità mediterranea, estesa al Sudamerica cristianizzato nel ‘500 con i metodi violenti spero noti a tutti. Ora, il Papa venuto dalla Polonia, un paese cattolico che confina con i paesi protestanti a ovest e con i paesi ortodossi a est, tenta di allargare i confini angusti della cristianità d’Occidente oltre i confini della latinità, e perciò parla di dialogo tra le fedi cristiane, auspicando una fratellanza impossibile. Impossibile perché non si può pensare a un recupero del mondo protestante, che si affida al dialogo diretto della coscienza di ciascuno con Dio, proponendo una Chiesa mediatrice di questo dialogo e ribadendo a ogni piè sospinto il culto mariano che il mondo protestante rifiuta. Allo stesso modo non si può parlare con il mondo ortodosso, che riconosce la comunità dei vescovi ma non il primato del papa, proponendo un’autorità pontificia che, anche nel mondo della cristianità latina, ha azzerato ogni collegialità episcopale. Questo Papa dunque ha ribadito il Dio d’Occidente, e le sue parole di dialogo con le altre fedi hanno più il sapore del desiderio di integrazione delle altre religioni alla religione della latinità, che non quello dell’autentico incontro. Recentemente il Papa ha chiesto perdono per le colpe della Chiesa, perdono per l’atteggiamento assunto nei confronti degli ebrei, perdono per l’atteggiamento assunto nei confronti della scienza, perdono per l’atteggiamento assunto nei confronti dell’eresia. Ma che dire di una Chiesa che fa così reiterati atti di umiltà rivendicando comunque per sé la verità assoluta? Tradotto, questo discorso significa: noi cristiani d’Occidente abbiamo fatto degli errori, ma voi siete comunque nell’errore, perché la verità appartiene in ogni caso alla Chiesa cattolica che ha nel Papa il suo infallibile interprete perché "vicario di Cristo". Con questa irremovibile premessa, chiedere perdono non ha altro senso se non quello della buona educazione nei confronti di altre religioni e dello stesso laicismo, che la Chiesa cattolica riconosce di avere a suo tempo offesi, ma che per lei restano comunque figure erranti e prive della luce della verità. E allora quando la logica non tiene, si ricorre al segno del cielo, al "vescovo bianco che cammina tra i martiri come morto" secondo la rivelazione di Fatima con cui il Papa di Roma, e con lui il popolo che lo segue, si sono identificati, costringendo Dio ad assumere non solo i tratti del Dio d’Occidente, ma addirittura i lineamenti del suo vicario in terra. Questa autoagiografia cementerà anche la fede popolare della cristianità d’Occidente, ma rende incolmabile le distanze con la cristianità dell’Oriente e con la cristianità protestante, per non parlare di ebrei e musulmani, di buddisti e taoisti, per non parlare di quanti, alzando gli occhi al cielo, vorrebbero incontrare un Dio meno segnato dalle fattezze dell’Occidente, dalla sua storia, dalla sua cultura e persino dalla sua tecnica mediatica di cui questo papa s’è fatto perfetto interprete. ( da "Repubblica" del 19 maggio 2000 ) |