Etica della pace, avanti!

Un articolo di Enrico Peyretti sul messaggio del Papa per la giornata della pace

Il messaggio del Papa per la Giornata della pace non contiene novità importanti, ma merita un commento attento. "Talvolta alla violenza brutale e sistematica (…) è stato necessario opporre una resistenza armata". "Le guerre (…) oltre che spaventosamente dannose, risultano anche inutili" (n. 3). Queste due affermazioni sono in contrasto: a meno che per guerra si intenda quella di aggressione, che deve essere fuori da ogni ipotesi di moralità, la resistenza armata è una guerra di difesa, che contraddittoriamente viene riconosciuta prima "necessaria" e poi "dannosa ed inutile". L'etica della pace deve arrivare ad imboccare l'evoluzione verso la piena ingiustificazione delle armi omicide, anche per la difesa, e per questo deve conoscere e sviluppare le possibilità esistenti di difesa non militare e nonviolenta, con l'obiettivo dell'assoluta abolizione della guerra dai mezzi d'azione umani. A differenza dei delitti privati, la guerra è il massimo dei delitti collettivamente deliberati o tollerati, è un fatto di cultura e di politica, non di intemperanza, perciò può e deve essere abolito dalla civiltà. L'etica della pace non può avere un obiettivo inferiore.

Nel n. 4 il messaggio ricorda gli "esempi luminosi e profetici" dei testimoni della nonviolenza, e nel n. 12, con le istituzioni giuridiche e politiche per la pace, richiama gli "strumenti della nonviolenza". Sono spunti che la riflessione etica dovrà sviluppare più di quanto abbia fatto finora, in pochi autori ed esperienze.

I diritti umani e le loro violazioni non sono "affari interni di una nazione" (n. 7). Ciò fonda il dovere, non solo la legittimità, dell'"ingerenza umanitaria" (n. 11). Il Papa afferma da anni questo principio, ma non ha mai chiarito che tale ingerenza deve essere sempre meno militare e sempre più civile e nonviolenta, altrimenti offre nuovo motivo e giustificazione alla guerra, come è avvenuto oscenamente nei Balcani da parte della Nato, nel modo condannato da ogni giudizio morale. Qui però sottolinea che tale ingerenza "per disarmare l'aggressore" deve avvenire nel massimo rispetto della Carta dell'Onu, che è stata violata totalmente dalla Nato nella guerra alla Serbia. Sappiamo che la Carta autorizza in caso estremo un'azione armata di polizia, ma mai una guerra (tra polizia e guerra la differenza è di sostanza), perché l'Onu è nata con lo scopo primario di abolirla.

Non c'è pace vera senza giustizia, ma oggi "la povertà di miliardi di uomini e donne" è la maggiore questione di coscienza per tutti, tanto più perché i problemi economici "non dipendono dalla mancanza di risorse", ma da strutture economiche e culturali che non mirano ad un vero sviluppo umano (n. 14). Un'economia senza etica, che "non si curi di servire il bene della persona (…), non può dirsi neppure economia" (n. 16). Perciò sono da riconsiderare i modelli di sviluppo e la cooperazione internazionale in termini di solidarietà (n. 17).

È bello constatare che, tra i diversi ruoli nell'impegno per la pace (genitori, insegnanti, ecc.) non compaiono i militari, come altre volte (n. 21). Molto netta è l'affermazione che, per la Chiesa, "adempiere la sua missione evangelizzatrice è lavorare per la pace" (n. 20). Manca però l'appello, che una Chiesa profetica e non amministrativa dovrebbe sempre fare, alle coscienze personali dei militari e di ogni cittadino, a disobbedire a strutture e ordini ingiusti. Rivolgersi alle categorie, specialmente ai dirigenti la società, va pur bene, ma non basta.

Enrico Peyretti ( Il Foglio)

Torino, 13 gennaio 2000




Ritorna alla pagina principale