foto del Kossovo

Il rovescio della medaglia

di Paolo Garimberti


Da: Il Venerdì di "la Repubblica", 5 marzo 1999

Una famiglia di etnia albanese in fuga da Pantina, trenta chilometri da Pristina, capitale del Kosovo. Così recitava la didascalia della fotografia che vedete in questa pagina. E' un'immagine colta da un fotoreporter di un’agenzia internazionale nelle stesse ore in cui, a Rambouillet, in Francia, i ministri degli Esteri delle maggiori potenze del mondo cercavano di indurre serbi e kosovari a trovare un accordo di pace per mettere fine all’ennesima carneficina balcanica. Sapete tutti come è andata a finire: l’accordo non c’è stato, o meglio c’è stato un mezzo accordo, sufficiente però a tacitare le coscienze della diplomazia internazionale e a rinviare il previsto intervento della Nato. Tra poco tempo si ritroveranno tutti insieme per ricominciare a discutere. Ma, intanto, quanti altri morti ci saranno sul terreno? Quante altre famiglie dovranno raccogliere le loro povere cose e mettersi in viaggio su un carretto per sfuggire alla guerra?

Sono state scritte troppe parole sul dovere politico e morale della comunità internazionale di mettere fine alla piaga dei conflitti e delle pulizie etniche. Ormai abbiamo raschiato il fondo del barile della retorica e dell’indignazione. Ma questa immagine vale più di un milione di parole. Anche perché viene dal cuore dell’Europa; l’Europa, non dimentichiamolo, del Duemila.

Che ha una moneta unica, una banca centrale, ma non ha un ideale unitario, non ha valori umanitari sui quali poggiare le sue costruzioni economiche. Questa immagine che viene da Pantina è l’altra faccia della medaglia dell’euro. E' la faccia sporca della politica, il rovescio di quella levigata e lucente dei palazzi dell’economia e della finanza. I governi dell’Occidente devono smettere di far finta che questa faccia sporca non li riguardi direttamente, quasi che il Kosovo, l’Albania eccetera fossero d’altri.

Perché quelle persone che vediamo sul carretto. sono le stesse che si ammassano sui gommoni per attraversare l’Adriatico nella disperata ricerca di una vita migliore. Le migrazioni dal malessere certo al benessere sperato sono il grande problema dell’Europa di questa fine secolo. E questo problema non può essere risolto soltanto con misure coercitive, pattugliando le coste e bloccando le frontiere. Va affrontato alla radice: con interventi di polizia internazionale, laddove vi siano dei conflitti in corso; e con interventi di solidarietà economica per creare condizioni di vivibilità, laddove mancano le basi elementari per uno Stato moderno. Questo richiede coraggio e una visione altruistica che l’Europa dei contabili finora ha dimostrato di non possedere. Finché in redazione arriveranno immagini come questa, Maastricht resterà un alibi, non una vittoria.

 

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