La sintesi del n.3 di Concilium sull'ordinazione delle donne I N D I C E EDITORIALE 13.1 Promulgazione Ordinatio Sacerdotalis 14.1 Pronunciamento di Ratzinger sa favore del carattere infallibile del documento 14.2 Questo documento costituisce un attentato all’integrità della Chiesa 14.3 Quali interrogativi pone il documento alla coscienza dei cattolici 16.1 Di che cosa trattano i vari articoli di Concilium 16.2 HERMANN HARING: Posizione di Roma coerente con la propria visione di chiesa 16.3 ISABEL GOMEZ ACEBO: ruolo passivo dei laici 16.4 LEONARDO BOFF: scontro tra ecclesiologie del Vat.II (chiesa-società e chiesa popolo di Dio) 16.5 GREGORY BAUM : riflessione teologica sul potere nella chiesa 17.1 MARY CONDREN: l’ideologia del sacrificio all’origine della discriminazione delle donne 17.2 SCHUSSLER FIORENZA: proposta provocatoria di ammettere al cardinalato le donne 17.3 MELANY MAY/HEDWIG MEYER-WILMES: nuovi modi di rappresentanza ecclesiale delle donne 17.4 MARY HUNT: creazione di nuove pratiche di ministero e della teologia 18.1 Invito a lottare per una chiesa più giusta HERMANN HARING: UNA FACOLTA’ NON CONCESSA DA GESU’? ANALISI DEL DOCUMENTO DI ROMA. 19.1 Una disputa scandalosa 20.1 Roma ha ottenuto il contrario di quanto si aspettava 20.2 Ideale di chiesa sotteso al documento 21.1 I punti cardine dell’ideologia: carattere sacramentale, simbolismo, infallibilità 22.1 L’ordinazione sacerdotale nel codice di diritto canonico 23.1 L’ambiguità del concilio ha facilitato la successiva rimozione dell’idea di chiesa come popolo di Dio. 24.1 Critica alla concezione tradizionale del sacramento nel documento 25.1 concezione di sacramento contraria al Nuovo Testamento 25.2 Il compito di insegnare, santificare e governare è di tutti 26.1 Con la sacralizzazione tentativo di sottrarsi alla critica 27.1 Il documento presuppone una cristologia dall’alto: segno sacramentale personalizzato. 29.1 Personalizzazione come mezzo per sottrarsi alla critica 29.2 Ragioni di convenienza per escludere la donna dal sacerdozio. Motivo: Gesù non lo avrebbe fatto. 30.1 Critica alla tesi di "Gesù non ha ordinato donne" 32.1 La rappresentanza come categoria del genere sessuale 33.1 Critica all’antropologia papale quale emerge dalla Mulieris Dignitatem 33.2 Argomentazione contro la concezione maschilista della divinità 38.1 Passaggio da argomentare ad imporre 39.1 Normatività ultima 40.1 Necessità di superamento della bipartizione kyriocratica della realtà ecclesiale ISABEL GOMEZ ACEBO – IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI 42.1 Imposizione dell’obbedienza, negazione del diritto alla differenza 43.1 Nostalgia per una cristianità uniforme 44.1 Lettura faziosa della Bibbia 46.1 La chiesa di Gregorio XVI contro la libertà di coscienza 47.1 Incoraggiata la papilatria, scoraggiati i teologi che promuovono ecclesiologie di comunione 52.1 Pratica delle denunce anonime contro le opere dei teologi scomodi 54.1 Massa apatica dei laici 54.2 Vengono penalizzati i teologi più creativi LEONARDO BOFF – LA VISIONE INCOMPLETA DEL VATICANO II (EKKLESIA: GERARCHIA O POPOLO DI DIO?) 55.1 Due ecclesiologie a confronto nella Lumen Gentium del Vat.II 56.1 Genesi del processo storico di affermazione dei due modelli di chiesa 56.2 Communio hierarchica: un malriuscito tentativo di sintesi fra due ecclesiologie conflittuali 56.3 Il germe di un superamento futuro della contrapposizione tra le due ecclesiologie 57.1 Analisi dei passaggi: chiesa-sacramento--> chiesa popolo di Dio--> struttura gerarchica 57.2 Relazione conflittuale gerarchia – popolo di Dio 57.3 Possibilità di superamento del conflitto 58.1 Analisi della categoria "Popolo di Dio" 59.1 Una chiesa che discrimina i laici e le donne non può chiamarsi popolo di Dio 59.2 La chiesa, società gerarchizzata di potere sacro 60.1 Potere sacro trasmesso gerarchicamente 60.2 Critica a questo modello di chiesa "gerarcologia" 60.3 Sacerdozio ministeriale e sacerdozio dei fedeli: profonda diseguaglianza di realtà 61.1 Questa ecclesiologia produce divisione. 61.2 Ecclesiologia come ideologia funzionale al potere 61.3 Communio: categoria ponte fra le due concezioni conflittuali di chiesa 62.1 Secondo la concezione chiesa-società è la gerarchia a creare il Popolo di Dio 62.2 Communio hierarchica: un tentativo di sintesi mal riuscito 63.1 Una visione coerente di chiesa (comunità di persone, di doni e di servizi) che elimina i conflitti gerarchia – laici 63.2 La comunità costituisce la realtà fondativa 63.3 Chiesa carismatica 64.1 Gerarchia come stato carismatico 64.2 Carisma dell’unità 64.3 Essenza del sacerdozio ministeriale: integrazione dei carismi 65.1 Chiesa gerarchica come carisma permanente 65.2 Situazione odierna di divisione del corpo ecclesiale 65.3 Ragioni per abbandonare l’ecclesiologia societaria e gerarchica: l’attuale emarginazione della donna GREGORY BAUM - RIFLESSIONI TEOLOGICHE SUL POTERE NELLA CHIESA 66.1 Sforzo attuale del Vaticano di fare della chiesa una monarchia ecclesiastica dotata di poteri didattoriali 67.1 Le diverse strategie in atto per attuare il disegno monarchico. 68.1 Politica romana degli ultimi due decenni contro il Vaticano II 68.2 Mentalità assolutistica del papato 68.3 Metodi repressivi nei confronti dei cattolici critici 69.1 L’attrattiva verso una scelta anarchica 70.1 Alleanza del governo ecclesiastico con i poteri mondani 71.1 Necessità di un governo ecclesiastico 72.1 Rapporto dialettico fra le tre autorità ecclesiali: gerachia, teologi, popolo 72.2 Elogio delle norme approvate dal magistero nel concilio Vat.II 72.3 Deriva del potere papale verso uno stile di potere assolutistico 73.1 Necessità di equilibrio fra spinte alla centralizzazione e alla decentralizzazione del potere 73.2 Condanna delle limitazioni imposte da Roma all’autonomia dei vescovi 74.1 Chiesa segnata dal principio dell’incarnazione 74.2 L’incarnazione supera la distinzione sacro – profano propria dell’Antico Testamento 74.3 Reinterpretazione dei sacramenti alla luce dell’incarnazione 74.4 Interpretazione tradizionale dei sacramenti 75.1 Tendenza del sacro a gonfiarsi 76.1 Potere e burocrazia: la forza autonoma della burocrazia 76.2 Il buon governo della chiesa 76.3 La corretta teologia della liturgia 77.1 L’attuale degenerata idea del sacro 77.2 Limiti al potere nella chiesa MARY CONDREN LA TEOLOGIA DEL SACRIFICIO E LA NON ORDINAZIONE DELLE DONNE. 79.1 Esclusione delle donne dal sacerdozio: un’eresia 80.1 Conflitto fra Profeti e Sacerdoti 81.1 Teologia del sacrificio ed interdizione dell’ordinazione alle donne 83.1 Gli effetti negativi della teologia del sacrificio 85.1 Logica sacrificale: per rafforzare la propria identità occorre demonizzare l’altro 86.1 L’Altro come proiezione del male che c’è in noi 87.1 Il meccanismo del capro espiatorio ELISABETH SCHOSSLER FIORENZA – "IL RE E’ NUDO" VISIONE ECCLESIALE DEMOCRATICA E AUTORITA’ KYRIOCRATICA ROMANA. 92.1 Secondo la chiesa è la monarchia e non la democrazia lo stile di governo più conveniente per la chiesa 93.1 La teorizzazione della kyriarchia 94.1 Laico come termine spregiativo. Falso concetto di eguaglianza 95.1 Una inesistente tradizione di Gesù che proibisce l’ordinazione delle donne 96.1 Ad tuendam fidem: l’ultimo attacco della chiesa alla libertà di ricerca, pensiero, espressione 98.1 Nulla osta per la richiesta di donne cardinali HERMANN HAERING – RIFLESSIONE CONCLUSIVA (POTERE DELLE DONNE – FUTURO DELLA CHIESA) 167.1 Per alcune teologhe il divieto di ordinare le donne al sacerdozio è una cosa che non le interessa più 167.2 Ricerca di nuove forme di partecipazione, comunicazione, diaconia, guida ecclesiale 168.1 Le donne avanguardia del dialogo ecumenico e interreligioso 168.3 Segni dei tempi 169.1 Inculturazione e critica dell'ideologia 170.1 . Dovere incondizionato 171.1 Riforma e trasformazione 172.1 Offerta alla chiesa Principali contenuti d egli articoli EDITORIALE 13.1 Promulgazione Ordinatio Sacerdotalis · 14.1 Pronunciamento di Ratzinger sa favore del carattere infallibile del documento · Il 18 novembre 1995, la Congregazione per la dottrina della fede insiste sul fatto che tale insegnamento è "fondato nella parola di Dio scritta", è stato "costantemente conservato e applicato nella tradizione della chiesa fin dall'inizio" ed è stato "proposto infallibilmente dal magistero ordinario e universale".14.2 Questo documento costituisce un attentato all’integrità della Chiesa · Il problema in questione non è più un "problema della donna", ma la questione va direttamente al cuore della chiesa e riguarda l'integrità stessa della chiesa e della teologia.14.3 Quali interrogativi pone il documento alla coscienza dei cattolici · Che tipo di autocomprensione teologica ed ecclesiale emerge nel divieto dell'ordinazione delle don/ne?· Com'è il discorso romano del potere costituito e qual è la sua forza motivante?· Qual è la posizione ideologica sociale di questo divieto categorico e quali sono le sue conseguenze teologiche?· Perché Roma ricorre a strategie di censura e di repressione invece che al dibattito e alla persuasione?· Quali sono le paure che continuano a motivare l'esclusione delle don/ne dal sacro?· L'autocomprensione e la guida ordinata della chiesa romano-cattolica si definisce inevitabilmente nella cittadinanza di seconda classe delle don/ne e attraverso di essa?· Che cosa rende teologicamente accettabile sostenere che le don/ne non possono rappresentare Cristo, l'Uomo?· Che cosa rende teologicamente ammissibile affermare che le don/ne non possono essere ordinate perché Gesù non ha ordinato don/ne, anche se è storicamente ben documentato che Gesù non ordinò nessuno?· Quali sono le disquisizioni educative e istituzionali che insistono e assicurano che il ministero ordinato deve essere esclusivamente maschile?· Perché i vescovi collaborano riducendo al silenzio teologi ed intere comunità ecclesiali che sollevano queste domande?· E’ la mancanza di fede a spingere sempre il Grande Inquisitore a dominare, o è la paura delle don/ne al potere a fornire agli uomini che stanno in Vaticano le ragioni del loro atteggiamento?· Perché mai la lotta per la piena cittadinanza delle don/ne nella chiesa provoca una tale fortissima misoginia?· Perché i vescovi di tutto il mondo non hanno assunto una posizione ufficiale contro la politica romana di potere, che è così distruttiva della ekklésía?
16.2 Di che cosa trattano i vari articoli di Concilium · Gli articoli di questo numero di Concilium sono centrati sulla questione del potere e dell’autocomprensione teologica della chiesa di Roma16.2 HERMANN HARING: Posizione di Roma coerente con la propria visione di chiesa · HERMANN HARING dimostra che la posizione di Roma è teologicamente complessa ma coerente. La chiesa è intesa come una chiesa sacramentale, che è gerarchicamente strutturata, fissata sul genere maschile e ordinata in maniera monocratica. Questa concezione kyriocratica della chiesa è insegnata e rafforzata come se fosse infallibile.16.3 ISABEL GOMEZ ACEBO: ruolo passivo dei laici · sottolinea con una citazione di Pio X: "La moltitudine non ha altro dovere che lasciarsi guidare e di seguire, come un docile gregge, i suoi pastori".16.4 LEONARDO BOFF: scontro tra ecclesiologie del Vat.II (chiesa-società e chiesa popolo di Dio) · LEONARDO BOFF prende in esame lo scontro di ecclesiologie che si evidenzia nel problema della non-ordinazione dì don/ne., e fa risalire la visione di chiesa come il popolo di Dio al concilio Vaticano II.16.5 GREGORY BAUM : riflessione teologica sul potere nella chiesa · presenta una riflessione teologica sul potere nella chiesa e sostiene una vitale dialettica suscitata e ingenerata dallo Spirito fra tre autorità magisteriali distinte, l'autorità della gerarchia, l'autorità dei teologi, e l'autorità del popolo, autorità che non sono parallele ma intrinsecamente correlate.17.1 MARY CONDREN: l’ideologia del sacrificio all’origine della discriminazione delle donne · afferma che non è un caso che le donne siano escluse dal potere sacro mediato attraverso l’ordinazione in chiese che sono formate dalla cultura teologica del sacrificio (che demonizza il diverso).17.2 SCHUSSLER FIORENZA: proposta provocatoria di ammettere al cardinalato le donne l'ufficio cardinalizio non può avere riscontro nella Scrittura e nella tradizione apostolica per la sua legittimazione, quindi sarebbe perfettamente legittimo ammettervi le donne. 17.3 MELANY MAY/HEDWIG MEYER-WILMES: nuovi modi di rappresentanza ecclesiale delle donne · MELANY MAY non solo ripercorre le fasi della lotta globale per il "posto delle don/ne" nella società e nella religione, ma evidenzia anche le pratiche ecumeniche delle don/ne per la trasformazione.· In maniera analoga HEDWIG MEYER-WILMES non affronta la questione dell'ordinazione come una materia dogmatica, ma piuttosto la colloca all'interno dei dibattiti politico-culturali sulla modernità e la postmodernità.
17.4 MARY HUNT: creazione di nuove pratiche di ministero e della teologia · proclama: "Noi don/ne siamo chiesa". Piuttosto che sostenere una modifica delle strutture esistenti, ella descrive minutamente i diversi modi in cui le don/ne romano-cattoliche rivendicano la propria autorità di creare e formare nuove e stimolanti pratiche di ministero e della teologia.18.1 Invito a lottare per una chiesa più giusta · incoraggiamento ai lettori a rivendicare la propria autorità spirituale come ekk1ésia e a continuare la lotta per una chiesa più giusta, cioè veramente cattolica e capace di apprezzare i talenti e i carismi spirituali di tutti i suoi membri per la creazione di comunità e di società di giustizia.
HERMANN HARING: UNA FACOLTA’ NON CONCESSA DA GESU’? ANALISI DEL DOCUMENTO DI ROMA. 19.1 Una disputa scandalosa · Per molte cattoliche e molti cattolici si è trattato di una tra le più strane e scandalose dispute promosse da Roma in questi ultimi anni. In tal modo Roma ha inaugurato una tra le più infelici battaglie della fine dell'età moderna, raggiungendo in Europa occidentale, in Nord America e in America Latina proprio il contrario di ciò cui essa mirava.· Quel dibattito, che si voleva assopire, si è fatto oggi molto aspro, con ondate dì indignazione che soltanto di rado si sono levate tanto alte.· Mai si è contestata con questa chiarezza da parte dei teologi una decisione di Roma, e mai come ora le teologhe hanno potuto contare nella chiesa cattolica su una così vasta solidarietà maschile.· La critica si è estesa agli schieramenti conservatori creando insieme disagio anche tra molti vescovi.20.1 Roma ha ottenuto il contrario di quanto si aspettava · Tutto ha preso inizio da una lettera apostolica di non più di 1000 parole dal titolo ingannevole: 'L’ordinazione sacerdotale" (Ordinatio sacerdotalis), ma nella dizione strettamente romana andrebbe tradotto come "La non-ordinazione delle donne".· Si voleva spazzar via soltanto l'ultimo dubbio e invece si è fatto affiorare quanto grandi e insuperabili siano nel frattempo diventati i dubbi che investono la stessa posizione romana.20.2 Ideale di chiesa sotteso al documento · Ma come si è potuti arrivare ad una decisione sbagliata così gravida di conseguenze? Sullo sfondo troviamo - dal punto di vista formale una immagine di chiesa e società complessa e, per certi aspetti, anche solida.· Sempre sul piano formale, teologi di rango elevato si richiamano ad argomentazioni teologiche ben ponderate e in sé concluse. La loro immagine dell'essere umano e della donna, l'interpretazione che danno del messaggio cristiano e l'idea che prospettano di una chiesa ben compaginata, tutto questo concorre alla formazione di un preciso paradigma.· Per loro questa chiesa si rispecchia nell'ideale di una realtà sacramentalmente centrata, che è strutturata in modo gerarchico e monocraticamente ordinata, e che viene amministrata in nome di Cristo da maschi.21.1 I punti cardine dell’ideologia: carattere sacramentale, simbolismo, infallibilità · Nel mio intento di critica dell'ideologia qui vorrei estrapolare dalla lettera appena menzionata alcuni punti di vista che ci aiuteranno a chiarire la gravità teologica della situazione e che riguardano: I) il carattere sacramentale dell'ordinazione; II) il simbolismo, vincolato al genere sessuale, del sacerdozio tradizionale; III) la pretesa di decidere in modo infallibile .22.1 L’ordinazione sacerdotale nel codice di diritto canonico · Generalmente i testi del diritto canonico non fanno uso di una terminologia di tipo sacrale, come del resto pure nel Nuovo Testamento si evitò il concetto di "sacerdote" (hieréus), perché ciò che soprattutto importa è il conferimento giuridico di una "ordinazione" (ovvero l'essere integrati in un "corpo costituito".· Nel Codice di diritto canonico troviamo poi il can. 1024, famigerato per quanto attiene l'ordinazione delle donne: "Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile".· Poiché questo, che è il più corto di tutti i canoni, non è ac compagnato da una ulteriore fondazione, risulta chiara l'arbitraria determinazione decisionistica da cui è scaturito, che si coglie anche nel confronto con gli altri paragrafi, dal carattere meramente funzionale.· Sì descrive poi in maniera tradizionale corretta la funzione comune di questo triplice ufficio secondo la triade di "insegnare", "santificare" e "governare", dove quelle dell'insegnamento e della guida sono senz'altro azioni che coinvolgono sul piano esistentivo, ma non necessariamente da inquadrarsi in un rapporto di tipo sacramentale o sacrale.· Perché mai le donne qui dovrebbero essere considerate meno capaci degli uomini?23.1 L’ambiguità del concilio ha facilitato la successiva rimozione dell’idea di chiesa come popolo di Dio.
· Come indica L. Boff, il problema sta nel fatto che non si era ancora in grado dì scegliere tra due visioni ecclesiologiche. Ebbene nella Ordinatio sacerdotalis la decisione è presa, e in modo chiaro, come già nell'Inter insigniores del 1976, documento che aveva precedentemente argomentato in materia.· A partire dal sinodo dei vescovi del 1985 la chiesa è sempre più esclusivamente intesa come "mistero", e quindi unilateralmente sacralizzata, mentre da parte ufficiale si tende, pur con ogni cautela, a rimuovere l'idea di popolo di Dio.· Nel quadro di questa nuova impostazione si riprende a vedere anche l'ordinazione in un'ottica delineatasi nel corso dei secoli.24.1 Critica alla concezione tradizionale del sacramento nel documento · Diversamente da quel che si osserva nella Scrittura (la quale conosce un battesimo, una eucaristia e la remissione dei peccati), si elencano di fila, paratatticamente, sette sacramenti definiti, senza nemmeno accennare al differente modo in cui questi sette riti vengono percepiti e al differente significato che essi assumono. E così un concetto dinamico di sacramento viene soppiantato da uno di tipo essenzialistico.· Dei sacramenti si parla in modo astorico; per la questione della loro legittimità è interessante, e sempre più problematica, unicamente un'eventuale "istituzione da parte di Gesù Cristo". Il che condiziona fatalmente il modo di argomentare di Roma.· Compresse in termini squisitamente giuridici, le categorie centrali per valutare l'efficacia di un sacramento sono quelle del "potere sacro" e della sua trasmissione rituale ininterrotta da persona (!) a persona (!). Ciò che qui sta al centro non è stabilire se e in che modo un sacramento possa essere "segno della vicinanza di Dio", ma sono le persone. Problemi legati all'esercizio del potere ed al diritto fanno perdere di vista le prospettive teologiche, come quelle del sacerdozio universale dei fedeli o della fine di ogni sacerdozio in Gesù Cristo (Eb 7-9).· Dove tutto dipende da una trasmissione continuativa del potere sacramentale, l'ordine conserva un significato centrale per tutti gli altri sacramenti. L'ordine diventa la "fonte" degli altri sacramenti, dato che soltanto le persone ordinate possono o devono amministrare sacramenti e trasmettere i poteri di cui esse dispongono.· Sono proprio questi quattro punti a conferire all'argomentazione di Roma uno stile monolitico e livellante, che non concede spazio a differenziazioni di contenuto.25.1 concezione di sacramento contraria al Nuovo Testamento · Quello di "sacramento" è stato nel frattempo riconosciuto come un superconcetto inservibile; l'istituzione da parte di Gesù Cristo vale in ogni caso per il battesimo e l'eucaristia; pensare per categorie dì potere tradisce interessi gerarchici, che non necessariamente sono quelli cristiani; fissarsi sull'ordine come premessa di tutti gli altri sacramentì capovolge la prospettiva originaria del Nuovo Testamento.25.2 Il compito di insegnare, santificare e governare è di tutti · Il compìto di insegnare, santificare e governare presenta innanzitutto una dimensione funzionale; le qualità della catechesi, della guida della comunità o dei servizi di tipo diaconale non possono certo venire derivate dalle proporzioni di una iniziazione sacrale.26.1 Con la sacralizzazione tentativo di sottrarsi alla critica · Che cosa dobbiamo precisamente intendere per mistero di Cristo o mistero della chiesa? Questo significa sacralizzare in tutta fretta le istituzioni e le disposizioni giuridiche, fino alle prerogative del papa, sottraendole ad ogni critica?27.1 Il documento presuppone una cristologia dall’alto: segno sacramentale personalizzato. · Il documento presuppone una cristologia dall'alto e quindi privilegia un'immagine gerarchica della chiesa.· Ne consegue inevitabilmente un'alta teologia dei ministeri, dove il segno sacramentale non viene più riferito a eventi fondamentali (lavare, mangiare, perdonare, ungere), né valutato obiettivamente in base alla (qualità della) dottrina, della santificazione o del governo, ma è personalizzato.Ora le persone diventano segno. Segno di che cosa?· Una citazione di Pio XII rende ancor più pregnante l'idea: "E’ il medesimo Sacerdote, Cristo Gesù, di cui realmente il ministro fa le veci. Costui se, in forza della consacrazione sacerdotale che ha ricevuto, è in verità assimilato al Sommo Sacerdote, gode della potestà di agire con la potenza dello stesso Cristo che rappresenta (vírtute ac persona ipsíus Christi)" (n. 1548).· E’ un concetto patetico, che però mostra il traviamento ideologico cui esso si presta, se il Catechismo lo traduce in una immagine che potremmo qualificare quasi blasfema e che merita tutta la nostra critica: "Secondo la bella [!] espressione di sant'Ignazio di Antiochia, il vescovo è "typos tú Patrós", è come l'immagine vivente di Dio Padre (Trall. 3,1)" (Vedi Catechismo della Chiesa cattolica, n.1549).· Su questo sfondo si profila abbastanza chiaramente il vero problema del modo di argomentare di Roma. La metafora dell'"agire nella persona di Cristo" potrà andar anche bene quando si tratta della celebrazione eucaristica: si può dire che chi spezza il pane lo fa rappresentando Gesù sull'altare. Ma è una metafora che non consente di essere assolutizzata o personalizzata.29.1 Personalizzazione come mezzo per sottrarsi alla critica · Chi come persona (e non soltanto in certe sue azioni) rappresenta la persona di Cristo in modo così totale e senza distinguersi dalla sua persona, anzi diventando quasi immagine del Padre, costui non solo si rende inattaccabile ma anche signore assoluto di ogni sua azione.· Egli dispensa salvezza per il solo fatto che agisce. Può intendere validamente la propria potestà semplicemente perché intende se stesso.· In termini ideologici potremmo anche dire che il ministro, legittimato in tale modo e che può proporsi addirittura come lo stesso Cristo, vive in se stesso e per se stesso. Delegittima a priori qualsiasi critica che gli venga mossa dal basso, a partire cioè da compiti e funzioni concreti, abusi ed attese, situazioni di oppressione e dì ingiustizia. Il ministero che egli esercita diventa tabù, sovranità dispotica, per quanto lo avverta personalmente come un peso ed un compito.· Il ministro ordinato agisce, quindi, nella persona di Cristo. L'attuale teologia di curia riduce il problema del ministero ecclesiastico a questo asserto autocelebrativo ma anche vuoto. L'ufficio ecclesiastico è presentato come una dignità che aleggia al dì sopra di tutte le condizioni concrete. Al tempo stesso, però, è una dignità talmente generalizzata che la potrebbero assumere tutti i battezzati. Certo, tutti ne siamo indegni, ma partecipiamo pur sempre, in forza del nostro battesimo, al sacerdozio universale. E questo è un motivo in più per sorprenderci che si possano trovare ragioni che giustifichino l'esclusione delle donne.29.2 Ragioni di convenienza per escludere la donna dal sacerdozio. Motivo: Gesù non lo avrebbe fatto. · Una ragione ci sarebbe per escludere la donna dal sacerdozio: quella della consuetudine. La chiesa, si sostiene, non ha mai ordinato donne. Motivo: Gesù non lo ha fatto.· Sorprendente è un'argomentazione di tipo storico che la Inter insignìores sviluppa e l'ultimo documento succintamente ripropone: Gesù stesso, che ha una grande attenzione per le donne - diversamente dall'ambiente giudaico del tempo - e che ne esalta la dignità, mostrando soprattutto un grande rispetto e tributando tanto onore a sua Madre, non ha chiamato nessuna donna a far parte del collegio dei Dodici.· E se non lo ha fatto lui, pur così amico delle donne, vuol dire che egli intendeva mostrare una sua precisa intenzione al riguardo. Gesù "ha agito in modo del tutto libero e sovrano. Ciò ha fatto con la stessa libertà con cui, in tutto il suo comportamento, ha messo in rilievo la dignità e la vocazione della donna, senza conformarsi al costume prevalente e alla tradizione sancita dalla legislazione del tempo".· Secondo entrambi i documenti, questo atteggiamento troverebbe continue conferme, in Paolo come negli Atti degli Apostoli: il primo che esorta la donna al silenzio, l'autore degli Atti che racconta soltanto di ordinazioni di uomini.30.1 Critica alla tesi di "Gesù non ha ordinato donne"
· Questa argomentazione ha provocato un'ampia e unanime critica.· E’ interessante osservare che nel 1976 la Pontificia Commissione Biblica non è giunta alle conclusioni che la Congregazione per la dottrina della fede si auspicava. Tra l'altro essa ha qualificato la stessa problematica come anacronistica. Così la Congregazione per la dottrina della fede si è costruita le proprie argomentazioni.· Innanzitutto si deve valutare il valore storico dell'affermazione. I documenti - come le esegete e gli esegeti sono concordi nel rilevare - non distinguono tra il collegio dei Dodici, il gruppo della fine dei tempi con funzione di rappresentatività, ed i successivi capi preposti alle comunità.· Gesù, il quale ha chiamato a far parte del collegio dei Dodici soltanto uomini, non ha "ordinato" le guide successive e se lo avesse fatto, ordinando ad esempio gli apostoli, non si sarebbe certo trattato di un sacramento nel senso classico del termine.· Il fatto che la prima lettera ai Corinzi (14,34) si pronunzi perché le donne tacciano non ha nulla a che vedere con il problema della guida delle comunità.· E mentre Roma, da un lato, mette in tutto rilievo il fatto che l'imposizione delle mani viene fatta da uomo a uomo (Atti degli Apostoli), dall'altro essa relega nell'ombra la presenza di apostole (Gv 4,25; Rm 16,7) e donne di spicco nel primo cristianesimo.· Ragionare in questo modo non è onesto, non è quindi accettabile e nemmeno scusabile come segno dì scarsa attenzione, dopo trent'anni di approfondimenti in materia. Ma il problema ancor più profondo si è venuto a profilare già all'inizio della discussione.· Supponiamo - per impossibile - che Gesù avesse ordinato soltanto uomini. Ebbene, che cosa ne seguirebbe? La stessa stampa, contestando le posizioni della Inter insigniores, portava il ragionamento all'assurdo: se per le ragioni addotte i sacerdoti possono essere solo di sesso maschile, allora devono essere anche sposati, magari ebrei dalla parlata aramaica, forse pescatori, burberi e barbuti? Certo è comunque che non rientrerebbero in questa categoria gli appartenenti al ceto borghese, con un'istruzione superiore e un posto nella società! E, soprattutto, il successore di Pietro dovrebbe essere sposato!· L'argomentazione e la stupefacente fede che la rende convincente tradiscono un pregiudizio ed un'intenzione.· Il pregiudizio sta nel fatto che l'onere della prova spetterebbe a chi sostiene il diritto di ordinare donne, dovendo far salvo il can. 1024. Solo a questo patto un modo di ragionare tanto strano può avere un qualche minimo senso.· E l'intenzione è che il divieto all'ordinazione delle donne trova conferma in un richiamo a Gesù, quindi in una prova affatto semplice e che colpisce la nostra immaginazione. Che cosa c'è di più facile del dire: se Gesù non lo ha fatto, nemmeno oggi sarà consentito?· Ma questo modo di ragionare è astorico e assolutamente arbitrario, se non altro per coloro ai quali oggi il divieto di ordinare donne non ha più alcun senso né plausibilità.· Il problema non sta nel sapere - volendo argomentare in modo "storico" e quindi anacronistico - che cosa Gesù ha fatto a suo tempo, ma che cosa egli farebbe ai nostri giorni.32.1 La rappresentanza come categoria del genere sessuale
· Ma anche qui troviamo un problema. I sostenitori della linea romana non considerano questa argomentazione come una prova logicamente stringente, ma si limitano a rivendicare per sé una migliore coscienza ermeneutica. E’ quello che nella teologia tradizionale va sotto il nome dì "argomento di convenienza".· L’Ordinatio sacerdotalis parla soltanto di "ragioni", di "convenienza", e rinvia ad una più ampia "antropologia teologica".33.1 Critica all’antropologia papale quale emerge dalla Mulieris Dignitatem · L’antropologia papale è deludente e perfino scandalosa, appunto perché da un lato è molto vicina ad un’impostazione antropologica riconciliata e integrale, e dall’altro fallisce su un punto decisivo.· Nella Mulieris dignitatem ciò balza in assoluta evidenza: in ultima analisi qui non si conosce un simbolismo che unisce tutti gli esseri umani, ma soltanto – e proprio in rapporto a Dio – quello che si basa sull’antagonismo di uomo e donna.33.2 Argomentazione contro la concezione maschilista della divinità · Si ha come l’impressione che per la teologia curiale i preti debbano essere di sesso maschile non perché Gesù era in tutta evidenza un uomo, ma in quanto il Redentore dell'umanità poteva solo essere uomo al maschile. E qui si dimentica che, secondo la Bibbia:- l'essere umano è stato "creato uomo e donna", - immagine di Dio viene qualificato l'essere umano (non l'uomo o la donna), - il "sacerdozio particolare" dei ministri è incondizionatamente collocato all'interno del "sacerdozio universale dei fedeli" (cui partecipano allora anche le donne), - in Gesù Cristo non sono state fondate, ma piuttosto superate in modo definitivo tutte le differenze condizionate del genere sessuale (Gal 3,28). - Tutto ciò stride fortemente con l'idea di un sacro potere dei maschi e svela il vero carattere della conclamata dignità della donna come ideologia non cristiana e al tempo stesso disumana. Nemmeno davanti a Dio la dignità è passibile di divisioni. - Concepire la rappresentanza di Dio come categoria del genere sessuale significa non aver ancora superato, nemmeno tendenzialmente, un proprio androcentrismo non cristiano. 38.1 Passaggio da argomentare ad imporre
· Nei primi tre paragrafi del documento si argomenta, nel quarto si decreta che, d'ora in poi, non sono consentite ulteriori discussioni in materia. In altre parole, le stesse argomentazioni addotte servono, nel quadro di un'ermeneutica istituzionale, non per ragionare ma per introdurre alla posizione che si è assunta.· Il minimo che si dovrebbe pretendere è che le decisioni del magistero ecclesiastico (universale) rispettino le condizioni di una vera communio, e quindi conservino una base democratica. In nessun caso possono essere considerate normative delle decisioni che - come nel nostro caso - non risultino integrate nell'esperienza e nei diritti della metà dei fedeli.39.1 Normatività ultima · Roma e il magistero del collegio dei vescovi non hanno bisogno, in fatto di ordinazione di donne, di farsi spiegare alcunché dalle teologhe. Secondo l'autointerpretazione del magistero ufficiale questo documento si spiega da solo e la decisione presa, nella sua sostanza, non viene più sfiorata da argomenti a favore o contro.· Ci riesce difficile capire un assolutismo del genere, comunque ancora accettato dalla maggioranza dei teologi cattolici "istituzionalizzati". E lo si vede in tutta evidenza soprattutto quando si tratta dell’"infallibilità ordinaria".· Certo, con la sua dichiarazione Ratzinger non ha assegnato all'Ordinatio sacerdotalis il carattere di documento infallibile; né lo poteva fare. Egli si è limitato a richiamare all'attenzione, in tutta chiarezza, ciò che già il concilio Vaticano Il stabiliva riguardo al magistero ordinario.· Ne consegue che, in sostanza, il divieto di ordinare donne e l'invalidità di un'eventuale loro ordinazione rientrano tra le verità infallibili, che non hanno alcun bisogno di ulteriore sanzione.· Per la dottrina romana la ragione è molto semplice: la non-ordinazione delle donne è stata ed è una dottrina che il corpo dei vescovi "conservanti il vincolo della comunione tra di loro e col successore di Pietro" propone come normativa, definitiva (cf. Lumen gentium 25).40.1 Necessità di superamento della bipartizione kyriocratica della realtà ecclesiale · Non si tratta soltanto di sapere se pure le donne possano "insegnare, santificare e governare", ma se sia finalmente giunto il tempo che segna il superamento della bipartizione kyriocratica della realtà ecclesiale. La chiesa deve alla fine essere - senza riserve di alcun genere - comunione di credenti.
ISABEL GOMEZ ACEBO – IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI 42.1 Imposizione dell’obbedienza, negazione del diritto alla differenza · Sono note le parole di Pio X che si collocano sulla stessa linea: "La moltitudine non ha altro dovere che lasciarsi guidare e di seguire, come un docile gregge, i suoi pastori". Sono testi per i quali la semplice possibilità dell'esistenza di voci diverse da quella ufficiale è impensabile.· La mancanza di argomenti viene compensata dal dogmatismo e dall’imposizione.· Il problema è grave perché si tende a tacciare come, opposizione o, peggio, eterodossia tutto ciò che non nasce dall'alto.· Si giunge persino alla conclusione che l'esodo di molti gruppi dalla chiesa sia per questa un bene perché ha come effetto la purificazione del gregge e l'eliminazione della zizzania.· Dietro questo atteggiamento c'è la negazione del diritto alla differenza, il non vedere che essere diverso può non essere una minaccia all'unità ma un arricchimento.· Una cecità che è iniziata quando il particolarismo romano è riuscito a soppiantare tutte le altre chiese, pretendendone la romanizzazione; quando l'occidentalizzazione della missione ha eliminato i tratti specifici di ogni cultura; quando non si è stati in grado di comporre i conflitti e i seguaci di Cristo si sono trovati dispersi in varie chiese.43.1 Nostalgia per una cristianità uniforme · La nostalgia di una cristianità uniforme di fronte a un mondo globalizzato e diverso può fare desiderare l'imposizione.· E, tuttavia, i conflitti si risolvono meglio accogliendo le differenze, quando non sono fondamentali, dialogando e coltivando la pazienza; un atteggiamento che può avere la certezza che se si riesce a superare gli ostacoli si darà origine a una società che si ristrutturerà a livelli superiori di appartenenza e di consenso.44.1 Lettura faziosa della Bibbia · Già nella Bibbia si colgono numerose omissioni, tra queste i possibili racconti di vocazione delle donne che hanno seguito Gesù di Nazaret.· Inoltre, laddove appaiono, si è avuta la tendenza a togliere loro importanza. Da qui la resistenza ad ammettere che Giunia, apostolo, sia una donna o che le lapidi funerarie di donne con la dicitura presbitera possano riguardare donne che avevano nella comunità primitiva ruoli di guida.46.1 La chiesa di Gregorio XVI contro la libertà di coscienza · Nel 1832 Gregorio XVI nell'enciclica Mírari vos: "Assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire per ciascuno la libertà di coscienza".47.1 Incoraggiata la papilatria, scoraggiati i teologi che promuovono ecclesiologie di comunione · E’ provato che sono visti più di buon occhio coloro che fomentano una papilatria o esaltano l'autorità che coloro, come Leonardo Boff, che promuovono ecclesiologie di comunione o di maggiore partecipazione del laicato.52.1 Pratica delle denunce anonime contro le opere dei teologi scomodi · I tribunali di giustizia esigono che le querele contro le persone si facciano nominativamente e non ammettono cause anonime; una prassi che persino i giornali esigono per pubblicare le famose "lettere al direttore".· La maggior parte dei teologi messi a tacere in questo secolo lamentano di non avere mai conosciuto la fonte della denuncia e quindi di non aver avuto la possibilità di confronto a viso aperto (es. Rahner).54.1 Massa apatica dei laici · Questa politica repressiva ha prodotto la massa apatica dei laici di cui la gerarchia si lamenta. Non ci si può attendere da loro che aggiungano il lievito e il sale di cui la società ha bisogno.54.2 Vengono penalizzati i teologi più creativi · Nel mondo del XX secolo la maggioranza dei cittadini vive in regimi democratici che hanno sistemi tali che le voci possano essere ascoltate e una chiesa che si chiude alla partecipazione laicale è uno scandalo che allontana molti dalla fede.· Ritengo che la gerarchia non debba addomesticare coloro che le si ribellano, ma ascoltarli perché di solito sono i più creativi; cercare di convivere con essi esercitando la pazienza e la misericordia.· Ma la colpa non è solo dei capi, infatti vi sono persone che cercano di accelerare eccessivamente il cammino senza tenere conto che la chiesa è un collettivo molto grande in cui non tutti possono seguire il loro ritmo.
LEONARDO BOFF – LA VISIONE INCOMPLETA DEL VATICANO II (EKKLESIA: GERARCHIA O POPOLO DI DIO?) 55.1 Due ecclesiologie a confronto nella Lumen Gentium del Vat.II · Nel Vaticano Il, in particolare nella Lumen gentium, si trovano a confronto due paradigmi ecclesiologici: quello della chiesa-società e quello della chiesa-comunità; c'è indubbiamente la presenza di una ecclesiologia giuridica a fianco di una ecclesiologia comunionale.56.1 Genesi del processo storico di affermazione dei due modelli di chiesa · Tale confronto rappresenta due tradizioni storiche che hanno diviso i padri conciliari e continuano a dividere menti e cuori della chiesa fino ai nostri giorni, senza alcuna feconda prospettiva di sintesi.· Il primo paradigma, chiesa-comunità, ha predominato nel primo millennio; il secondo, chiesa-società, è prevalso nel secondo millennio.· I testi della fase preparatoria e della prima sessione del Vaticano II furono caratterizzati dall'affermazione della chiesa-società'.· Nella seconda sessione conciliare è emerso il paradigma della chiesa-comunità per prevalere poi al momento della revisione di tutto lo schema della Lumen gentium.56.2 Communio hierarchica: un malriuscito tentativo di sintesi fra due ecclesiologie conflittuali · Nella terza e ultima sessione, tuttavia, i fautori di entrambi i modelli si sono riorganizzati. Si è così avuto un forte scontro tra i due paradigmi. Non essendo arrivati a comune accordo, si è trovata una soluzione tipicamente cattolica: il mantenimento di tutt'e due, in forma però di semplice giustapposizione. Si è fatto, come vedremo, un fragile tentativo di articolare insieme modello societario e modello comunionale usando il termine communio hierarchica.56.3 Il germe di un superamento futuro della contrapposizione tra le due ecclesiologie
· Però nel corso delle discussioni si ebbero due riaggiustamenti significativi che, accolti nel testo definitivo della Lumen gentium, potrebbero indicare la via di una possibile sintesi futura.57.1 Analisi dei passaggi: chiesa-sacramento--> chiesa popolo di Dio--> struttura gerarchica · Si è posto in primo luogo, come capitolo iniziale, una riflessione sulla chiesa come sacramento-mistero. Si tratta di una visione eminentemente teologica, nel quadro di una visione trinitaria, storico-salvifica e di regno di Dio.· Tale visione intende superare in partenza le tensioni dei modelli storici di realizzazione della chiesa e afferma il significato permanente della chiesa come segno e strumento (= sacramento-mistero) di salvezza.· In secondo luogo, si è invertito l'ordine dei capitoli: il secondo capitolo - la costituzione gerarchica della chiesa, in particolare l'episcopato - è diventato il terzo, mentre il terzo - il popolo di Dio - è passato a secondo.· Questo spostamento è della massima importanza perché stabilisce una priorità del popolo di Dio sulla struttura gerarchica. Quest'ultima è in funzione di servizio al popolo di Dio. La categoria di popolo di Dio conferisce alla chiesa un carattere storico, di costruzione aperta, come una pellegrina nel tempo, in compagnia di altri popoli che camminano anch'essi verso Dio, e ricupera la dimensione biblica di chiesa nella prospettiva di alleanza e di missione.57.2 Relazione conflittuale gerarchia – popolo di Dio · Qual è la relazione tra gerarchia e popolo di Dio? E’ qui che emergono le tensioni, trattandosi di due opzioni di difficile convergenza.· In certi settori dominanti della chiesa esse vengono presentate come irriducibili e fonte di permanente conflitto teorico e pratico.· La categoria "popolo di Dio" viene letta alla luce della categoria "gerarchia" e così si elimina la novità introdotta dal Vaticano Il.57.3 Possibilità di superamento del conflitto · Noi siamo dell'idea che è possibile una sintesi nella linea del Vaticano II, a condizione però di andar oltre una lettura sostanzialistica del potere nella chiesa.· Vediamo le ragioni dell'una e dell'altra opzione e come incidano sul tema della politica di potere nella chiesa.58.1 Analisi della categoria "Popolo di Dio" · Bene hanno fatto i padri conciliari a porre la realtà del popolo di Dio prima della gerarchia. La categoria "popolo di Dio" ha il vantaggio di inglobare tutti i fedeli prima di qualsiasi differenziazione interna (chierici e laici). Ricollega organicamente sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale all'unico sacerdozio di Cristo (LG 10).· La chiesa nella sua istituzionalità storica sarebbe il sacramento del popolo di Dio segnalandosi così come popolo di Dio messianico.· L’intera concezione di "popolo di Dio" del Vaticano II è permeata dall'esigenza di partecipazione e di comunione di tutti i fedeli nel servizio profetico, sacerdotale e regale di Cristo (LG 10 -12), che si traduce nell'inserimento attivo nei vari servizi ecclesiali e nei carismi dati per la comune utilità (LG 12).59.1 Una chiesa che discrimina i laici e le donne non può chiamarsi popolo di Dio · Poiché si tratta di un popolo e non di una massa, esistono organi di direzione e di animazione, che sorgono però dall'interno del popolo di Dio, non sono al di sopra e al di fuori ma dentro e al servizio del popolo di Dio.· Una chiesa, ad esempio, dove i laici non possano partecipare al potere sacro, o dove le donne ne siano escluse a limine né abbiano parola nella comunità, dove le decisioni si concentrino nel corpo clericale, non può realmente e senza metafora chiamarsi popolo di Dio.· Vi manca quel minimo di partecipazione, di uguaglianza e di comunione senza il quale non nasce la realtà di popolo di Dio ma quella di una massa informe di fedeli, clienti di un centro di servizi religiosi e consumatori privati nel mercato di beni simbolici.· Popolo di Dio è una definizione concreta di chiesa e non una metafora solamente se sarà il risultato di una rete di comunità dove i fedeli partecipano, si distribuiscono tra loro le responsabilità, e vivono la realtà della comunione.
59.2 La chiesa, società gerarchizzata di potere sacro · L'altro paradigma di chiesa si trova nel terzo capitolo del la Lumen gentium, riguardante la gerarchia e in particolare l'episcopato. Si articola qui un altro tipo di riflessione, che è un corpo parallelo a quello precedente di "popolo di Dio".· L'idea principale non è la comunità e il popolo di Dio, ma Cristo e la gerarchia in senso giuridico. La categoria del "potere sacro" (sacra potestas) organizza la comprensione ecclesiologica prendendo a modello le relazioni che una società possiede col suo fondatore.· Paradigma referenziale risulta quindi la chiesa-società.60.1 Potere sacro trasmesso gerarchicamente
· Cristo, fondatore della chiesa, trasmette tutto il potere ai Dodici il cui ministero é "pascere e accrescere sempre più il popolo di Dio" (LG 18) insegnando, santificando e governando (LG 25-27).· Il collegio apostolico trasmette il potere ricevuto ai suoi successori in una ininterrotta linea storica. Questo potere sacro si ritrova in pienezza nel papa e nel collegio apostolico riunito, viene distribuito a cascata e gerarchicamente ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi.· Tutti ricevono questo potere sacro mediante il sacramento dell'ordine, formando un corpo speciale (corpus clericorum) distinto dall'altro corpo, quello dei laici (corpus laicorum: LC, l'intero cap. IV).60.2 Critica a questo modello di chiesa "gerarcologia" · Un simile modello di chiesa più che un'ecclesiologia è una gerarcologia. I membri della gerarchia hanno tutto, i fedeli nulla in termini di potere. Unicamente il diritto di ricevere. La gerarchia produce tutti i valori religiosi (quanto a parola, sacramento e guida) per il consumo da parte dei fedeli.· Si tratta di una società religiosa profondamente disuguale, monarchica e piramidale. Essa prolunga la prospettiva ecclesiologica del Vaticano I, incentrata sul potere supremo del papa, nel Vaticano II, completata dalla visione del vescovo, che rappresenta il papa, e del presbitero, che a sua volta rappresenta il vescovo (LG 28).60.3 Sacerdozio ministeriale e sacerdozio dei fedeli: profonda diseguaglianza di realtà · Due punti rendono teologicamente problematica questa visione. Il ministero viene concepito all'interno di una ontologia sostanzialistica, come dice chiaramente la Nota esplicativa previa alla Lumen gentium.· Lo stesso sacerdozio ministeriale differisce da quello dei semplici fedeli "di essenza e non soltanto di grado" (LG 10b). Non è più una disuguaglianza di funzioni, ma di realtà.· Il corpo ecclesiale, secondo questa visione, e costituito da due frazioni che compromettono l'unità della chiesa.· Coerentemente papa Gregorio XVI (18311846) afferma: "Nessuno deve ignorare che la chiesa è una società disuguale, nella quale Dio ha destinato alcuni come governanti, altri come servitori. Questi sono i laici, quelli sono i chierici". 1 princìpi ecclesiologici che sottendono questa affermazione si trovano per intero nel capitolo III della Lumen gentium.61.1 Questa ecclesiologia produce divisione · Una volta accettata questa visione, ci si domanda spontaneamente come essa si accordi con l'affermazione così centrale del capitolo I della Lumen gentíum (n. 4) e del decreto sull'ecumenismo (n. 2), secondo la quale l'unità della chiesa trova il suo supremo modello e principio organizzatore nell'unità della Trinità, la quale è sempre unità di tre Persone divine che, diverse tra loro, vivono in eterna uguaglianza di natura e di comunione.· Ciò che è errore nella teologia trinitaria non può essere verità nella teologia ecclesiologica.· Ogni gerarchia e subordinazione nella Trinità è errore. Non è invece errore ma ortodossia la gerarchia e la subordinazione nella chiesa. Una contraddizione del genere è teologicamente insostenibile.61.2 Ecclesiologia come ideologia funzionale al potere · Questo tipo di ecclesiologia rappresenta l'ideologia di quelli che detengono il potere nella chiesa. Essa è troppo contraddittoria per creare comunione e partecipazione tra tutti i fedeli.· Legalizza invece in maniera perversa l'emarginazione dei laici e l'esclusione delle donne.· Rappresenta così uno stato patologico da cui occorre guarire mediante una visione più conforme all'utopia di Gesù (cf. Mt 23,8-12) e teologicamente meglio fondata.61.3 Communio: categoria ponte fra le due concezioni conflittuali di chiesa · Esiste tuttavia nei testi conciliari una categoria che potrebbe servire da ponte tra visione societaria e visione comunitaria: quella di communio. Con questo termine vengono intesi tre livelli di comunione:a) la comunione ecclesiale (o spirituale), che risponde ai vincoli tra i battezzati e tra le varie chiese particolari; b) la comunione ecclesiastica, costituita dal legame tra le varie chiese locali con la chiesa di Rorna; c) infine, la comunione gerarchica, che significa il vincolo strutturale e organico tra tutti i membri della gerarchia tra di loro e di tutti con il capo, il papa. 62.1 Secondo la concezione chiesa-società è la gerarchia a creare il Popolo di Dio · Quest'ultima forma di comunione, gerarchica, è quella decisiva, poiché secondo Gianfranco Ghirlanda, che ha studiato minuziosamente il tema, "è la chiave di interpretazione della ecclesiologia proposta dalla Lumen gentium".· La ragione principale sta in questo: è la gerarchia che crea con la parola e con il sacramento il popolo di Dio.· Senza gerarchia non si avrebbe popolo di Dio, non si avrebbe comunità ecclesiale. Rimane qui chiaro che gerarchia viene in tesa fuori e al di sopra del popolo di Dio, essendone la causa e la guida.62.2 Communio hierarchica: un tentativo di sintesi mal riuscito · L'espressione communio hierarchica venne pensata per fare da ponte tra i due tipi di ecclesiologia. Prese dall'ecclesiologia del popolo di Dio la categoria communio e dall'ecclesiologia giuridica la categoria gerarchica.· Senonché questi sono termini che rifiutano di unirsi. La comunione non tollera gerarchia. Essa è il nome che indica uguaglianza, libera circolazione di vita e di servizio tra tutti.· La gerarchia, sostanzialisticamente intesa come avviene in questo tipo di ecclesiologia, introduce una rottura nella comunione, poiché stabilisce una disuguaglianza.· L'unica gerarchia valida è quella di funzioni, dal momento che non tutti possono fare tutto. Si dividono compiti e servizi, senza però spezzare l'unità di base dove tutti sono uguali e associati nella comunità.· L’espressione communio hierarchíca rappresenta un ponte interrotto; essa non unisce ciò che dovrebbe unire: popolo di Dio e gerarchia di servizi e doni.63.1 Una visione coerente di chiesa (comunità di persone, di doni e di servizi) che elimina i conflitti gerarchia – laici · Per gettare un ponte tra popolo di Dio e gerarchia occorre partire da quel minimo senza il quale non c'è chiesa.· Tale minimo è dato dalla definizione reale e non metaforica di chiesa come communitas fidelium.· La chiesa non è inizialmente un corpo sacerdotale che crea comunità, ma è comunità di coloro che hanno risposto con fede alla convocazione di Dio in Gesù mediante il suo Spirito. La rete di queste comunità forma il popolo di Dio, dal momento che il popolo di Dio risulta da un processo comunitario e partecipativo.· Dal seno della comunità sorgono le varie funzioni.· Alcune di carattere permanente, come la necessità di annunciare, di celebrare, di operare nel mondo, di creare coesione e unità dei fedeli e dei servizi; sorgono allora servizi di natura più istituzionale, perché rispondenti a necessità permanenti cui si attende meglio con l'istituzionalità delle funzioni;· Ne emergono anche altri più sporadici ma ugualmente importanti per l'animazione delle comunità: il servizio della carità, la preoccupazione verso i poveri, la promozione dei diritti e della giustizia sociale, ecc.· Questi vari carismi danno vitalità alla comunità, fanno sì che essa non sia solo organizzata e disciplinata ma soprattutto creativa e irradiatrice di speranza e di gioia, realtà tipicamente evangeliche.63.2 La comunità costituisce la realtà fondativa · Questo modo di intendere la chiesa assegna ai ministeri una nuova corretta collocazione. Il loro posto è nella comunità, mediante la comunità e per la comunità. La comunità costituisce la realtà fondativa, portatrice permanente del potere sacro, la exusía di Gesù.63.3 Chiesa carismatica · Con i Dodici Gesù non aveva in mente la gerarchia ma la comunità messianica. Animata dalla presenza del Risorto e dallo Spirito, è dal suo interno che scaturisce tutto ciò di cui essa ha bisogno per funzionare. V'è in essa una diversità di funzioni, di incarichi e servizi, che Paolo chiama carismi (cf. 1Cor 12 e Rm 12).· Il carisma non si colloca nell'ambito di una realtà straordinaria ma di quella comunitaria quotidiana.· Ogni cristiano è un carismatico nel senso che, dentro la comunità, ognuno ha il suo posto e la sua funzione: "Ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro" (1Cor 7,7); "a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune" (1Cor 12,7).64.1 Gerarchia come stato carismatico · I carismi fondano un principio strutturale nella chiesa. Non sono qualcosa che ci può essere ma che potrebbe anche non esserci. Al contrario, essi sono costitutivi della chiesa a tal punto che non esiste chiesa senza carismi (funzioni e servizi).· La gerarchia stessa è uno stato carismatico. Non prima della comunità né al di sopra di essa, ma al suo interno e al suo servizio.64.2 Carisma dell’unità · Se ognuno ha il suo carisma, dobbiamo allora affermare che esiste simultaneità dei carismi più diversi.· Tale diversità solleva un interrogativo fondamentale: chi garantisce l'unità tra le varie funzioni e il loro ordinamento al bene di tutti? Sorge cosi la necessità del carisma relativo alla guida.· Paolo parla di questo carisma di assistenza, governo, presidenza della comunità e di vigilanza sulla sua unità (1Cor 12,28; M 5,12; 1Tm 5,17).· Le lettere paoline e deuteropaoline fanno riferimento a presbiteri, epíscopi e diaconi. Il carisma dell'unità deve essere al servizio di tutti i carismi. E’ un servizio tra gli altri, ma orientato in modo tutto speciale a fare da elemento-ponte tra le varie funzioni della comunità.64.3 Essenza del sacerdozio ministeriale: integrazione dei carismi · Sta qui l'essenza e il senso del sacerdozio ministeriale nel suoi vari gradi di realizzazione gerarchica: coordinare i carismi, ordinarli in vista di un progetto comunitario, saper scoprire carismi esistenti ma non riconosciuti, esortare chi sta forse mettendo a rischio l'unità della comunità. In una parola, la loro funzione non è l'accumulo ma l'integrazione dei carismi.65.1 Chiesa gerarchica come carisma permanente · Traspare da tutto questo che intendere la chiesa come comunità e popolo di Dio non esclude ma include la gerarchia nella chiesa. Questa è un carisma permanente, un vero stato carismatico, perché risponde a una necessità permanente della comunità: l'unità tra tutti.65.2 Situazione odierna di divisione del corpo ecclesiale · Oggi il corpo ecclesiale si trova diviso da cima a fondo. Se non cerchiamo una visione coerente capace di equilibrare le relazioni di potere ecclesiale corriamo il rischio di una chiesa cattolica che si mantiene divisa con danno enorme per la qualità della vita cristiana.· Non è impossibile una biforcazione: da un lato, una chiesa-popolo di Dio con strutture ugualitarie, di partecipazione e comunione tra tutti e, al suo fianco e in conflitto, una chiesa-società gerarchica, clericale, piramidale e centralizzatrice che continuamente crea, riproduce e legittima disuguaglianze provocando tensioni e contrapposizioni per l'impossibilità di vivere negli spazi ecclesiali pratiche di partecipazione, esercitate nella società civile, e valori cari al sogno di Gesù, quali i valori di comunione e uguaglianza tra tutti come fratelli e sorelle.65.3 Ragioni per abbandonare l’ecclesiologia societaria e gerarchica: l’attuale emarginazione della donna · In una ecclesiologia di chiesa-società gerarchica non c'è salvezza per le donne in termini di integrazione nei servizi e doni comunitari. Esse verranno sempre emarginate o addirittura escluse.· Un fatto simile è incompatibile con una teologia minimamente evangelica, che deve incorporare valori umani perché sono anch'essi valori divini.· E’ questa la ragione fondamentale per abbandonare l'ecclesiologia societaria e gerarchica e per rafforzare un'ecclesiologia di comunità e di popolo di Dio.
GREGORY BAUM - RIFLESSIONI TEOLOGICHE SUL POTERE NELLA CHIESA 66.1 Sforzo attuale del Vaticano di fare della chiesa una monarchia ecclesiastica dotata di poteri didattoriali · L’attuale sforzo del Vaticano di fare della chiesa una monarchia ecclesiastica dotata di poteri dittatoriali è indecoroso e genera frustrazione a tutti i livelli della comunità ecclesiale.67.1 Le diverse strategie in atto per attuare il disegno monarchico. · Questo sforzo si compone di diverse strategie:a) I vescovi sono sottoposti in misura crescente al controllo dell'amministrazione vaticana. b) Le traduzioni dei testi liturgici e delle politiche pastorali approvate e adottate dai vescovi di una determinata regione devono essere sottoposte a Roma e giudicate da funzionari vaticani che possono essere privi di esperienza pastorale in tale regione. c) Al sinodo per l'Asia tenuto a Roma nel 1998, molti vescovi asiatici hanno lamentato che le loro istruzioni e i progetti pastorali fossero controllati da funzionari vaticani che non conoscevano le culture dell'Asia. d) In tempi recentissimi, una nuova serie di norme ha ridotto in maniera significativa il potere delle conferenze episcopali che un ruolo tanto creativo hanno avuto dopo il Vaticano II. e) Oltre a questo, i singoli vescovi vengono esclusi dalla loro corresponsabìlità per la chiesa nella sua totalità, corresponsabilità riconosciuta dal Vaticano II quale principio di collegialità. f) L’amministrazione vaticana, spesso a nome del papa, pubblica giudizi riguardanti importanti questioni morali ed ecclesiali senza una previa discussione di tali materie con i vescovi della chiesa. g) L’imposizione dell'unanimità nell'episcopato arriva al punto di richiedere che i sacerdoti designati all'ordinazione episcopale promettano di concordare con diverse proposizioni papali, fra cui la proibizione dell'ordinazione delle donne, tuttora oggetto di discussione nella chiesa cattolica. h) Contro l'insegnamento del Vaticano Il, i vescovi sono spinti a concepire se stessi sempre più come rappresentanti locali del papa. i) Connessa all'esercizio della monarchia è la nuova 'Professione difede" e "Giuramento di fedeltà" del 1989 destinata ai titolari dell'ufficio ecclesiastico e agli insegnanti presso le istituzioni cattoliche. Questa professione contiene gli articoli del credo niceno da ritenere per fede, più alcune proposizioni del magistero vaticano da accettare, non per fede, ma per obbedienza. Confondendo i due livelli di adesione, il Vaticano tenta di espandere il proprio potere di controllo sul pensiero cattolico. j) A partire da quel momento, l'amministrazione vaticana ha intensificato la censura sui teologi, senza i dovuti processi e senza coinvolgere i rispettivi vescovi, basandosi spesso su denunce inviate da singoli. Lo scopo dell'attuale caccia alle streghe è di intimorire teologi e catechisti perché si guardino bene dalla creatività teologica e conformino il loro insegnamento al catechismo romano. k) Contro il genio della tradizione cattolica, la chiesa sta diventando una monarchia. 68.1 Politica romana degli ultimi due decenni contro il Vaticano II · Teologi profondamente identificati con la tradizione cattolica hanno iniziato a criticare la bizzarra situazione degli ultimi due decenni, in cui Roma ha perseguito scopi e adottato politiche contrastanti con l'insegnamento e lo spirito del concilio Vaticano II.68.2 Mentalità assolutistica del papato · Richard McBrian ha sostenuto che, dopo la definizione del potere supremo e plenario del papa al concilio Vaticano I, si è insinuata nella chiesa "una mentalità assolutistica", e che il papa attuale ha adottato come stile di governo "l'approccio monarchico del periodo pre-Vaticano II anziché l'approccio cooperativo e collegiale del Vaticano II.68.3 Metodi repressivi nei confronti dei cattolici critici · Nei confronti dei cattolici critici, (questa minoranza) adopera punizioni e giuramenti di lealtà assoluta per imporre il riconoscimento dei propri diritti monopolistici in qualunque questione di fede e di morale.69.1 L’attrattiva verso una scelta anarchica · I cattolici che subiscono le restrizioni del governo ecclesiastico sperimentano il potere e l'autorità nella chiesa come una forza sacra oppressiva. Simili frustrazioni fanno apparire attraente la scelta anarchica.70.1 Alleanza del governo ecclesiastico con i poteri mondani · I cristiani sono stati spesso delusi o addirittura scandalizzati dal governo ecclesiastico per la sua alleanza con i poteri mondani, per la sua volontà di accrescere la propria autorità di governo, o per la sua difesa cieca di usi e istituzioni antiquati.71.1 Necessità di un governo ecclesiastico · Vi sono due ragioni, mi pare, per cui la chiesa ha bisogno di un governo ecclesiastico:a) Primo, siccome la chiesa non è una piccola comunità ma un grande progetto storico, ha bisogno di un centro reggente di sovrintendenza e coordinazione. b) Secondo, e più profondo, la chiesa ha bisogno di una struttura di autorità per proteggere il vangelo, che è minacciato nel mondo: è minacciato perché l'autorivelazione di Dio è allo stesso tempo "transrazionale" e sovversiva". · Il vangelo trascende l'intelligenza umana ed è pertanto messo costantemente in questione dalla ragione nelle sue varie forme; ed è sovversivo perché contesta la cultura dominante dell'ingiustizia e ribalta i criteri del mondo peccatore.· E’ per questo che il governo nella chiesa non ha semplicemente una funzione amministrativa: ha autorità religiosa. Questo è attestato chiaramente nel Nuovo Testamento.72.1 Rapporto dialettico fra le tre autorità ecclesiali: gerachia, teologi, popolo · Fra le autorità docenti della gerarchia, dei teologi e del popolo cristiano esiste una dialettica vitale: tali autorità si trovano intrinsecamente in una relazione reciproca, e pertanto vanno concepite come non parallele.72.2 Elogio delle norme approvate dal magistero nel concilio Vat.II · Il concilio Vaticano Il fu per la chiesa cattolica un evento storico in cui il papa e i vescovi furono disposti ad andare alla scuola di vari movimenti di riforma che esistevano già da qualche tempo nella chiesa, spesso con la disapprovazione dei censori ecclesiastici.· Al concilio Vaticano Il questi movimenti di riforma furono riconosciuti come minoranze profetiche che recavano un messaggio per la chiesa nel suo complesso. Sotto il loro influsso il magistero ufficiale della chiesa cambiò idea sul movimento ecumenico (prima ripudiato, ora visto come strumento dello Spirito), la libertà religiosa (prima condannata, ora affermata con forza), l'atteggiamento verso il popolo ebreo (definito prima "perfidi giudei", ora coerede di un comune retaggio spirituale) e l'obiezione di coscienza al servizio militare (prima rifiutata, ora oggetto di grandi onori).· Sotto il medesimo influsso, il magistero ufficiale arrivò a promuovere norme teologiche innovative come la collegialità, la missione profetica del laicato, il diritto dei cattolici dissenzienti di far udire la propria voce, e la missione sociale della chiesa di rendere testimonianza alla giustizia sociale e ai diritti umani.72.3 Deriva del potere papale verso uno stile di potere assolutistico
· Ciononostante, dopo il concilio Vaticano II, il potere papale di insegnare e legiferare ha cessato di essere inserito nell'interazione collegiale con vescovi, sacerdoti e popolo, e va attingendo un controllo monarchico.73.1 Necessità di equilibrio fra spinte alla centralizzazione e alla decentralizzazione del potere
· Secondo un principio strutturale implicito nel cattolicesimo, la centralizzazione deve essere contenuta e controbilanciata dalla decentralizzazione.73.2 Condanna delle limitazioni imposte da Roma all’autonomia dei vescovi · Ai vescovi non si dovrebbe più impedire di intraprendere i cambiamenti necessari per il bene della chiesa locale (es. provvedimenti per rimediare localmente alla scarsità di sacerdoti) dietro il pretesto dell'obbedienza al potere centrale.· Non si tratta di incoraggiare l'insubordinazione, ma di elaborare uno stile d'azione che incoraggi l'assunzione delle iniziative necessarie a produrre i necessari miglioramenti.74.1 Chiesa segnata dal principio dell’incarnazione · La chiesa non è soltanto una comunità di credenti in cui è annunciato e celebrato il Verbo divino, ma anche e allo stesso tempo la comunità con cui Cristo ha identificato se stesso.· La chiesa è segnata dal principio di incarnazione: essa incarna la presenza redentrice di Cristo nel mondo.· Ovvia manifestazione di questo fatto sono i gesti liturgici o sacramenti attraverso cui Cristo offre se stesso al suo popolo eletto.74.2 L’incarnazione supera la distinzione sacro – profano propria dell’Antico Testamento · Le consacrazioni sacramentali hanno introdotto nella chiesa la distinzione fra sacro e profano.· Secondo una certa interpretazione teologica, l'incarnazione ha superato la distinzione, operata in alcune parti dell'Antico Testamento, fra sacro e profano.· La vita di Gesù, veramente Dio e veramente umano, è allo stesso tempo sacra e profana, e l'autocomunicazione di Dio rivelata in Cristo si offre nelle situazioni ordinarie della vita, dove le persone esprimono la loro fede, la loro speranza e il loro amore,74.3 Reinterpretazione dei sacramenti alla luce dell’incarnazione · Questa interpretazione teologica concepisce i sacramenti liturgici come celebrazione solenne della presenza graziosa di Dio nell'interezza della vita umana, e perciò minimizza la distinzione fra sacro e profano.· L’incarnazione divina è vista quale rivelazione della vita umana come simultaneamente profana e sacra.74.4 Interpretazione tradizionale dei sacramenti · Ciononostante, l'interpretazione teologica dominante dei sacramenti predilige una distinzione rigorosa fra sacro e profano nella chiesa. La liturgia sacramentale crea nella chiesa una sfera sacra che è chiaramente distinta dalla sfera profana del laicato. Questa sfera sacra comprende uomini e cose. I primi sono gli ordinati, a diversi livelli di potere sacro; e le seconde includono edifici, rituali, paramenti, vasi, medaglie e altri oggetti materiali.· Gli edifici ecclesiastici tradizionali manifestano la distinzione fra sacro e profano mediante la divisione fra presbiterio e navata.75.1 Tendenza del sacro a gonfiarsi · Siccome il potere di governo nella chiesa ha la tentazione continua di gonfiarsi, il potere sacro ha la tentazione di diffondersi, cioè di attribuirsi una sfera sempre più ampia di attività, norme ed oggetti, di ricoprirli con un'aureola di divinità e di esentarli da una critica
76.1 Potere e burocrazia: la forza autonoma della burocrazia · Il grande teologo tedesco Romano Guardini traccia una distinzione fra il potere (Macht) e la forza (Kraft), in base alla quale quest'ultima produce nel mondo effetti che non sono basati sulla volontà personale.· Se il potere può essere benigno o maligno, la forza, dal punto di vista di Guardini, è sempre pericolosa. Egli lamenta il fatto che le burocrazie moderne, per le loro dimensioni, esercitano non potere, ma forza: esse impongono regolamenti in maniera meccanica, senza assumere una responsabilità personale.· Seguendo questa logica, il "potere sacro" può deteriorarsi e divenire semplicemente "forza", pressione impersonale che crea doveri e tabù senza manifestare un'attenzione più alta.76.2 Il buon governo della chiesa · Teologicamente parlando, Guardini vede il modello del potere umano nel potere di Dio, evidente nella creazione e nella redenzione. Il potere umano, modellato su quello divino, è inteso alimentare, servire e accrescere la vita umana.· Il buon governo nasce dallo Spirito: presuppone solidarietà con una comunità, rispetta la dignità dei suoi membri, e serve il loro bene comune.76.3 La corretta teologia della liturgia
· La teologia della liturgia di Guardini, concentrandosi sull'incontro con Cristo, libera i riti sacri da ogni elemento magico.77.1 L’attuale degenerata idea del sacro · L’idea del sacro nella chiesa proposta da Guardini ci consente di mettere in guardia i guardiani ecclesiastici della liturgia dall'espandere la portata del sacro, trasformandolo in una forza impersonale, circondandolo di tabù e attribuendogli un'efficacia magica.· Ricordo il tempo in cui toccare il calice con mani non ordinate era un tabù generalmente riconosciuto. E tale era criticare un'enciclica papale.· Come vi è, nella chiesa, la tentazione dell’"infallibilità strisciante", così vi è pure quella di sacralizzare le pratiche e le istituzioni ecclesiastiche per evitare che siano messe in discussione.77.2 Limiti al potere nella chiesa · Il potere nella chiesa è allo stesso tempo una necessità e una dimensione della convocazione divina della comunità dei credenti. Ma questo potere ha i suoi limiti - che è spesso tentato di violare. E’ un peccato che questo importante argomento non abbia ricevuto l'attenzione che merita nella tradizione teologica cattolica.MARY CONDREN LA TEOLOGIA DEL SACRIFICIO E LA NON ORDINAZIONE DELLE DONNE. 79.1 Esclusione delle donne dal sacerdozio: un’eresia · Una teologa insigne, Elisabeth Schiissler Fiorenza, affermò allora che il Vaticano stava "rischiando l'eresia" nei suoi sforzi di escludere le donne dall'ordinazione.· Mi resi conto allora che non era in gioco la logica, ma il potere, e che né il volume dell'esegesi, né l'analisi storica, né la più brillante teologia femminista avrebbero cambiato le cose.· Da quel momento cominciai ad indagare, non le giustificazioni teologiche esplicite addotte per l'esclusione delle donne dall'ordinazione, ma le questioni profondamente radicate del potere e dell'autorità; le mitologie, le teologie e le convinzioni implicite che sottostavano ai loro presupposti.· In particolare, mi chiesi che ne è della logica, delle istituzioni e delle teologie del sacrificio che sembrano essere così avverse agli interessi delle donne.80.1 Conflitto fra Profeti e Sacerdoti · "Misericordia io voglio, e non sacrificio". Il conflitto tra profezia e ordine, profeti e sacerdoti è di vecchia data. Nella storia della religione occidentale, questa controversia è stata risolta a scapito dei profeti.· Un tempo membri rispettati delle strutture religiose, i profeti oggi vengono riconosciuti e resi presentabili solo dopo la loro morte mediante istituzioni e pratiche come la canonizzazione.· Nonostante le parole del suo fondatore, nel cristianesimo il sacrificio - la sua logica, le sue pratiche, la sua teologia e gli effetti politici - e non la misericordia è stata la forza dominante che permea la sua teologia, la sua pratica liturgica e le sue posizioni etiche, plasmando l'identità stessa delle chiese cristiane.· Le dispute su chi può e chi non può compiere il sacrificio, e le teologie che puntellano tali posizioni, sono state al centro delle Riforme.81.1 Teologia del sacrificio ed interdizione dell’ordinazione alle donne · In tutte le principali denominazioni cristiane, le cui teologie e pratiche liturgiche sono sostenute dal sacrificio, alle donne l'ordinazione è interdetta.· Non è un caso, quindi, che mentre battaglie ecclesiali rilevanti sono state combattute per la questione del sacrificio, la questione della misericordia è rimasta ampiamente ignorata.· Il sacrifico gode di uno statuto acritico nel discorso religioso e politico, una condizione che oggi è necessario venga fondamentalmente messa in discussione se vogliamo che sia sviluppata una teologia della misericordia.83.1 Gli effetti negativi della teologia del sacrificio · Noi non sappiamo se un dio è un dio vero o falso finché non abbiamo visto quale genere di mondo è stato creato nel nome di quel dio. Mentre ci andiamo approssimando a un nuovo millennio abbiamo abbondante testimonianza degli effetti delle teologie del sacrificio.· Il sacrificio crea l'altro - demoni o capri espiatori; esso sacralizza l'orrore; serve come uno strumento di controllo sociale e religioso; crea nuove origini; ostacola l'autocoscienza, l'essenza della misericordia; e cerca di mettere sotto il proprio controllo la grazia.· L'opera del sacrificio è un'opera di separazione, del puro dall’impuro, del profano dal sacro.· Noi non solo definiamo l'altro; noi anche creiamo l'altro allo scopo di affermare la nostra propria superiorità morale, politica o religiosa. La diversità è essenziale a questa impresa.· Il teorico René Girard fa notare che non è la diversità reale a minacciare l'ordine costituito. Ciò che rappresenta la minaccia di gran lunga maggiore è la diversità che rivela la precarietà dell'identità.· Per esempio, è difficile che il papa pubblichi encicliche contro l'ordinazione delle scimmie. L'ordinazione delle donne, invece, è concepibile e le donne devono, quindi, essere tenute a bada mediante la regolare pubblicazione di ingiunzioni, non solo contro l'ordinazione, ma addirittura contro la discussione dell'ordinazione delle donne.· Gli omosessuali sfidano la precaria identità degli eterosessuali. Gli uomini e le donne che sono incerti riguardo alla loro mascolinità o femminilità sono coloro che è più probabile che perseguitino gli omosessuali.· La diversità che spaventa di più, quindi, è quella che è tanto vicina alla norma da minacciare il suo stesso essere.85.1 Logica sacrificale: per rafforzare la propria identità occorre demonizzare l’altro · Nella logica sacrificale, l'identità di una persona deve essere stabilita a scapito di qualcun altro.· Le donne e gli omosessuali sono bersagli ovvi, ma il processo di demonizzazione ha luogo a molti altri livelli ogni volta che siamo minacciati dalla possibilità di un cambiamento, della perdita del nostro status, di un privilegio, del nostro posto nella gerarchia creata dalla logica del sacrificio.· La logica sacrificale produce un permanente stato di guerra contro l'Altro.· La logica del sacrificio ha continuamente bisogno di creare l'Altro per affermare la propria superiorità.86.1 L’Altro come proiezione del male che c’è in noi · L’'Altro di solito rappresenta una qualche parte di noi stessi che abbiamo bisogno di ripudiare, denigrare e rigettare come una condizione della coscienza stessa.· In termini junghiani, è la nostra ombra, la parte negativa di noi stessi che, ciononostante, resta con noi e ci perseguita mentre ci occupiamo delle nostre faccende quotidiane.· Avendola apparentemente rinnegata in noi stessi, la riconosciamo negli altri e continuiamo a perseguitarla negli altri, perché non corrompa di nuovo la purezza del nostro ordine sociale psichico.· Nella logica sacrificale si tratta semplicemente di trasformare l’"Altro" in un nemico: in colui che deve essere tenuto a bada in modo che possiamo continuare a credere nel mito della nostra purezza o della nostra bontà.· Una volta che i demoni o gli Altri sono stati creati, il sacrificio entra in azione per assicurare che essi vengano esclusi dall'ordine sociale o religioso.· I riti di purificazione e i sistemi di casta rappresentano dei tentativi premoderni di ripudiare la diversità. Mentre questi sono manifestamente fisici e in disuso, sono stati sostituiti dai loro equivalenti psichici che continuano ad imperversare.· Noi perseguitiamo la diversità. Creiamo identità ideali, società ideali e sistemi etici ideali che non possono tollerare alcuna diversità.· Le teologie del sacrificio continuano l'opera del sacrificio dividendo, separando e scomunicando (cosi come comunicano).87.1 Il meccanismo del capro espiatorio · Al centro dei rituali e delle teologie sacrificali c'è un capro espiatorio. Qualcuno o alcuni devono essere identificati come peccatori.· Una volta che i peccati della comunità sono proiettati su quella persona, essi possono essere espulsi nel deserto, lasciando la comunità immacolata, pura e moralmente giusta.· Proprio questo atto costituisce il nucleo dell'identità di una comunità. In altre parole, i rituali sacrificali creano l'identità di una comunità a spese di qualcun altro.· Nella maggior parte dei sistemi religiosi e sociali fondati sul sacrificio, alle donne non è permesso di compiere il sacrificio. Le donne sono, perciò, i capri espiatori primordiali del sistema sacrificale.
ELISABETH SCHOSSLER FIORENZA – "IL RE E’ NUDO" VISIONE ECCLESIALE DEMOCRATICA E AUTORITA’ KYRIOCRATICA ROMANA. 92.1 Secondo la chiesa è la monarchia e non la democrazia lo stile di governo più conveniente per la chiesa · Mentre nel secolo scorso Roma difendeva la monarchia come la forma di governo voluta da Dio per la società, in questo secolo le encicliche papali hanno difeso i diritti umani e le libertà democratiche nella società, ma hanno insistito che queste non si applicano alla chiesa.· Per esempio, papa Leone XIII rifiutava tutte le "Iibertà moderne", la libertà di culto, la separazione tra chiesa e stato, la libertà di parola e di stampa, la libertà d'insegnamento e la libertà di coscienza, perché il popolo era la "moltitudine ignorante".93.1 La teorizzazione della kyriarchia · Mentre riconosceva che vi è vera uguaglianza in quanto siamo tutti figli di Dio, papa Leone XIII negava che vi sia uguaglianza nella società e nella cultura. "L'ineguaglianza di diritti e di potestà proviene dall'Autore medesimo della natura, "dal. quale tutta la famiglia e in cielo e in terra prende il nome"".· Qui la differenza non è intesa come ciò che è dato, ma viene costruita come disuguaglianza in termini kyriarcali (dominio del signore/padrone/padre/marito).· Questa "chiesa" è caratterizzata da strutture gerarchiche, rappresentata da uomini e divisa nel sistema sacro a due classi degli ordinati e dei laici.· L’espressione laicato/laico non deriva quindi dal greco laós = il popolo, ma da laíkós, che caratterizza la persona come subordinata al clero. Significa quelli che non sono istruiti e appartengono al campo "secolare", quelli che non hanno potere e statuto nella chiesa.94.1 Laico come termine spregiativo. Falso concetto di eguaglianza · A causa del loro genere, le don/ne sono sempre laicato. Applicato a "don/na", laico è un termine peggiorativo e sprezzante che connota cittadini di seconda classe.· L’uguaglianza viene spesso costruita nel senso in cui l’ntendeva papa Leone XIII. Viene definita piuttosto nel senso di "diventare come" che come posizione di uguaglianza.· Secondo il senso comune del concetto di uguaglianza attribuito alle don/ne, diventare uguali significa che devono diventare come gli uomini. Così come per i neri diventare uguali significa che devono diventare come i bianchi, o per il laicato diventare uguali significa dover diventare come il clero.· Da questo punto di vista la maschilità, l'essere bianchi e lo statuto del clero sono i modelli non soltanto dell'ordinazione ma anche dell'essere umani e cristiani.· Finché esistono le strutture di dominio e di subordinazione, l'uguaglianza è possibile soltanto per coloro che detengono un potere kyriarcale. E’ per questa ragione che Roma insiste che non può ordinare don/ne.95.1 Una inesistente tradizione di Gesù che proibisce l’ordinazione delle donne · Viene dimenticata l'insistenza di Gesù sul fatto che le strutture di dominio non devono essere tollerate nel discepolato di uguali. Anzi, quelli che "vogliono essere" grandi o primi tra i discepoli devono essere schiavi e servi di tutti (Marco 9,33-37; 10,42-45; Matteo 20,26-27; Luca 22,24-27).· Questa tradizione di Gesù viene ostentatamente violata dalla Ad tuendam fidem , dove viene invocata e applicata una inesistente tradizione di Gesù che proibisce l'ordinazione delle don/ne. Davvero il re è nudo!96.1 Ad tuendam fidem: l’ultimo attacco della chiesa alla libertà di ricerca, pensiero, espressione · Alla fine del giugno 1998 una nuova dichiarazione è apparsa sulla stampa, cercando di raggiungere i fedeli con una intimidazione giuridica.· Sotto la minaccia di gravi censure e punizioni, il recente motu proprio Ad tuendam fidem cerca di eliminare i resti della "legittima libertà di ricerca e di pensiero e della libertà di espressione" che aveva promesso la Costituzione pastorale del Vaticano Il su La chiesa nel mondo contemporaneo.· Il divieto dell'eutanasia e della prostituzione, insieme con l'esclusione delle donne dall'ordinazione, sono gli esempi che vengono offerti nel commento della Congregazione per la dottrina della fede sugli insegnamenti dell'autorità che non possono essere messi in questione.· E’ ovvio che questo recentissimo decreto papale cerca di mettere a tacere una volta per tutte la pretesa delle donne a una piena cittadinanza ecclesiale.· Quindi il linguaggio del documento è più romano-imperiale che evangelico-conciliare. Le sue misure legalistiche rivelano la paura del Grande Inquisitore di Dostoevskij:· Coloro che dissentono devono essere ammoniti e quindi puniti come eretici o apostati con la scomunica o con un'altra punizione appropriata e giusta.98.1 Nulla osta per la richiesta di donne cardinali · L’ufficio di cardinale è stato istituito per provvedere una corte al papa. Perciò i cardinali sono chiamati prìncipi della chiesa! Non è richiesta nessuna ordinazione per questo importante ufficio, né dalla Scrittura né dalla tradizione.· Inoltre, non vi è nessuna prova che l'ufficio di cardinale risalga a Gesù o agli apostoli. E’ vero, ha una lunga tradizione nella corrente maschile, ma questa tradizione è opera della gerarchia.· Il Santo Padre è quindi libero di nominare le prime don/ne cardinale nel prossimo paio di settimane.· La richiesta di diventare cardinali non genera una manipolazione della Scrittura né causa l'eresia cristologica dell'androcentrismo, a differenza della politica di potere che vieta di discutere l'ordinazione sacerdotale delle don/ne e deve fare ricorso a una legittimazione ideologica. Quindi, la nomina dì don/ne al cardinalato sarebbe la miglior medicina per curare il malessere romano.· L'elezione e la nomina di don/ne cardinali produrrebbe la liberazione dal virus misogino che affligge la nostra chiesa e porta alla sua paralisi.
HERMANN HAERING – RIFLESSIONE CONCLUSIVA (POTERE DELLE DONNE – FUTURO DELLA CHIESA)
167.1 Per alcune teologhe il divieto di ordinare le donne al sacerdozio è una cosa che non le interessa più · Roma considera l'ordinazione di donne non solo illecita, bensì anche invalida, il che viene fortemente contestato.· Molte teologhe dicono però anche con chiarezza che chi non si spinge al di là di questa polemica ripete solo il pensiero romano e insiste solo su una posizione rigida, che non fa bene né alla chiesa universale né alle donne.· Chi insiste solo sul fatto di voler esser parimenti ordinati, conferma in fondo un sistema che ha alla fine escluso le donne`. Questo è il motivo per cui molte donne non aspirano affatto al ministero nella sua forma attuale. Esse lo hanno già rinnovato da lungo tempo nello Spirito e nella pratica.167.2 Ricerca di nuove forme di partecipazione, comunicazione, diaconia, guida ecclesiale · Non sono più disposte a legare la loro celebrazione dell'eucaristia, il loro annuncio della Parola, la loro preghiera e il loro aiuto reciproco a un'idea di piena potestà che ha carattere di dominio, che si circonda delle insegne dell'antico potere romano e limita la cooperazione delle comunità a un minimo ben controllato.· Pertanto l'opposizione all'esclusione porta direttamente a riflettere su nuove forme di partecipazione, di comunicazione, di attività diaconica e di guida ecclesiale. Scopo di tutte le discussioni è appunto una trasformazione creativa della struttura dell'ufficio ecclesiastico.168.1 Le donne avanguardia del dialogo ecumenico e interreligioso · Per inciso rileviamo che -come vediamo soprattutto negli Stati Uniti - a ciò collegata c'è, un'altra dimensione, e cioè la riscoperta della realtà di guida religiosa da una prospettiva ecumenica e interreligiosa.· Le donne, proprio perché furono per così lungo tempo emarginate, offrono oggi i migliori presupposti per perseguire simili aperture per il bene di tutta la chiesa.168.3 Segni dei tempi · Segni dei tempi: La richiesta dell'ordinazione di donne non è espressione di un'arbitraria autoaffermazione, ma è sintomo di un profondo cambiamento culturale e chiama di conseguenza a una riforma della chiesa che sia all'altezza dei tempi.· Finora nessuna delle chiese che ha ammesso le donne al sacerdozio si è sfasciata a motivo di questo problema, e tantomeno ne hanno sofferto le relazioni ecumeniche tra le chiese. Al contrario, la nuova esperienza, non appena si impone, viene sperimentata come una benedizione. Ciò vale anche a proposito delle decisioni prese dalla chiesa anglicana.· Le guide della chiesa cattolica possono scegliere di riconoscere i segni dei tempi o di favorire una sottocultura chiusa, il cui senso non è più capito all'interno e all'estemo della comunità di fede.169.1 Inculturazione e critica dell'ideologia · Il dibattito sull'ammissione o sul divieto dell'ordinazione delle donne è un esempio classico dell'utilità e della necessità di teologie contestuali ed emancipative.· I documenti romani hanno ridotto il discorso a due aspetti: all'ordinazione di donne da parte di Gesù e al fatto che Gesù era un maschio.· Il primo argomento è anacronistico, il secondo biologistico.· Ambedue si traducono in una argomentazione di comodo e arbitraria, in cui sempre traspare la propria posizione preconcetta, perché tali argomenti non toccano le affermazioni centrali della fede cristiana.· Invece i tipi dell'odierna teologia cattolica includono la scoperta che la fede è sempre fede inculturata.· E chi ciò malgrado vuol dimostrare che essa è invece un elemento centrale e irrinunciabile della fede cristiana, si accolla un onere della prova che non ha alcuna possibilità di successo.
170.1 . Dovere incondizionato · Il dovere di por fine nella chiesa a tutte le ingiustizie contro le donne è indívisibile e incondizionato.· Secondo una convinzione cristiana in larga misura accettata l'esclusione delle donne da funzioni ecclesiastiche di governo è in sé un'ingiustizia e contrasta in maniera insopportabile con una immagine cristiana della creatura umana.· Il divieto di ordinazione delle donne tocca perciò direttamente la loro incancellabile dignità cristiana, senza riserve e indipendentemente da ogni fattore culturale, sociale o comunitario.171.1 Riforma e trasformazione · Il dibattito sull'ordinazione delle donne va concepito come un con tributo alla riforma e alla trasformazione delle strutture ecclesiastiche.· L'ordinazione delle dorme" è diventata la rappresentante di molti e complessi problemi. Limitiamoci a menzionare qui alcuni punti di vista. Si tratta, fra l'altro, del diritto delle donne:1) a rappresentare la chiesa (le chiese) o le comunità ecclesiali all'interno e all'esterno; 2) ad assumere funzioni di governo e qualificate funzioni decisionali; 3) a presiedere la celebrazione dell'eucaristia e ad assicurare l'amministrazione di altri sacramenti. Da riconsiderare sono: 4) il nesso tra ufficio e sacramento; 5) l'insediamento in tale ufficio "dall'alto" (per via gerarchica) o "dal basso" (in virtù dell'elezione da parte di una comunità di battezzati); 6) la questione del controllo permanente. Inoltre, si tratta anche di vedere: 7) come ristrutturare gli uffici tradizionali - di governo e diaconali; 8) di stabilire i criteri o i contenuti in base ai quali essi vanno misurati; e 9) di individuare i compiti ecclesiali, genericamente religiosi o sociali a cui destinarli. · Soprattutto occorre domandarsi a quali forme sbagliate l'esclusione delle donne fin qui attuata ha portato.· Le esperienze specifiche delle donne, che per secoli furono escluse, possono adesso essere teoreticamente discusse ed essere praticamente introdotte nella realtà della chiesa.
172.1 Offerta alla chiesa · La richiesta dell'ordinazione delle donne serve al bene e al futuro della chiesa.· L'odierno dibattito è fortemente condizionato dai documenti romani. Perciò di fronte a "Roma" occorre espressamente ribadire questi dati: i sostenitori dell'ordinazione delle donne non conducono una battaglia contro Roma, contro la dottrina ecclesiastica o contro determinati gruppi ecclesiali, ma combattono per la capacità di futuro della chiesa.· Essi hanno qualcosa da offrire: sono convinti che solo una chiesa fraterna è in grado di accettare le sfide del nostro futuro con i suoi molteplici pericoli e di farvi fronte.· Ma tale fraternità è, come abbiamo detto, indivisibile e non tollera alcuna limitazione.
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