Pellegrinaggio in terra di martiri

In Guatemala e a El Salvador nel XX anniversario dell'assassinio di Mons. Romero

( a cura di Luigi De Paoli)

Il viaggio in El Salvador e Guatemala ( 18-28 marzo) è stato organizzato da Pax Christi italiana con lo scopo di fare un pellegrinaggio in "terra di martiri", due dei quali sono stati eminenti vescovi, Mons. Gerardi in Guatemala e Mons.Romero in El Salvador ( l'anniversario del suo assassinio si celebrava il 24 marzo). Ho fatto questo pellegrinaggio con Luciana, Vittorio Bellavite e sua moglie Pinuccia e con Mauro Castagnaro, tutti di " Noi Siamo Chiesa" .

Non posso cominciare questo resoconto senza manifestare l'impressione di aver vissuto qualcosa che non avevo mai vissuto nella mia vita.

Mi è capitato di conoscere profeti, eccellenti teologi e testimoni straordinari della fede, però non mi ero mai imbattuto con tanti martiri.

Là il martirio non è qualcosa di "casuale" ma l'inevitabile conseguenza di uno scontro con i potenti. La verità è che, per la prima volta, lo stesso Gesù mi è apparso non come il " crocefisso" ma come il "martire".

La seconda forte impressione è che la fede che trasmettono in Guatemala e El Salvador quelli che hanno avuto la sorte di vivere coi martiri o di ascoltarli è piena di allegria e di speranza. Vivono come se i martiri fossero vivi, in mezzo ad essi .Resuscitati nella comunità, nel popolo. Non nella gloria dei Santi, ma animando la gente sulla terra.

Città del Guatemala

Fu la prima capitale nella quale ci siamo fermati. Abbiamo visitato la tomba di Mons. Gerardi, molto semplice e quasi nascosta nella cripta della cattedrale. Abbiamo celebrato nella cattedrale l'Eucaristia con i sacerdoti e i due Vescovi che ci accompagnavano nel pellegrinaggio.

Ma la commozione più grande l'abbiamo provata nell'incontro con l'Arcivescovo Mons. Penados del Barrio e con il suo Vescovo ausiliare Mons. Rios Montt, successore di Mons. Gerardi . L'Arcivescovo, che ci ha ricevuto nella "Sala del trono", aveva chiesto ai due responsabili dell'Ufficio per i diritti umani dell'Arcivescovado che ci spiegassero quanto stavano facendo sotto la direzione di Mons. Gerardi . Questo ufficio impegna settanta persone; di esse 27 a tempo pieno, ed è finanziato, in varie forme, dalla solidarietà internazionale.

Ci ha sorpreso l'intelligenza profetica e strategica di Mons. Gerardi che, cosciente di non poter realizzare da solo una ricerca documentata delle terribili stragi e delle innumerevoli violenze che erano successe in Guatemala, si guadagnò dapprima l'appoggio della Conferenza episcopale e poi girò in tutto il paese a formare laici che collaborassero, tra mille difficoltà, a "costruire una memoria storica" del Guatemala. La pubblicazione dei quattro volumi, che raccontano analiticamente le violenze dello Stato contro gli indigeni e i poveri, gli costò, dopo due giorni dalla sua diffusione, la vita ( 26 aprile 1998). Sono migliaia i preti e i catechisti che sono stati martirizzati. I loro nomi sono stati incisi nei pilastri esterni della cattedrale.

Nel corso del dialogo uno dei nostri sentì il dovere di manifestare all'Arcivescovo l'ammirazione per il lavoro straordinario realizzato dalla Chiesa guatemalteca che, guidata dai suoi pastori, per la prima volta nella storia della cristianità si è arrischiata a denunciare, "davanti" e "per" la storia, la crudeltà di quelli che avrebbero il dovere di proteggere gli indifesi. Poi l'Arcivescovo prese la parola senza poter manifestare il suo ringraziamento : era stato preso dalla commozione e le lacrime cominciarono ad inumidirgli gli occhi . Giuro che non avevo mai visto un Arcivescovo piangere. Dopo un applauso rianimatore , egli ci spiegò la ragione della sua emozione : era la prima volta che qualcuno riconosceva pubblicamente quello che aveva fatto la piccola Chiesa guatemalteca con i suoi martiri.

Abbiamo avuto anche una conversazione molto interessante con un prete di origine maya, che ci spiegò la differenza tra un cristianesimo "maya" ed uno "occidentale".

San Salvador

Il pellegrinaggio alle tombe dei martiri ci ha portato poi nella capitale di El Salvador ( in autobus).

La prima tappa fu la cappella dove fu assassinato "Monsignore"

( Monsignore per i salvadoregni è solamente Romero) .La cappella è situata all'interno dell'Hospitalito, ospedale per malati terminali di cancro. Dopo l'Eucaristia una monaca dell'Hospitalito ci raccontò i tre anni di Romero Arcivescovo( 1977-1980) quando, dopo la nomina (1977) decise di abitare non nell'Arcivescovado ma nella sacrestia della cappella dell'Hospitalito e, poi, in una casettina che le monache fecero costruire per lui. Il momento più commovente fu il racconto della morte di Monsignore davanti all'altare dove fu colpito la sera del 24 marzo da una pallottola con esplosivo al momento dell'Offertorio. Fu naturale per noi inginocchiarci e baciare il pavimento con una emozione che soffocava qualsiasi parola.

Alla sera andammo alla cripta della Cattedrale dove comunità di base salvadoregne celebravano, cantando, danzando e commemorando, il ventesimo anniversario del "martirio" di Monsignore a lato della tomba dello stesso. Lo scenario era, per noi (occidentali!) parecchio stupefacente per lo straordinario amalgama che c'era tra festa e dolore, tra vita e morte, passato e presente, immolazione e resurrezione. Lì si toccava con mano la fede di un popolo che crede davvero nella resurrezione dei morti nei e tra i viventi.

Il giorno seguente abbiamo avuto due incontri molto importanti: uno con i rappresentanti del sindacato dei medici che hanno scioperato per tre mesi contro il piano del governo ( di destra ) tendente a privatizzare la sanità; il secondo con i dirigenti del Fronte Farabundo Martì ( dopo aver diretto la guerriglia è ora diventato il partito dell'opposizione di sinistra dopo la firma degli Accordi di pace nel '92) ; il Fronte il 12 marzo scorso ha conquistato il governo delle città più importanti ed è diventato il partito di maggioranza relativa in Parlamento. In entrambi gli incontri la memoria di Mons.Romero era molto viva. Alla sera abbiamo partecipato ad una cerimonia pubblica patrocinata dall'Amministrazione comunale con la consegna di un simbolico attestato alle personalità ed alle associazioni che si erano distinte per la loro amicizia e la loro difesa di Monsignore . Tra queste, due Vescovi, il brasiliano Casaldaliga e Samuel Ruiz del Chiapas, ricevuti con grandi acclamazioni.

Venerdì 24 era il giorno della commemorazione ufficiale . La mattina ci fu una Eucaristia all'Hospitalito con la presenza di Vescovi e di contadini, di salvadoregni e di stranieri, di laici e di religiose; molti chiesero di visitare la piccola abitazione di Romero che ora è diventata una specie di museo raccoglitore di reliquie . Dopo, in processione, siamo andati alla cattedrale nella quale l'Arcivescovo Mons. F.Saenz Lacalle officiava una Messa con vari Vescovi. L'omelia era il momento più atteso perché l'Arcivescovo, cresciuto nelle fila dell'Opus Dei, aveva dato prova di essere l'anti-Romero che il Vaticano voleva per El Salvador. Pur confermando che tutto era stato fatto per ottenere la beatificazione di Romero l'Arcivescovo indicò come la destra cattolica potrà accettare San Romero ( dopo averlo diffamato). Da questo punto di vista l'omelia è stata esemplare : il martirio di Romero è presentato come un fatto senza protagonisti, senza alcun orizzonte storico, politico o sociale. Da testimone della giustizia e del Regno egli diventa un semplice un "testimone della fede al piede dell'altare". Tutte le virtù di Romero sono ascetiche : preghiere, digiuni, dieta, fino ai cilici (un'ora al giorno), riposi brevi, devozioni alla Madonna. La stessa scelta per i poveri è reinterpretata :" La sua opzione per i poveri, oggetto della sua predilezione pastorale , non nasce in Mons.Romero a partire dalla sconvolgente storia del dolore dei poveri che gli toccò di vivere….L'opzione per i poveri germogliò nel " testimone della fede" dal suo primo incontro con il povero di Nazareth". L'omelia, dall'inizio alla fine si scontrava con quelle di Monsignore che erano ascoltate in tutto il paese e nel Centro America perché erano un modello di evangelizzazione associato a una costante denuncia delle ingiustizie e dei delitti che avvenivano e che la stampa nascondeva.

Alla sera ci fu l"altra" celebrazione eucaristica ,presieduta dal Card. Mahony di Los Angeles nella Piazza Las Americas. Altra musica ed altra omelia. Lì si poteva toccare con mano la Chiesa di base: il popolo aveva portato con sé manifesti, striscioni con scritte le frasi più conosciute di Romero. Quelle che emergevano erano le foto dei preti e dei laici

" martirizzati". Molti alzavano T shirt con il viso di Romero davanti e, dietro, la frase più conosciuta e ripetuta "se mi ammazzano, resusciterò nel popolo salvadoregno". Cento i cartelli con la canonizzazione di Romero senza il nullaosta di Roma :" San Romero de America".

Alla fine della Messa (otto di sera) si è formato un enorme corteo di giovani e di meno giovani, in pellegrinaggio fino alla cattedrale con una candela in mano cantando semplici melodie e, di quando in quando, gridando a una sola voce : " Se vé, se siente, Romero està presente".

Nessuno in El Salvador ricorda qualcosa di simile: non meno di cinquantamila persone furono presenti all'Eucaristia e vennero in processione . La cerimonia continuò davanti alla Cattedrale con uno spettacolo musicale e con una serie di drammatizzazioni che raccontavano aspetti abbastanza sconosciuti della vita di Monsignore .Molti si fermarono durante la veglia comunitaria durante la notte.

Nel nuovo clima politico che si respira nel paese e soprattutto per la dimensione mondiale acquisita dalla sua figura, Romero è diventato un personaggio accettato (o subìto) anche dalle aree politiche e culturali che gli sono sempre state contrarie in vita ed anche in morte; in occasione dell'anniversario del suo assassinio sia il Consiglio comunale della capitale che il Parlamento hanno votato dei documenti in cui riconoscono il grande ruolo di Monsignore nel difendere i diritti umani.

Il pellegrinaggio alle tombe dei martiri non era finito : mancava l'Università Centroamericana ( UCA) con il suo piccolo giardino dove furono assassinati sei gesuiti e una domestica con sua figlia il 16 novembre 1989. Il luogo comprende oggi il Museo "Mons.Romero" con le foto e le reliquie dei martiri .All'Università abbiamo avuto la fortuna di ascoltare tre "profeti" senza uguali: il Vescovo Casaldaliga, il Vescovo Samuel Ruiz e il teologo Pablo Richard la cui relazione è tanto magistrale quanto semplice.

Nicaragua

Vittorio Bellavite e sua moglie Pinuccia hanno proseguito il viaggio per il Nicaragua dove hanno avuto conversazioni interessanti con esponenti del mondo cattolico e della sinistra . La Chiesa ufficiale è egemonizzata dal Card. Obando y Bravo, del tutto lontano dalla Chiesa di base (come quella rappresentata dal Centro Valdivieso). Una parte dell'area progressista, dopo la sconfitta del movimento sandinista, si impegna ora a realizzare, soprattutto con l'aiuto della cooperazione internazionale, attività nel campo sociale ( promozione della donna, bambini di strada, scuole…). I servizi sociali sono ora tutti a pagamento; il governo di destra non ha alcuna iniziativa per combattere la povertà. Ottocentomila nicaraguensi sono emigrati in Costarica e altri tentano di emigrare negli USA. La situazione economica è molto difficile anche perché nell'ottobre del 1998 tutta la parte settentrionale del Nicaragua è stata duramente colpita dall'uragano Mitch.

E' stato un pellegrinaggio straordinario, alternativo a quelli a Roma o in altre cattedrali o santuari. Abbiamo visto, come nei primi tre secoli della Chiesa, i cristiani martirizzati ed un Arcivescovo " essere la voce di quelli che non hanno voce per gridare contro l' offesa ai diritti dell'uomo".

Romero è resuscitato nel suo popolo che lo ricorda con serenità, quasi con allegria, che lo sente presente.

Roma aprile 2000 Luigi De Paoli




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