PAROLE, OPERE, OMISSIONI. I PRIMI DISCORSI DEL NUOVO CARDINALE DI MILANO Il 29 settembre è stato, per la diocesi di Milano, il giorno del passaggio delle consegne fra l'arcivescovo uscente, il card. Carlo Maria Martini, e il nuovo, card. Dionigi Tettamanzi, proveniente da Genova. Festeggiamenti, abbracci e applausi a parte, importanti sono stati due dei discorsi pronunciati da Tettamanzi: quello, breve, in piazza Scala alle autorità civili, molto sottolineato dalla stampa del giorno dopo, e la lunghissima omelia in Duomo. Due interventi di caratura diversa. Il primo, in un certo senso 'politico', rivolto ad una Milano ancora in preda alla crisi della politica, alla sfiducia dopo l'esito di tangentopoli e con una cultura leghista in regresso ma sempre presente. Tettamanzi ha sostenuto "l'importanza ed il ruolo delle istituzioni il cui significato si è sbiadito e smarrito", ha affermato con forza la necessità di un esercizio credibile del potere istituzionale, di un corretto senso dello Stato e di virtù come onestà, competenza e disinteresse da parte degli amministratori. Infine ha fatto un appello non formale al recupero del valore della partecipazione che è il vero indice della libertà e della democrazia. "Non ci siano deleghe in bianco, la politica è un'arte somma (come diceva S. Tommaso), si costruisca una città buona che non emargini, una casa per tutti anche per chi viene da altre tradizioni culturali, l'essere avanguardia nei mercati economici internazionali si coniughi con una riflessione sul senso di una globalizzazione umana e umanizzante". "I diritti dei deboli - ha concluso il cardinale - non sono diritti deboli". Tutto ecclesiale invece l'intervento in Duomo.Il cardinale inizialmente fa quanto Martini non ha mai fatto: una forte e ripetuta sottolineatura della sua vita trascorsa nella Chiesa, un ricordo delle sue radici, di Renate, della mamma, ecc… un richiamo alle caratteristiche della Chiesa ambrosiana a cui ritorna. In questa parte iniziale Tettamanzi si sente in dovere di dire con forza: "non sono stato io a coltivare il disegno di diventare arcivescovo di Milano", "avrei voluto rimanere a Genova", come se volesse difendersi dai sospetti e dalle dicerie sull'insolito e per molti versi criticato trasferimento. Tettamanzi si dice "mandato da N.S. Gesù Cristo attraverso le labbra del Papa" a cui ha dovuto obbedire (il nuovo arcivescovo sa che in diocesi è stata criticato il sistema di nomina dei vescovi che esclude qualsiasi partecipazione della comunità ecclesiale?). Poi elenca i temi della secolarizzazione, della scristianizzazione, del neopaganesimo, nodi che i cristiani e la Chiesa devono affrontare con una nuova energia richiamandosi al proprio patrimonio difeso e rinnovato. A questo proposito le indicazioni di Tettamanzi non si discostano in niente da quelle tradizionali né indicano percorsi di ricerca: è necessaria una fede adulta, un nuovo slancio missionario soprattutto nei confronti dei giovani e dei non credenti. Sede specifica per questa ripresa di presenza cristiana sono "gli ambienti di vita" a partire dalla famiglia; bisogna rilanciare la "dottrina sociale cristiana" e il ruolo dei laici nella Chiesa (e qui cita Pio XII), valorizzare i sacerdoti . Sulle questioni che dividono la Chiesa, Tettamanzi si mantiene su una linea generica e di pacificazione, auspica "rapporti di comunione tra le diverse aggregazioni ecclesiali e le comunità parrocchiali", senza indicazioni o sottolineature esplicite; menziona i rapporti ecumenici, i rapporti con gli ebrei, con l'islam e le grandi religioni orientali. Tra chi ha seguito con attenzione ogni parola della sua lunga omelia, c'è stato chi ha osservato che, in una situazione internazionale così grave, fugace sia stato l'accenno alla pace "minacciata" sena riferimento alla guerra alle porte o alla situazione in Palestina. Assente qualsiasi riferimento al rapporto Nord/Sud sul quale peraltro sono impegnate tante energie anche giovanili del mondo cattolico della diocesi; o alla condizione degli extracomunitari nella diocesi. Un discorso tutto intraecclesiale. Milano-ADISTA. (n. 71 del 7 ottobre 2002) |