Ratzinger boccia il "Dialogo per l’Austria"

Lettera ai Vescovi austriaci del 19 Dicembre tenuta segreta

(Da ADISTA n.30 del 12-4-’99) Parlano due lingue diverse i vescovi austriaci e il card. Joseph Ratzinger prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Mentre, infatti, nel corso dell'ultima assemblea della Conferenza episcopale (Eisenstadt, 22-25/3) il card. Schonborn, arcivescovo di Vienna, continua ad insistere sulla necessità del dialogo come "principio vitale della Chiesa", Ratzinger di dialogo sembra non voler più sentir parlare. In una lettera segreta del 19 dicembre scorso diffusa dal settimanale "Profil" (30/3) solo adesso, Ratzinger boccia punto per punto molte proposte avanzate nel contesto dell'assemblea dei delegati del "Dialogo per l'Austria". E lo fa a colpi di citazioni di encicliche, Catechismo della Chiesa cattolica, Codice di diritto canonico. Dunque: niente "rispetto" per le coppie di fatto, niente comunione e responsabilità ecclesiali ai divorziati risposati, niente accettazione delle persone omosessuali, niente diaconato femminile, niente sacerdozio agli uomini sposati. In tale contesto, nonostante Schonborn ribadisca, almeno a parole, la necessità di proseguire sulla strada del dialogo - la Conferenza ha dato vita a dieci gruppi di lavoro presieduti dai vescovi per elaborare ed approfondire i temi emersi nel corso del "Dialogo" - sembra sempre più rafforzarsi la posizione di chi, come mons. Kurt Krenn, vescovo di St. Polten, non ha mai mandato giù la richiesta di riforma nella Chiesa: "il dialogo - aveva appunto affermato qualche settimana fa in un'intervista - non può continuare com'è cominciato". Resta da vedere quale sarà la reazione degli scontentissimi e bellicosi cattolici austriaci. Una risposta risentita è già venuta da mons. Weber, vicepresidente della Conferenza episcopale .Di seguito pubblichiamo integralmente la lettera del card. Ratzinger, in una nostra traduzione dal tedesco.

"La Congregazione per la dottrina della fede, dopo un'attenta analisi, è giunta alla conclusione che alcune delle proposte dell'Assemblea dei delegati svoltasi a Salisburgo per il "dialogo per l'Austria> sollevano problemi dottrinali (parte A) e non corrispondono alla disciplina della Chiesa (parte B).

A. Problemi dottrinali

Parecchie proposte dei gruppi di lavoro 3, 4 e 7 non concordano pienamente con i dati dottrinali o sono formulate in modo talmente ambiguo che possono facilmente essere interpretate come in contraddizione con il magistero della Chiesa.

Gruppo di lavoro 3, proposta 1

Nella prima proposta del gruppo di lavoro 3 si dice, dopo aver dichiarato che il matrimonio cristiano, sacramentale, è "il nostro modello e ideale": "Accanto al matrimonio contratto in chiesa rispettiamo altre forme di comunità d'amore diverse, in cui l'amore, la responsabilità e la fedeltà vengono realizzati... i giovani sono alla ricerca di una forma giusta di sessualità vissuta che ancora non coincide con la ricerca di una relazione per tutta la vita e con una paternità responsabile ad essa legata". Queste argomentazioni minano l'insegnamento della Chiesa, secondo il quale solo e unicamente il matrimonio è il luogo del dono sessuale totale. Il rapporto sessuale pre ed extramatrimoniale è considerato dalla Chiesa sempre come grave peccato contro la castità. La sessualità, "mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano solo se è parte integrante dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte. La donazione fisica totale sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione personale totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente" (Familiaris consortio, 11; cfr. Persona humana 7,11-12; Catechismo della Chiesa cattolica 2348-2350, 2353, 2396).

Gruppo di lavoro 3, proposta 2

Nella proposta sulla questione della regolazione delle nascite viene all'inizio giustamente fatto riferi mento alla páternità responsabile, che è concessa ai coniugi. Poi si afferma: "Spetta ai partner, dopo aver considerato le indicazioni della Chiesa rispetto ad una responsabile decisione di coscienza, scegliere i metodi di regolazione delle nascite che ritengono più confacenti alla loro situazione concreta>. Quest'affermazione non concorda pienamente con la dottrina ecclesiale sulla regolazione delle nascite. La contraccezione è un'azione cattiva in sé (intrinsece malum) che non può diventare buona grazie a un verdetto della coscienza. "Al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all'altro in totalità; ne deriva non soltanto il positivo rifiuto dell'apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell'interiore verità dell'amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale" (Familiaris consortio 32; cfr. Gaudium et spes 51; Humanae vitae 14; Catechismo della Chiesa cattolica 2370, 2399). La suddetta formulazione tradisce inoltre un concetto di coscienza che è stato esplicitamente rifiutato da Giovanni Paolo II (cfr. Veritatis splendor 54-64). Riguardo all'opinione che si debba distinguere tra l'ordinamento morale oggettivo e la norma della coscienza individuale che alla fine dovrebbe decidere sul bene e sul male, scrive il Santo Padre: "Su questa base si pretende di fondare la legittimità di soluzioni cosiddette "pastorali" contrarie agli insegnamenti del Magistero e di giustificare un'ermeneutica "creatrice", secondo la quale la coscienza morale non sarebbe affatto obbligata, in tutti i casi, da un precetto negativo particolare. Non vi è chi non colga che con queste impostazioni si trova messa in questione l'identità stessa della coscienza morale di fronte alla libertà dell'uomoed alla legge di Dio" (Veritatis splendor,56)

Gruppo di lavoro 3, proposta 3

La proposta sulla assistenza alle persone omosessuali sottolinea a ragione che anche queste persone devono essere trattate con attenzione e tatto, non devono essere emarginate e devono essere incoraggia te a partecipare alla vita della Chiesa. Si afferma in seguito: "Esse si trovano come gli eterosessuali sotto lo stesso obbligo morale di realizzare nella loro vita la volontà di Dio, di rispondere affermativamente alla loro tendenza sessuale e di integrarsi responsabilmente nella generale condotta umana>. Queste affermazioni restano ambigue e possono facilmente venire interpretate in un senso che è in contraddizione con l'insegnamento della Chiesa. Accanto all'assoluta necessità che le persone omosessuali agiscano come persone e che ad esse venga offerto aiuto pastorale, non si deve nascondere che le pratiche omosessuali offendono gravemente la castità. "Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni (cfr. Gn 19, 2-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,10; 1 Tim 1,10), la Tradizione ha sempre dichiarato che "gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati" (Persona Humana, 8). Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale.In nessun caso possono essere approvati" (Catechismo della Chiesa cattolica 2357; cfr. Persona humana 8; Homosexualitatis problema 3-7; Catechismo della Chiesa cattolica 2396). Contrariamente a certe opinioni, secondo le quali l'omosessualità non è nient'altro che una variante della natura, dev'essere ribadito che "l'inclinazione specifica delle persone omosessuali non è peccato in sé, tuttavia crea una tendenza più o meno forte orientata a un comportamento considerato moralmente disordinato" (Homosexualitatis problema 3; cfr. Catechismo della Chiesa cattolica 2358).

Gruppo di lavoro 4, proposta 1

Nella proposta riguardante la cura pastorale dei credenti divorziati risposati, viene affermato, in accordo con i relativi documenti del Magistero, che queste persone non sono escluse dalla comunità ecclesiale e che devono essere trattate con comprensione e benevolenza. Poi si dice: "Va rispettata la decisione della persona, presa in coscienza e in modo responsabile, di rlcevere la comunione, dopo un'analisi scrupolosa, possibilmente dopo un colloquio con un assistente spirituale". E’ evidente che questa richiesta non può essere accettata. "Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che sono pentiti di aver violato il segno dell'Al

leanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza" (Catechismo della Chiesa cattolica 1650; cfr. Familiaris consortio 84; Documento della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1994). In questa dolorosa questione non si ha a che fare con una faccenda semplicemente disciplinare, che possa essere risolta anche in altro modo dalla Chiesa, ma con una norma che deriva direttamente dall'indissolubilità del matrimonio. Certamente saranno necessarie tutte le energie "per rendere credibile che non si tratta di una discriminazione, quanto piuttosto di una fedeltà illimitata alla volonta di Cristo, che ci ha restituito e nuovamente affidato l'indissolubilità

del matrimonio come dono del creatore" (Documento della Congregazione per la dottrina della fede del 1994, 10).

Gruppo di lavoro 7, proposta 3

In questa proposta si chiede alla Conferenza episcopale austriaca di appoggiare l'introduzione del

diaconato permanente femminile.

In tale questione occorre ricordare le indicazioni contenute nel protocollo di dialogo (cfr. p. 4). Occorre inoltre notare che.il regolamento della Chiesa, secondo il quale solo un uomo battezzato può ricevere la consacrazione valida (cfr. Catechismo della Chiesa cattolica 1576; CIC, can. 1024), ha implicazioni a livello dottrinale

B. Problemi disciplinari

Diverse proposte dell'assemblea dei delegati si spingono al di là dell'ordinamento regolato dal diritto canonico: come "la collaborazione dei divorziati risposati nei consigli pastorali e nell'assunzione dell'incarico di padrino" (Gruppo di lavoro 4, proposta 1); la promozione "dell'accesso dei preti laicizzati a tutti i servizi e ruoli ecclesiali che sono aperti anche ai laici" (Gruppo di lavoro 4, proposta 3); la richiesta di "sviluppare ulteriormente i diritti di collaborazione del Consiglio pastorale" (Gruppo di lavoro 5, proposta 2); la raccomandazione ai vescovi di adoperarsi per "l'ammissione al sacerdozio di uomini sposati idonei e con una formazione appropriata> (Gruppo di lavoro 6, proposta 2). Sulla richiesta di sacerdozio dei cosiddetti "viri probati" il Santo Padre ha dato una risposta indiretta, quando nel suo discorso ai vescovi austriaci ha affermato la necessità di sottolineare l'identità del ministero sacerdotale e di realizzare una pastorale in cui prosperino le vocazioni (cfr. n. 8 e 9; cfr. anche Pastores dabo vobis 29).

Le altre richieste non possono essere decise in Austria, perché si tratta di temi che riguardano la disciplina di tutta la Chiesa e perciò sono riservate ai competenti organi della Santa Sede.

 




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