EDGARDO MORTARA RAPITO CON LA BENEDIZIONE DI PIO IX

Intervista di David Gabrielli ad Elena Mortara

L'annunciata beatificazione di Pio IX riapre una ferita dolorosa nella comunità ebraica romana ed italiana, che non può dimenticare che il papa che la Chiesa cattolica intende proporre come "esempio" ai suoi fedeli approvò il rapimento di Edgardo Mortara, un bambino ebreo battezzato furtivamente all'insaputa dei genitori, e quindi sottratto loro con la violenza per educarlo a Roma nella "vera religione". Abbiamo parlato della vicenda di un tempo, e dello sbigottimento odierno di fronte alla decisione vaticana, con Elèna Mortara, la cui bisnonna paterna era sorella dello sfortunato bambino

 

"Tutto cominciò - ricorda la signora Elèna - a Bologna, allora parte degli Stati della Chiesa, la sera del 23 giugno 1858. Due gendarmi si presentarono all'improvviso alla casa dei coniugi Mortara, ebrei, per avvertirli che il rappresentante del Sant'Uffizio nella città, l'inquisitore Pier Gaetano Feletti, frate domenicano, aveva dato ordine di portare via dalla famiglia Edgardo (sesto di otto figli), che aveva sei anni, perché il piccolo, come si venne a sapere nei giorni successivi, era stato segretamente battezzato da Anna (Nina) Morisi, una ragazza della campagna bolognese che stava a servizio dai Mortara. Infatti, tempo prima, all'età di forse due anni (i racconti dell'epoca sono molto confusi e reticenti in proposito, per la scarsa chiarezza della protagonista della confessione), Edgardo aveva avuto una gran febbre e allora la Nina, temendo che morisse, all'insaputa dei genitori aveva battezzato il piccolo, e raccontato poi tutto, non di sua spontanea volontà ma su precisa richiesta del tribunale dell'Inquisizione, a padre Feletti che - 'per ordine di Roma', come dirà poi in seguito - decretò che il bambino, ormai battezzato nella Chiesa cattolica, fosse sottratto ai genitori. La disperazione della famiglia e l'intervento della comunità ebraica di Bologna fece slittare di un giorno, un solo giorno, l'esecuzione dell'ordine. Il 24 giugno Edgardo fu portato via dai gendarmi, e spedito a Roma, ove venne ospitato nella Casa dei catecumeni, per ricevere finalmente l'educazione cristiana che, secondo la Chiesa, gli spettava".

"A Roma Pio IX assunse in prima persona la responsabilità del rapimento, impegnandosi personalmente per difendere l'operato del Sant'Uffizio e per far dare un'educazione cattolica al bambino. Il papa disse di considerare Edgardo come un 'figlio' e lo volle accanto a sé‚ in tributi di riverenza annuali, accompagnati da forme di umiliazione pubblica, che il giovane giustificava come giusta punizione per le sofferenze provocate al papa con il suo caso. Edgardo, da parte sua, con il tempo, dopo che per anni fu separato dai suoi, considerò il papa il suo vero e nuovo 'padre'. E' evidente, ma va ribadito di fronte alla minimizzazione che di questo aspetto capitale ha fatto una parte del mondo cattolico, l’inaudita violenza subìta da questo bambino di sei anni: violenza psicologica, esistenziale, religiosa. Che sarà passato nella mente e nel cuore del piccolo, strappato alla sua famiglia presentatagli come 'indegna', e artatamente costretto a ripudiare le sue radici? Uno squarcio - prosegue la signora Mortara - del dramma interiore del povero bambino, e dell'attaccamento all'ebraismo famigliare che era in lui prima delle pressioni subite in seguito, lo possiamo intuire dal primo incontro dopo il rapimento che egli ebbe con la madre, nell'ottobre '58, quando la donna dopo molte tribolazioni e rifiuti ottenne dalle autorità ecclesiastiche il permesso di rivedere, per brevi istanti, il figlio, naturalmente presenti e vigili alcuni sacerdoti. Edgardo riuscì a dire alla mamma: 'Sai, la sera recito ancora lo Shemà Israel' ('Ascolta Israele: il Signore è nostro Dio...' - Deut. 6,4). Ma in seguito il bambino, e poi ragazzo, cui - violenza atroce - fino al 1870 non fu più concesso di rivedere la famiglia, non dirà più così. Egli era stato interiormente cambiato. E tenterà perfino di convertire alla fede cattolica i suoi familiari, inutilmente.".

Il "caso Mortara" rimase un dramma privato della famiglia, oppure divenne pubblico, aprendo un dibattito?

"Diversamente da altri drammi analoghi, spesso rimasti nell'ombra, il 'caso Mortara' ebbe enorme eco in Italia, in Europa, e perfino negli Stati Uniti d'America: nel solo mese di dicembre 1958, sul New York Times apparvero almeno 20 articoli su quello che era ormai diventato uno scandalo internazionale. Si mossero non solo le comunità ebraiche (per inciso: esso fu uno dei motivi che spinsero gli ebrei a cercare di unirsi per difendersi da questi soprusi, e quindi a creare in Francia l’Alliance Israélite Universelle), ma anche autorità politiche, da Cavour a Napoleone III di Francia. Quell'atto di Pio IX, in piena età di costituenti liberali e di emancipazione ebraica nel resto d'Europa, fu infatti considerato dall'opinione pubblica occidentale, soprattutto in Francia, Stati Uniti, Inghilterra e Olanda, - giustamente, mi sembra! - come uno scandalo e un crimine. Il rapimento del ragazzo Mortara ebbe ripercussioni, oggi poco note, nella stessa storia del Risorgimento italiano, e il silenzio che ha coperto questa vicenda nei decenni successivi mi sembra indizio grave di rimozione. La perdita di prestigio morale che ne derivò per la Chiesa contribuì, infatti, ad accelerare il processo di unificazione nazionale e alla fine di un potere temporale che appariva anacronistico e non più difendibile. Le lettere di Cavour e dell'ambasciatore in Francia del Regno di Sardegna in questo periodo ne sono testimonianza storica. Per questi, come per altri documenti su tutta la vicenda, rinvierei al libro di David Kertzer, Prigioniero del Papa Re (Rizzoli, 1996), e a quello di Daniele Scalise, Il caso Mortara. La vera storia del bambino ebreo rapito dal papa (Mondadori, 1997)".

"Ma, nonostante il clamore internazionale, le pressioni politiche e la persistente lotta della famiglia protrattasi per tutti gli anni successivi, il diniego del papa a restituire il bambino fu irremovibile. Ad una domanda in merito dell'ambasciatore del regno di Napoli, De Martino, Pio IX rispose: 'Vedo il mio dovere, e mi farei tagliare le mani piuttosto che mancarvi'. Per capire le ragioni addotte dal Vaticano (ragioni ai miei occhi scandalose, su ognuna delle frasi che seguono potrei aggiungere il mio contro-commento), è utile citare stralci della replica che il segretario di stato, cardinale Giacomo Antonelli, inviò alle nunziature apostoliche in risposta ad un pro-memoria presentato dai Mortara: 'I genitori di un fanciullo pervenuto singolarmente alla Divina Grazia, la quale togliendolo dalla cieca giudaica ostinazione, lo rendeva figlio avventurato della Chiesa, hanno fatto innalzare suppliche e querele fino all'augusto Soglio del Santo Padre, a oggetto di ottenere venga restituito il figlio già collocato in seno alla Chiesa, e reso libero della libertà dei figli di Dio per il Sangue di Gesù Cristo. Ora peraltro codesti genitori si presentano a S. Santità non col solo sembiante di umili supplicanti, ma colla franchezza di chi credendosi oppresso da un atto arbitrario, chiede gli sia resa giustizia". E quindi, contestando nel merito il pro-memoria dei Mortara, il testo afferma che se è vero che 'non si possono né si devono battezzare i figli neonati degli ebrei contro la volontà dei parenti', ciò - chissà perché‚ noterei, forse perché il battesimo segreto imposto era avvenuto quando il piccolo aveva due anni? - non 'influisce nella fattispecie del caso avvenuto ad Edgardo'. D'altronde 'esiste la piena prova canonica del conferito battesimo, onde non vi è più ragione e diritto per richiamare il figlio sotto la patria potestà'. Conclusione: 'La Chiesa madre, Maestra, e Sovrana degli uomini non lede alcun diritto, non reca onta di sorta, ma adempie alla Divina sua missione col tutelare i battezzati suoi figli togliendoli dal pericolo di apostasia'".

E il seguito della vicenda?

"Dopo che, nel 1859, durante la seconda guerra di indipendenza, Bologna rovescia il potere pontificio, per il 'caso Mortara' l'inquisitore Feletti viene processato ma, infine, il tribunale decide 'non potersi procedere contro' l'inquisitore perché questi aveva solo obbedito agli ordine del Principe (il papa). Da parte sua, malgrado le proteste di tutta Europa, Pio IX, come ho già detto, non fa marcia indietro, testardamente convinto della giustezza del suo operato. Dirà papa Mastai nel 1866, presentando alla gente Edgardo: 'Grandi e piccoli mi vollero rapire questo bambino, accusandomi di essere un barbaro e uno spietato: essi rimpiangono i suoi genitori, e non pensano che anch'io sono padre... Quello che io feci per questo ragazzo, avevo il diritto e il dovere di farlo; e se occorresse lo rifarei di nuovo'".

"Per inciso, a proposito della 'politica ebraica' di questo che fu l'ultimo dei papa-re, e cioè l'ultimo dei papi con potere temporale, va ricordato che, mentre agli inizi del pontificato papa Mastai-Ferretti aveva aperto il ghetto di Roma, tornato al potere dopo l'esilio di Gaeta nel 1850 egli obbligò gli ebrei a risiedere di nuovo nel ghetto, quell'area sovraffollata di residenza forzata istituita da papa Paolo IV nel 1555, ripristinando tutte le antiche imposizioni, i tributi, la segregazione. Gli ebrei furono liberi solo nel 1870 con la fine del potere temporale dei papi, e papa Pio IX, che oggi si vorrebbe beatificare, fu non solo responsabile del proseguimento nella politica di rapimenti di bambini ebrei ai fini della loro educazione cattolica (il caso Mortara fece scandalo, ma altri menonoti ne seguirono), ma fu anche l'ultimo dei papi che godendo di potere temporale abbia tenuto gli ebrei segregati nel ghetto: quello di Roma, infatti, fu l'ultimo ghetto rimasto in funzione prima dell'epoca nazista".

Quanto ad Edgardo, dopo la presa di Porta Pia (20 settembre '70) Pio IX consigliò il ragazzo, ormai entrato in seminario, di allontanarsi da Roma; raggiunse così Bressanone, e poi la Francia, dove nel 1873 fu ordinato prete. Viaggiò in Europa ed anche negli Usa, con grande imbarazzo per la Chiesa cattolica americana. Da adulto, ristabilì i contatti con la famiglia d'origine: mio padre lo incontrò in più occasioni. Morirà in Belgio nel 1940, poco prima dell'invasione nazista del paese, che, fosse egli stato ancora in vita, lo avrebbe costretto a riscoprire bruscamente la sua origine ebraica. L'educazione cattolica ricevuta lo aveva portato a vedere un disegno provvidenziale nella sua condizione di figlio ‘adottato da Pio IX - dirà - e onorato senza alcun merito da parte mia del suo affetto paterno. Per lui sono stato il figlio delle lacrime', secondo una interpretazione che ho avuto modo di scoprire non ancora scomparsa in settori reazionari del mondo cattolico persino ai nostri giorni. Ma i suoi diari rivelano i terribili conflitti interiori che lo hanno agitato per tutta la vita".

Con questa storia alle spalle, come giudica l'idea di papa Wojtyla di beatificare Pio IX, e insieme a papa Giovanni?

"Guardi, sono stata ben felice - anzi, potrei dire: lo siamo stati come comunità ebraica - di constatare il percorso compiuto dalla Chiesa cattolica, a partire da Giovanni XXIII, nella sua rivisitazione della storia passata e quindi delle sue responsabilità verso gli ebrei. Per questo trovo assurda e grave questa decisione di beatificare Pio IX, tanto più durante l'anno del Giubileo cattolico che Giovanni Paolo II ha voluto anche come un anno durante il quale la Chiesa, quasi per rigenerarsi, riflette sui suoi errori. Ma ci si può rigenerare solo con la volontà di non ripetere il male compiuto. D'accordo, non sta certo a noi ebrei dire alla Chiesa cattolica chi essa debba proclamare 'beato' o 'santo' e chi no. Ma siccome qui si tratta di una persona che ha calpestato con protervia i diritti civili del singolo e delle minoranze e il naturale diritto di famiglia, e che ci ha fatto tanto soffrire - la ferita del 'caso Mortara' brucia ancora nella mia famiglia e in tutta la nostra comunità, per non parlare della angheria contro gli ebrei rappresentata dal mantenimento del ghetto di Roma fino al 1870 - noi ci domandiamo che senso abbia indicare come esempio ai propri fedeli un papa che fece quegli errori di cui la Chiesa oggi si pente. Proprio non riesco a capire. Ma penso che molti altri italiani, laici o credenti, incluse le forze migliori del mondo cattolico, condividano il mio turbamento e i miei interrogativi".

[Intervista a cura di David Gabrielli da " Confronti", marzo 2000)




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