Caro Augias,
penso che la questione dell’intervento della Convenzione per i diritti dei fanciulli dell’ONU sui preti pedofili nei confronti del Vaticano non vada lasciata alla cronaca di questi giorni per poi dimenticarla del tutto. Lo dico da cattolico praticante a cui questa situazione provoca una vera sofferenza .
Quali le reazioni al documento? Il Segretario di Stato Parolin è stato sobrio, ha detto che esaminerà i documenti e risponderà. Ben diversa la posizione degli altri. E’ mai possibile che l’Avvenire, il quotidiano dei vescovi, abbia avuto ieri come titolo di apertura “Pedofilia boomerang dell’ONU” e poi un editoriale del suo direttore e due intere pagine per descrivere la Chiesa come vittima di una specie di aggressione ideologica? Idem e peggio le parole di Mons. Tomasi, rappresentante del Vaticano presso l’ONU di Ginevra. Mi chiedo se non sarebbe stato più evangelico un atteggiamento di silenzio, di pentimento e di vero solenne riconoscimento della gravità dei fatti. Non sarebbe più onesto riconoscere che il sistema ecclesiastico è stato costretto ad affrontare questa questione solo per le denuncie dei giornali e delle vittime, mai di propria iniziativa?
La sgradevole difesa del sistema minimizzando tutto e cercando di trovare la pagliuzza nell’occhio altrui senza vedere la trave nel proprio ha trovato ieri su “Repubblica” un imprevisto ed autorevole avvocato in Enzo Bianchi. Non riesco a rendermi conto di come ciò sia potuto avvenire da parte di chi molti ritengono maestro nella lettura dell’Evangelo. Parole sferzanti di denuncia e di verità mi aspettavo da chi, come Enzo, dovrebbe essere libero dagli omaggi servili di chi frequenta troppe sacrestie.
Veniamo all’oggi in Italia. I vescovi sostengono che essi non sono ufficiali dello stato civile e che non sono costretti a denunciare i preti pedofili. Non sono costretti ma possono, anzi devono farlo se fossero coscienti delle loro responsabilità anche nei confronti delle vittime. Non è arrogante sostenere che il vescovo deve ancora essere l’unico punto di riferimento dopo quello che è successo anche in Italia? E poi perché i vescovi non istituiscono un magistrato indipendente (come hanno fatto molte diocesi del Nordeuropa e la diocesi di Bolzano), che ascolti le vittime e che istruisca la questioni in tempi certi nei confronti della diocesi e della magistratura?
Vittorio Bellavite-Milano
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Milano 7 febbraio 2014
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