Messaggi di saluto e di amicizia per il ventennale di Noi Siamo Chiesa
Pax Christi
Buon cammino, Noi siamo Chiesa
Pax Christi saluta con un grande abbraccio gli aderenti all’incontro del movimento “Noi siamo Chiesa”, ringraziandolo per l’impegno esercitato negli ultimi vent’anni che ci hanno visto spesso camminare assieme in varie iniziative come “Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri”, “Il Vangelo che abbiamo ricevuto”, la campagna per la riabilitazione di Ernesto Bonaiuti e altro.
Nella nostra recente Assemblea nazionale di Assisi (“Misericordia è disarmo, giustizia e condivisione”) abbiamo affrontato le problematiche attuali dividendoci in tre gruppi: la cura della terra (Ecologia), la lotta per la giustizia (Economia), la promozione del disarmo e dell’accoglienza (Politica). In queste direzioni camminiamo, incrociando anche il vostro percorso, per sviluppare la Rete Italiana per il Disarmo, i processi di pace e riconciliazione in Siria e in tutto il Medio Oriente, la difesa dei diritti del popolo palestinese, la Campagna per una Difesa Civile nonviolenta, la difesa della 185 sul commercio delle armi, l’autonomia di un’Europa di pace, la smilitarizzazione dei cappellani militari. Abbiamo davanti a noi il presidio ecumenico interreligioso al Brennero del 4 giugno, l’incontro dell’11 giugno a Prato su “Il ruolo della Nato nella guerra mondiale a pezzi”, il seminario di Firenze del 1-2 luglio su “L’Europa per la pace”, la celebrazione del 30° anniversario dell’incontro delle religioni ad Assisi (1986), la diffusione dell’Appello alla Chiesa italiana per promuovere la centralità della nonviolenza evangelica, firmato da Pax Christi International e dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.
Sulla strada del Vaticano II, della Evangelii gaudium e della Laudato si’, nel contesto del Giubileo della misericordia, le comunità cristiane, se lo vogliono (ma lo vogliono?), possono diventare protagoniste, pronte ad uscire dalle logiche del nemico, ad annunciare la liberazione dalle moderne schiavitù, ad abitare città disarmate dalle violenze, a educare alla pace come vita bella e buona, a trasfigurare “sorella madre terra” con opere di quotidiana profezia.
Grazie e grazia a voi in nome di Cristo “nostra pace”. Buon cammino. Ad multos annos!
Sergio Paronetto (vicepresidente di Pax Christi)
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Comunità cristiana di base di S.Paolo-Roma
Dalla Comunità cristiana di base di San Paolo giunga al movimento Noi Siamo Chiesa un augurio non tanto di lunga vita, quanto che possa un giorno diventare inutile perché la sua missione di pungolo alla Chiesa cattolica, e a quella italiana in particolare, possa essere giunta a compimento.
Fintanto che questo non sarà accaduto , e pensiamo non sia facile che accada, avremo sempre bisogno dell’impegno di un movimento come il vostro che le Comunità cristiane di base italiane hanno accompagnato in tante iniziative a favore di una Chiesa conciliare e nel cammino di crescita per un ruolo primario del popolo di Dio.
La CdB di San Paolo
Roma, 25 maggio 2016
Preti operai
In questi venti anni siamo stati compagni di viaggio. Ci riconosciamo in molti aspetti che vengono richiamati nella relazione che fa memoria del percorso di NSC. Ci siamo anche incrociati una decina di anni fa sul tema della chiesa povera e dei poveri con un’iniziativa comune, tenuta a Milano, da cui è nato il libro pubblicato dall’Edizione La Meridiana. Agli inizi qualche prete operaio ha contribuito a diffondere le informazioni su NSC raccogliendo le prime adesioni. Da diversi anni, partecipiamo con un nostro rappresentante ai lavori del coordinamento nazionale e siamo presenti alle assemblee annuali e alle iniziative promosse in questi anni da “chiesa di tutti chiesa dei poveri”.
La nostra storia rappresenta “in vivo” la trasformazione della figura ministeriale del presbitero per l’adesione piena alla condizione laicale propria del lavoro dipendente, dove si ricoprono ruoli che non hanno nulla di sacrale Oltre all’autofinanziamento che consente la gratuità del ministero con lo sganciamento dall’istituto finanziato con l’8 per mille, va sottolineata la profonda trasformazione che subisce la figura del prete e la modalità di appartenenza alla chiesa locale. Già Armido Rizzi trent’anni fa al termine del nostro seminario sui ministeri testimoniava di noi con queste parole: “Gente che non dice «ho voglia di andare», ma è andata. Sono narrazioni, non solo progetti di vita. E’ avvenuta un rottura e una ristrutturazione dell’io: la nuova identità è sorta da questo «essere per gli altri». E’ un’esistenza «compromessa». Una presenza che fa tutt’uno con la propria identità. E’ un racconto che non viene fatto dopo una storia di vittorie, ma di sconfitte e di ripiegamenti…”.
Riconosciamo in noi una “pazienza storica” che forse ha una stretta parentela con quello che Bonhoeffer chiamava l’ottimismo. Che cos’è? «L’essenza dell’ottimismo non è guardare al di là della situazione presente, ma è la forza vitale, la forza di sperare quando gli altri si rassegnano, la forza di tener alta la testa quando sembra che ogni cosa vada per il verso sbagliato, la forza di sopportare gli insuccessi , una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, ma lo rivendica per sé»
Presentando il nostro prossimo convegno dell’11 giugno a Bergamo sul tema: «Cambia la figura della chiesa?» che vedrà la presenza per l’intera giornata di Serena Noceti scrivevo: «Di strada ne abbiamo fatta tanta. Basta guardare il nuovo sito che raccoglie tutti i numeri della rivista dal 1987. Molte delle cose che dice papa Francesco le trovate anticipate, perché provengono da un pezzo di chiesa in uscita, uscita davvero, tanto che non pochi pensavano e manifestavano l’idea che entrando nel lavoro, come preti uscivamo dalla chiesa. Se andava bene dicevano che eravamo “inutili alla chiesa” (sic!)…».
Penso che il Concilio abbia comminato anche sulle nostre gambe. Una traditio che avevamo ricevuto si è iscritta nella nostra stessa vita. Anche se per decenni interi l’impulso conciliare poteva sembrare affossato, nella realtà una resistenza era all’opera come le brace sotto la cenere. Quello che per decenni era silenziato o ridotto a un sussurro ora possiamo gridarlo dai tetti. Ed è questo che dobbiamo fare. Uno degli effetti di papa Francesco è stato quello di sdoganare un linguaggio legittimandolo nell’ambito della chiesa. Quando dice che “questa economia uccide” oppure “vorrei una chiesa povera per i poveri” da voce a quanto per decenni usciva dai nostri convegni e dalle nostre esperienze.
Il poco che siamo riusciti a fare l’abbiamo prodotto con i nostri mezzi assolutamente poveri, senza alcuna sponsorizzazione. Possiamo testimoniare che ne vale la pena. E’ la nostra parola di incoraggiamento che ci sentiamo di rivolgere al movimento che compie 20 anni, che è piccolo e con un bilancio che fa sorridere, ma che si è acquistato una libertà di parola , una merce davvero preziosa e rara.
Mi permetto di suggerire due pensieri a me molto cari che mi paiono molto illuminanti in funzione dell’agire. Il primo è ancora preso da Bonhoeffer, scritto alcuni mesi prima di essere arrestato. Fa parte delle riflessioni che vanno sotto il titolo “dieci anni dopo” (l’avvento del nazismo):
“Pensare e agire pensando alla prossima generazione”.
Credo che questa sia una prospettiva che aiuta a filtrare come meglio investire le poche energie che abbiamo. Il rischio che la quotidianità sia talmente assillante , nel tentativo di presidiare spazi, da toglierci un respiro lungo, è davvero reale. Nella nostra lunga vita di PO certamente avremo avuto delle cadute in questo senso, però la storia stessa della nostra piccola rivista sta a testimoniare una ricerca fatta in comune che ci ha aiutato a reggere nella traversata dei deserti che abbiamo incontrato. Penso convenga ricordare un leitmotiv che ricorre negli scritti di Francesco: “il tempo è superiore allo spazio”.
L’altro pensiero l’ho recentemente scoperto in un libro di Yves Congar, uno dei teologi del concilio. E’ stato recentemente ripubblicato un suo libro scritto ai tempi di Pio XII: “Vera e falsa riforma della Chiesa”. Nella prefazione alla seconda edizione, nel 1967, quindi immediatamente dopo il Vaticano, quando si poneva il compito della sua recezione in tutta la chiesa, il teologo concentra in alcune affermazioni folgoranti il compito della riforma della chiesa. Ne cito un paio che mi pare rivestano una perfetta attualità:
– “Lo studio della storia delle dottrine ecclesiali che noi proseguiamo da tredici o quattordici anni, ci ha portati a riconoscere che la coscienza che si è avuta della Chiesa è dipesa, in maniera decisiva, da quella che si è avuta del mondo e della relazione che si era instaurata tra i due. È la difficile associazione dei due Poteri, è il loro confronto endemico, che in larga misura hanno determinato la concezione predominante della «Chiesa» come autorità e come potere. È stato necessario che il potere temporale divenisse pienamente «laico» e che la Chiesa riconoscesse pienamente questa laicità, affinché la Chiesa stessa potesse comprendersi e definirsi puramente come Chiesa […] Essa l’ha fatto beneficiando d’un forte ricorso alle sorgenti bibliche, uscendo per la prima volta formalmente e decisamente dal medioevo, entrando infine in una nuova visione del temporale, consona alla situazione reale del mondo””
– “Si richiede che l’aggiornamento conciliare non s’arresti all’adattamento delle forme di vita ecclesiale ma si spinga fino ad un totale radicalismo evangelico e all’invenzione, ad opera della Chiesa, d’un modo d’essere, di parlare e d’impegnarsi, che risponde alle esigenze d’un totale servizio evangelico del mondo. L’aggiornamento pastorale deve andare fino là”.
Chiudo richiamando la stagione che stiamo vivendo riguardo la Costituzione italiana.
Più di 20 anni fa Dossetti ha rotto il silenzio monacale per riprendere e diffondere la presa di coscienza del valore della nostra Costituzione. Vi cito uno degli aspetti decisivi che a me sembrano a rischio:
“Orbene, tale razionalizzazione del potere, cioè questo distribuzione del potere tra soggetti adeguatamente distinti e contrappesati. È forse uno dei pregi più raffinati e delicati della Costituzione italiana, ne costituisce un risultato positivo e davvero meritevole della più gelosa salvaguardia aldilà di ogni riforma possibile…”
Non so che cosa NSC potrà fare in questi mesi, ma fa pensare molto la scesa in campo del monaco Dossetti e penso dica qualcosa anche a noi.
Roberto Fiorini
Editrice Claudiana
Caro Vittorio Bellavite
coordinatore nazionale di Noi Siamo Chiesa
In occasione del vostro incontro milanese di sabato prossimo, ti chiedo di portare il saluto della Claudiana che in questi anni ha condiviso con voi momenti di collaborazione e vicinanza nel cammino che tutti dobbiamo fare verso un cristianesimo sempre più evangelico.
La pubblicazione di testi da parte della Claudiana editrice e l’ospitalità per incontri e iniziative nelle librerie Claudiana sono un esempio di quello spazio comune nel quale cristiani e cristiane possono riconoscersi e collaborare. Nel quale portare ognuno il proprio contributo e la propria specificità, alla pari e senza prevaricazioni, in reciproco ascolto e confronto con le proprie tradizioni e sensibilità.
La Claudiana cerca di farlo ogni giorno con un approccio non confessionale ma plurale, laico e interculturale. E’ questo il nostro modo di essere protestanti oggi o forse potremmo dire, anche più semplicemente, cristiani, con l’aiuto di Dio. Come sapete, per noi la chiesa è semper reformanda, la riforma della chiesa non è cioè legata a un momento storico preciso, ma è un processo, un cammino che va oltre i confini confessionali, in un gioco di influenze reciproche.
Vi auguriamo perciò tutto il meglio per questa giornata di riflessione e valutazione sui vostri vent’anni di attività. Servirà anche a noi.
per la Claudiana Samuele Bernardini
Chiesa evangelica valdese di Milano
Al coordinatore nazionale di Noi Siamo Chiesa Vittorio Bellavite
«…. Vi è un corpo solo, un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione» (Efesini 4,4).
In questo giorno, in cui approdate a un’importante tappa del vostro cammino ventennale, vi vogliamo salutare con questa parola biblica che racchiude tre questioni importanti. Le vogliamo indicare qui semplicemente come linee di una riflessione condivisa.
La prima questione è costituita dall’unità della chiesa, pur nella molteplicità (non di rado, anche oggi, conflittuale) delle sue espressioni confessionali. Un’unità che noi, da oltre un secolo, ricerchiamo nella dimensione ecumenica. Una dimensione per noi irrinunciabile. Non possiamo più essere chiesa da soli, ma soltanto chiesa con altre chiese. Noi sappiamo che solo Dio conosce la vera chiesa, la quale è comunque abitata da uomini e donne. Essa vive e accade quando la Parola vive e ci interpella, quando lo Spirito soffia. E questo non dipende da noi, ma da Dio che si è rivelato a noi nella persona di Gesù Cristo. Per questo la nostra preghiera di oggi è che lo Spirito del Signore continui a soffiare e a rinnovare profondamente la sua Chiesa nelle sue numerose espressioni storiche e teologiche.
La seconda questione rimanda appunto allo Spirito, che c’invita «ad abbondare sempre nella speranza» (Romani 15,13).
Mentre la terza riguarda la vocazione personale nell’ambito della comunità cristiane. Non tanto e non solo la vocazionalità dei ministeri degli uomini e delle donne nella chiesa, ma la vocazione di noi cristiani vissuta dentro questa nostra società, fragile e complessa. Detto altrimenti, il problema è come non rimanere rinchiusi nell’ambito di logiche ecclesiastiche interne, per riuscire invece a trovare i modi e le espressioni biblicamente ispirate, così da interloquire, su temi di vita e di morte, con la società contemporanea.
Per noi protestanti, pur con inevitabili contraddizioni, il confronto con la Parola e con la modernità (o post-modernità) è parte propositiva della vocazione che il Signore ci rivolge. Vorremo insomma riuscire ad accogliere l’invito di Gesù a provare ad «essere sale » (Matteo 5,13) nella nostra società. Ma da soli non ce la facciamo, abbiamo bisogno di altri gusti, di altre spezie, di altri sapori. Perciò contiamo su di voi. E siamo certi che anche voi, nel vostro cammino di testimonianza audace e autentico, continuerete a contare su di noi. Come fratelli e sorelle, figli e figlie dello stesso Padre e Madre.
per la Chiesa Evangelica Valdese di Milano Pastore Giuseppe Platone
Città dell’uomo
Saluto di Luciano Caimi, presidente di “Città dell’uomo”. Associazione fondata da Giuseppe Lazzati
Cari amici e amiche di “Noi siamo Chiesa”,
con piacere porgo il saluto di “Città dell’uomo” e mio personale al vostro Convegno, in occasione del ventesimo di fondazione di “Noi siamo Chiesa”.
“Città dell’uomo”, poco prima dell’ultimo Natale, ha celebrato, in un analogo incontro, il trentesimo della nascita.
Gli incontri per anniversari significativi, quando sfuggono alla sempre insidiosa retorica, hanno il pregio di aiutarci a riflettere sulle origini di un’esperienza, sulle ragioni che l’hanno generata, sulle prospettive da dischiudere alla luce del tragitto percorso e dei “nuovi tempi” (i tempi, per l’evolutività della storia, sono sempre “nuovi”) da affrontare.
Conosco bene la passione che ponete nella riflessione sul cammino della Chiesa, mossi dal convincimento dell’antico adagio: “Ecclesia semper reformanda”. E padre Congar, in una nota opera, ci ha aiutato a distinguere fra “vera” e “falsa” riforma ecclesiale.
Oggi, possiamo ben dire, che sotto il potente impulso di papa Francesco, autentico dono del Signore non solo per i credenti, ma per l’intera umanità di questo ingarbugliatissimo inizio di Millennio, la Chiesa cattolica ha effettivamente incominciato a intraprendere un lungo viaggio riformatore che riguarda sì le strutture, ma soprattutto i cuori e le menti, gli stili e i comportamenti. Naturalmente le resistenze da vincere sono molteplici e tenaci. Sono resistenze a un cambio di mentalità che, spesso, albergano in ciascuno di noi. Per dire che la riforma non riguarda solo gli altri, incominciando dai livelli gerarchici; ci interpella in prima persona.
E so pure del vostro assiduo sforzo per condurre una riflessione ecclesiale sempre in ascolto della storia, in dialogo con il sentire degli uomini e delle donne del nostro tempo. Quell’ascolto dei “segni dei tempi” che l’indimenticabile papa Giovanni ci ha insegnato tanti anni fa e che il suo fedele segretario, Loris Capovilla, scomparso in queste ore, ha raccolto come incancellabile lezione da trasmettere alle nuove generazioni di credenti.
Quando mi capita di riandare al Testamento spirituale di Giuseppe Lazzati, indirizzato ai suo amici dell’Istituto secolare Cristo Re, m’imbatto in un passo che suscita emozione e induce a profonde riflessioni. Recita così: “Amate la Chiesa, mistero di salvezza del mondo […] Amatela come la vostra Madre, con un amore che è fatto di rispetto e di dedizione, di tenerezza e di operosità: Non vi accada mai di sentirla estranea o di sentirvi a lei estranei; per lei vi sia dolce lavorare e, se necessario, soffrire. Che se in essa doveste a motivo di essa soffrire, ricordatevi che vi è Madre: sappiate per essa piangere e tacere”.
È evidente che solo un uomo altamente spirituale, che aveva sperimentato non poche amarezze proprio a causa di quella Chiesa da lui tanto amata e servita, poteva pronunciare simili parole. Ogni mia aggiunta risulterebbe, a questo punto, inadeguata.
Pertanto, mi fermo qui.
Vi giunga l’augurio più cordiale per una piena riuscita del vostro incontro.
Con viva amicizia, Luciano Caimi
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Gruppo Ecumenico- Torino
A tutti gli amici di NOI SIAMO CHIESA
Non posso partecipare ma vi invio una piccola scheda dell ‘OSPITALITà EUCARISTICA che nata nel 1986 ora dal 2011 avviene almeno mensilmente in una comunità di Torino
La vivo come una esperienza positiva che ci apre i polmoni per respirare lo spirito che guida tutte le chiese
Coraggio :il tempo sta maturando in fretta nuove esperienze di comunione concreta La prossima sarà CRISTIANINSIEME ,cioè la formazione di messionari in comune nelle diverse chiese condivisa anche dall’UFFICIO PER L’ECUMENISMO della chiesa Italiana(don Cristiano Bettega)
don fredo Olivero, san rocco Torino
Verso uno spezzare il Pane ecumenico
L’iniziativa è nata all’interno di un gruppo ecumenico, costituitosi a Torino nel 1986, in occasione dell’incontro per la Pace di Assisi, composto da credenti di confessione cattolica ed evangelica con lo scopo di condividere l’impegno comune per la pace, cercando di vivere l’ecumenismo come presupposto fondante, più che come fine.
Durante la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del 2011, la cui riflessione verteva sul capitolo 2 degli Atti degli Apostoli il gruppo, si interrogò sul perché, dopo aver condiviso l’impegno per la pace, aver imparato ad ascoltare la Parola insieme, condividendone la ricchezza dei diversi modi di farla risuonare, non fosse possibile spezzare insieme il Pane come faceva la comunità descritta in Atti 2.
Il gruppo avviò così un percorso di riflessione nel quale, pur riconoscendo le difficoltà teologiche, ecclesiologiche e pastorali che ancora affliggono il cammino ecumenico, si riportasse l’attenzione sull’invito, che non proviene dalle nostre chiese, ma da Cristo stesso a partecipare alla cena e a spezzare il pane insieme. Al termine di tale percorso emerse la proposta di tentare un’esperienza di Ospitalità Eucaristica in cui un gruppo di credenti di confessioni diverse sia ospite presso comunità di differenti confessioni per condividere l’Eucaristia o la Santa Cena, celebrandola secondo il rito e le regole proprie ed abituali della comunità ospitante, ma senza rinnegare le interpretazioni del gesto proprie delle loro chiese d’origine. Per meglio definire le modalità di questa Ospitalità Eucaristica e renderle più comprensibili, il gruppo ha stabilito cinque criteri per la partecipazione all’ospitalità:
• che i partecipanti del gruppo che viene ospitato siano battezzati, ossia che abbiano aderito alla fede in Cristo;
• che i partecipanti frequentino di norma la Santa Cena o l’Eucaristia presso le loro comunità di origine, garantendo così che il gesto non sia dovuto alla ricerca di un’alternativa a quanto si vive nelle proprie chiese;
• che i partecipanti credano alle parole che Gesù ha pronunciato durante l’ultima cena, così come sono riportate nei tre vangeli sinottici e nel capitolo 11 della prima lettera di Paolo ai Corinzi e che credano di conseguenza alla presenza del Signore durante la celebrazione del rito;
• che le diverse interpretazioni delle parole e della modalità della Sua presenza non siano vincolanti per poter partecipare al rito: cioè non deve essere richiesto a credenti di altre confessioni di vivere il gesto secondo l’interpretazione che non sia la propria;
• che la partecipazione di credenti di diverse confessioni non sia a titolo individuale, ma palese e sia preceduta da una presentazione delle motivazioni che l’hanno spinta, nell’ottica di un confronto e di un coinvolgimento del gruppo con le comunità ospitanti.
Per avviare questo cammino il gruppo ha contattato diverse comunità cattoliche, evangeliche ed ortodosse chiedendo di essere ospitato nelle loro comunità. A partire dal novembre 2011 fino ad oggi il gruppo è stato ospitato da tredici diverse comunità: sei cattoliche, tre evangeliche valdesi tre evangeliche battiste e un’evangelica luterana, mentre per quanto riguarda gli ortodossi, pur avendo avuto modo di incontrasi e confrontarsi non c’è stata disponibilità all’inziativa.
Tutti gli incontri sono stati caratterizzati da un profondo spirito di accoglienza e da un desiderio di conoscenza reciproca e di superamento di alcuni pregiudizi. Le specificità di ogni comunità sono emerse, sia nella presentazione agli ospitati, sia nella forte partecipazione alla liturgia, offrendo, da una parte la percezione della ricchezza della diversità, dall’altra il senso di unità e di comunione su ciò che è essenziale: la fede in un unico Signore e la risposta al suo invito di spezzare il pane insieme. Le differenze di teorie teologiche, di riti, di ministeri sono passati in secondo piano di fronte al gesto che Gesù rinnova in ogni celebrazione. Il successo degli incontri è stato rimarcato dal fatto che, a partire dal primo, si sono aggiunte al gruppo itinerante altre persone delle comunità che via via avevano offerto ospitalità.
Si può affermare che in questi incontri l’unità delle chiese è parsa possibile anzi forse è iniziata, infatti non si è solo pregato per l’ecumenismo, lo si è realizzato secondo le parole di Paolo in prima Corinzi al capitolo 10: ”Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane”. Questa può essere una riposta all’obiezione che non ci può essere condivisione eucaristica senza piena comunione, ribaltandone l’asserto e testimoniando che lo spezzare il Pane insieme ci porta alla comunione.
Pur nella consapevolezza che questo cammino non sia completamente in linea con le indicazioni di alcune delle nostre chiese, si è creduto che fosse il momento di osare, con mitezza e senza sentimenti di rottura, ma con fermezza, nella speranza che il cambiamento sia possibile, soprattutto se si sposta l’attenzione dalle dispute teologiche e pastorali all’ascolto della Parola di Dio. L’unità delle chiese non è una pia intenzione lasciata alla loro buona volontà, è un comando che il Signore ha dato ai suoi discepoli prima di lasciarli: “perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.”(Gv 17,22).
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Confronti
Care e cari partecipanti,
poche parole per comunicarvi la nostra vicinanza in occasione dei vent’anni del movimentoNoi siamo chiesa. Era il 1996 quando si scrisse l’Appello dal popolo di Dio, e i sei punti allora contemplati sono ancora oggi all’ordine del giorno per una riforma della chiesa romana che, alla luce dell’Evangelo, sappia aprirsi positivamente alle istanze delle coscienze dei propri fedeli.
Che i tempi siano da allora cambiati non c’è dubbio; tuttavia, molti dei problemi allora sollevati sono ancora irrisolti. E’ quindi oggi, forse, il momento fecondo per riproporre tali istanze, sapendo con pazienza perseverare nella costruzione della pluralità teologica, del dialogo e della testimonianza.
Cosa significhi oggi riformare la Chiesa romana è una domanda urgente, e ha in papa Francesco una guida attenta a questa esigenza. L’approssimarsi dell’anniversario della Riforma protestante nel 2017 può essere occasione per alimentare nuovamente la riflessione comune, gli spazi di incontro e le intersezioni feconde, anche con le altre Chiese cristiane, senza dimenticarsi dell’estrema necessità della pace tra tutte le religioni, tassello fondamentale per la pace tra i popoli.
Con queste mie parole vi mando dunque i più sentiti saluti daConfronti, una volta Com Nuovi Tempi, augurandovi lavori intensi e gratificanti. Continueremo, in futuro, la nostra più aperta collaborazione con tutti e tutte voi.
Per Confronti,
Claudio Paravati, direttore
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Il Gallo
Cari Amici di Noi siamo Chiesa,
i compleanni sono una festa per chi li celebra e un’occasione per esprimere riconoscenza da parte di tutti quelli che hanno goduto della presenza del festeggiato.
Con questo spirito partecipiamo alle celebrazioni che sono l’occasione per ripensare, festosamente e criticamente, a quanto si è fatto e affondarci saldamente le radici per la vitalità degli anni a venire.
Siamo riconoscenti a NSC, e a Vittorio in particolare, per la tempestività e per la chiarezza dei commenti sui vari eventi ecclesiali, sempre dall’interno, sempre alla ricerca della fedeltà essenziale alla Parola e all’anima della Chiesa, con autonomia critica perché senza confronto non si è amici e non si cresce. Un servizio che aiuta a ripensare, a cogliere aspetti che erano sfuggiti, a prendere posizione e magari elaborare nuove sintesi. Abbiamo sempre considerata preziosa l’opera di NSC, anche quando non abbiamo condiviso singole posizioni o modi di affrontare i problemi: ma proprio in questa dialettica si costruisce la fedeltà non servile.
Ci auguriamo di continuare a lungo il cammino di vicinanza e di riuscire anche a partecipare di più alle proposte di comune interesse e auguriamo a voi anni di lavoro costruttivo per continuare a contribuire, con e dopo Francesco, a fare della chiesa una realtà più evangelica e più fraterna.
Il gallo Genova – Nota-m Milano
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Adista
Care amiche e cari amici di Noi Siamo Chiesa,
20 anni sono un traguardo importante. Ancora di più quando segnano un passaggio significativo in un percorso di coerente, tenace e non di rado anche difficile di impegno per una Chiesa più evangelica in una società più giusta e fraterna. Adista, che di anni ne sta per compiere 50, questo vostro coraggioso ventennio lo ha seguito dal principio, dando conto ai suoi lettori delle iniziative, delle istanze, delle speranze e delle conquiste che siete riusciti a conseguire.
Oggi, assieme ai miei auguri, avrei voluto esserci in persona, come altre volte avvenuto negli anni precedenti. insegno a scuola, lavoro anche di sabato e come immaginerete la fine dell’anno scolastico è particolarmente intenso ed oneroso per un docente.
Mi permetto però di chiedervi, nonostante la colpevole assenza fisica, vicinanza ed affetto per Adista, una testata che da decenni racconta ed interpreta il cristianesimo conciliare e progressista, dando voce a chi generalmente voce non ha.
Adista vive, come tutte le riviste di area “conciliare” e come tutte le testate, specie quelle senza padroni e senza gruppi imprenditoriali e finanziari alle loro spalle, un periodo di difficoltà.
Vi chiediamo quindi di sostenerla. Soprattutto abbonandovi, perché leggere Adista significa restare settimanalmente in fecondo contatto con tutto ciò che si muove nella base ecclesiale e nel mondo teologico non vaticanocentrico, in Italia ed all’estero. E per chi milita in NSC può essere importante attuare una “rete” anche nella circolazione delle informazioni e dei documenti.
E vi chiediamo di sostenerla firmando il vostro 5xmille ad Adista. In sede di compilazione della dichiarazione dei redditi, nell’apposita sezione del modello, copia il codice fiscale di “Officina Adista” (97707140584) nella casella dedicata alle associazioni di promozione sociale. A voi non costa nulla, per noi è un importante aiuto per aiutare l’altra informazione a vivere.
Grazie per quello che fate nella Chiesa e per la Chiesa. Grazie per quello che potete fare anche per la vostra sorella maggiore Adista. Ci vediamo il prossimo anno per festeggiare assieme i 50 anni di Adista.
Auguri di cuore di buon cammino
Valerio Gigante, presidente della cooperativa ADISTA
“Dialoghi” di Lugano
Dialoghi”, rivista libera di cristiani liberi della Svizzera italiana, ritiene “Noi siamo Chiesa” un segno dei tempi. Una Chiesa veramente evangelica non avrebbe bisogno di essere svegliata da chi deve parlare ad alta voce per farsi sentire. Ma fino a quando i mass media continueranno a dare la parola al cardinale Bagnasco invece che al Popolo di Dio, la presenza di “Noi siamo Chiesa” sarà ancora e sempre necessaria. F
Enrico Morresi, direttore.
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Enrico Peyretti-Torino
Per conto mio mando volentieri al vostro incontro un ringraziamento vivo e un caro augurio e sostegno per la vostra attività sempre puntuale e chiara, di aiuto a molti. Non tanto una sorta di “rivendicazione”, ma la “responsabilità” cosciente di essere noi chiesa è stata la caratteristica del vostro gruppo, che l’ha valorizzata ed esercitata dalla ispirazione conciliare a questi tempi di grazia francescana, anche attraverso periodi difficili e contrari, in collaborazione con altri movimenti. Ora, vediamo bene che le aperture e stimoli di Francesco non devono affatto sostituirci, ma impegnarci a rispondere, e anche proporre passi sulla via evangelica. Teniamoci in contatto perché c’è un bellissimo socialismo spirituale dove ognuno è ricco delle ricchezze messe in comune.
Felice Scalia S.J.-Messina
Carissimo Vittorio,
sabato prossimo la “festa” a Milano per i 20 anni di “Noi siamo chiesa”. Ovviamente non sarò con te e con gli amici per ringraziare il Signore di quanto è stato fatto, del vostro impegno, di ciò che il Movimento è stato ed è nella chiesa.
Credo che i due macigni che hanno ostacolato l’accettazione del Vaticano II siano costituiti da “Lumen gentium” che de-clericalizza la chiesa, e poi da “Gaudium et spes” che la de-sacralizza, che la apre cioè al mondo, che la fa uscire dal solo culto nei sacri recinti, che le fa amare questo nostro mondo, pieno certo di aspetti atroci, ma pur sempre nostro, ed amato da Dio.
La strisciante opposizione di due pontificati al Vaticano II non si può dire che abbia trovato una Italia dormiente, ma pigra sì, sonnacchiosa, acritica, incline ad amare la pace degli uomini molto più che la verità dello Spirito.
“Noi siamo chiesa” è stata svegliarino, voce chiara, pungolo alle coscienze dei credenti, pur in toni rispettosi, diretti a fare emergere il Vangelo, e mai con posizioni di prevaricazione sulla gerarchia. Non è poco, Vittorio carissimo. Mi pare il primo beneficio di questi 20 anni.
Un secondo beneficio del Movimento per me è la testimonianza ad extra. Chi ha voluto vedere ha visto la possibilità di una chiesa “altra”. Anzi ha potuto contattare chi di questa “differenza” viveva già, ne faceva esperienza, pur restando nella chiesa, in fedeltà al Vangelo, e in dignitosa libertà dei figli di Dio. Neppure questo è poco.
C’è un terzo motivo di gratitudine al Signore.
Leggo che qualcuno accusa i laici cattolici di un altro “papocentrismo”, di una nuova “papolatria”: “Tutto ruota attorno a Francesco” – dicono. “Siete megafoni del suo magistero! Dov’è il laicato creativo?”
“Noi siamo chiesa” ha dimostrato che qui non si tratta di essere per o con un papa qualsiasi, ma con un papa che ci fa sentire profumo “di gregge” e dunque “di Vangelo”. Che la fedeltà è al Cristo prima ancora che alla chiesa. Che la stessa azione del papa – come lui chiede – è incoraggiata, illuminata, sostenuta dalla base di credenti che ritengono essenziale un vero ritorno al Vangelo se la chiesa non vuole diventare “sale senza sapore”, dunque inutile, buono solo per essere “calpestato dagli uomini”.
Per tutto questo, Vittorio, la mia esultanza. Spero sempre che il Movimento possa avere l’attenzione e l’atteggiamento costruttivo di cui tu, anche personalmente, hai reso testimonianza.
Noi non possiamo dimenticare che un cristiano ha il mondo a carico. Forse, direbbe Etty Hillesum, ha anche Dio a carico, almeno la religione. Siamo alla frutta. O la religione dimostra di essere ciò che deve essere e ben di più che di ciò che è stata, cioè annunzio e costruzione di pace, di bontà nel mondo, di gioia di esistere nella diversità, di accoglienza, di schietta umanità e dunque di segno della “umanità di Dio”, della sua misericordiosa benevolenza; oppure fa karakiri, si auto-emargina, si rende tossica, dannosa alla convivenza i popoli ormai in inarrestabile ed irreversibile mescolanza. E gli uomini si devono rassegnare a vivere, ancora una volta “etsi Deus non daretur”. E saremmo tutti più poveri e disperati. Non deve capitare. Ed è per questo che lottiamo, anche io, nel mio piccolo, per questo vivo e lotto.
Un grande abbraccio, Vittorio, e tanti saluti agli amici Felice.
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Raniero La Valle-Roma
Vi faccio anch’io molti auguri per i vent’anni di Noi siamo Chiesa. Siete stati coraggiosi quando avete cominciato. Come sai io vi ho seguito con simpatia, non ho mai temuto di essere confuso con voi, la sola cosa che mi sembrava giusto evitare erano i toni da contestazione o rivendicazione, che del resto avvertivo più nel movimento all’estero che in Italia. Mi pare che ora siano cambiate le cose. Quando si diceva: “Noi siamo Chiesa”, era quella Chiesa lì, per la quale si poneva un problema di esservi riconosciuti come membra vive. Mi pare che le cose (almeno in spe!) siano radicalmente cambiate con la Chiesa di papa Francesco. Mettere come chiave di tutto la misericordia vuol dire uscire dallo schema della Chiesa configurata dal diritto, che include/esclude, che cataloga, che riconosce o nega appartenenza. La Chiesa di Francesco dice lei per prima che noi siamo Chiesa, e non solo i laici (comprese le donne), ma i musulmani, gli indù, i copti, quelli dei centri sociali; il “popolo di Dio”, quello a cui si lavano i piedi,dentro l’eucarestia pasquale: non solo i credenti, è l’umanità tutt’intera. Allora chi dice di sè “Noi siamo Chiesa” forse deve cambiare la sua ragione sociale: non ha da farsi riconoscere nella Chiesa, ma deve cercare di capire davvero che cosa sia e come si debba stare in una Chiesa che si riconosca solo come una piccola parte, un segno, un ospedale di una Chiesa più grande, per la quale “tutti sono Chiesa”. Questo potrebbe essere un programma: non inventarsi una Chiesa che non c’è, ma muovere i primissimi passi verso di essa.
Un abbraccio forte
Beppino Englaro-Lecco
Mi dispiace molto non poter partecipare al “Noi Siamo Chiesa” compie 20 anni. Il vostro percorso faticoso e controcorrente ci ha
molto uniti in quanto é lo stesso che sono stato costretto a percorrere per Eluana.
Grazie di cuore per il vostro attento e notevole contributo in molti incontri riguardanti libertà e diritti fondamentali di Eluana.
Buon lavoro e i miei complimenti per tutto quello che state facendo per la libertà e la laicità delle nostre istituzioni.
Un abbraccio Beppino Englaro
Teresa Isenburg- Brasile
Grazie per le comunicazioni. Sono in Brasile in cui, come certamente sai, è in corso un colpo di Stato giudiziale-parlamentare molto grave. Se vuoi seguite la situazione, sul sito di Rifondazione c’è un corposo dossier sempre aggiornato. Papa Francesco si è speso e si spende molto in difesa della legalità in questo paese e nel continate.
Vi auguro buon lavoro e penserò a voi con vicinanza nella data del 28 maggio. C’è un bisogno urgente di spiritualità e religiosità elevata in un momento storico in cui delle religioni molti fanno scempio: penso a certe aggrgazioni neopentecostaliste qui o al richiamo grezzo e semplificatorio all’Islam e altro ancora.
Cordialmente Teresa Isenburg.
Massimo De Vita –Teatro Officina di Milano
Carissimi amici di Noi siamo chiesa,
in questi tempi bui la vostra Comunità di pace è stata e continua ad essere una piccola luce, alimentata da quei valori di fratellanza e solidarietà che ci sono indispensabili per un futuro più umano.
Le aperture che si stanno verificando sotto il pontificato di Papa Francesco erano impensabili per la maggioranza delle persone. Noi siamo chiesa ha avuto la forza, che è dei profeti, di dire allora ciò che era inaudito.E ora le nostre orecchie sentono, i nostri occhi vedono.
Un abbraccio a tutti i fratelli,.E grazie di esistere.
Massimo de Vita e tutto il Teatro Officina
Giorgio Nebbia-Roma
Care sorelle e cari fratelli,
mi dispiace di non poter essere con voi in questa ricorrenza del ventesimo anniversario del movimento “Noi siamo Chiesa”.
Io credo che possiate essere orgogliosi di quanto avete fatto e che siano all’orizzonte quei tempi nuovi auspicati.
Quando Paolo Vi istituì la Commissione Pontificia Giustizia e Pace invitò i suoi membri ad essere come ”il gallo sul tetto”, che vede l’alba del nuovo giorno e canta e sveglia gli abitanti della casa che sono infastiditi per il risveglio, ma alla fine si alzano e si mettono al lavoro.
Voi siete stati e siete quel “gallo sul tetto”.
Vi sono vicino Giorgio Nebbia
Carlo Molari-Roma
Carissimo Vittorio,
come sai non posso essere presente al ventennale di Noi Siamo Chiesa per un corso
di esercizi che guido al Montanino di Camaldoli. Ricordo bene quando il movimento
iniziò e le molte battaglie nelle quali si è impegnato. In questi venti anni avete
stimolato la Chiesa a svolgere il suo ruolo di servizio nel mondo. L’insistenza di
Papa Francesco sulla profezia del popolo ha indicato la legittimità della vostra
presenza all’interno della Chiesa, lui che qualche mese prima di essere chiamato a
svolgere il suo ministero di Vescovo di Roma, aveva difeso il teologo Rafael Tello
nella facoltà teologica che lo aveva emarginato.
Auguro pieno successo al vostro Convegno e soprattutto un fecondo cammino per
risvegliare tutte le potenzialità della Chiesa.
Con affetto e amicizia
Carlo Molari
Anna Maria Marenco-Roma
Vittorio carissimo,
ho letto particolarmente commossa questo tuo messaggio e sono sorpresa ed ammirata per la relazione sul ventennale di NSC, TI ringrazio la continuità ed ampiezza del lavoro compiuto, che viene presentato così lucidamente ed anche fatto comprendere nella sua complessità ed importanza.
Ti sarà ormai giunto il rinnovo della mia adesione inviata per posta: confesso che non avevo piena coscienza di questa storia e che ora sono fiera del piccolo contributodato al germe iniziate di questa ramificazione………….
Ovviamente auguro una piena riuscita dell’incontro del 28/5 e ai passi futuri di NSC.
Con la fiducia che tu sia ricco di benedizioni per gli sforzi compiuti, ti ringrazio del ricordo e ricambio fraternamente l’abbraccio Anna Maria
Paola De Biase-Roma
Grazie, non solo in generale per la puntualità dei messaggi, ma anche dell’invito specifico, presenza o messaggio, alla iniziativa del ventotto
In effetti io sono ormai praticamente negata alla mobilità, ma forse sarebbe meglio dire fuori del mondo, anche perché si tratta di un mondo sempre più difficile da analizzare, ripiegato e come bloccato su sé stesso, in cui anche le voci più autentiche rischiano l’isolamento.
Comunque la novità di Papa Francesco, per quanto in ritardo sulla storia, ne è un dato positivo assoluto, la cui efficacia non solo già dà i suoi segni, ma deve essere garantita e sostenuta con le giuste dosi di prudenza e di determinazione.
Non ti mando messaggi. Mi dispiace solo di non aver trovato l’allegato dell’intervista alla Croix.
L’unica cosa che vorrei sottolineare sul tema cosa è indispensabile e cosa è possibile è questa. E’ indispensabile lasciarsi alle spalle il mito di una Chiesa fuori della storia che non si misura entro la storia dell’umanità, non sa evolversi, quasi come se fosse inevitabilmente un abbandono delle sue radici, non sa ricollocare la sua stessa storia entro le variabili di una unità complessa e riadeguarla sia al presente che al suo futuro. Insomma indispensabile è, con le misure e le prudenze giuste, insistere ad andare oltre una generica e generale sacralizzazione del passato reso immobile e farlo in modo esplicito non, come dire, sottobanco, ma ritrovando il diritto e la forza di riadeguarsi alla umanità vera che va salvata. Se questo è garantita non importa se il possibile che si porta a casa è solo ancora molto parziale; ciò che conta è che questo principio del rapporto fra la storia dell’uomo e la storia della Chiesa sia affrontato, letto , operato insieme.
Buon lavoro
Gianni Novelli-Roma
Carissimo Vittorio, in primo luogo un grazie di cuore per quanto fatto in questi venti anni da voi di “Noi siamo chiesa” (e da te in particolare) per la riforma della chiesa cattolica. Non posso venire a Milano per le celebrazioni. Sono però spiritualmente con voi. Delego il carissimo amico Luigi Sandri a rappresentarmi per esprimere il mio rallegramento per il cammino percorso e l’augurio per quello che resta ancora da fare. La chiesa cattolica, forse più di altre chiese, è “semper reformanda” e quindi ci si richiede ancora tanto impegno a “pregare ed operare” per la sua fedeltà evangelica, sia individualmente che comunitariamente. Un grande abbraccio e ancora auguri di buon cammino!
Gianni Novell
Piero Stefani-Ferrara
La cattedra dei credenti
Caro Vittorio,
a te e a voi tutti ho in animo di comunicare solo due brevi pensieri che non sono, né vogliono essere, una valutazione del vostro instancabile e prezioso lavoro; per farlo in modo adeguato ci vorrebbero sguardi e competenze di cui sono privo.
Una figura a noi tutti molto cara, Carlo Maria Martini, ebbe, come è noto, un’intuizione di grande rilevanza quando instituì la cattedra dei non credenti. Nessuno contesta i meriti e gli apporti di quei cicli. Tuttavia allora, come ora, ci sarebbe stata e c’è un’iniziativa più coraggiosa (a quanto ne so ancora non istituita da alcun vescovo): organizzare una cattedra dei credenti. Mettersi in ascolto in libertà di spirito delle voci – tra loro molto varie e non di rado reciprocamente incompatibili – dei fedeli e farle udire a un pubblico non solo interno sarebbe un’esperienza davvero inedita. Voi, per la vostra parte, l’avete fatto nell’unico modo in cui è concesso, vale a dire dal basso. Per questo vi sono, assieme a molti altri, profondamente grato.
La seconda riflessione prende lo spunto dalla recente presa di posizione di papa Francesco sul diaconato femminile. La questione dischiude almeno due ordini di problemi. Il primo è la recezione mass-mediatica dell’attuale pontificato, in questo caso, come in molti altri, preoccupante e del tutto al di sopra delle righe. Presentare un papa aperto a ogni innovazione e frenato solo dai curiali è una linea interpretativa che non aiuta alla comprensione della realtà ecclesiale. Che ci sia una parte di verità in questa interpreazione è fuor di dubbio, ma rendere totalità una parzialità è sempre operazione falsificante nel caso in cui non sia disonesta.
Il secondo punto è più pertinente alla “cosa in sé”. Francesco ha suggerito la costituzione di una commissione storica che studi il caso così come si presentava nella Chiesa delle origini. La faccenda in se stessa non è molto rilevante. Di primaria grandezza è invece un problema che affonda le proprie radici in buona parte della moderna cultura occidentale. Si tratta del ruolo svolto dalla ricerca storica rispetto alla tradizione ecclesiale. È scontato che, se si aprisse una verifica storica sulla Chiesa delle origini e se la si presentasse come via effettiva per convalidare la tradizione, si aprirebbero baratri ben più consistenti di quelli connessi alle diaconesse. Per dirne una, la stessa definizione dei vescovi come successori degli apostoli si scioglierebbe come neve al sole. Problemi di non minor peso si aprirebbero su molti altri fronti, non ultimo quello del “Gesù storico”. Sia pure in modo inadeguato Benedetto XVI aveva colto la centralità di questi problemi. L’attuale pontificato pensa invece di poterli semplicemente accantonare. Certo pensati alla Ratzinger sono temi tutti eurocentrici; guardati in altro modo sono però ineludibili anche in vista di una riforma della Chiesa pensata nel suo complesso. Chi si impegna a ottenere giustizia per una figura come quella di Ernesto Bonaiuti lo comprende, del resto, molto bene.
Auguri sinceri affinché la vostra ventennale cattedra dei credenti divenga sempre più autorevole.
Un abbraccio
Piero Stefani
Gigi de Paoli-Roma
Carissimi Amici di Noi Siamo Chiesa,
desidero esprimervi il mio più sincero apprezzamento per il lavoro che state facendo per ringiovanire e rievangelizzare la comunità cristiana, che da tempo fatica a seguire le orme di coraggiosi profeti. Che lo Spirito faccia ri-scendere lingue di fuoco sulle nostre teste e sui nostri cuori. Gigi De Paoli
Luciano Monari- Vescovo di Brescia
Caro Michelangelo, sarei contento di incontrati e di ascoltarti direttamente. Quanto al vostro incontro vi auguro di cuore di viverlo nella gioia del vangelo e nel desiderio della comunione. Vado a Wittenberg anche con questo desiderio: che il Signore appiani i sentieri, lenisca le ferite, doni desideri forti di santità e di servizio. Ti ricordo con amicizia, don Luciano
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Benito Fusco
Caro Vittorio, care amiche e amici di ‘Noi siamo Chiesa’, un detto medioevale dice che ‘i virtuosi camminano, i sapienti corrono, solo gli innamorati volano’ .. ecco quale umanità voi mi aiutate a immaginare nei passi compiuti in questi ventanni per nutrire la nostra Chiesa di sogni e realtà, di differenze e di uguaglianze, di lotte e di latte, di fatiche e di sorrisi .. ci sono squarci di cielo azzurro che gli innamorati come voi ci aiutano a vedere oltre e meglio .. io vi seguo come il cane di Tobia, fiero di seguirvi in silenzio e in ascolto, per farmi pian piano compagno di viaggio delle più autentiche visioni evangeliche ed ecclesiali ..
Vi abbraccio dalla Bologna finalmente liberata, ma ancora timida e disabituata a camminare, correre, e soprattutto, volare.
fra benito m. fusco
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Fabio Caneri -Rosa Bianca
Caro Vittorio,
grazie della mail e del pensiero. Purtroppo non ho visto in tempo il messaggio.
Penso sia importante alimentare occasioni per riportare al centro il terreno fertile della Parola e percorsi delle comunità di credenti e diversamente credenti con uno sguardo che si allarga alla comunità più larga degli uomini e delle donne a partire dai segni di vita nuova presenti nelle periferie della storia.
Fabio Caneri della Rosa Bianca
Brunetto Salvarani
Carissimo Vittorio,
un forte abbraccio a te e agli amici ed amiche di Noi Siamo Chiesa, in occasione dei vent’anni del movimento. Grazie a te e a voi per il coraggio, l’impegno e i tanti stimoli che continuamente proponete, in una fase difficile ma – finalmente! – in grado di farci sognare una Chiesa diversa… Infatti, in termini di bilancio, giocoforza provvisorio, sull’irruzione di Francesco vescovo di Roma nel panorama languente della cattolicità planetaria, credo non si possa che evidenziarne l’indubbio slancio e l’apertura di credito. Considerazione che, evidentemente, non è sufficiente per spingersi a immaginare che la strada si sia fatta in discesa, e a prospettare che l’inverno (fra l’altro, negli ambiti di cui mi come sai occupo professionalmente, dall’ecumenismo alle relazioni interreligiose) sia definitivamente alle spalle. Difficile sbilanciarsi, poi, su se e quanto la scomposizione di ogni ipotesi di restaurazione cattolica avviata da Bergoglio influirà sulla situazione ecclesiale italiana e sui tradizionali tentennamenti in ambito ecumenico e interreligioso: il rischio, da parte delle chiese locali e nazionali, di trincerarsi dietro il favore popolare e il consenso mediatico che egli riscuote, senza mettersi direttamente in gioco e senza cambiare mentalità e pratiche quotidiane, è alto. Resta la domanda: quanto e come esse sapranno vivere, in termini di pastorale, linguaggi, stili ecclesiali accoglienti ed ecumenici, sulla linea tracciata dal papa argentino? Fermo restando che, come amava sottolineare il vescovo don Tonino Bello e come anche voi ci ricordate, “una Chiesa che non sogna non è una Chiesa, è solo un apparato: non può recare lieti annunzi chi non viene dal futuro”.
Buon cammino sempre, Brunetto
Lidia Maggi
faccio i miei auguri a sorelle e fratelli che condividono la passione per la riforma della chiesa, che ricercano la forma evangelica battendo le strade della discussione e della ricerca, dell’annuncio e della denuncia, della parresia e della koinonia…
voi siete parte della stessa chiesa e la vostra presenza ci rende tutti un po’ più ricchi…anche se qualcuno fatica a comprenderlo.
Dio vi benedica come vi ha fin’ora benedetto.
vostra sorella Lidia Maggi
Giovanni Cereti-Anawim
In occasione della ricorrenza del ventennale della nascita della sezione italiana di Noi siamo chiesa, don Giovanni Cereti a nome anche della Fraternità degli anawim rende grazie a Dio per la profonda fede cristiana testimoniata dai membri di questo movimento e per la sua azione di coscienza critica svolta con amore e rigore all’interno della chiesa in vista di un suo incessante rinnovamento nella fedeltà al Vangelo, e prega il Signore perché questo servizio possa continuare anche negli anni a venire come contributo alla realizzazione del misericordioso disegno di Dio nella storia della chiesa e dell’umanità.
Giovanni Sarubbi
Cari Amici e care amiche di Noi Siamo Chiesa,
in occasione del vostro ventesimo anniversario dalla fondazione, voglio esprimervi la mia vicinanza ed il mio augurio per il prosieguo della vostra iniziativa.
Ricordo ancora oggi quando nel 1996 lessi l’appello che ha dato inizio al vostro movimento. Ricordo il piacere che provai nel verificare che c’era chi nella chiesa cattolica tentasse di percorrere strade diverse da quelle della gerarchia cattolica che, con Papa Giovanni Paolo II, aveva virato decisamente a destra rispetto alle aperture del Vaticano II e agli stessi papati di Paolo VI e Giovanni Paolo I.
Una quindicina di anni fa ho assistito ad una scena che mi ritorna spesso alla mente, soprattutto quando partecipo a riunioni o assemblee di qualsiasi tipo esse siano, di partito, sindacali, associative, religiose. Ero a Roma, era sera ed era un sabato di giugno. Ero insieme ad un gruppo di amici e andammo in giro per la città provenienti da piazza Cavour, la piazza della Cassazione. Quando entrammo nella piazza la trovammo piena della solita umanità che da sempre la popola: giocolieri, artisti, gli uomini statua, turisti, centinaia e centinaia di persone sedute ai tavolini dei molti bar e ristoranti. Insomma quella sera era particolarmente piena. In fondo alla piazza notammo uno spazio recintato. C’era un palco e davanti ad esso un numero consistente di sedie. Proprio mentre arrivammo vedemmo uscire dalla chiesa che è presente nella piazza un corteo religioso. Alla testa del corteo c’era un alto prelato incartapecorito, tutto avvolto nei suoi paramenti sacri, mitria, bastone pastorale, mantello. Era tutto luccicante per le numerose pietre preziose di cui questi paramenti erano pieni ed il luccichio era ancora maggiore sotto le luci che illuminavano la piazza. Riconobbi subito il personaggio, era il cardinale Camillo Ruini, all’epoca presidente della CEI e Vicario del Papa per la diocesi di Roma, insomma l’uomo più potente della chiesa cattolica visto che il Papa, che allora era Giovanni Paolo II, era gravemente malato e tutte le decisioni passavano, in attesa della sua morte, per le mani di un triunvirato composto da tre cardinali che erano Ruini, RE, Ratzinger.
Il corteo si mosse dalla chiesa e raggiunse lo spazio recintato in fondo alla piazza. Sul palco c’era un altare e Ruini venne intronizzato e la funzione religiosa iniziò.
Tutta la piazza continuò nelle sue attività come se nulla fosse. Nessuno si voltò neppure a guardare il corteo che passava. Nessuno si fermò neppure un attimo al sentire le musiche sacre che provenivano dal fondo della piazza. Erano due mondi separati che solo casualmente stavano nello stesso luogo fisico.
Quest’immagine rappresenta bene quella che ancora oggi è la realtà della chiesa cattolica, nonostante Papa Francesco.
Una chiesa che è un vero e proprio corpo separato rispetto alla società. Una chiesa che è la negazione dell’idea che la parola ecclesia aveva ai tempi degli apostoli, che significava assemblea, organizzazione laica e niente affatto religiosa che democraticamente decideva sulla vita della comunità. Ecclesia contrapposta al tempio, luogo sacro per eccellenza. Un’idea cancellata completamente dalla vita dei credenti cattolici oggi, che vivono in una struttura farisaica (per l’appunto separata), rigidamente monarchica nella quale, a cominciare dal semplice prete, è tutto nelle mani dei chierici e dove non vive affatto lo spirito evangelico del servizio (“chi vuol essere primo serva” Mt 20,26-27), ma quello della oppressione sotto una pila enorme di peccati che solo la chiesa e i suoi funzionari possono rimettere.
Oggi abbiamo una chiesa prigioniera dei propri statuti, delle proprie teologie, dei propri ministri di culto, dei propri “funzionari di Dio”, che sfruttano il bisogno di accoglienza, di misericordia, di aiuto che, soprattutto i poveri e gli oppressi hanno, per impinguare se stessi. E i casi di cronaca continui di preti ladri, di ordini religiosi preda del dio denaro e spesso contigui con associazioni criminali, dicono di quanta distanza c’è fra le cose che pure dice oggi Papa Francesco ed il corpo reale della Chiesa di cui egli è ha capo. Una chiesa per di più misogina, ammalata di potere come metteono bene in luce sia gli scandali finanziari che quelli sessuali, entrambi figli del potere, due facce della stessa moneta.
I seguaci di Gesù di Nazareth hanno bisogno di liberarsi delle strutture oppressive che sono state costruite sulla sua figura. Abbiamo bisogno di far ripartire una teologia della liberazione che ci faccia riscoprire la sequela di Gesù e non la sua adorazione.
Vi auguro così di poter essere quella associazione che sempre più metta in pratica e faccia vivere questa necessità all’interno della Chiesa Cattolica ma anche in tutte le altre tante confessioni cristiane esistenti. Chiese cristiane divise ma che, sulle cose negative, hanno tutte gli stessi comportamenti in una sorta di “ecumenismo del male” che ha portato il nostro mondo sull’orlo del baratro.
E mi auguro che voi possiate essere strumenti di pace, stimolatori dell’impegno alla pace e alla ricerca costante del dialogo con altre religioni che sono anch’esse per lo più vittime dello stesso “ecumenismo del male” che esiste nell’ambito delle confessioni cristiane.
Auguri dunque e che ci si possa ritrovare sempre più spesso, uomini e donne di volontà buona, a difendere la nostra umanità, a ritrovarsi uniti nella lotta contro l’oppressione dell’uomo sull’uomo.
“18Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. (Gv 1,18)”. Questo passo del vangelo di Giovanni è sempre stato interpretato in modo spiritualista mentre invece esso ci invita a guardare al povero, all’oppresso, all’umanità che è sotto i nostri occhi così come sono sotto i nostri occhi gli sfruttatori, coloro che opprimono gli uomini e le donne per trarne vantaggio materiale, distruggendo la comunità umana e la Madre Terra su cui viviamo. Il Dio di Gesù è l’umanità e dall’umanità dobbiamo ripartire.
Auguri cari fratelli e care sorelle sulla via di Gesù.
Giovanni Sarubbi
direttore www.ildialogo.org
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