I Vescovi lombardi a proposito dell’immigrazione oggi
Gazzada, 12 aprile 2011
L’ondata di richiedenti asilo e di migranti, che dalle coste del nord Africa cercano approdo in Italia e che negli ultimi tempi si è fatta impetuosa sotto la spinta di conflitti locali e di rivolgimenti sociali e politici, provoca in noi una profonda emozione e ci invita ad atteggiamenti di responsabilità. Per molti aspetti si tratta di fatti che stanno dentro la vicenda di ogni popolo e della storia umana: tutti siamo stati migranti.
Il fenomeno di spostamento di popolazioni che tanto impensierisce va anzitutto considerato nella sua realtà. Si calcola che nel 2011 siano arrivate in Italia dal mare circa 28.000 persone. Si è giustamente chiesta la solidarietà dell’Europa, che è chiamata ad affrontare con un’azione unitaria e solidale questo problema. È bene evidenziare che – a proposito dei rifugiati politici – l’Italia accoglie ora 55.000 profughi e nel
Per riconoscere le potenzialità presenti nel nostro Paese, e che anche oggi si possono attivare, ricordiamo che all’epoca della guerra nell’ex Jugoslavia, negli anni ’90, l’Italia ha dato asilo a 77.000 rifugiati. Il nostro Paese ha sostenuto l’obbligo morale dell’accoglienza con coraggio e dignità. In seguito alcuni di questi rifugiati sono tornati in patria, altri sono partiti per paesi diversi, altri ancora si sono integrati in Italia.
Che fare dunque, come comunità cristiana e come comportarci da cittadini lombardi credenti di fronte alla presente ondata migratoria?
È anzitutto necessario recuperare il volto autentico dell’uomo. Come cristiani noi vediamo in ognuna delle persone migranti l’immagine del Padre e il volto stesso di Cristo: “Ero straniero e mi avete accolto… tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25). Da cittadini facciamo riferimento anzitutto alla Costituzione Italiana che all’articolo 10 garantisce allo “straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana” il “diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge” e alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo in particolare agli articoli 13 e 14 che garantiscono la dignità del migrante.
Un secondo passo consiste nel riconoscere con franchezza che l’arrivo nella nostra terra di uomini e donne, giovani e bambini, impegna la nostra comunità civile a provvedere affinché l’ordine sociale sia sempre tutelato nell’interesse di ogni cittadino. Davanti alla migrazione, oltre al dovere d’accoglienza, siamo chiamati ad alzare lo sguardo e a riconoscere le opportunità nuove e positive per la vita sociale e per la vivacità delle comunità cristiane.
Pur riconoscendo le difficoltà di organizzare l’emergenza, occorre fare in modo che si dia ai rifugiati – con decisione e senza ritardi – un’accoglienza organizzata e competente. A tutti è chiaro che sarà opportuno ospitarli in maniera decentrata e diffusa, con un attivo coinvolgimento delle comunità civili locali. Solo questa modalità sottrae le persone alla solitudine, alla tentazione dell’illegalità, al possibile sfruttamento da parte della malavita.
I fenomeni della migrazione domandano di essere letti e affrontati entro prospettive più ampie. La miseria, la malattia e la fame da cui fuggono i migranti che oggi raggiungono il nostro Paese, insieme a coloro che domandano protezione e libertà politiche, ci ricordano che il mondo così detto “sviluppato” ha di fatto requisito grandi quantità di risorse della terra, lasciando a molti popoli solo le briciole. Non mancano i Paesi occidentali che hanno tratto guadagni dalla vendita incontrollata di armi a Paesi non rispettosi dei diritti umani aumentandone l’instabilità sociale e la povertà. Bisogna continuare ad accompagnare la crescita economica e culturale dei Paesi impoveriti. Tagliare gli aiuti internazionali è gesto miope e potenzialmente dannoso anche per il nostro Paese.
L’arrivo dei migranti e dei profughi dall’Africa costituisce anche una sfida e un impegno morale per le comunità cristiane, già in vario modo impegnate ad aiutare ogni povero e – in particolare – nell’accoglienza e nell’accompagnamento dei nuovi arrivati. Parrocchie, enti, istituzioni religiose sono chiamati a continuare il loro servizio per un’autentica integrazione delle persone. Impostare relazioni paritarie significa riconoscere che tutti abbiamo una ricchezza da dare e da ricevere. Siamo invitati a confrontarci con costumi ed appartenenze religiose differenti: è un’occasione per comprendere meglio le nostre tradizioni e le scelte civili e religiose che caratterizzano il nostro territorio.
Secondo lo stile di generosità tipico della nostra terra, chiediamo alle comunità cristiane di Lombardia di rinnovare la fattiva disponibilità alle proposte di accoglienza secondo le esigenze che scaturiranno dal confronto tra le Istituzioni civili e le Caritas diocesane di Lombardia. A quel punto sarà richiesto a ciascuna comunità e ad ogni credente di domandarsi quali iniziative, spazi, energie e gesti di accoglienza concreta può realizzare per favorire istruzione, lavoro, attenzione alla salute e ad una matura integrazione alle persone che vengono ospitate tra noi.
Serve il coraggio di esplorare strade nuove. Una grande risorsa può provenire dalla generosità di famiglie che si rendono disponibili ad accompagnare nella quotidianità altre famiglie o persone appena giunte tra noi: per accedere ai servizi già disponibili, per affrontare le piccole esigenze quotidiane di una società complessa come la nostra e a loro sconosciuta nei suoi ritmi di vita e nelle sue regole.
Non manchi mai il rispetto per la libertà religiosa di ognuno; ciò comporta l’attenzione alle scelte di coscienza dovute alla fede e chiede che venga accettata la domanda di poter esprimere comunitariamente il proprio culto. Rispondendo a questa fondamentale esigenza dell’uomo si realizzano condizioni di stabilità sociale e serena convivenza civile.
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