Pagina 1 di 3Nasce nel 1891, prete a Genova, vescovo a Ravenna e infine a Bologna. Figura di grandissimo rilievo al Concilio di cui è stato uno dei quattro moderatori, ha segnato con la sua testimonianza il rinnovamento evangelico non solo della chiesa italiana, ma della chiesa universale.
Rileggendo gli interventi di Lercaro sulla pace avvenuti tra l’ottobre 1965 e il gennaio 1968 troviamo la forza di un annuncio cristiano, capace ancor oggi di indicare la strada del Vangelo dentro i conflitti degli uomini, affidandosi alla forza inerme della parola di Dio piuttosto che ad una teologia chiamata a legittimare e a giustificare le scelte del potere. Sono gli anni drammatici della guerra del Vietnam e del forte coinvolgimento americano in essa. Lercaro afferma l’illeceità del possesso e della conservazione degli armamenti atomici sostenendo che “non solo i singoli atti di guerra più indiscriminatamente distruttivi sono illeciti, ma la guerra nel suo insieme, comunque iniziata – anche in un modo che si proponga di essere moderato – è oggi qualche cosa di contrario all’evangelo di Cristo nella sua totalità”. Si indica qui con grande chiarezza l’alterità del vangelo nei confronti della guerra e dunque la fine di ogni teologia che neghi questo. Ciò porta a rifiutare anche la guerra di difesa e a superare qualsiasi casistica. Menu Content/Inhalt
Pagina 2 di 3Questo richiede alla chiesa una profonda conversione; deve uscire dalla lunga stagione della teologa della guerra, e da quel rapporto complesso con il potere che l’ha generata a partire da Costantino. Lercaro approfondisce ulteriormente il tema teologico della pace ponendolo al cuore della cristologia: “La pace non è, come normalmente noi la rappresentiamo, il risultato di un rapporto etico ordinato e progredito secondo ragione ed equità; e non è neppure il frutto di un corretto rapporto metafisico con Dio; essa è un dono di salvezza tale che è la persona stessa dell’unico Salvatore del mondo; la pace non è un rapporto, è una Persona, ha un nome personale, è il Messia, è Gesù, al di fuori del quale non si dà né salvezza né pace. Questo significa che la pace non è primariamente frutto di un’azione umana, ma è eminentemente l’opera cristica di salvezza e l’opera cristiana di conversione, di penitenza, di preghiera, di carità evangelica, specialmente verso i più poveri”. Ma il vertice della sua predicazione lo raggiunge nell’omelia pronunciata a Bologna il 1 gennaio 1968. Afferma che la chiesa non è chiamata a farsi arbitro dei conflitti tra le nazioni, ma deve porre in perfetta umiltà, purezza e povertà, il giudizio dell’evangelo: “La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso venga: la sua vita non è la neutralità, ma la profezia, cioè il parlare in nome di Dio”. (a cura della comunità di Bose)<< Inizio1 23 Fine >> |
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