Decennale di “Noi
Siamo chiesa”, Milano 11 febbraio 2006
Messaggi dagli amici
Tonio Dell’Olio,
Pax Christi
Caro Vittorio, care amiche e amici di “Noi siamo chiesa”,
voglio partecipare anch’io, sia pure nella forma del saluto
scritto e inviato, a questo appuntamento del decennale che rappresenta una
tappa importante non solo per Noi siamo chiesa ma per quanti si riconoscono nel
cammino delle chiese (locali e di diverse tradizioni) e che non smettono di
interrogarsi.
Siamo “diversamente credenti”. Le nostre appartenenze, per
amore delle chiese stesse, sono inevitabilmente critiche. Vogliamo costituire
una spinta alla fedeltà delle chiese alla chiamata e al mandato del Maestro.
Vogliamo offrire un contributo perché le chiese abbiano il coraggio di togliersi
i calzari e di camminare in questo tempo a piedi scalzi senza nessun’altra
forza che quella della Parola, nessun altro nutrimento che quello del Pane di
vita, nessun altro potere che quello della croce. Non abbiamo la presunzione
della perfezione. Abbiamo semmai l’umiltà del cammino accanto e insieme.
E’ “semper reformanda” questa madre anziana di cui ci compiacciamo accarezzare
amorevolmente le rughe! Temiamo che immobilizzarla nel rigor mortis, nella
scelorosi che non crede alla creatività, che non si confronta con la diversità
delle culture, che non riesce più a danzare profumando di vita… possa
snaturarla, renderla infedele allo sposo, incoerente con lo statuto del vangelo
che ha accolto e generato. Ci sentiamo figli, ma in cammino. Abbiamo accettato di
consegnare la nostra mano alla sua per fare la strada insieme e ci rendiamo
conto che sono troppe oggi le tentazioni provenienti da coloro che, offrendole
vesti damascate o di broccato, vogliono condurla per strade lontane da quelle
dei poveri. Sono molti coloro che concedendole privilegi, asfaltandole le
strade e lusingandola con elargizioni… vogliono allontanarla dal suo progetto
originario che consiste nel predicare e praticare la liberazione di ogni
persona e di ogni popolo.
Per questo sogniamo chiese che non concorrano con la laicità
ma la assumano piuttosto come valore perché lo sposo è stato un laico e perché
rispetto, tolleranza, libertà, accoglienza… sono note di laicità assolutamente
non estranee al patrimonio prezioso della cristianità. Sogniamo chiese
consapevoli di non possedere la verità ma di ricercarla con semplicità insieme
a tutti. Sogniamo chiese che non riescono a prender sonno perché ci sono figlie
e figli generati dallo stesso ventre della vita che soffrono la fame e la
guerra. Sogniamo chiese che non sappiano sempre e solo fornire risposte certe
ma che si interroghino e sappiano domandare. Sogniamo chiese capaci di ripetere
come Pietro: “Non ho né oro né argento ma nel nome di Gesù alzati…”, operatrici
di liberazione autentiche e integrali.
Carissime e carissimi, per questo siamo compagni di cammino,
perché partecipiamo dello stesso sogno, camminiamo verso il medesimo orizzonte
e crediamo che al Padre tutto questo stia a cuore. Nella misura in cui ci
uniamo nello stesso sogno abbiamo speranza di vederlo divenire carne.
Auguri e buon cammino. Shalom Salam Peace
Tonio
Gianni Geraci,
Coordinamento omosessuali credenti in Italia
A nome di tutti i gruppi di omosessuali cristiani presenti
in Italia,
vorrei ringraziare il movimento ‘Noi siamo chiesa’ per il percorso
fatto in questi dieci anni.
Sono stati anni difficile, in cui è emersa in maniera sempre più
evidente l’urgenza delle questioni sollevate da quell’Appello dal
popolo di Dio che, dieci anni fa, ha portato alla nascita del vostro
movimento.
In questi dieci anni, tra le esperienze che il vostro movimento ha
incontrato, c’è stata anche quella dei gruppi di omosessuali credenti
che cercano, tra mille difficoltà, di rendere visibile la loro piena
appartenenza all’unica Chiesa di Cristo.
Se da un lato è vero che il convegno del 1999 ‘Le persone omosessuali
nelle chiese: problemi percorsi e prospettiverive’ é stato sicuramente
il momento di maggiore visibilità di questo rapporto, dall’altro lato
è anche vero che le nostre storie si sono pian piano intrecciate nella
consapevolezza comune che il messaggio cristiano è un messaggio di
liberazione, che non può essere ridotto agli appelli moralistici di
molti vescovi e che, tanto meno, può essere schiacciato sulle
posizioni di difesa dei privilegi che inquinano il magistero della
chiesa in Italia.
Credo che il nostro percorso comune durerà ancora molto, anche perchè
nel vostro movimento, gli omosessuali cristiani hanno finalmente
incontrato una chiesa che li accetta, che li comprende e che li
valorizza per quello che sono: uno dei tanti segni che l’amore di Dio
lascia nella vicenda umana.
Gianni Geraci
Portavoce Coordinamento Gruppi di Omosessuali Cristiani in Italia
Gruppo Promozione
Donna, Milano
Come gruppo di donne credenti, che nella chiesa cercano di
essee voce critica e di affrontare con franchezza i problemi che assieme atute
le altre donne le riguardano, abbiamo l’esigenza di collegarci e di collaborare
con quanti, e in primis “Noi Siamo Chiesa” operano e fanno sentire la loro voce
perché si costruisca una Chiesa “altra” da quella che si esaurisce nei
documenti ufficiali e nell’organizzazione istituzionale.
Gianni Genre, Chiesa
valdese e metodista, Milano
Care sorelle e cari fratelli,
la nostra chiesa, in questo fine settimana si vede impegnata in ben due diverse
assemblee, dove – fra altri temi – discuteremo anche quello dell’ecumenismo.
Per questa ragione non potrò essere presente fisicamente al vostro incontro
per esprimervi direttamente il senso della nostra vicinanza.
Domenica pomeriggio, poi, per quanto mi riguarda personalmente, partirò per
Porto Alegre dove parteciperò all’Assemblea Mondiale del Consiglio Ecumenico
delle chiese (dove si parlerà soprattutto di globalizzazione e del rapporto
fra l’economia e la fede cristiana…).
Voglio però, a nome dei valdesi e dei metodisti di Milano, inviarvi il nostro
più fraterno augurio in questo periodo certamente faticoso per voi, per noi,
per un dialogo ecumenico che sembra farsi difficile, in un tempo in cui
l’ingerenza
della Chiesa Cattolica Romana nella vita politica e sociale del nostro Paese
è particolarmente pesante.
E’ del tutto superfluo fare degli esempi, ma credo sia essenziale non perdere
la speranza, nella consapevolezza che l’ecumenismo è opera di Dio e che,
per questa ragione, possiamo avere fiducia nella possibilità di costruire
una testimonianza autentica e comune.
Spero vi saranno presto occasioni di incontro, di confronto e di comunione.
Grazie per la persevaranza e per l’evangelicità della vostra testimonianza
che arrichisce noi tutti. Il Signori vi accompagni e vi guardi,
Gianni Genre, pastore della chiesa valdese di Milano
Daniele Gallo, “Viator”,
Milano
Gratitudine e
condivisione
Gentili amici,
il primo pensiero che mi balza alla mente è di gratitudine per l’alto livello
dell’impegno che da 10 anni corrobora il vostro sforzo nel rivendicare la
nostra appartenenza all’eredità evangelica.
Sono stati anni duri, difficili, anni in cui la società ha dovuto fronteggiare
un progressivo e irrefrenabile imbarbarimento etico, in cui il divario
socio-economico tra Nord e Sud del mondo si è accentuato, in cui la follìa di
chi governa il pianeta ha superato ogni limite di arroganza e di indifferenza
verso le necessità dei più poveri. Sono stati anni che hanno evidenziato una maggiore
distanza tra Chiesa istituzionale e Chiesa reale confermando che è in atto
quello che acutamente il filosofo cattolico Pietro Prini ha definito uno scisma
sommerso. Sono stati anni in cui, infine, le domande di senso di generazioni
sempre più inquiete si sono fatte più pressanti e bisognose di risposte vere.
In questo difficile contesto Noi siamo Chiesa si è sempre distinta per
"essere dalla parte della soluzione e non del problema", si è battuta
per far emergere le priorità assolute della pace, del dialogo interreligioso ed
interculturale, della difesa di valori calpestati dalla sciatteria di politici
da operetta, del rifiuto di ogni dogmatica intransigenza, della completa
valorizzazione della persona, dell’attenzione alle nuove problematiche espressione
di nuove istanze sociali.
Il secondo pensiero è di condivisione: il progetto editoriale “Viator” è vicino
al movimento Noi siamo Chiesa e
ne fa suoi spirito e contenuti. Partecipiamo all’esigenza ideale di affiancare
diffusione del messaggio evangelico e di definirsi parte integrante di essa
nell’alta spiritualità della concezione del sacerdozio unico dei fedeli, inteso
come popolo di Dio. Diffidiamo della distinzione arbitraria ed antistorica tra
laici e religiosi e preferiamo armonizzarci insieme sotto la definizione di
"uomini di buona volontà", rivendicando la nostra partecipazione al
Regno di Dio. Auguro infine a tutti gli amici di Noi siamo Chiesa di andare avanti nell’impegnativa ma
gratificante strada intrapresa con la stessa sensibilità e con gli stessi
significativi risultati ed invoco su di essi la benedizione dello Spirito
Santo.
Brunetto Salvarani, di “Cem-Mondialità” e “Qol”, Brescia
"Di vero cuore voglio augurare buon compleanno a
Noi siamo chiesa, per la fatica e le speranze del decennio trascorso ma
soprattutto per la fatica (che non mancherà) e le speranze (che pure ci
saranno, non dubitiamone) dei prossimi cento. Con un sincero grazie per
l’impegno e la passione che ci avete messo, e nella convinzione che sempre più
si debbano cercare e sperimentare modalità di lavoro comune: mescolando,
secondo l’adagio evangelico, una buona dose di astuzia e di candore. In questo
senso, credo non possa mancare la nostra voce nel cammino della chiesa
cattolica italiana verso Verona 2006, così come nel cammino delle chiese
europee verso Sibiu 2007: a sottolineare le nostre battaglie di sempre, per una
democrazia nella chiesa e per le pari opportunità anche in chiave ecclesiale,
per la centralità strategica del dialogo ecumenico e interreligioso, per
un’interculturalità reale e non retorica, e così via. L’esempio del successo
straordinario della Giornata ecumenica del dialogo
cristianoislamico(www.ildialogo.org) sta a dimostrare che non è impossibile
bucare la cappa dell’indifferenza e del pregiudizio: e Dio sa quanto ce ne sia
bisogno, di questi tempi!
Con un forte abbraccio Brunetto Salvarani
direttore di CEM Mondialità e di QOL"
Andrea Gallo, della
Comunità di S. Benedetto al Porto di Genova
Auspico per "Noi siamo Chiesa", nel suo decennale,
di continuare a cercare
di capire gli eventi
e di interrogarsi sulle implicanze dei mutamenti, per tentare di vivere da
cristiani, con fedeltà creativa
al Signore.
Ricerca senza verità da sbandierare.
Dialogo come apertura a qualsiasi voce.
Amicizia: dialogo e ricerca sempre in compagnia, non temendo la discussione
e le differenze di opinioni.
Rivalutare la laicità.
Ortensio da Spinetoli,
teologo, Recanati
Non potrò esserci ma sarò spiritualmente in mezzo a voi a riflettere
sulle aspettative e inadempienze
nell’attuazione del Concilio. Non si tratta di un avvenimento qualunque,
ma di una svolta epocale, “di civiltà” (S.Acquaviva), di una “rivoluzione
culturale “ secondo Carmine Di Sante. C’è un prima e un dopo : due chiese che
si incontrano e si salutano: una finisce e l’altra comincia. La “Lumen
gentium”, la “Gaudium et Spes” e la “Nostra Aetatae”, solo per menzionare tre
dei grandi documenti conciliari, vedono invertito il corso della chiesa che
finisce di essere “gerarchica” (LG), non più in antagonismo con il mondo (GS)
ed accorda a tutti gli uomini indipendentemente dal proprio credo religioso la
libertà di professare la propria fede (NAe). Purtroppo la storia la fanno gli
uomini e quella della Chiesa è dominata dai pontefici. Si è avuto il troppo
lungo periodo di un papa che non si è seriamente preoccupato di raccogliere
l’eredità del Concilio. Anche se candidato da alcuni devoti (per non dire
cortigiani) alla canonizzazione è stato fortemente autoritario ed ha riempito la scena più di sé stesso che
di Cristo e del Vangelo, anche se a parole diceva il contrario. Nell’aula
conciliare si era trovato con i “conservatori”, non aveva condiviso quindi la
nuova linea della Lumen Gentium e non vi si è attenuto nel suo governo.
Il successore che d’altronde era stato sempre il suo braccio
destro ( e pure il sinistro) non poteva adottare una linea diversa e non sembra
che la stia adottando nonostante la sorpresa della sua prima enciclica in cui
la sua cura pastorale è incentrata non tanto sulla verità, meno ancora sulle
dommatizzazioni, quanto sulla carità, l’unica proposta che può unire gli
uomini, i vari credenti, i diversi cristiani. Tutto il contrario della verità
che riesce solo a dividere , a
“contrapporre”, a uccidere.
La testimonianza di papa Giovanni e la perspicacia di Paolo
VI non hanno trovato continuità. Il Concilio per fortuna non si è arrestato, ha
subito qualche ritardo , ma presto o tardi finirà per trionfare. Chi vivrà
potrà constatarlo. Anche voi che siete lì raccolti siete animati da questa
speranza. E’ evidentemente anche la mia e di tutti gli uomini di buona volontà.
Il più caloroso fraterno augurio a tutti i partecipanti. Mi
permetto di ricordare che nel libricino “La conversione della Chiesa” (1975)
avanzavo la rivendicazione che “la chiesa siamo noi” soprattutto nel sesto capitolo “I presupposti
della comunione ecclesiale”. Solo per dire quanto sono e mi sento allineato con
voi. Uno in più è sempre meglio di uno in meno. Scusatemi. Uno dei vostri.
Giulio Girardi, teologo
della liberazione
Care sorelle e cari fratelli,
In occasione del decennale di " Noi siamo Chiesa",
voi cercherete, com’è
naturale, di evocare i contributi critici e costruttivi recati dal movimento
alla vita della Chiesa e della società. A questa ricerca vorrei contribuire
anch’ io .
Esistono, in Europa e in tutto il mondo, delle persone che
si
considerano, esplicitamente o implicitamente, "cristiane senza
chiesa". Esse
sono, mi pare, gran parte delle credenti e dei credenti; sarei tentato di dire
la maggioranza di loro.
Ora, per molte di queste persone, l’incontro con
il movimento "Noi
siamo Chiesa" rappresenta una scoperta della Chiesa, come
attualizzazione
del movimento di Gesù; una scoperta quindi della loro propria appartenenza
alla Chiesa. Penso che questo sia un contributo , forse tra i più
importanti, alla vitalità e al futuro della chiesa; certo molto più
importante dell’alleanza con il potere.
Ma questo contributo non è automatico.Esso suppone, da parte
dei membri
di "Noi siamo chiesa" la capacità di testimoniare con la loro
vita e il
loro impegno sociale, ciò che, secondo il messaggio di Gesù, dovrebbe essere
il distintivo dei suoi discepoli: l’amore per il prossimo. L’amore.
intenderemmo oggi, incarnato nella coerenza di una scelta dei poveri.
Di questo movimento mi sento membro anch’io, sopratutto da
quando scopro
in esso una fedeltà sempre più conseguente alle oppresse e agli oppressi
della terra.
Questo mio contributo è al tempo stesso un
riconoscimento del presente e
un augurio per il futuro.
Buon lavoro!
Rinaldo Falsini, teologo
Seguo con interesse da vari anni il vostro movimento che ha
come finalità di proporre di portare a compimento la lettera e lo spirito del
Concilio Vaticano II. Partecipo da lontano e con simpatia al convegno e mi
onoro di avere partecipato in altre circostanze alle vostre iniziative nelle quali ho riscontrato la lealtà e
la massima libertà che caratterizzano il
vostro lavoro.
Buon lavoro, con amicizia Rinaldo Falsini
Giuseppe Barbaglio, teologo
Forse anche Mt 23,9 tramanda un
detto autentico di Gesù: “Non chiamate nessuno padre sulla terra, perché uno
solo è il padre vostro, quello celeste”. I suoi seguaci formano una nuova
famiglia fondata non su vincoli di sangue, bensì su legami di comune
partecipazione alla propria speranza nella regalità divina albeggiante nei
villaggi di Galilea. Non devono riconoscere alcun padre terreno, essendo tutti
figli di un unico Padre celeste. Per Gesù e i suoi discepoli la paternità
divina è l’unica che conta; quella del sangue è fortemente declassata. Vi si
nota una qualche analogia con la confessione ebraica dell’unico ed esclusivo
Dio: “Non avrai altro dio all’infuori di me” (Es 20,2-3; Dt 5,6-7). Il monoteismo
diventa ‘monopatrismo’ per lui e i suoi discepoli. Sono figli del Padre
celeste, liberi da ogni patria potestas che nel mondo romano si
traduceva in diritto di vita e di morte. Lungi dall’essere riproduzione in alto
della figura in basso, il Padre che è nei cieli fa piazza pulita di tutti i
padri che vogliono imporsi in terra a
livello familiare, sociale, politico e religioso.
Meridiana,
editore, Molfetta
Cari Vittorio e
Mauro,
volendo rendere personale per ognuno dei presenti questo
saluto, permetteteci di utilizzare i vostri nomi.
Anche perché più di altri voi siete per noi i nomi e i volti
di un confronto e di una collaborazione che ha messo insieme, in questi 10
anni, il vostro cammino e la nostra ricerca editoriale, attraverso libri che
hanno dentro tensioni comuni.
Lo stile del confronto e l’attenzione a temi “difficili”
nella chiesa italiana hanno offerto a voi e noi la possibilità di segnare il
dibattito religioso con interventi di peso e importanti, che testimoniano la
necessità di posizioni chiare e più attente alle persone e non solo ai
principi. Libri che fanno appello a una
comunità che lega il Vangelo non al rito e al culto di esso, ma al
tempo, alla storia che siamo chiamati con responsabilità e coerenza a costruire
tutti.
C’è un augurio che vogliamo rivolgere a voi e a quanti come
noi avvertono ancora lungo ma urgente il cammino verso una Chiesa declinata
secondo il segno della comunità in cammino. Sono parole di don Tonino, vescovo
sì della Chiesa italiana, ma vescovo al servizio della comunità e dell’uomo:
“ Non scoraggiatevi. Anche se è buio intorno.
Non tiratevi indietro, anche se avete la percezione di
camminare nelle tenebre.
E’ di notte che è meraviglioso attendere la luce.
Bisogna forzare l’aurora a nascere, credendoci.
Amici, forzate l’aurora.
E’ l’unica violenza che vi è consentita”.
Un abbraccio a ognuno di voi. L’aurora non tarda ad arrivare
per chi non smette di cercar
Elvira Zaccagnino
e Guglielmo Minervini
Molfetta, 6 febbraio 2006
Luigi Bettazzi, vescovo
Formulo auguri per vostra riflessione sul Concilio. Auguro
profondo spirito di comunione dinamica. Fraterne preghiere.Luigi Bettazzi
Luisito Bianchi, scrittore
e presbitero
Caro Vittorio,
a 40 anni non solo dal Concilio ma anche dall’inizio della
nostra sempre più profonda amicizia posso dire che tu hai sempre scelto la
parte dei perdenti. Così non mi meraviglia che 10 anni fa tu sia stato un
iniziatore di "Noi siamo Chiesa" e che pure questa scelta possa
apparire dalla parte dei perdenti.
Ma non è questo, penso, il metro per misurare la bontà d’una
scelta; per me è il resistere a ogni forma di potere, che strumentalizza l’uomo
e anche Dio, e che questa resistenza non abbia per fine l’acquistarsi un potere
sostitutivo, sia, insomma, senza interessi, gratuita.
Resistenza e gratuità, come fatto ecclesiale se non
ecclesiastico, mi sembra siano questi i binari su cui corre "Noi siamo
Chiesa", garanzia di autenticità e verità. Un abbraccio tuo Luisito
Bianchi
Luigi Sandri
Carissime e carissimi,
per ragioni professionali proprio nei giorni del nostro decennale dovevo essere
a
Porto Alegre, per
Assemblea
l’occasione per visitare alcuni amici cileni, a suo tempo esuli in
Italia, causa Pinochet.
Se fisicamente non saro`con voi a Milano,
lo sono pero`con l’affetto e il pensiero. Che dirvi? Stanotte ho
conversato per molte ore con il gruppetto di NSC di Santiago: non so
esprimervi quanto esse e essi guardino con fiducia a noi, e con
speranza. Essi che vivono nel Sud del mondo, con tutto cio`che questo
significa, ecclesialmente e geopoliticamente, si aspettano molto da
noi: percio` piu’ alta e’ la nostra responsabilita`ma, penso, anche la
nostra gioia.
Ritengo che – sempre consapevoli che siamo meno dei
lilllipuziani, e sempre coscienti dei nostri limiti – possiamo guardare
con riconoscenza ai dieci anni trascorsi, e impegnarci con audacia –
mite, ma risoluta – per il futuro. Nessuno dei punti dell’"Appello dal
popolo di Dio", lanciato dieci anni fa, ha avuto concreta, normativa
attuazione: tutto e`ancora davanti a noi, e la riforma evangelica della
Chiesa romana appare remotissima.
Ma non dobbiamo disperare:
nostro compito e’ quello di seminare; altri, forse, un giorno,
raccoglieranno. Se, lasciando da parte questioni minori, e inopportune,
ci concentreremo sui nodi essenziali, potremo fare molto, ne sono
sicuro.
A voi che state (quasi) all’ombra delle Alpi, un saluto
affettuoso, caldo (qui e`estate!), fraterno dalla cordigliera delle
Ande. Siamo lontanissimi ma, insieme, vicinissimi nell’impegno ribadito
di lavorare perche`
romana diventi "altra", cioe`piu`capace
di parlare, in modo credibile, di Gesù. Affinche` il mondo creda.
Un grande abbraccio, Luigi
Santiago de Chile 4 febbraio 2006
Carmine Di Sante, teologo
La comunicazione all’interno della Chiesa soffre di una duplice patologia:
la monodirezionalità, che istituisce una parola che scende solo dall’alto
verso il basso e difficilmente si fa circolare; la monosessualità, che
istituisce una parola che, soprattutto a livello decisionale, è sempre e
solo al maschile e non si lascia mai integrare dal femminile.
Se, come vuole M. Buber, la maturazione dell’umano avviene solo nello spazio
dialogico, dove ognuno è, contemporaneamente e alternativamente, parlante e
ascoltante, docente e discente, non si può non condividere e essere grati a
quanti, nella Chiesa, si impegnano a promuovere o ampliare questi spazi di
dialogo e di confronto. Soprattutto in considerazione del fatto che, per
Gesù e i suoi seguaci, la communitas da lui sognata e pensata è la
communitas degli amici e dei fratelli.
Paolo Naso, direttore
di Confronti
Caro Vittorio
approfitto della nostra corrispondenza per inviare te
un messaggio di auguri per il prossimo convegno del decennale di "Noi
siamo chiesa". Dieci anni di presenza di un movimento costituitosi dal
basso e su un’agenda così nettamente definita, è oggettivaente un risultato
importante e, forse, insperato.
In questi dieci anni
molto, per altri non è cambiata affatto. Oggi sa comunicare con grande
efficacia, mostra una grande capacità di presenza sul campo politico, vive
l’inizio di un nuovo pontificato. Per altri aspetti continua a soffrire della
crisi di dibattito interno, dello scarso spazio lasciato ai laici ed alle
donne, dei contraccolpi di una secolarizzazione sempre più spinta. Troppo
spesso reagisce chiudendosi a riccio, emarginando le voci profetiche e di
frontiera, misurando ogni singola parola nel dialogo con le altre chiese e le
altre comunità di fede.
Una presenza come la vostra – alla quale le pagine di
Confronti hanno cercato di dare spazio e visibilità – rappresenta quindi una
preziosa risorsa per quanti vogliano testimoniare l’Evangelo dell’amore e
dell’inclusione, dell’abbraccio e della solidarietà. Auguri, allora. Fate la
vostra strada di movimento nonostante le censure e gli ostacoli, i silenzi e
gli steccati che vi siete trovati di fronte.
Con amicizia Paolo Naso
Enzo Mazzi, comunità dell’Isolotto, Firenze
Caro Vittorio,
accogliemmo con gioia,
dieci anni fa, la nascita del movimento Noi siamo Chiesa. Un segno forte
del lavorio sotterraneo dello Spirito. Ed ora siamo con voi nella verifica del
cammino percorso e nella ricerca di segni di speranza nella nostra
Chiesa e nella nostra vita.
Catti e altre presenze delle comunità di base porteranno un
contributo di esperienza e di riflessione nel quale come sapete ci
riconosciamo.
Un caro saluto
“Tempi di
fraternità”, Torino
La nostra rivista Tempi di Fraternità ha compiuto 35 anni di
esistenza. Anzi, di resistenza! Ha resistito fino ad ora, con tutte le
difficoltà, le fatiche di una piccola rivista “di nicchia”: i nostri bilanci
economici languono, siamo sempre sull’orlo, al pelo pareggiamo, poi siamo
sempre di meno in redazione (pochi ma buoni) e di una certa età (ci mancano
forze nuove, giovani soprattutto!!) …
Eppure resistiamo perché ci sembra che valga la pena
lavorare gratuitamente per contribuire alla costruzione di una Chiesa Nuova,
una Chiesa del Concilio a cui noi, da sempre, abbiamo aderito.
Ci crediamo, sì, ci crediamo e lavoriamo sodo, pieni di
fiducia e speranza che insieme, nel nostro piccolo, si possa cambiare qualche
cosa. Speriamo di essere dei Semi di Speranza (come il titolo di una nostra
rubrica), da far germogliare nel solco della vita, della Chiesa tutta Popolo di
Dio.
E vegliamo vigili, per dare la voce a chi non ha voce, a chi
è tagliato fuori dai meccanismi di una gerarchia che stritola, che esclude:
lavoriamo, sulle nostre colonne, da poco, con gli omosessuali credenti da dove
lanciamo le iniziative e le riflessioni per il Pride 2006 che si tiene a
Torino.
Lavoriamo con i nostri fratelli che sono in Europa, America
Latina o Canada, cioè con quei pezzi di Chiesa che fanno fatica ad esistere,
che sono emarginati, che danno fastidio, ma che hanno da dire molto (per
esempio sul numero di febbraio abbiamo scritto della storia degli 8 mila
cattolici in Finlandia e del tentativo di “normalizzare”, da parte di Roma, il
fermento, il lievito conciliare che c’è in loro; abbiamo parlato della nostra
sorella in Cristo Marta Frascati, pastora protestante, molto malata e che ha
ancora la forza di lavorare come cappellana volontaria nelle carceri che ci ha
descritto; continuiamo ad essere vigili sull’America Latina, in particolar modo
sul Nicaragua dove collabora con noi Giorgio Trucchi dell’Associazione
Italia-Nicaragua; cerchiamo di non dimenticare il conflitto in Iraq con
contributi scritti vari che selezioniamo e che ci pervengono da ogni parte;
volevamo far scrivere direttamente i barboni di Torino su come essi vedono le
Olimpiadi invernali con questo sperpero di denari ma non ci siamo riusciti,
pazienza!! ecc…).
Il nostro lavoro, sulle colonne della rivista Tempi di
Fraternità, è anche di denuncia delle ingiustizie sociali, è anche un continuo
“laboratorio” dove ci sperimentiamo con le nostre capacità, dove discutiamo
molto (anche on line, via mail), dove le decisioni e le responsabilità sono
veramente prese in gruppo. Dove cerchiamo nel possibile di accogliere tutti i
punti di vista che ci giungono…ma che non è facile portare avanti! Qualcuno ci
ha chiesto tempo fa: perché lo fate ? Chi ve lo fa fare? E la risposta
immediata di qualcuno di noi dell’editrice-redazione è stata “per passione,
perché ci divertiamo!”. Sì, signori, se non ci fosse una vera passione che ci
fa stare al computer per la redazione dei testi, per la scelta della linea
editoriale che ci siamo dati, per l’impaginazione mese dopo mese del giornale,
se non ci fosse questa passione (e ci rendiamo conto che oggi, soprattutto i
giovani, hanno questa passione nel fare le cose perché piacciono e basta, senza
bisogno di tornaconti personali) e questo fare Tempi di Fraternità anche con un
briciolo di divertimento e di sana incoscienza e follia, questo mensile
snaturerebbe le sue origini, le sue radici… o morirebbe o sarebbe un’altra cosa
lontana da quello che è oggi: una rivista di servizio, al servizio del Popolo
di Dio, dei fratelli ultimi. Un “ vero miracolo italiano”, come dice il nostro
direttore Brunetto Salvarani.
Grazie dell’attenzione!!
Editrice e redazione Tempi di Fraternità
Torino – Via Garibaldi 13 presso Centro Studi “Sereno Regis”
– tel. 347-4341767 – 011-9573272
Sito internet www.tempidifraternita.it-
Domenico Jervolino, filosofo,
Napoli
Cari amici, non posso partecipare al vostro convegno per
impegni precedenti che mi portano a
Cagliari, all’università e nella stessa città in una manifestazione con una delle matres argentine de plaça de
Mayo. Vi invio un saluto cordiale e desidero esprimere il mio apprezzamento per
un movimento come il vostro che continua ad affrontare temi che riguardano tanti e tante che negli ultimi
decenni hanno vissuto prima
Chiesa
lento movimento di restaurazione che ci ha fatto indietreggiare rispetto ai
sogni della nostra giovinezza. Le generazioni più giovani non hanno avuto
nemmeno la possibilità di partecipare a quella ventata rinnovatrice degli anni
Sessanta, quella nuova Pentecoste di cui parlava papa Giovanni, né alle lotte esaltanti degli anni
successivi, pur in tempi difficili. Non è un caso che riesce spesso oggi
problematico riproporre un’immagine di Chiesa come popolo di Dio, solidale con
l’umanità intera e coi suoi processi di liberazione. Il nocciolo essenziale
dell’annuncio evangelico viene oscurato da preoccupazioni moralistiche e dalla
pretesa di dettare norme discutibili anche dal punto di vista della tradizione
etica e filosofica cristiana su temi come lo statuto dell’embrione o l’uso del
preservativo, che sembrano assurgere a criteri discriminanti dell’essere
cristiano e perfino a motivare incongrue alleanze con ambienti neoconservatori
apertamente atei, mentre finiscono in secondo piano le esigenze della pace e
della carità. Gli interventi delle gerarchie o di chi oggi le rappresenta nel
nostro paese assumono toni e comportamenti che ci si aspetterebbero
piuttosto da un partito politico o una
lobby qualsiasi, impegnata a conquistare o a salvaguardare i propri spazi di
potere. Non c’è troppo da meravigliarsi se essi
finiscono per alimentare un nuovo anticlericalismo talora rozzo e
primitivo che rischia di far regredire lo stesso dibattito politico a prima di
Gramsci, e degli altri esponenti del movimento operaio italiano (da Basso
a Ingrao, per fare qualche nome) così
attenti alla questione cattolica nel nostro paese da assegnare ad essa una
valenza strategica.
Fortunatamente in questi ultimi anni abbiamo anche visto
nuove generazioni di giovani credenti partecipare attivamente ai movimenti
nuovi, per un altro mondo possibile e a molteplici esperienze di volontariato e
di solidarietà sociale. E’ importante che la memoria delle lotte passate non si
perda e che si riannodi costantemente un dialogo fra le generazioni.
Per tutto ciò è necessario che un movimento come il vostro e
nostro, che mira a una riforma dal basso della Chiesa, cresca e si espanda in
tutte le regioni del nostro paese
Fraternamente
Domenico Jervolino, professore di Ermeneutica e Filosofia del Linguaggio
nell’Università di Napoli Federico II, direttore della rivista Alternative e membro del gruppo del Tetto di Napoli.
PS Il nostro amico e compagno Giulio Girardi compirà 80 anni
il 23 febbraio prossimo. Da lui abbiamo ricevuto tanto, soprattutto chi con lui
dette vita all’esperienza dei Cristiani per il socialismo negli anni Settanta,
ma anche tutti coloro che hanno continuato a leggere i suoi libri e a seguire
la sua attività in Europa e in America Latina.
Propongo che da quest’assemblea
gli sia inviato un messaggio di auguri e l’invito a continuare insieme
il nostro impegno nella chiesa e nel mondo.
Nicola Colasuonno, “Missione oggi”
grazie per l’invito al convegno dell’11 febbraio.
Complimenti per aver scelto un tema così interessante e
quanto mai attuale con relatori di qualità.
Mi dispiace informarti che non potrò essere presente; sono
contento però che un redattore di Missione
Oggi, Mauro Castagnaro, sarà ben presente nella tavola rotonda. Al
Consiglio Missionario Nazionale avevo suggerito di introdurre nelle nostre
comunità parrocchiali una figura simile al ministro straordinario
dell’eucarestia: il ministro straordinario della speranza. Dio sa quanto ne
abbiamo bisogno!
Ti lascio con un proverbio africano: la speranza è
come un sentiero nella foresta: quanto più gente vi passa meglio si vede.
Buon lavoro a te e a tutti i convegnisti.
Con grande affetto Nicola Colasuonno
Direttore di Missione
Oggi
Enrico Morresi,
Dialoghi, Locarno
Il comitato di redazione della rivista "Dialoghi,
di riflessione cristiana" (Locarno) partecipa all’anniversario della
sezione italiana di "Noi siamo Chiesa", di cui condivide l’azione per
il riconoscimento dei diritti e dei doveri del "popolo di Dio"
affermati dal Concilio Vaticano II, in particolare nell’attuazione completa
delle responsabilità ecclesiali del laicato nella Chiesa e nella società, e
della necessità per
cattolica di una libera e completa "opinione pubblica", ripetutamente
riconosciuta dai Papi, da Pio XII a Giovanni Paolo II.
per il Comitato di "Dialoghi"
Enrico Morresi, redattore responsabile
PS. La rivista bimestrale "Dialoghi, di
riflessione cristiana" esce regolarmente dal 1968 e continua un’
"amicizia" iniziata nell’estate del 1954 tra un gruppo di ticinesi –
laici e sacerdoti – della diocesi di Lugano, allora riuniti alla Villa Cagnola
di Gazzada Varese.
Gianni Novelli,
Cipax, Roma
Carissime Sorelle, carissimi Fratelli, un
affettuoso augurio di buon lavoro sia per il
vostro/nostro convegno che, e sopratutto, per il
lavoro che vi/ci attende nel prossimo decennio di
cammino di una chiesa conciliare. Il modesto
ministero di pace del Cipax (Centro
interconfessionale per la pace) in questi suoi
venticinque anni di vita è stato sempre in grande
sintonia e colaborazione con molti di voi. Vi
ringraziamo per l’aiuto e l’esempio che ci avete
dato. A nome di tutto il picciol gruppo di
volontarie e volontari cipaxine/i vi offro i
modesti strumenti che abbiamo a disposizione per
continuare questo cammino. In particolare vi
richiamo la comune felice esperienza di
partecipazione al "processo conciliare su
giustizia, pace e salvaguardia del creato"
realizzato a livello europeo con le assemblee di
Basilea (1989) e Graz (1997). Ci attende ora una
terza assemblea che si terrà a Sibiu in Romania
dal 4 all’8 settembre del 2007. Il cammino è già
iniziato. Dal 24 al 27 gennaio scorsi si sono
infatti riuniti a Roma i delegati della
Conferenza delle Chiese Europee (KEK) e del
Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee
(CCEE) per"condividere un tempo di preghiera e di
riflessione all’inizio del processo della Terza
Assemblea Ecumenica Europea (AEE3 o 3AEE)". Al
termine dell’incontro hanno indirizzato una
"Lettera ai Cristiani d’Europa"
che si concludeva
con l’invito "Venite con
noi in questo cammino!". Dovremo sforzarci e
forse anche lotta per "camminare insieme",
partecipare e non solo assistere (come sembra si
stia impostando) a questo grande incontro di
tutti i Cristiani di tutta l’Europa. Diamoci una mano!
Ancora un fraterno augurio di pace e gioia! Auguri di pace e gioia !
Giovanni Sarubbi, “Il Dialogo”, Salerno
Care amiche e cari amici di Noi Siamo Chiesa,
sono impossibilitato ad essere con voi al vostro convegno ma
voglio farvi giungere, attraverso Vittorio Bellavite, il mio saluto affettuoso
ed una breve riflessione.La parola “Dio” oramai ci sommerge. Quotidianamente
non c’è telegiornale che non riporti una qualche dichiarazione del Papa o del
cardinale Ruini, sui fatti più svariati della vita pubblica italiana o
mondiale, ed il tutto fatto in nome di “Dio”. E’ “Dio” che parla attraverso di
loro; è “Dio” che emette dottrine e sentenze. “Dio” campeggia in ogni angolo
del mondo della comunicazione.
E l’immagine di “Dio” che viene proposta è antica ed appartiene ad un orizzonte
di comprensione oggi insostenibile: un “Dio sopra”, il “Dio” della metafisica,
immaginato come un gran re, che ha bisogno di suoi vicari incaricati non solo
di predicare ciò che sarebbe la “sua volontà” ma anche depositari di poteri
spirituali e materiali non solo sui singoli fedeli ma anche su chi a questo
“Dio” non crede.
Quest’immagine di un Dio che sta sopra, nell’alto dei cieli, che prende
decisioni, che ha bisogno di suoi vicari in terra per dispensare premi e
punizioni, è ovviamente umana, troppo umana. E’ un "antropomorfismo"
che ogni religione nel corso dei secoli ha cercato di utilizzare a proprio
vantaggio contro gli antropomorfismi usati da altre religioni.
Ma “Dio” non è un signore che se ne sta la sopra, né ha bisogno di vicari
terreni. Oggi sappiamo che Dio non è così, che ciò che chiamiamo
"Dio" è un mistero che non può essere ridotto ad una simile immagine
antropomorfica. Ma, leggendo attentamente gli stessi libri sacri delle varie
religioni monoteiste, Bibbia e Corano in particolare, non è neppure questa
l’immagine che di Dio hanno avuto i fondatori del monoteismo che è nato proprio
per contrastare le religioni che facevano largo uso dell’immagine
“antropomorfica” di Dio, finalizzato al potere dell’uomo sull’uomo.
Sono stati gli ebrei che si liberano dalla schiavitù di Egitto a parlare di un
“Dio con noi” e a contrapporre alle statue dei santuari “un arca dell’alleanza”
che camminava in mezzo al popolo in marcia verso la libertà. Alleanza che
rendeva il popolo ed il “dio con noi” una sola cosa, moglie e marito, portatori
di vita nuova, con regole fatte per la vita e non per la morte, come poi sono
diventate dopo l’esilio babilonese.
Si continua, invece, a parlare alla gente come se duemila e più anni di
teologia fossero passati invano. I cristiani, in particolare, continuano ad
essere trattati come bambini, incapaci di affrontare minimamente quel mistero
che chiamiamo “Dio”. Il Papa ha attorno a se una folta schiera di teologi ma alla
fine ciò che viene fuori è una catechesi infantile: l’uomo e la donna di oggi,
per i teologi del Vaticano, non hanno diritto ad elaborare linguaggi nuovi, più
critici ed appropriati a quelle che sono le conoscenze attuali dell’umanità.
La conferma arriva dalla prima enciclica di Benedetto XVI che non dà nulla di
nuovo ai cristiani oggi: non servono belle parole, che per di più ripetono
immagini vecchie e stantie, ma fatti diversi, modifiche sostanziali di un modo
di vivere su un tema, quello dell’amore, su cui il papato, nella sua storia
bimilennaria, ha un bilancio pesantemente negativo. E con voi non c’è bisogno
di dare molte spiegazioni a questa affermazione che credo tutti condividete.
C’è poco da fare: più si usa la parola “Dio”, più in realtà la si bestemmia, la
si contorce, la si svuota di significato, la si usa a proprio uso e consumo.
Altro che Dio! Altro che amore! Questo è il tempo della blasfemia, di una
idolatria sfrenata, del “dio denaro”, come mai si era vista nella storia
dell’umanità.
E ad essere profondamente offesi da un simile modo di procedere sono tutti quei
cristiani, e sono la maggioranza, che concepiscono la propria vita come
servizio agli ultimi, come scelta a favore dei poveri, come impegno per la
giustizia e la pace, come impegno per la liberazione integrale dell’uomo dalla
schiavitù dell’uomo sull’uomo. Cristiani che si sentono offesi da un uso del
sacro finalizzato a dare il potere a partiti politici e governi impegnati nella
guerra, in una delle più devastanti e perverse guerre che abbia mai visto
l’umanità e di cui non ci si rende conto proprio a causa della copertura
ideologica offerta dalla inedita alleanza della “Santa Sede” e delle chiese
fondamentaliste americane che appoggiano il presidente Bush. Dobbiamo io credo,
condurre una battaglia contro questo uso distorto e blasfemo del sacro, quello
che in altre parole potrebbe chiamarsi come ”battaglia per la laicità”, che ci
faccia riscoprire il senso vero del monoteismo biblico che non è certo quello
di sostituire ai vari dei oppressori dei singoli popoli un unico dio oppressore
di tutta l’umanità, come di fatto oggi è.
«E’ tempo di gridare sui tetti tutta la verità che possediamo e di combattere
tutti gli errori che vediamo», diceva don Primo Mazzolari. Ed è l’appello che mi
permetto di fare non solo a voi ma ai credenti di ogni religione che vogliano
vivere la propria religione come ricerca del mistero di Dio e non come supporto
ad un determinato sistema di potere politico-economico-militare. Buona strada
lungo la via di Gesù e di tutti i profeti che lo hanno preceduto e seguito.
J.Ramos Regidor,
teologo
Non posso essere presente ed invio i miei auguri di buon
lavoroe di continuare nell’impegno comune per la vostra ricorrenza quanto mai
opportuna per i temi trattati. Con amicizia
Camillo De Piaz, teologo,
Tirano
Ha inviato un messaggio orale di saluto e di amicizia
Rosa Siciliano,
“Mosaico di pace”
Cari amici, non potendo essere tra voi, vi invio i miei più
sinceri saluti. Buon lavoro per la giornata di oggi come per il futuro, per il
vostro impegno quotidiano per una Chiesa rinnovata, per le ricerche che
provocate e a cui partecipate, per le speranze e le lotte che ci vedono insieme. A nome sia personale che
di Mosaico di pace vi ringrazio per la vostra disponibilità, il
confronto, la ricchezza delle riflessioni che spesso condividiamo e la
collaborazione che alcuni di voi, generosamente e con competenza, pongono a
nostra disposizione.
Voglio salutarvi affettuosamente con le parole che il nostro
amico Brunetto Salvarani qualche anno ha voluto dedicare a don Tonino Bello,
fondatore di Mosaico di pace e tuttora ispiratore del nostro lavoro: “Caro
don Tonino, … a te piaceva sottolineare che una Chiesa priva di sogni non è una
Chiesa autentica, cioè un raduno di gente convocata da Dio a narrarsi
vicendevolmente le potenziali meraviglie della vita, ma solo un apparato.
Dicevi anche che essere Chiesa è la capacità di sognare tutti insieme. Che
siamo chiamati a proiettarci verso il futuro, perché non è in grado di recare
lieti annunzi chi non viene dal futuro. … Ti piaceva adoperarti (posso dire:
"lottare"?), tu, pastore, per una Chiesa povera, semplice, mite, che
sperimenta l’umanissimo travaglio della perplessità e condivide coi comuni
mortali la più lancinante delle sofferenze, l’insicurezza… Una Chiesa che non si limita a sperare, ma
organizza la speranza, e ne fa il segno distintivo della sua presenza quaggiù.
… Personalmente, mi piace pensare che ci siano le tracce iniziali di quella
‘Chiesa del grembiule’ che tu prediligevi, una Chiesa… sempre meno prigioniera
del calcolo e vestale del buon senso, sempre più capace di farsi permeare dalla
profezia e dalla passione per il nemico. Una Chiesa che tu – sulle piste di
quel Concilio Vaticano II che ci sembra oggi così distante – ci hai convinto a
sognare, a credere possibile. Grazie, don Tonino, grazie davvero di tutto!”Buon
lavoro a tutti.
Giovani Franzoni,
Comunità di base di S.Paolo, Roma
Sono impossibilitato a venire all’assemblea di “Noi Siamo
Chiesa” , vi mando i migliori auguri di buon lavoro.
State lavorando per tutti, non solo per voi. D’altronde in
tutti gli incontri/scontri verificatisi abbiamo sempre fatto riferimento
all’articolato di “Noi Siamo Chiesa” come proposte di dialogo nella Chiesa.
Forse, data l’attuale situazione politica internazionale e
l’esplodere degli imperialismi armati è il caso di aggiungere all’ultimo punto,
quello sulla giustizia, un altro punto sulla pace. Le affermazioni della chiesa
ufficiale, anche quando sono chiare come quelle di Giovanni Paolo II , vengono
poi indebolite e contraddette nella pratica. Saluti ed un abbraccio a tutti
Giovanni Franzoni
Angelo Casati,
parroco di S.Giovanni in Laterano, Milano
Vi mando il mio saluto e la mia amicizia. E’ importante
tenere aperto uno spazio di profezia in questo momento difficile della nostra
Chiesa. Bisogna però riscoprire anche alcuni passaggi del magistero, su cui non
a caso è caduto il silenzio e sui quali
riflettere per pensare a come metterli in pratica. Vi cito il cap.102 del
programma pastorale della nostra diocesi “Mi sarete testimoni” :”Solo una
Chiesa povera è pienamente libera, e solo una Chiesa libera è veramente
missionaria ! E questo diciamo non solo dei singoli membri della Chiesa, ma
anche delle singole comunità cristiane : delle nostre parrocchie e delle nostre
realtà di Chiesa. In questo senso, non basta che
sollecita verso i poveri. Deve passare da una “Chiesa per i poveri” a una
“Chiesa povera”nel senso evangelico del termine:povera perché non s’aggrappa ai
potenti di questo mondo; perché pronta a disfarsi di inutili pesi;povera perché
consapevole che il segreto della propria forza è la grazia di Dio;povera perché
capace di usare mezzi umani con distacco e libertà”
Giovanni Avena,
“Adista”
La fede cristiana non
è una componente del mondo, non è un suo ornamento. E’ invece la forza che contesta il mondo e lo mette in crisi
sistematicamente. La fede, quindi, non serve, in sé, a edificare ma a demolire
il mondo e i suoi poteri, almeno nella misura in cui questi impediscono la
realizzazione della dignità umana e della pace. Non a caso Gesù disse che il
suo regno “non è di questo mondo”. Il che equivale a dire che chi vuole
costruire questo mondo (il mondo fondato sul denaro, la ricchezza
“iniqua”, l’ingiustizia, la violenza, il sangue, il dominio dell’uomo
sull’uomo) non avrà il Cristo come compagno ma come vittima (i veri compagni di
Cristo sono i crocifissi, gli sconfitti).
Può darsi che questa posizione sia un po’ contro corrente, non sia
comune, non corrisponda a opinioni e
scelte vincenti. Ma anche Cristo, da Betlemme al Golgota, passando per le vie
di Cafarnao, di Gerusalemme e del
deserto, andò contro corrente. E pagò con la vita, per dare vita a quanti
volessero costruire nella storia il regno di Dio.
di questo regno, è minoranza non sempre consapevole di questo limite e di
questa marginalità, anzi alla ricerca del potere e dei potenti del mondo.
Se il movimento “Noi siamo
Chiesa” ha consapevolezza di questo limite,
sufficiente coraggio e pazienza per andare controcorrente, ha titolo per
continuare ad esistere. E’ questo il mio augurio unitamente alla disponibilità
di ADISTA ad essere ancora voce e spazio controcorrente.
Giovanni Avena
Lilia Sebastiani,
teologa
Congratulazioni vivissime per il decennale della vostra
associazione, e buon lavoro.
A voi, a quelli che nella comunità ecclesiale si sentono
isolati, a me stessa e a tutti (compresi in qualche modo quelli
che ‘non condividono’, perché anche loro ne hanno bisogno!),
l’augurio e la speranza di una chiesa-comunione, irradiante e profetica.
Con tanta solidarietà
Lilia Sebastiani
Samuele
Bernardini, Gioacchino Pistone,
libreria Claudiana, Milano
Cari
amici,
in
occasione del vostro incontro milanese per i 10 anni del movimento “Noi siamo
chiesa” vogliamo darvi il saluto di questa piccola impresa culturale
protestante che è
Claudiana.
Un
anniversario è sempre l’occasione per farci molte domande su noi stessi e per
fare il punto su dove è arrivato il nostro percorso, per metterci a confronto
con chi ci segue e ci stà più vicino, ma anche con chi è, o si sente, più
lontato da noi.
Che
tipo di cristianesimo i cristiani vogliono proporre alla società? E’ in fondo
questa la domanda che rivolgiamo a noi stessi quando alziamo lo sguardo dalle
nostre piccole chiese evangeliche italiane e guardiamo il nostro paese. E
pensiamo che sia anche la domanda che vi siete fatta voi al momento della
nascita del vostro movimento e che vi fate ancora oggi. Un cristianesimo consolatorio,
per i momenti difficili della vita, che susciti facili consensi e che in fondo
non dia fastidio a nessuno, che cerchi di occupare sempre di più gli spazi
lasciati liberi da movimenti e identità in crisi, che si faccia cemento
ideologico della nazione, quasi una religione civile, comunque sempre padre (o
madre) e maestro (o maestra)? Noi preferiamo un cristianesimo che sappia
camminare a fianco degli uomini e delle donne del nostro tempo, come Gesù sulla
strada di Emmaus, che sappia testimoniare il messaggio evangelico dell’amore
del prossimo e sappia assumere la pluralità
e la diversità propria della condizione umana come forma valida anche
per la comunità cristiana.
Noi
non ci illudiamo che l’Italia cattolica possa diventare protestante. E oggi non
ci interessa neppure perché siamo convinti che il pluralismo sia un elemento
costitutivo dell’unità della chiesa. Ma non siamo indifferenti a quale
cattolicesimo vada affermandosi oggi. La vostra presenza e quella di numerosi
altri fratelli e sorelle che si adoperano affinché la chiesa cattolica sia più
aperta al dialogo e al confronto con le altre chiese cristiane, più
profondamente legata alla Parola biblica, meno dipendente dal diritto canonico
e più vincolata al comandamento
dell’amore, è per noi segno di speranza.
Fraterni saluti
Armiro Rizzi, teologo
Caro
Alessandro,
Ti prego di comunicare a Vittorio in forma scritta quanto
già gli ho detto a voce:
– che ringrazio per la documentazione su NSC che puntualmente ricevo attraverso
Gigi De Paoli
– che auguro per l’incontro di Milano un confronto autentico, segnato dalla
ricerca del senso più che dalla rincorsa di dissensi o consensi (Questa formula
è di Abramo Levi, da cui l’ho appresa una trentinad’annifa…)Armido
Messaggio di “Donne-contro-il-silenzio”
al Convegno :“Il futuro possibile
per una Chiesa del Concilio”
L’adesione è per noi motivo di gioia sapere che esiste un collegamento tra
NOI-SIAMO-
CHIESA e altre realtà ecclesiali. Abbiamo letto con commozione gli
interventi di chi concorda con le finalità del Movimento: vi abbiamo
visto trasparire la voglia di costruire la chiesa dal basso al di
dentro della chiesa bi-millenaria, da suoi figli maturi, che vogliono
portare a frutto, con propositi i rinnovamento, il seme della vera Vita
da diffondere nel mondo. Infatti
Chiesa
giorno dall’impegno di ciascuno/a, misurandosi con la complessità di
ogni realtà attuale.
Ci riconosciamo nel rinnovamento lanciato nella
grandiosa Assise del Vaticano II, e nei movimenti impegnati a tal fine.
Perciò facciamo nostro l’appello lanciato al Popolo di Dio, di cui ci
sentiamo parte viva, sfuggendo ad ogni tentazione di rimarcare
distinzioni di categoria tra laici e persone consacrate.
E’ nostra
specificità la ricerca di un giusto equilibrio, tra forme di denunzia
pretenziose e comodo adagiamento sulle sicurezze istituzionali, quali
non si addicono al programma rivoluzionario della Buona Novella. Questa
non sarebbe tale se non la vivessimo in modo sempre nuovo.
Noi, “donne
contro il silenzio”.
Noi rappresentiamo la realtà femminile (che gode
della collaborazione di una qualificata parte maschile) tra le persone
in qualche modo “segnate” da un passato di vita religiosa, proprio e/o
del proprio partner, o da un presente che le vede impigliate in
situazioni poco chiare; persone che hanno pagato (pagano) scelte
esistenziali legittime, ma trasgressive nei riguardi del diritto
canonico, riportando lacerazioni morali, materiali, spirituali; ma
anche persone che, al di fuori di tale esperienza diretta, fanno
propria per condivisione la stessa condizione di emarginazione
ecclesiale in nome di una proposta di coerente laicità.
Il fatto che la
chiesa si faccia ferma custode dei confini tra sacro e profano ci
interroga in maniera profonda. Lungi dal trarre motivo dagli
“scandali”, di cui sovrabbonda la cronaca, per reclamare il diritto ad
una riforma del diritto canonico, ci proponiamo di offrire, di fatto,
un modello di ministerialità laica che, senza contestare direttamente i
ruoli istituzionali, apra il campo a prospettive evangeliche nuove.
Abbiamo molto da fare per cancellare l’immagine della donna che
“giocherebbe col sacro” o del prete che si sposerebbe per cedimenti
morali; e perciò facciamo provenire le critiche principali all’
istituzione anzitutto dal nostro comportamento più che dalle parole; ma
non manchiamo di denunciare il sommerso di sofferenze che un silenzio
ambiguo difende dalla visibilità. Vogliamo spandere sul solco delle
prove che affliggono un largo settore di persone il seme di una
speranza operosa.
In seno a questa linea di carattere generale si
articolano varie altre posizioni ideali e concrete alle quali ci
colleghiamo volentieri; non ultima quella di fare dell’esercizio della
solidarietà tra noi il segno più tangibile della carità fraterna.
Innestati in Cristo attraverso la chiesa da costruire insieme e sempre
L’immagine della vite e dei tralci ci pare la più appropriata a
significare il vitale innesto in Cristo di ciascuno/a, riconoscendo
alla chiesa la funzione sacramentale immanente alle realtà terrene, in
un contesto di spiritualità vissuta, senza fughe spiritualistiche e
senza connessione con forme di potere strutturale. L’«adorazione di Dio
in spirito e verità», secondo il nostro modo di vedere, non comporta un
atteggiamento dissacratorio delle forme cultuali, ma esige che queste
abbiano la semplice funzione di accompagnamento nella pratica
quotidiana del discepolato come forma di servizio-ministero,
distribuito nell’UNICO Popolo di Dio. Da qui l’impegno a ri-dare al
termine SERVIZIO ecclesiale un significato tutt’altro che nominale,
tanto meno elitario.
Decise a rappresentare una fetta di CHIESA-DAL-
BASSO, ci proponiamo soprattutto di smascherare ogni ipocrisia che si
camuffa dietro un silenzio imposto e purtroppo assimilato dalle donne,
lasciate molto spesso sole…
Non vogliamo isolarci
Ecco perché siamo
felici di questo confluire negli stessi propositi di NOI-SIAMO-CHIESA
da parte di tante piccole e meno piccole realtà eccelsigli. L’obiettivo
comune ci aiuta a superare ogni senso di disagio e di paura. E il
confronto concorrerà a farci ridimensionare ogni qual volta costatiamo
quanto sia difficile mantenere l’equilibrio tra profezia e arroganza.
Aiutateci se non siamo coerenti ai nostri propositi. Ma anche abbiate
la pazienza necessaria a sopportare qualche nostra critica inter nos;
soprattutto quando, nel leggere qualche dichiarazione, proviamo il
disagio di cogliere poco l’afflato della CARITA’, e ve lo diciamo senza
tanti peli nella lingua.
Ausilia Riggi
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