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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Un bilancio del Giubileo

Un
bilancio del Giubileo

 E’ normale fare un
bilancio del Giubileo, ha voluto farlo Giovanni Paolo II con la T.M.I. (Terzo Millennio
Ineunte), lo hanno fatto molti altri , lo facciamo anche noi che al suo
inizio avevamo espresso molte preoccupazioni e molti dubbi.

Ma è possibile fare questo
bilancio ? Se ci si attiene ai dati quantitativi ed all’immagine esso può
essere considerato positivo. Tutte le grandi manifestazioni del Giubileo sono
sostanzialmente riuscite, qualcuna anche più del previsto (come la Giornata Mondiale
della Gioventù), lo Stato italiano e il Comune di Roma hanno collaborato al
massimo livello impegnando ingenti risorse, il bilancio finanziario è
risultato attivo, l’accoglienza del popolo di Roma è stata buona, i sindacati
hanno rinunciato al primo maggio per dare spazio ad una manifestazione solo
cattolica, incidenti gravi non ci sono stati, i pellegrini a Roma sono stati
venticinque milioni, 21 i pellegrinaggi nazionali,150 quelli diocesani
italiani, stampa e televisione si sono prodigati, il Papa ha gestito il
Giubileo fino in fondo al meglio, nonostante le condizioni di salute, usando
del suo ruolo con molta energia e determinazione.

Per un bilancio
evangelico

Ma se ci si colloca da un
punto di vista evangelico la risposta, a noi pare, è diversa e ben più
problematica. Chi può giudicare cosa succede nel profondo delle coscienze ?
Sarà possibile constatare un miglioramento riconducibile al Giubileo nella
vita di molte comunità cristiane giudicato alla luce della fraternità e della
fede e non della partecipazione a riti della vecchia cristianità ed alla
fedeltà e all’obbedienza alla cattedra romana ? Sarà possibile vedere i
frutti del Giubileo alla luce di quella istanza profetica di giustizia
sociale in una società pacificata che corrisponde alla proposta del Giubileo
di cui parla il cap. 25 del Levitico ? Questo Giubileo possiamo ritenerlo
davvero un "anno di grazia del Signore" secondo la profezia di
Isaia?

Il Giubileo è stato per la Chiesa cattolica
un’occasione di fedeltà all’annuncio della Parola di fronte alle grandi
questioni del nostro tempo, alla secolarizzazione, alla globalizzazione, e
nei rapporti con i cristiani delle altre confessioni e con i credenti nelle
altre religioni ? E’ stato "un cammino di riconciliazione e un segno di
genuina speranza per quanti guardano a Cristo ed alla sua Chiesa" come
si proponeva la Bolla
di indizione (1) "Incarnationis mysterium" ?

Tra tanti cattolici
sinceramente partecipi alla vita della Chiesa, oltre alla constatazione che
in molte comunità ecclesiali il Giubileo è stato vissuto nella ricerca della
parola di Dio, è serpeggiato in questi mesi il dubbio che non si fosse sempre
sulla strada giusta. Pietro Scoppola (2) così si interroga :" La
trionfale conclusione del Giubileo suscita un interrogativo radicale che
investe in profondità il mondo dei credenti : che posto può avere il trionfo
di una religione che ha a suo simbolo la croce ? E come dimenticare
l’ammonimento evangelico ( Luca 6,26) ‘Guai a voi quando gli uomini diranno
bene di Voi’ " ?.

Il movimento "Noi Siamo
Chiesa" in Italia e nel suo circuito internazionale

(International Movement We
Are Church-IMWAC) si è fatto interprete da tempo di queste preoccupazioni. Al
termine del Giubileo abbiamo il dovere di rendere esplicite, alla luce dei fatti,
queste posizioni critiche perché si guardi in modo diverso al modo di essere
della Chiesa cattolica all’inizio del nuovo millennio.

I momenti più significativi
del Giubileo ci sembra possano essere considerati il pellegrinaggio del papa
in Palestina e la richiesta di perdono del 12 marzo per i peccati commessi
dai "figli della Chiesa". Ma il centro del Giubileo non si è
spostato in Palestina, è rimasto sempre e soprattutto a Roma e la richiesta
di perdono ha sì indicato un percorso alla Chiesa ma la sua credibilità è
stata messa in discussione dall’ostilità della Curia romana, dalla genericità
della confessione dei peccati ( sempre quelli del passato e mai quelli di
oggi) e dal mancato avvio della riforma della Chiesa cattolica.

Bisogna però prendere atto
che quel pellegrinaggio e la richiesta di perdono hanno indicato un percorso
da cui la Chiesa
non potrà prescindere in futuro.

Molti timori sono stati
confermati

Un ragguardevole numero di
persone si è sentito disturbato dal clamore ecclesiastico e mediatico attorno
alla figura del Papa. Come afferma Enrico Peyretti : "Nonostante le
precisazioni verbali il mondo cattolico centrale e televisivo ha accettato ed
assecondato che le folle pellegrine attorniassero e celebrassero il Papa,
accorressero a ‘vedere il Papa ‘….. il Papa indica Cristo certamente ma
rimane ad occupare uno spazio ampio di suo vicario e sostituto come se Cristo
fosse assente, non vivente. Il Papa non diminuisce davanti a lui, come fece
Giovanni Battista il precursore ( ‘ Bisogna che lui cresca ed io diminuisca’,
Giovanni 3, 30 )"(3).

Tutte le grandi
manifestazioni hanno avuto al centro la figura del Papa, la quantità delle
presenze e l’immagine sono state osservate ed organizzate come momento di
autocelebrazione; la comunicazione mediatica ed il suo ascolto sono diventati
di fatto misura del successo del Giubileo (la RAI ha comunicato di avervi dedicato più di 400
ore televisive e 550 radiofoniche) .

A ben vedere questa, non
inconscia, papolatria è l’espressione di una teologia fortemente
romanocentrica ed ecclesiocentrica. Il Concilio Vaticano II aveva avuto
un’ispirazione ben diversa. Questa teologia è giunta ad usare
spregiudicatamente il cosidetto terzo segreto di Fatima per enfatizzare il
ruolo del Papa, quasi per santificarne già in vita la persona stessa. Siamo
ben lontani dal Pietro dell’Evangelo, anche peccatore e spergiuro, lanciato
dallo Spirito nell’evangelizzazione nonostante le sue debolezze.

La presenza a Roma di ogni
categoria sociale o professionale o culturale ( tutte meno i pacifisti e gli
obiettori di coscienza e quindi non c’è stata penitenza a Roma per il massimo
peccato collettivo, la guerra ), i pellegrinaggi nazionali, la grande adunata
della GMG a Tor Vergata, i grandi incontri a S.Pietro : tutto è stato verticalizzato
sul centro della cattolicità. E non ha ottenuto risposta chi si è chiesto
quale fosse il significato delle parole di Gesù alla Samaritana " viene
un’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre"
(Giovanni 4, 21).

La religiosità
"piramidale" e di massa si è trovata a suo agio con la teologia
tradizionalista e devozionale delle canonizzazioni e delle indulgenze. Anche
qui serpeggia nella Chiesa il dubbio sull’opportunità pastorale di questi
strumenti inflazionati, molto "facili" e teologicamente
discutibili.

Sono molti i credenti che
"non chiedono indulgenze perché non riconoscono all’autorità
ecclesiastica il diritto di amministrare la gratuità di Dio ( che tale è
l’indulgenza, non le indulgenze), di conteggiare gli immisurati limiti della
sua misericordia" (4). Delle indulgenze non dicono niente i documenti
del Concilio Vaticano II e si supponeva che ciò avrebbe portato a un
progressivo abbandono di questo istituto troppo controverso, antiecumenico e
che è stato una delle cause immediate della divisione della Chiesa nel XVI
secolo.

La vecchia teologia
dell’anno giubilare

Durante questo Giubileo,
proclamato unilateralmente senza alcun accordo con le altre confessioni
cristiane, il Papa ha fatto scelte che, di per sé, non hanno con esso alcuna
connessione diretta ma che hanno contribuito molto a caratterizzarne il clima
psicologico e le reazioni interne alla Chiesa ed in campo ecumenico. Ci
riferiamo alla Dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede
"Dominus Jesus" ed alla beatificazione di Pio IX .

In entrambi i casi è stata
proposta una ecclesiologia arretrata, tutta tesa ad affermare un certo tipo
di identità della Chiesa cattolica e la legittimazione dell’azione di
qualsiasi Papa ( di Giovanni XXIII e del suo esatto contrario Pio IX) e
quindi del papato in quanto tale.

Più di altre, queste due
iniziative hanno dato il segno della teologia vaticana sottesa all’anno
giubilare, hanno peggiorato i rapporti con la altre Chiese e con gli ebrei,
hanno suscitato sconcerto ed interrogativi all’interno della Chiesa stessa.

Al contrario, iniziative di
riconciliazione che avrebbero dovuto essere tipicamente giubilari non sono
state prese in alcuna considerazione nonostante le tante sollecitazioni
pervenute. Ci riferiamo alla revoca delle sanzioni a carico di tanti teologi
colpevoli solo di aver continuato la ricerca nella linea del Vaticano II,
alla reintegrazione nel ministero sacerdotale dei preti sposati che
l’avessero chiesta, all’accoglienza eucaristica dei divorziati risposati e ad
un atteggiamento di vera accettazione nella Chiesa di gay e lesbiche capace
di riconoscerne positivamente la diversità. In particolare contraria allo
spirito giubilare rettamente inteso è stata la posizione tenuta in occasione
del gay-day dell’otto luglio.

Grandi cerimonie e devozioni
di ogni tipo ( tra queste l ‘attraversamento della Porta Santa) non sono
riusciti a nascondere questo vuoto di accoglienza. Eppure molti aspettavano
una svolta nell’anno giubilare verso posizioni evangeliche di accettazione e
di misericordia.

Dubbi e sofferenza nella
Chiesa

Non c’è da meravigliarsi che
all’interno della Chiesa le sensibilità più vicine allo spirito del Vaticano
II si siano sentite fortemente a disagio in questo Anno Santo. C’è chi,
dotato di alta autorità morale e di maggiore coraggio, ha dato voce a questa
intima sofferenza. Paolo De Benedetti ha detto :" Bisogna dimenticare il
Giubileo, i papaboys e tutto il resto. L’identità per la Chiesa oggi può essere
solo quella della comunità che si riunisce per la Cena. Il vizio
fondamentale della Chiesa oggi è quella di avere orrore delle domande e di
avere il monopolio delle risposte"(5).

Padre Benedetto Calati,
monaco camaldolese, nella sua ultima intervista-testamento ha affermato che
l’autentico Giubileo dovrebbe consistere " nel modo con il quale
l’istituzione si riforma nel cammino della storia" e che non servono
Giubilei che "perpetuano l’immagine di Bonifacio VIII lungo i secoli. Io
penso a un Giubileo che si fa grande preghiera per l’unità dei cristiani.
Altro che porte sante ed indulgenze !" (6). Da parte sua don Andrea
Gallo della Comunità di S.Benedetto di Genova non è andato a Roma a passare la Porta Santa ma a
Verona con Alex Zanotelli e il Vescovo brasiliano dei "Sem Terra"
Tomàs Balduino dove in settembre migliaia di giovani hanno celebrato il
Giubileo degli oppressi (7).

Le difficoltà del cammino
ecumenico

Le difficoltà in campo
ecumenico sono state evidenti dall’inizio ma si sono aggravate con la
riproposizione delle indulgenze nella bolla di indizione del Giubileo, con la
centralità romanocentrica, con la "Dominus Jesus", con la
beatificazione di Pio IX. Inoltre nessun passo è stato fatto nella direzione
della partecipazione comune alla mensa dell’eucaristia.

La quasi totalità delle
Chiese evangeliche italiane ha vissuto male il Giubileo cattolico e romano.
Nella lettera aperta di questo gennaio la FCEI (Federazione Chiese Evangeliche Italiane)
ha detto con chiarezza "I timori di un ‘inverno ecumenico’ a causa del
Giubileo sono quindi stati confermati; e sappiamo che la sofferenza che
esprimiamo è condivisa da molti anche all’interno della stessa Chiesa
cattolica". Nel fare un bilancio complessivo del Giubileo l’arretramento
ecumenico è un fatto da segnare nettamente al passivo. La sua responsabilità
deve essere ricondotta a chi guida la Chiesa cattolica La linea del Vaticano è anche
schizofrenica perché ad ogni apertura ispirata dallo Spirito ( che talvolta
soffia anche tra le "somme chiavi") subentra la paura, la
preoccupazione di tutelare la propria identità , la sfiducia nell’invito
dell’Evangelo all’unità dei credenti. Tipica è la firma con i luterani della
Dichiarazione di Augusta del 31 ottobre del ’99 seguita poi dal gelo
ecumenico.

 

Un Giubileo senza fatti
concreti

Alla grande dimensione
mediatica del Giubileo è seguito, almeno in parte, l’accoglimento delle
indicazioni concrete che il Papa ha via via dato nel ricordare che il
Giubileo del Levitico è quello della liberazione degli schiavi, della
restituzione della terra, del riscatto degli oppressi ?
Purtroppo il bilancio è negativo. Il Papa, tanto mediatizzato e osannato, non
è stato ascoltato quando ha chiesto l’amnistia o l’indulto per i carcerati,
la moratoria della pena di morte, una effettiva remissione del debito dei
paesi poveri e la pace in Palestina ed in molte altre situazioni di
conflitto.

La vacuità del Giubileo dei
politici ( la manifestazione giubilare più ambigua dopo il Giubileo dei
militari) si è rivelata nel mancato ascolto di proposte che dovevano essere
accolte .

Per quanto riguarda il
debito estero è cresciuta la sensibilizzazione dell’opinione pubblica (non
solo per merito della Chiesa cattolica) ma nelle sue dimensioni
internazionali il debito è stato ben poco ridotto nonostante tante parole. Le
grandi istituzioni internazionali ( Banca mondiale e Fondo monetario)
continuano a stringere il cappio al collo di tanti paesi contribuendo in modo
determinante a determinare nei paesi del terzo e quarto mondo, situazioni di
crisi pesanti pagate sempre dai settori più deboli della popolazione. Questa
linea non viene smentita o diversamente governata dai vertici del G8 che, in
teoria, dovrebbero rispondere del problema all’opinione pubblica
internazionale.

Nel nostro paese la campagna
promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha sensibilizzato una
parte dell’opinione pubblica ed ha contribuito ad una legge del Parlamento
molto migliorata rispetto a quella, meno che mediocre, proposta dal Governo.
I risultati concreti di questa campagna sono stati modesti ( sono stati
raccolti nelle parrocchie solo 25 dei 100 miliardi che erano l’obiettivo
proposto). A questa mobilitazione della Chiesa italiana bisogna ripetere le
osservazioni critiche che gli istituti missionari avevano fatto dall’inizio :
bisognava chiedere la cancellazione immediata e globale del debito estero e
la "denuncia chiara delle cause, dei meccanismi e delle responsabilità
che sono alla sua base", bisognava proporre un impegno maggiore e più
trasparente nella cooperazione per lo sviluppo, il controllo sul commercio
delle armi ed investimenti nella prevenzione e nella soluzione dei conflitti,
la revisione delle strutture finanziarie internazionali ed accordi di mercato
per favorire scambi equi. Questi giudizi e queste indicazioni fanno parte
integrale delle proposte di tanti gruppi di ispirazione cristiana impegnati
nella solidarietà concreta coi paesi del Sud del mondo ma non sono stati
fatti propri, se non in modo del tutto episodico, dalle strutture ufficiali
del mondo cattolico. Accettarli vorrebbe dire fare propria la linea di Alex
Zanotelli, ma per questo sarebbe necessaria una rivoluzione culturale ed
evangelica nella Chiesa italiana.

Anche la situazione generale
dei rapporti internazionali e dell’economia vista dal punto di vista dei più
deboli, all’inizio del millennio, non sembra essere stata scalfita dai buoni
propositi dell’anno giubilare. I più ricchi diventano più ricchi ed i più
poveri diventano più poveri. Con la nuova presidenza USA vengono rilanciate
le guerre stellari, l’Onu continua nella sua impotenza, in Palestina la
testimonianza evangelica offerta dal viaggio di Giovanni Paolo II è stata
seguita da una violenta ripresa dello scontro tra i due popoli senza alcuna
prospettiva a medio termine.

Il nuovo interventismo
dei vertici della Chiesa italiana

Come effetto indiretto del
Giubileo si è accentuato l’intervento delle istituzioni ecclesiali (in
particolare della CEI) nella vita civile e politica del nostro paese. Forse
il successo di molte manifestazioni giubilari, l’incertezza della situazione
politica, il venire meno della Democrazia Cristiana (strumento di
interposizione e di mediazione tra la Chiesa e lo Stato) hanno spinto i vertici della
Chiesa italiana (da tempo disinteressati alle riforme conciliari) a un nuovo
diretto interventismo in politica. I fatti sono noti : dalle campagne a
favore della scuola privata alle questioni che riguardano la bioetica, dai
problemi posti dall’immigrazione alle critiche alla Carta dei diritti
fondamentali dell’unione Europea per l’assenza in essa del "riferimento
a Dio ed alla religione", dal recente aspro attacco della CEI alla
"cultura pubblica" lontana dai " valori in cui la gente
crede" fino alla difesa ad oltranza del card. Giordano (invocando una
inesistente violazione delle norme concordatarie) ed infine fino allo
strisciante ma evidente accostamento al Polo delle libertà che è generoso di
promesse per assicurarsi dei vantaggi elettorali.

Non meno importanti i
silenzi : non una parola di ringraziamento ( che sarebbe stata doverosa da un
punto di vista antitetico al nostro) è stata espressa nella sessione di
gennaio della Presidenza della CEI alla RaiTV, al Comune di Roma ed alla
Repubblica Italiana per quanto hanno fatto per il Giubileo. Il fatto è
sorprendente. Bisogna anche rimproverare ai vertici della Chiesa la mancata
sollecitazione ai due poli politici perché si occupino delle grandi questioni
che riguardano la situazione del mondo ( ruolo dell’ONU, rapporto Nord-Sud,
cooperazione, debito estero…) nella linea indicata da Giovanni Paolo II. Questo
colpevole silenzio nel nostro paese della politica sui grandi problemi
dell’umanità sembra non interessare.

La nuova e vivace
reazione dei "laici"

Sull’onda del successo del
Giubileo e di questo nuovo interventismo si è sviluppata in questi mesi una
reazione di parte laica che si è manifestata in diversi modi. Ne sono stati
portavoce i maggiori esponenti della cultura laica, che pure erano da tempo
su posizioni di ricerca e di dialogo sulle tematiche religiose ( a nostro
giudizio a volte troppo accomodanti verso le alte gerarchie). Ora essi stanno
modificando il loro atteggiamento. Norberto Bobbio ha definito Giovanni Paolo
II " perfetto Papa della Controriforma" (8), Ernesto Galli Della
Loggia (9) e Lucio Colletti (10) ipotizzano di mettere in discussione il
Concordato ed Eugenio Scalfari, dopo aver ricordato il "date a Cesare
quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" ha ugualmente
richiamato i privilegi del Concordato (che concede alla Chiesa con "una
larghezza che non cesseremo di lamentare") ed ha affermato che "i
rapporti che erano stati tessuti con grande pazienza e fatica da ambo i lati
tra una parte almeno della gerarchia ed i laici non credenti sono stati
pressoché distrutti nel corso dell’evento giubilare" (11).

Massimo Cacciari dopo aver detto
che la Chiesa
esce dal Giubileo "con una forte tendenza autocelebrativa se non
trionfalistica" lamenta che essa non "annunci lo scarto tra sé ed
il mondo come quello indicato da certe posizioni del Papa durante le recenti
guerre". Per Cacciari la
Chiesa
dovrebbe ammonire i politici a "ricostituire la
loro autorità e la loro autorevolezza" ed "un discorso sulle
rispettive autonomie è al centro non di una concezione laica, moderna dello
Stato, è al centro della teologia cristiana"(12).

Infine il 16 gennaio la
"Società laica e plurale" (SLP) ha organizzato un Convegno su
" Il Giubileo del Potere" in cui ogni posizione critica si è
manifestata con accenti molto aspri

Giuseppe De Rita (13), voce
ufficiosa dei vertici della Chiesa, risponde che questa tensione è da
ricondurre al timore dei laici che il prestigio derivato dal Giubileo
favorisca una ingerenza sempre più ampia della Chiesa nella sfera politica
italiana, che il presunto strapotere ecclesiale mette in evidenza una loro
crisi etica e culturale e che, soprattutto, i laici cercano di rifarsi
un’identità ( che hanno perduto dopo la crisi del comunismo ed il crollo
degli steccati ideologici) cavalcando lo sviluppo scientifico, la
secolarizzazione, il neocapitalismo e l’avvento del pensiero unico occidentale.

I vertici della Chiesa
facciano un passo indietro

A noi sembra che, anche
grazie al clima del Giubileo, si stia per innescare una lacerazione che non
può che essere deplorata e scongiurata e che rischia di andare lontano.
Questa prospettiva ci sembra grave per i credenti e per la vera laicità dello
Stato.

Per quanto ci riguarda ci
pare che la riflessione di un cattolico democratico come Pietro Scoppola sia
quella da meditare e da seguire : "il corto circuito tra trionfo e
potere sembra spingere progressivamente i rapporti tra la Chiesa e lo Stato …..sul
terreno del mercato in una sorta di ‘asta al rialzo’ : favori alla Chiesa
contro consenso elettorale; chi offre di più avrà più consenso. Il fenomeno è
sotto gli occhi di tutti ed è scandalosamente vistoso nelle vigilie
elettorali, a prevalente beneficio dello schieramento di destra". Ma
Scoppola è fiducioso, si pone degli interrogativi ed indica un percorso :
" Nel mondo laico matura la consapevolezza che la storia ha smentito la
previsione, spesso riproposta, che il progresso scientifico e tecnologico con
il diffondersi dei processi di secolarizzazione avrebbe reso alla fine
irrilevante il fenomeno religioso : si comprende che la fede religiosa non
appartiene ad una fase pregressa dell’esperienza dell’umanità, destinata ad
un effettivo superamento. Il modo in cui si intende la ricerca di Dio non è
marginale o irrilevante nelle società moderne ma le qualifica in profondità.
E’ possibile oggi ridefinire insieme, le condizioni della convivenza e della collaborazione,
fra laici e cattolici, non solo in termini giuridici e istituzionali ma anche
in termini operativi, nel quadro di una comune iniziativa politica, al di là
del terreno dello scambio politico che sta avvilendo, oggi, il rapporto tra
Chiesa e Stato ?" (14). L’auspicio di Scoppola è il nostro . Bisogna
cercare di impedire che, con l’inizio del nuovo millennio, si avvii una fase
di radicalizzazione e di incomprensioni in una società che diventerà sempre
di più interculturale ed europea.

Come credenti nell’Evangelo
riteniamo che i vertici della nostra Chiesa debbano fare un passo indietro ed
abbandonare questo nuovo interventismo in politica; ne sarebbe avvantaggiata
la comprensione di quegli stessi "valori" che vengono proposti e
che ci piacerebbe meglio discutere, uno per uno, nel loro rapporto vero con
l’Evangelo. Siamo preoccupati che un rapporto forzato, antistorico, poco
conciliare con la società politica renda più difficile la comprensione nella
sua essenzialità, della Parola di Dio in una società sempre più
secolarizzata.

Inoltre questa linea
polemica ed interventista non facilita una maggiore manifestazione nella
Chiesa italiana delle tante presenze evangeliche che in essa operano.

Per un Concilio ecumenico
all’inizio del nuovo millennio

Noi credenti, che
partecipiamo al movimento "Noi Siamo Chiesa", abbiamo vissuto
questo anno giubilare nella contraddizione tra quanto pensavamo di capire
della parola di Dio e quanto osservavamo nelle manifestazioni e nelle
celebrazioni. Il momento più significativo dell’anno giubilare per alcuni di
noi, in rappresentanza di tutti, è stato il pellegrinaggio in Guatemala e
Salvador nello scorso marzo in occasione del ventesimo anniversario
dell’assassinio di Mons. Romero. Vi abbiamo visto testimonianze di una Chiesa
confessante.

Ora bisogna guardare in
avanti con la nostra speranza cristiana .

Facciamo nostre le parole di
Marcelo Barros che ci vengono dal lontano monastero benedettino di Goiàs in
Brasile: " Affinchè il Giubileo dell’anno 2000 lasci un saldo positivo,
è necessario che il corno della giustizia e della misericordia continui a
risuonare nel cuore dei credenti, aprendoli al dialogo con gli atei ed alla
ricerca della comunione con le altre religioni e culture. Che la Chiesa, dopo il Giubileo,
attraverso i suoi ministri e pastori, dia al mondo la testimonianza di una
maggiore coerenza, tradotta nel coraggio di trasformare le sue strutture,
tanto internazionali come locali, per essere veramente una comunione di
comunità sorelle ed al servizio dell’umanità, manifestando l’amore di Gesù
Cristo" (15).

Noi pensiamo che questa
trasformazione della Chiesa possa essere realizzata mediante un cammino che
porti un giorno la nostra Chiesa a celebrare una grande assemblea conciliare
per affrontare insieme – vescovi, preti, religiosi, suore, laici, uomini e
donne- i problemi che pone oggi l’annuncio al mondo dell’Evangelo di sempre.

Questo itinerario dovrà
incrociarsi con il più ampio cammino dell’insieme di tutte le Chiese
cristiane verso la celebrazione di un Concilio autenticamente universale, che
faccia compiere un balzo decisivo per la riconciliazione delle Chiese e la
piena comunione eucaristica tra di loro, cosi che in una "diversità
riconciliata" insieme servano il mondo e soprattutto l’immensa massa
delle persone oppresse ed emarginate. Noi sappiamo che lo Spirito- come e
dove vuole- continua a soffiare sulle Chiese e sul mondo. Lo preghiamo perchè
possiamo discernere ciò che Lui dice oggi alle Chiese . E con il suo aiuto
noi speriamo, malgrado i molti segni dell’inverno che ancora incombe, che la
primavera sia vicina.

  1. Cf.cap.4
  2. "Repubblica" del
    7-1-2001
  3. "Adista",n.3 del
    13-1-2001
  4. Adriana Zarri su
    "Rinascita" del 25-8-2000
  5. "Adista", n.3 del
    13-1-2001
  6. "La visione di un
    monaco", intervista a cura di Raffaele Luise, Cittadella, pag. 50
  7. cf. "Adista"n.3 del
    13-1-2001
  8. "La Stampa" del
    2-12-200
  9. cf. "Corriere della
    sera" del 16-1-2001
  10. cf. "Corriere della
    sera" del 17-1-2001
  11. "Repubblica" del
    7-1-2001
  12. intervista su
    "Repubblica" del 6-1-2001
  13. "Avvenire" del 2-2-2001
  14. "Repubblica" del
    7-1-2001
  15. "Adista" n.6 del
    22-1-2001

 

"Noi Siamo
Chiesa"- Italia

( aderente all’International
Movement We Are Church- IMWAC)

Roma, febbraio 2001

 

 

 

Noi Siamo Chiesa – sito
Internet :www.we-are-church.org/it
E-mail vi.bel@iol.it Tel 022664753

 

 

 



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