Davanti alla fatica «a vivere insieme», la Chiesa «non vi guarda come estranei che hanno mancato
a un patto» ed e’ consapevole che in certi casi «è addirittura inevitabile» decidere
di separarsi. Occorre però evitare scelte affrettate («forse si può ancora scegliere di cercare
un aiuto competente per avviare una nuova fase di vita insieme») e soprattutto negative ricadute
sui figli, «che hanno bisogno sia del papà sia della mamma e non di inutili ripicche, gelosie o durezze».
L’impossibilità di accedere alla comunione eucaristica non implica un giudizio «sul valore affettivo
e sulla qualità della relazione che unisce i divorziati risposati» e neppure l’esclusione «da una vita
di fede e di carità vissute all’interno della comunità ecclesiale». Il Cardinale conclude con un appello:
«Anche da voi la Chiesa attende una presenza attiva», in termini di «compito educativo», di «testimonianza» e di «aiuto ad altri in «situazioni simili». Si apre un dialogo che dovrà continuare nelle parrocchie: i sacerdoti indichino atteggiamenti utili a «a comprendere e a vivere con semplicità e fede la volontà di Dio»
20/01/2008
di Pino NARDI
Entra in punta di piedi nelle case di chi ha vissuto la sofferenza della separazione o del divorzio per ascoltare, dialogare, confidare, lasciarsi interpellare. Il cardinale Tettamanzi ha scritto una “Lettera agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione” dal titolo Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito. È il modo per dire che la Chiesa si sente vicina e partecipe, che non giudica, ma ama ancora di più: «Per la Chiesa e per me Vescovo,
siete sorelle e fratelli amati e desiderati. In voi ci sono domande e sofferenze che vi appaiono spesso trascurate o ignorate dalla Chiesa».
Qualcuno ha vissuto un’esperienza di chiusura da parte della comunità ecclesiale, di giudizio o condanna senza appello, che ha suscitato ulteriore sofferenza. L’Arcivescovo si mette in ascolto delle loro sofferenze, che lasciano ferite profonde, che toccano anche l’intera comunità ecclesiale: «La Chiesa non vi guarda come estranei che hanno mancato a un patto, ma si sente partecipe delle domande che vi toccano intimamente».
L’amore che finisce, il disagio e gli scontri nella coppia: «Immagino che prima di questa decisione abbiate sperimentato giorni di fatica a vivere insieme – scrive il Cardinale -, nervosismi, impazienze e insofferenza, sfiducia reciproca, a volte mancanza di trasparenza, senso di tradimento, delusione per una persona che si è rivelata diversa da come la si era conosciuta all’inizio. Queste esperienze, quotidiane e ripetute, finiscono con il rendere la casa non più luogo di affetti e gioia, ma una pesante gabbia che sembra togliere la pace del cuore».
Di fronte a situazioni così compromesse occorre valutare con attenzione. Lo dice chiaro Tettamanzi: «La Chiesa sa che in certi casi non solo è lecito, ma addirittura inevitabile prendere la decisione di una separazione: per difendere la dignità delle persone, evitare traumi più profondi, custodire la grandezza del matrimonio, che non può trasformarsi in un’insostenibile trafila di reciproche asprezze».
Questo però non vuol dire appoggiare scelte affrettate, assunte in un momento di sconforto: «Non è detto che tutto sia perduto – sottolinea l’Arcivescovo -, ci sono forse ancora energie per comprendere che cosa è accaduto nella propria vita di coppia e di famiglia; forse si può ancora scegliere di cercare un aiuto competente per avviare una nuova fase di vita insieme; o forse c’è solo spazio per riconoscere onestamente delle responsabilità che hanno compromesso quel patto di amore e di dedizione stipulato col matrimonio».
Un dramma nel dramma è la ricaduta delle scelte dei genitori sui figli, sia per i bambini, sia per quelli più grandi. Ma il Cardinale sa di tanti che affrontano con coraggio le difficoltà: «Vediamo attorno a noi esempi eroici e ammirevoli di genitori che, rimasti soli, fanno crescere ed educano i propri figli con amore, saggezza, premura e dedizione. Danno un grande esempio». Un’attenzione ai più piccoli così forte da far mettere in secondo piano i contrasti nel rapporto: « Voglio raccomandare a tutti i genitori separati di non rendere la vita dei loro figli più difficile, privandoli della presenza e della giusta stima dell’altro genitore. I figli hanno bisogno, anche seguendo le recenti garanzie legislative, sia del papà sia della mamma e non di inutili ripicche, gelosie o durezze».
Le porte della comunità cristiana siano dunque aperte per chi vive questa situazione, smentendo un pregiudizio duro a morire: “La Chiesa ha scomunicato i divorziati! La Chiesa mette alla porta gli sposi che sono separati!”. Non è così, non deve esserlo, dice Tettamanzi. Certo il Cardinale spiega i motivi, che nascono dall’insegnamento di Gesù, «dell’impossibilità di accedere alla comunione eucaristica per gli sposi che vivono stabilmente un secondo legame sponsale», senza che questo significhi un giudizio «sul valore affettivo e sulla qualità della relazione che unisce i divorziati risposati. Il fatto che spesso queste relazioni siano vissute con senso di responsabilità e con amore nella coppia e verso i figli è una realtà che non sfugge alla Chiesa e ai suoi pastori».
Anche su questo però l’Arcivescovo ci tiene a precisare con forza: «Ècomunque errato ritenere che la norma regolante l’accesso alla comunione eucaristica significhi che i coniugi divorziati risposati siano esclusi da una vita di fede e di carità vissute all’interno della comunità ecclesiale». Continua: «La vita cristiana ha il suo vertice nella partecipazione piena all’Eucaristia, ma non è riducibile soltanto al vertice. La ricchezza della vita della comunità ecclesiale resta a disposizione e alla portata anche di chi non può accostarsi alla santa comunione».
Da qui il vibrante appello del Pastore della Chiesa ambrosiana: « Vi chiedo di partecipare con fede alla Messa, anche se non potete accostarvi alla comunione. Anche a voi è rivolta la chiamata alla novità di vita che ci è donata nello Spirito. Anche a vostra disposizione sono i molti mezzi della Grazia di Dio. Anche da voi la Chiesa attende una presenza attiva e una disponibilità a servire quanti hanno bisogno del vostro aiuto. E penso anzitutto al grande compito educativo che come genitori molti di voi sono chiamati a svolgere e alla cura di relazioni positive da realizzare con le famiglie di origine. Penso poi alla testimonianza semplice, se pur sofferta, di una vita cristiana fedele alla preghiera e alla carità. E ancora penso anche a come voi stessi, a partire dalla vostra esperienza, potrete essere di aiuto ad altri che attraversano situazioni simili alle vostre».
Il dialogo è cominciato. Tettamanzi desidera che continui con i sacerdoti nelle parrocchie: loro sapranno indicare non «soluzioni facili o scorciatoie superficiali», ma atteggiamenti per aiutarli «a comprendere e a vivere con semplicità e fede la volontà di Dio».
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