APPELLO
PER LA RIABILITAZIONE DEI SOLDATI ITALIANI DELLA GRANDE GUERRA FUCILATI PER MANO AMICA, PERCHE’ VENGANO ANNOVERATI FRA COLORO CHE CADDERO PER LA LORO PATRIA
Il 4 novembre 2014, anniversario del Bollettino della Vittoria che annunciava che l’Impero Austro-ungarico si era arreso all’Italia, e che da allora è festeggiato in Italia come Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, abbiamo lanciato a uomini e donne di cultura e cittadini impegnati nella difesa dei diritti umani, la richiesta di adesione a un appello per la riabilitazione dei soldati italiani che, durante la Grande guerra, sono stati vittime di una giustizia militare ottusa e caparbia. Tale giustizia, con processi sommari, o anche senza alcun giudizio, li ha condannati alla fucilazione “per mano amica”.
L’appello, diretto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Dario Franceschini, al Ministro della Difesa, Roberta Pinotti e al Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha in pochi giorni registrato l’adesione di più di ottanta autorevoli firme.
L’appello è stato oggi inviato ai suoi destinatari a mezzo posta raccomandata.
Nelle celebrazioni del Centenario della Grande Guerra abbondano la retorica e la visione italo-centrica, segni di una riflessione storica non sufficientemente approfondita e sicuramente bisognosa di studi e di elaborazioni.
Tra le lacune c’è il silenzio sui nostri soldati fucilati per ordine dei loro comandanti. Già nel 1968 Enzo Forcella e Alberto Monticone avevano reso noti questi fatti con il loro Plotone di Esecuzione. A quello sono seguiti altri studi assai seri, diffusi però solo in ambiti accademici. Tra i media, solo pochi hanno affrontato l’argomento.
Mai è stata resa giustizia a quei più di mille nostri soldati che, nella Prima Guerra Mondiale, sono stati privati, oltre che della rispettabilità, della vita da plotoni di esecuzione italiani e/o sono stati sommariamente condannati come disertori o traditori per non avere eseguito ordini ritenuti irricevibili o non eseguibili. Anche le famiglie, additate al pubblico disprezzo, sono state colpite da provvedimenti come la privazione di ogni sussidio, con conseguenze esistenziali gravissime.
I fucilati da “fuoco amico” ci furono in ogni esercito belligerante in quella guerra: gli italiani furono però in numero ben maggiore. Francia, Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Canada – e presumibilmente altri paesi – hanno riabilitato formalmente, in alcuni casi ormai da anni, la memoria di quei soldati.
Perché anche in Italia avvenga altrettanto, abbiamo inteso dare vita a un movimento di opinione che produca il risultato della restituzione della dignità a quei soldati uccisi da “fuoco amico”.
Elisa Bianchi, geografa della popolazione, Università degli Studi di Milano
Marco Cavallarin, ricercatore storia cont., saggista, Milano
Lorenzo Strik Lievers, storico, Università degli Studi di Milano-Bicocca
18 nov. 2014
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prof. G. Marco Cavallarin
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